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Autore: Chiara32    15/09/2017    0 recensioni
Questa storia parlerà di un uomo che dopo la morte dei suoi genitori di un amore falso ricomincia quasi a vivere da single.
In un'altra parte della città una donna che fa il medico e le piace il suo lavoro un giorno le loro vite si uniscono e si incontrano senza sapere che la loro vita verrà segnata proprio in quei pochi minuti passati insieme.
Passeranno momenti difficili, ci saranno equivoci e inoltre capiranno che il loro amore sta nascendo dal nulla.
Ma proprio quando lui cerca di avere un’altra possibilità scopre che lei ha avuto un incidente, entrata in coma cerca di dirle quello che non ha potuto dire prima e poi…
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Capitolo 5
 
 
Si sedette sulla poltroncina che era alle sue spalle e seduta alla scrivania, fece un numero  dal suo telefono, quando sentì la voce d’Edward  rispondere, lei incominciò a dirgli quello che le passava per la testa.
“Pronto?”
“Sentimi bene, razza di maniaco la devi finire di darmi fastidio e soprattutto se ti azzardi ancora a lasciarmi messaggi così offensivi nel mio studio e provi ad entrarmi in casa, chiamerò la polizia, così non sarò sola!” 
Eveline riattaccò subito per non udire la sua voce, in passato l’aveva colpita la sua gentilezza e la sua voce così dolce che le esprimeva protezione, ma doveva voltare pagina il più presto possibile.   
Si era promessa di dedicarsi solo a se stessa e ai suoi pazienti, ma chi l’avrebbe detto che si sarebbe innamorata di un o di loro.
Si asciugò le lacrime e rimase nel suo studio per tutta la notte, si svegliò che erano le due di notte e aveva dolori per tutto il corpo.
Ancora stanca salì sulla sua auto  e cercò di ritrovare la strada per tornare a casa, le strade erano buie   e non era il momento giusto di guidare.
Aveva iniziato anche a piovere, avviò i tergicristalli per poter vedere meglio anche se già non vedeva bene, le macchine sfrecciavano così forte  che dava l’impressione di venirle addosso e dopo qualche chilometro sbagliò strada e la macchina incontrò un sacco di buche, era un luogo con  erba alta e la macchina aveva perso il controllo, infine i freni non funzionavano più e si scaraventò contro un albero.
Era in coma, in un ospedale vicino al luogo dell’incidente e il suo dottore aveva chiamato gli unici familiari che erano rimasti.
Sua madre e sua sorella, la madre era una signora abbastanza attraente anche per la sua età, aveva i capelli quasi bianchi e gli occhi chiari.
 
Aveva ancora un bell’aspetto ed era molto sensibile come sua figlia che stava in un letto sprecando la sua vita...
La sorella invece era ben diversa da lei, aveva i capelli biondi e gli occhi scuri,
 era più alta di sua madre e di eveline, insomma somigliava tutta al padre.
Neanche la televisione ne parlava, tutti si erano dimenticati di lei, tranne la sua piccola famiglia e Edward che non faceva che chiamarla a casa e al suo studio.
Era scomparsa, insieme con lei il mostro che lo perseguiva, ed era arrivato alla conclusione che il mostro non voleva che stessero insieme.
Ma cosa poteva significare?
Continuò le sue ricerche finché un raggio di sole gli indicò la strada da seguire la notte seguente.
Fece un sogno strano, eveline era appena salita in macchina e dopo poco che pioveva  la macchina perse il controllo e nel momento in cui andò a sbattere contro l’albero si svegliò di soprassalto.
“Eveline!”
Saltò giù dal letto e s’infilò i primi pantaloni che trovò in giro e una camicia che s’intonava benissimo, prese le chiavi della macchina e scese le scale senza inciampare.
Il suo cuore batteva forte all’idea di immaginare quello che le era successo,
mentre era alla guida ebbe una visione, stavano raccogliendo il suo corpo dalla macchina schiacciata e la posavano su di un lettino dell’ambulanza.
Si sforzò di far durare quella visione perché doveva trovare a tutti i costi l’ospedale dove si trovava, ritornò a vedere la strada e per poco non causò un incidente.
Capitò sul luogo dell’incidente e sentì che presto l’avrebbe rivista, ma prima di tutto doveva cercarla per bene e senza farsi prendere dall’angoscia.
La madre d’eveline le stava parlando della sua infanzia, di com’era felice  quando era andata all’asilo, con tutti quei bambini che volevano giocare con lei.
Da piccola le piaceva controllare che tutti stessero bene, era altruista allora e nel crescere aveva avverato il suo più grande  desiderio, aiutare gli altri.
In particolare, le stava ricordando anche quando tornò a casa e seppe che Artur,
il cane del suo  vicino si era incastrato  in una rete di ferro rotta.
Lei aveva solamente  sei anni, ma tranquillizzò quel cane a tal punto da poterlo liberare anche da sola.
Tutti erano fieri di lei, anche il suo povero papà, che la lasciò all’età di dodici anni, ma lei era forte e capì che quando una cosa finisce nulla si può fare.
Un altro episodio della sua vita da bambina è che quando andava dal dottore si fidava anche se non lo conosceva, pensava dei dottori che esistono per aiutare le persone deboli, malate e per lei era una gioia fare una visita.
Sua madre lo sapeva che sua figlia era buona e le piaceva vivere perché poteva dare agli altri, sarebbe stata capace di voler vivere non per se stessa ma per le persone che curava.
 
La strada sembrava allungarsi ogni chilometro che faceva ma ben presto giunse sotto l’ospedale dove lei era stata ricoverata.
Parcheggiò l’auto in un punto dove poteva vederla,  appena entrato ebbe qualche problema  nel trovarla.
Girò per tutto il primo piano e per il secondo, continuava a cercarla per tutte le stanze e le infermiere spaventate credevano fosse un pazzo, così chiamarono
 la polizia.
Gridava il suo nome però non capivano chi stava cercando, finché lo bloccarono davanti ad una stanza.
Le grida erano talmente forti  che disturbavano una donna che stava pregando  
 A fermarsi per calmare quel casino fuori della stanza.
“Che sta succedendo qui?”
“Ci scusi signora Tasker, ma questo ragazzo sta entrando in tutte le stanze di questo ospedale e stavamo cercando di fermarlo.”
“Lei è la signora Tasker?”
“Si, ci conosciamo per caso?”
“Lei no, ma sua figlia si!”
“Tu conosci Eveline?”
“Si, è lei che sto cercando!”
“Lasciatelo!”
“La posso vedere?”
“Certo ragazzo, come ti chiami?”
“Edward  Phoebe, signora, lo sa che le somiglia tanto?”
“Si, se vuoi vederla entra pure”
Eddy entrò piano nella stanza, raggiunse il letto e la  vide con una flebo nel braccio
e un tubo che le permetteva di respirare, che sensazione tremenda provò nel
vederla così.
Cercò di mantenersi calmo, non doveva piangere la doveva guardare e doveva fare di tutto perché lei non morisse.
Sua madre era appoggiata allo stipite e guardava con curiosità quel ragazzo che aveva fatto tanto per trovarla e ora che le stava accanto la guardava con aria triste.                   
Con tanta cura le aveva preso la mano avvicinandola alla sua guancia per poter avere almeno un piccolo contatto.
“Oh, Evy ricordi il nostro primo incontro nel tuo studio, eri davvero bella con quel viso sereno e pieno d’affetto per il prossimo, i tuoi occhi mi erano rimasti impressi nella mente   e ti sognavo accanto a me, che stupido eh?”
Edward si asciugò gli occhi con le dita e continuò a parlarle, ora che aveva l’occasione di farlo doveva farle sapere la verità, anche gran parte della sua vita.
“Eveline, non puoi sapere cosa ho passato prima di incontrarti, quando mia madre si è ammalata di cancro, le sono rimasto vicino giorno e notte sperando che guarisse.
Le asciugavo la fronte, mentre lei moriva io soffrivo perché avevo le mani legate e quando se n’è andata anche mio padre si è ammalato, ha sofferto di depressione perché non accettava di restare senza di lei.
 
Hanno vissuto la loro vita ogni giorno amandosi  e mio padre si è mai sentito solo,
per un anno gli sono stato dietro,  poi un giorno è morto.
Tutti quelli che amavo se ne sono andati e ora che ho conosciuto te avevo ritrovato la voglia di vivere, i tuoi occhi mi hanno ridato quella gioia che da tempo non avevo più provato e i tuoi capelli che ti facevano essere bella anche quando eri arrabbiata e ora non ti lascerò sola, non permetterò che tu muoia, a costo di darti la mia vita e il mio sangue.
Basterebbe che tu aprissi gli occhi, ti prego fallo per me, aprili!”
Eddy scoppiò a piangere e nascondendo  il suo viso con le mani, la madre d’Eveline, lo abbracciò come se fosse stato suo figlio.
“Non ti affliggere così!”
“Come posso stare calmo!”
“”veline è in coma e può salvarsi se noi le restiamo vicino”
“Ci proverò” 
   
 
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