Anime & Manga > Saint Seiya
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Autore: shirupandasarunekotenshi    18/09/2017    1 recensioni
"Finché il sole sorgerà e tramonterà,
finché ci saranno il giorno e la notte".
Primavera 1992.
Così poco tempo è passato dalle ultime battaglie. Non sembra mai abbastanza
-
Due divinità si incontrano in un luogo fuori dal tempo, il futuro della terra è incerto. Un'altra dea, per l'ennesima volta, si troverà a dover proteggere questo futuro e giovani guerrieri dovranno di nuovo mettere le proprie vite al servizio di un destino al quale non potranno sottrarsi.
Crossover Saint Seiya e Yoroiden Samurai Troopers
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Siccome il precedente capitolo era molto breve, ve ne regaliamo un altro, molto più lungo. Le cose si fanno sempre più drammatiche ^^
In questi primi eventi sono in scena solo i samurai, ma i saint torneranno presto ^__-



CAPITOLO 9

 

 

Non era possibile riaddormentarsi dopo un sogno del genere, soprattutto perché, alla mente di Shin, riportava in vita ricordi troppo dolorosi. Ciò che il sogno aveva rappresentato era accaduto davvero un tempo, in maniera tanto simile che, al solo pensarci, Shin era scosso dai tremiti.

Gli capitava spesso di avere incubi, ma quella cosa aveva tentato, negli ultimi mesi, di relegarla in un angolino di sé al quale neanche la sua coscienza poteva avere facilmente accesso, aveva tentato di cancellarla insomma, di fare finta che non fosse mai successo.

E, in qualche modo, era persino riuscito a far tacere il ricordo dell'evento.

Allora perché, proprio quella notte, si era ripresentato in maniera tanto violenta nei suoi incubi?

Perché proprio quella sera?

E perché la fenice come simbolo di salvezza?

"Era un sogno" ripeté con insistenza dentro di sé, "nient'altro che un sogno, niente paranoie, niente panico!".

Già... il panico...

Gli attacchi di panico che lo coglievano in piena notte erano i peggiori e al tempo stesso quelli che, con maggior impegno, cercava di arginare, nella speranza di non recare disturbo ai nakama addormentati.

No, proprio no , non avrebbe avuto un attacco di panico, anche se il sogno lo aveva profondamente turbato, anche se il suo cuore batteva in quel modo doloroso che conosceva tanto bene e che annunciava uno stato d'animo difficile da controllare.

Eppure doveva controllarlo, doveva convincersi che non era successo niente, il sogno era dovuto all'umore inquieto che si era trascinato per tutto il giorno.

Certo, ma perché quell'umore inquieto? Non poteva trattarsi di un cattivo presagio?

No, assolutamente no, doveva smetterla di essere negativo. Si trattava dell'assenza di Touma, solo quello; era la prima volta che uno di loro si separava dal gruppo dopo che avevano preso la decisione di vivere insieme.

Touma sarebbe tornato presto, rimettendo ogni cosa al proprio posto.

Un altro suono confortevole, oltre quello dei respiri intorno a lui, lo aiutava a mantenere un certo autocontrollo: fuori pioveva, il dolce ticchettio delle gocce d'acqua sui vetri, il contatto di acqua con acqua mentre le gocce toccavano il laghetto, era una ninna nanna per il suo cuore in subbuglio.

Però c'era ancora quello strano miscuglio tra il conforto e l'inquietudine: la pioggia portava con sé la cupezza delle nuvole, era per Shin il pianto della natura che si rifletteva nel pianto del suo spirito.

Si morse il labbro inferiore: perché doveva essere sempre tanto contorto?

Ci fu un movimento al suo fianco e, temendo di essersi mosso troppo e di aver svegliato i nakama, si immobilizzò e si rifugiò più a fondo sotto al lenzuolo.

Attese nella speranza di continuare ad udire i respiri di un sonno tranquillo; invece, i movimenti dalla parte di Ryo continuarono. Un dondolio particolare del materasso suggerì a Shin che Ryo si era alzato; la conferma furono i passi leggeri che si dirigevano verso la porta.

Forse stava andando in bagno.

Lanciò un'occhiata al lato lasciato vuoto dal nakama e il suo sguardo cadde sull'orologio sul comodino: l'alba doveva essere prossima, anche se il cielo nuvoloso non lo lasciava presagire. Si ritrovò a contare i minuti che, secondo dopo secondo, si facevano sempre più infiniti.

Non identificò subito l'origine del nuovo batticuore, se ne accorse attimo dopo attimo che le pulsazioni acceleravano e, quando se ne rese conto, l'inquietudine che l'aveva aggredito dopo il sogno, era ormai tornata in tutta la sua prepotenza.

Il motivo gli fu chiaro dopo che, istintivamente, allungò una mano ad accarezzare la frazione di materasso vuoto accanto a sé.

Perché Ryo non tornava?

Sul led elettronico cambiò il minuto e anche l'ora.

Quasi un'ora...

Era già passato così tanto tempo?

Forse.. forse Ryo non stava bene, per questo si attardava tanto.

Diede uno sguardo a Shu: sembrava tranquillo.

Si mosse con cautela e scivolò sul materasso, fino a posare i piedi a terra. L'esigenza di andare a controllare si era fatta pressante, anche se non capiva il perché del cuore in gola: Ryo poteva sentirsi poco bene, forse qualcosa gli aveva fatto male, ma non era certo niente di grave, poteva capitare.

Eppure quella spiacevole sensazione non scomparì quando uscì dalla stanza, l'ansia divenne più opprimente quando cercò invano una luce che filtrasse dalla porta chiusa del bagno: il buio sapeva rendersi davvero spiacevole in determinate occasioni.

Si disse che neanche quello giustificava tanta inquietudine: Ryo non aveva acceso la luce perché non ne sentiva il bisogno.

Si fermò davanti alla porta e, prima di fare qualunque altra cosa, rimase qualche istante in ascolto, cercando di non fissarsi sul silenzio assoluto. Infine, rassegnato, appoggiò un orecchio alla porta, nella speranza di percepire un seppur minimo segnale di presenza umana.

Il nulla.

Lo stesso senso di vuoto che aveva caratterizzato la prima parte del suo sogno.

Scosse il capo con violenza e sbuffò, forse nell'inconscio bisogno di sentire un qualunque suono che rompesse quel silenzio.

Per lo stesso motivo appoggiò le mani alla porta, premette di più l'orecchio contro di essa ed emise un sottile richiamo:

"Ryo...".

Nulla mutò dall'altra parte.

Certo, quello non era un vero richiamo, era venuto fuori un sussurro, doveva impegnarsi di più.

"Ryo!".

Solo leggermente più convinto, la sua voce rispecchiava la sua condizione generale; perché aveva così poca energia?

"Ryo!".

Adesso sì che doveva aver udito, la propria stessa voce era risultata dolorosa alle orecchie di Shin.

E allora perché Ryo continuava a non rispondere?

"Cuore fermati... non sta succedendo niente...".

Ma Ryo non rispondeva.

C'era un motivo, di sicuro e , di sicuro, non era qualcosa di grave.

"Ryo, posso entrare?".

I richiami erano diventati una preghiera e Shin si chiese perché avesse infuso quel panico nella propria voce.

Forse dopotutto Ryo non era lì, forse era andato a bere...

"Ryo, sto entrando!".

Posò la mano sulla maniglia e cominciò ad aprire, con lentezza, come se fosse sul punto di addentrarsi in un luogo pericoloso. Il percorso che la porta compì sui cardini gli sembrò all'improvviso così interminabile che, alla fine, diede un'ultima spinta nervosa e il rumore, nella notte muta, fu come un terremoto.

Quasi come se volesse coprire la propria agitazione, conferendo a quell'irreale dimensione notturna una parvenza di normalità, nel momento stesso in cui la porta si spalancava diede una manata all'interruttore della luce, ma dovette chiudere un attimo gli occhi abituati all'oscurità.

Quando li riaprì si trovò ad osservare, stranito, una stanza priva di ogni presenza umana; eppure sapeva che sarebbe stata vuota, altrimenti Ryo avrebbe risposto. Non gli restava che andarlo a cercare in cucina, di sicuro era andato a bere.

Spense di nuovo la luce e si avviò verso le scale, con un passo e uno sguardo così tranquilli da risultare quasi assente a se stesso; gli capitava quando si faceva pressante il bisogno di spegnere i pensieri. Cercare di non pensare a volte era necessario per lui, persino una salvezza.

Scalino dopo scalino l'apatia avanzava, con il solo scopo di anestetizzare la paura che, Shin lo sapeva, era lì, in agguato, pronta a gettarlo nel panico, a farlo impazzire, perché la sola idea che potesse essere accaduto qualcosa rendeva troppo vicina la follia.

Arrivò in fondo.

Non osava guardare verso la cucina forse perché, dentro di sé, già sapeva cosa avrebbe trovato: nulla. In quella semplice, piccola parola, non vi era niente di rassicurante e stava cercando di ignorare un segnale che faceva suonare un campanello d'allarme dentro di lui: Byakuen non gli era venuto incontro e, nonostante il buio gli impedisse di entrare in contatto con i dettagli, dentro di sé lo sapeva, era perfettamente consapevole che Byakuen non si trovava in quella stanza. E non aveva percepito la sua presenza neanche al piano di sopra.

Doveva trovarsi in cucina con Ryo...

La presenza di Byakuen in casa o comunque nei dintorni, era uno di quei dettagli che si sentivano dentro, anche se non lo vedevi la sua presenza avvolgeva e proteggeva come un kekkai, perché Byakuen era lo spirito tutelare della loro casa.

Uno spirito che, in quel momento, la sua presenza non la faceva sentire. E la porta della cucina era aperta su una stanza buia e silenziosa se si escludeva il ronzio ininterrotto del frigorifero, suono in quel momento assordante e beffardo per le orecchie di Shin.

A fargli eco la sua voce che si fece riudire, un sussurro sottile come un sospiro, mentre gli occhi, fino a quel momento spenti e inespressivi, si spalancarono in un'espressione di ormai inevitabile angoscia.

"Ryo...".

La maschera di calma fino a quel momento eretta si sgretolò tutta d'un colpo e Shin si ritrovò ad aggirarsi frenetico, senza risoluzione, in una ricerca che già sapeva essere vana.

Certo, lo sapeva, glielo diceva il suo cuore, glielo confermavano le sue doti empatiche: ogni paura, ogni inquietudine faticosamente repressa nel corso di tutte quelle ore si era concretizzata, rivelandosi spaventosamente fondata.

Ryo e Byakuen non c'erano e non vi era nulla di normale e spiegabile in quella scomparsa nella notte: non vi era nulla che potesse fornire una logica o una spiegazione rassicurante.

L'ultima tappa fu il giardino e persino quell'angolo di paradiso che proprio lui curava con amore e che gli dava, di solito, tanta serenità gli trasmise, invece, l'ansia generata dalla consapevolezza che anche quell'ultimo controllo si sarebbe rivelato vano. Non vi era nulla di consolante, neanche il suo laghetto, neanche i colori della primavera e neanche gli ultimi residui di nubi che stavano, lentamente, lasciando via libera ad un albeggiare luminoso.

Si immobilizzò come una statua di pietra, anche se il tremito delle membra indicava tutta la sua dolorosa umanità. Le braccia abbandonate lungo i fianchi, incapace di prendere qualunque decisione, si sentiva inerme, un bambino sperduto e solo che bramava il sostegno di una guida, di qualcuno che lo scuotesse dal torpore e da tutta la fragilità che si portava dentro. I suoi piedi nudi a contatto con il terreno ancora intriso di pioggia erano ghiacciati, ma a lui non importava: quel gelo naturale era niente in confronto a quello interiore.

Forse sarebbe rimasto così, fermo, fino a svenire per il freddo e la tensione emotiva se una presenza non fosse giunta dietro di lui, a posargli una mano sulla spalla. Shin non poté trattenersi dall'urlare e, compiendo un giro su se stesso, si ritrovò faccia a faccia con Seiji, che lo interrogava con lo sguardo. Poco più indietro, sulla soglia di casa, anche Shu lo stava fissando e l'ansia nel suo sguardo rispecchiava di sicuro la sua.

Qualcosa nel cuore di Shin andò definitivamente in pezzi, l'ultima illusione che si infrangeva: se anche i nakama si erano svegliati era perché l'inquietudine era comune a tutti e quello poteva significare soltanto una terribile verità.

Non c' era bisogno di parole tra loro, persino lo sguardo di solito calmo e fermo di Seiji appariva tormentato e se era così, tutto andava male: se Seiji era inquieto poteva voler dire soltanto che la situazione era preoccupante.

Non c'era bisogno di parole, ma Shu non poteva stare zitto più a lungo, lui non aveva mai sopportato quei silenzi che volevano dire troppo e facevano più male di un grido di dolore.

"Sei solo, Shin? Dove sono Ryo e Byakuen?".

Qualcuno doveva chiederlo prima o poi e la crudele realtà doveva venire esplicata, per quanto difficile fosse accettarla ed ammetterla a se stessi.

"Sono... spariti...''.

Shin percepì la propria voce estranea, fin troppo tranquilla, così distante dal suo reale stato d'animo, eppure il tocco di Seiji sulla sua spalla si fece più saldo, l'espressione più grave, come se temesse qualcosa.

"Stai calmo".

Perché gli diceva una cosa simile? Lui era calmo, non vi era nulla di cui aver paura, non vi era motivo per temere che qualcosa di grave fosse accaduto: probabilmente una spiegazione logica esisteva...

Ma quale, maledizione, quale?!

Tremava, se ne accorse in quel momento, in un modo tale che il suo corpo sembrava fuori controllo; per questo Seiji gli aveva detto di calmarsi?

"Forse... sono usciti...".

Il tono di voce di Shu era quello di chi sperava in una conferma, pur consapevole che, in fondo, non ci credeva nemmeno lui.

Usciti... appunto... perché?

Così presto, sotto la pioggia, senza dire niente a nessuno...

Le parole di Shu si spensero nel silenzio e non ricevettero la conferma agognata. Ma furono per Shin una tortura che gli fece definitivamente esplodere il cuore in subbuglio.

L'istante dopo si ritrovò a terra, in ginocchio, le dita che artigliavano ciuffi d'erba e Seiji immediatamente al suo fianco, a sorreggerlo, mentre il grido ansioso di Shu giungeva fino a loro: "Shin!".

"Scusatemi" mormorò il ragazzo dell'acqua, mentre Seiji lo aiutava a rialzarsi in piedi, "non so cosa mi sia preso".

Shu li aveva raggiunti e ora Shin sentiva addosso anche le sue mani, forti, amorevoli, ma in quel momento tremanti e nervose, non trasmettevano sicurezza, solo ulteriore conferma che il momento era drammatico.

"Forse... forse hai preso troppo freddo".

Shu... caro Shu che, proprio come lui, faceva di tutto per negare l'evidenza, per spostare l'attenzione da quanto c'era di realmente grave.

"Rientriamo in casa e mettiamoci tranquilli a riflettere lucidamente".

Seiji invece aveva individuato il problema e li invitava a parlarne, ma senza panico distruttivo e prematuro.

Certo, aveva ragione, Shin lo sapeva, ma lui non voleva rientrare, non voleva mettere piede in una casa dove qualcuno avrebbe dovuto esserci e invece non c'era.

"Ora arrivo... cominciate a entrare".

Non capiva perché volesse rimanere fuori da solo un altro po', ma qualcosa gli suggeriva che era necessario.

"Rientra anche tu" supplicò Kongo, "fa freddo".

Shin gli sorrise e proprio non immaginava dove stesse trovando la forza per farlo e per mostrarsi persino improvvisamente tranquillo.

"Certo che entro, datemi solo un attimo. Perché non cominciate a preparare qualcosa per la colazione? A stomaco pieno si ragiona meglio".

Forse per il sorriso o per il tono di voce, Shin riuscì a farsi ascoltare, ma non poté non rendersi conto della pesantezza che permeava le figure dei nakama mentre rincasavano, con Shu che gli lanciava un ultimo sguardo sussurrando a fil di labbra:

''Vieni subito".

Sì... verrò subito.

Lo pensò soltanto, ma gli fu sufficiente per sentirsi in colpa, come se avesse formulato una promessa che era consapevole di non poter mantenere.

Sbatté le palpebre in un moto di stupore generato da quei pensieri di cui non conosceva motivazione e origine, aveva il cuore stretto mentre seguiva con lo sguardo i passi dei due nakama, rimanendo per un po ' a fissare la porta anche quando si fu richiusa alle loro spalle.

Era nostalgia, paura di abbandonare, d'essere abbandonato, paura di angosce troppo simili a quelle legate a eventi che, improvvisamente, sembravano accaduti ieri, fin troppo recenti, fin troppo spaventosi, come le cicatrici che avevano lasciato a loro eterna memoria.

Era suggestione, dovuta al fatto che qualcuno era già sparito, era consapevolezza che si trattava di un nuovo, sconvolgente inizio... o il naturale proseguimento di un destino al quale, per quanto si fossero illusi, non sarebbero mai riusciti a sottrarsi?

"Sarò io il prossimo?".

O sarebbero stati loro?

Di colpo gli fu chiaro perché non li aveva seguiti, perché quella promessa di rientrare subito aveva il sapore amaro di un addio: sperava che, qualunque fosse la minaccia incombente, trovandolo solo si sarebbe accanita su di lui.

Era una speranza disperata, perché Ryo e Byakuen erano insieme ed erano scomparsi insieme, ma aggrapparsi ad essa era tutto ciò che aveva, tutto ciò che poteva fare per proteggerli.

Doveva fare di tutto per attirare quell'incubo senza forma lontano da loro.

Il dopo...

Cosa sarebbe successo dopo?

Se l'incubo l'avesse preso, come avrebbe potuto proteggerli dopo?

Scosse il capo.

Tutto ciò che poteva fare era agire nel presente e forse avrebbe anche trovato Ryo e Byakuen, forse stavano bene e insieme avrebbero trovato una soluzione.

E Touma?

Touma che era da solo, come stava? E cosa avrebbe trovato al suo ritorno?

Si morse le labbra, ignorò il cuore che gli faceva sempre più male, ignorò le lacrime che gli pungevano gli occhi, mentre i suoi piedi cominciavano a muoversi sulla terra gelida.

Dove stava andando non lo sapeva, non verso casa, si distanziava dal nido sicuro, dalla protezione, dall'amore e pregava che tutto il male lo seguisse, come una mamma che, a costo della vita, allontana il nemico dalla tana e dai cuccioli.

"Vieni da me" diceva tra sé, passo dopo passo, "chiunque tu sia, qualunque cosa tu sia, allontanati da loro e portami da Byakuen e Ryo".

Dovunque essi fossero, se erano vivi o...

Un altro morso violento al labbro inferiore, fino a sentire il calore del sangue, ma non ci fece caso. Certo che erano vivi, mai pensare al peggio, era necessario mantenere intatta la speranza per non impazzire; aveva sempre fatto così anche se, con il tempo, era diventato sempre più difficile, l'età che avanzava cancellava le illusioni... e spegneva la speranza.

L'età che avanzava...

Ragionava come un vecchio e quell'ironica quanto amara osservazione non lo aiutò, non lo fece sorridere né sentire meglio, eppure sapeva che doveva continuare a sperare per continuare ad andare avanti, senza sapere dove.

Lui che era la fiducia, perché faticava tanto a ritrovarla proprio quando ce n'era più bisogno?

Si fermò, i suoi occhi si posarono, per caso o per destino, sul laghetto che curava con tutto il suo amore; la sua acqua era lì per lui e, se c'era lei, la fiducia non poteva che risorgere.

“Con il suo aiuto e con la mia volontà, per Ryo e Byakuen, che io possa ritrovarli, per Shu e Seiji, che non corrano rischi, per Touma che ancora non sa nulla e che potrebbe soffrire...".

Chiuse un attimo gli occhi e, quando li riaprì, il kanji azzurro diffuse sulla sua fronte una luce delicata e prese a pulsare, in sintonia con i battiti del suo cuore e con ogni passo che si dirigeva verso l'acqua amica.

Fiducia, fiducia, fiducia...

"Guidami" sussurrarono le labbra di Shin mentre, infine, si inginocchiava e si piegava verso lo specchio d'acqua.

La luce esplose, ma non era più così limpida e azzurra, un alone opaco, per un istante, oscurò il sole che le nubi avevano momentaneamente lasciato libero.

Quando tornò il sereno anche la normalità tornò a permeare il giardino, ma quella quiete era come una risata beffarda: Shin non c'era più e l'acqua si increspò in un muto lamento.

  
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