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Autore: summers001    21/09/2017    0 recensioni
Captain Swan | AU | Nel mondo reale senza magia.
Dal testo:

"Allora," fece la poliziotta sexy "chi è lo sposo?"
Dal fondo della sala partirono una serie di urla di ragazzi e uomini più adulti che gridavano una serie di "io, io, io" per cercare di convincere la spogliarellista.
L'uomo alzò la testa al cielo e cominciò a ridere. Si morse le labbra quando vide la spogliarellista scendere le scale con fare aggressivo ed avvicinarsi. Gli si sedette addosso, mentre dal fondo della sala qualcuno ululava.
L'amica gli passò sul tavolo una serie di banconote. L'uomo le strinse, non sicuro di voler mettere le mani in tutta quell'abbondanza.
"Che direbbe tua moglie?" gli sussurrò la spogliarellista.
"E chi lo sa!" rispose l'uomo quasi intimorito. Non s'aspettava di scoprirsi timido in quella situazione.
"E dai, Killian!" lo spronò l'amica, che s'avvicinò alla spogliarellista e le infilò un paio di banconote nel reggisenoA Killian faceva comodo di sicuro avere un'amica lesbica e così estroversa. Non sapeva infatti cosa aspettarsi per il suo addio al celibato e a tutto poteva pensare eccetto che ad uno strip tease.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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10.




2016, nove di mattina
"Che te ne pare?" chiese Killian guardandosi allo specchio del bagno rivolto verso il fratello. Si rifletteva fino a non oltre il primo bottone della giacca, ma era sufficiente perché non riusciva a staccare gli occhi dalla cravatta. Ne teneva in mano una rossa, una verde nell'altra ed una azzurra annodata al collo. Il cellulare vibbrò da sopra al lavanino, ma non ci fece troppo caso impegnato com'era.
"Non hai ancora scelto?" fece Liam con voce di disapprovazione, come se volesse sgridarlo perché si riduceva sempre all'ultimo secondo. Fece invece uno sbadiglio, poi un sospiro e con le mani in tasca propose. "Si dice di scegliere la cravatta del colore dei suoi occhi."
Killian si sciolse allora la cravatta celeste, la buttò a terra insieme a quella rossa senza pensarci troppo e si accostò la verde al collo. Si ritenne soddisfatto e la annodò. N0n ebbe bisogno di controllare come gli stava più di una volta. Prese il cellulare, lesse il messaggino ed andò in soggiorno. Cercò le chiavi della sua automobile, ma niente: non erano nella ciotola all'ingresso, non erano appese ai gancetti dietro alla porta, non erano nel suo giubbino, dove diavolo erano?
"Non è ancora presto?" domandò Liam, vedendolo affaccendato e controllando l'orologio. Mancavano ancora due ore e non erano molto distanti.
"Devo passare a dare una cosa alla sposa." avvisò l'altro sollevando cuscini del divano, cercando ancora quelle maledette chiavi. "Abbiamo tutto sotto controllo." borbottò Killian, facendo il verso alla sua amica Ruby, che così gli aveva detto due giorni prima quando le aveva chiesto se aveva fatto tutto quello che le aveva chiesto.
"Una cosa?" domandò Liam con voce a metà tra il sorpreso e il seccato. Poi sentì il borbottio, ma ormai era partito e tanto valeva finire di fare quella batutta. "Adesso?" fece di nuovo indicando con un dito sull'orologio che teneva al polso, sottointendendo il doppio senso che credeva di aver letto.
"Già!" rispose Killian non curante, che aveva capito il fratello ma non aveva tempo e poi in un lampo di genio si ricordò della sera prima, di quando aveva aiutato Ruby a vomitare anche l'anima. Corse nell'altra stanza e trovò le tanto agognate chiavi a terra accanto al water. Porca miseria! Raggiunse Liam con una rinnovata voglia di scherzare. "E giacchè ci siamo..." disse allusivo, sorridendo sornione, ma Liam ormai non lo stava più seguendo "Devo solo tenere gli occhi chiusi per non vedere il vestito!" e niente ancora "Una cosa veloce." aggiunse.
"Killian!" lo sgridò allora l'altro, fingendo disapprovazione "E' di tua moglie che stai parlando."
"Fantastico, vero?" fece, mentre la faccia di Liam si sforzava inutilmente di non ridere. "Comunque parlavo del bouquet, dobbiamo ritirarlo e portarglielo. Tranquillo adesso?" Spiegò alla fine. Aprì la porta, la tenne facendo passare avanti il fratello un po' per abitudine, un po' per far capire a Liam che si doveva spicciare e alla fine arrivarono in auto.
La puzza di chiuso che ne venne fuori colpì i nasi dei due fratelli che in due avevano accumulato appena quattro ore di sonno. Il fastidio si trasformò in nausea, che scomparve subito dopo aver abbassato il finestrino, come se quello fosse una bacchetta magica.
Recuperarono i fiori dalla faccia perplessa di una commessa che s'aspettava di vedere la damigella d'onore invece che due uomini. Era un bel mazzo lungo, per niente ampio, sottile ed elegante di rose rosse e calle bianche, che sarebbero saltate all'occhio accostate ad un vestito da sposa. Liam se lo tenne in mano per tutto il resto del tragitto, così che non si rovinasse. 
"Come sta andando il nuovo lavoro?" chiese Liam cercando di parlare in mezzo al traffico del primo mattino, di chi doveva lavorare invece. Non poteva abbassare completamente il finestrino, sempre per i fiori. Lascì allora aperto un solo spiraglio a cui alzava il mento ogni tanto per respirare aria fresca. Il completo di giacca e cravatta era soffocante.
Killian era di nuovo sovrappensiero. S'era dimenticato persino dell'occhio viola. Non faceva che guardare il mazzo di fiori con la coda dell'occhio.
"Killian?" lo svegliò Liam, sventolandogli una mano davanti alla faccia.
"Bene." rispose l'altro scuotendo la testa. "Tra un mese comincia la nuova stagione." rispose. S'era abituato già a quello stile di vita. Dal 2013 aveva mollato il suo vecchio lavoro stabile ed aveva sudato per guadagnarsi la patente nautica, duramente conquistata a novembre di quello stesso anno. Da allora lavorava come tenente a bordo di navi turistiche: viaggiava molto per alcuni mesi, era praticamente assente per settimane e poi restava a casa nei mesi più freddi. Era una bella vita, gli piaceva, lo appassionava e gli era permesso di fare delle vacanze gratuite insieme alla sua fidanzata. Era così che si era guadagnato Miami. Aveva quel pizzico di avventura nella sua vita, che gi faceva venire voglia quando tornava della solita quotidianità.
"H-hm." mugugnò Liam in risposta. Non aveva apprezzato quel gesto avventato del fratello. Più volte aveva cercato di convincerlo che nella vita non sempre si può fare il lavoro dei propri sogni, che a volte ci si deve adeguare. Era la stessa identica cosa che gli diceva Milah e forse era per quello che erano andati così d'accordo in passato.
Invece nel 2013 qualcosa era scattato e Killian non aveva dato retta a nessuno! "Possiamo non parlarne?" chiese, sentendo che vecchi rancori stavano tornando a galla.
"Certo." rispose Liam e poi cominciò a tamburellarsi le uniche due dita libere sulle gambe avvolte in quei pantaloni eleganti e scomodi, pensando ad un argomento da tirar fuori. "Ho preparato un discorso." gli venne poi in mente.
Killian guardò il fratello, poi guardò la strada, poi di nuovo il fratello. "Davvero?"
"Su quanto siate perfetti insieme!" cercò di scherzare l'altro, facendo scoppiare a ridere Killian che davvero non vedeva l'ora di ascoltare questo fantomatico discorso e probabilmente ci avrebbero fatto un filmino, che avrebbe riguardato negli anni a venire e ci avrebbe riso su ogni volta. Il filmino sarebbe rimasto su uno scaffale in salotto, che i suoi figli avrebbero potuto prendere e guardare con curiosità, cercando le facce dei loro genitori giovani. Ed avrebbero ascoltato la storia di quel pugno preso in un bar, della zia Ruby che aveva dimenticato il bouquet, dello zio Liam che aveva viaggiato per due giorni ed una notte per esserci e della loro storia, di quanto all'inizio fosse stata complicata ma di come alla fine ce l'avessero fatta. E stranamente tutte quelle idee non lo terrorizzavano più a morte e non vedeva l'ora di cominciare la sua nuova vita. Sapeva di averlo già pensato, sapeva di esserne già sicuro, ma quella fu la sua vera epifania: sì, voleva sposarla. Dio, se lo voleva!
Finalmente raggiunsero la casa dove la sposa si stava preparando, che tra l'altro era casa sua! Killian parcheggiò e soffiò via quel fiotto d'ansia ed anidride carbonica che s'era tenuto nei polmoni per tutto il viaggio. Si guardò nello specchietto, cercando di ignorare il più possibile quella macchia viola sotto all'occhio e sistemandosi cravatta e colletto. Se non altro verde e viola stanno bene insieme! Recuperò il mazzo di fiori e liquidò Liam con un "torno subito" prima d'avviarsi sopra alle scale.
Arrivò al primo piano facendosela a piedi e col fiato in gola, più per il nervoso che per la fatica. Aspettò che la respirazione gli tornasse normale e premette sul pulsante del campanello.
"Arrivo!" gridò una voce femminile dall'altro lato e subito Killian tornò sereno. Gli venne una strana impazienza che si tramutò in ansia quando sentì i tacchi di due scarpe affrettarsi verso la porta. Alla fine sorrise quando quella cominciava ad aprirsi.



15 settembre 2013
"Quand'è il tuo compleanno?" chiese Killian, steso su un fianco, sul suo nuovo letto muovendo su e giù la punta delle dita sul fianco di Emma, distesa accanto a lui. Non aveva la pelle morbida come credeva, non era come Milah, formosa ed accogliente. Emma era un fulmine: elettrizzante, pericolosa, spinosa e dannatamente bella da guardare. Tutte quelle caratteristiche si rispecchiavano nel suo aspetto fisico. Persino, alla fine della tempesta, lei si mitigava e sorrideva, splendendo come il sole.
Stava ancora sorridendo quando gli rispose acidamente "Perché vuoi saperlo?" con le dita invischiate su quella linea di peli che dal petto gli scendeva sull'ombelico. Si rese conto da sola di diventare insopportabile quando si parlava appena vagamente della sua nascita e del compleanno. Se ne pentì subito e desiderò di aver risposto subito invece, così si leccò le labbra, scrollò le spalle, guardò in basso dove c'erano i suoi capelli sparsi sul materasso e poi indietro su una poltrona, dove c'era ancora il suo cappotto dalla festa di più di quindici giorni prima, due camicie ed un paio di suoi pantaloni che avrebbe dovuto proprio lavare.
Killian sorrise sghembo, forse pensando a qualcosa o forse ridendo di lei e di quel comportamento così dolcemente infantile. Poi sventagliò le dita e le strinse il fianco, dove l'anca diventava spigolosa. "Scartocciare i regali è sacro santo e..." cominciò a rispondere lui sulla difensiva, facendo scendere piano piano una mano e forse non stava parlando di regali veri e propri.
I compleanni risvegliano sempre il bambino che si nasconde in ognuno di noi. E se quello di Killian aveva la fissa con la carta da regalo ed i presenti, quello di Emma non voleva dargli peso per non restare deluso perché nessuno aveva mai festeggiato il suo compleanno. Era così evidente, riusciva a leggerla come se fosse un libro aperto. Pensò che per l'anno successivo avrebbe dovuto fare qualcosa di importante. Emma non era mai stata a Miami... Poteva farle una sorpresa e portarla là o nascondere i biglietti dell'aereo in una scatola gigante tutta addobbata, o in un mazzo di fiori o sul fondo di una scatola di cioccolattini. (*)
"Lascia stare." tagliò poi corto lei, pensando a tutti i pacchi che non aveva mai avuto, alle feste che non aveva mai organizzato, alle cene noiose coi parenti che non c'erano mai state.
"E' il giorno in cui sei venuta al mondo e mi hai fatto..." voleva provare a spiegarsi, ma non trovava le parole, così agitò la mano su di lei, nuda nel suo letto "...un gran regalo," disse alla fine, ma poi pensò che era stato lui a fare un gran regalo a lei, ma non voleva rovinare il momento e lasciò perdere la battuta sporca ed infantile. "devo ricambiare almeno una volta all'anno."
Emma, che s'aspettava anche lei un gioco di parole di qualche natura, non riuscì a trattenere quello "Stupido!" spontaneo ed appena bisbigliato e pensò invece alla complicità che aveva già trovato con lui nell'insultarlo senza neanche farci caso. Aveva avuto dei dubbi sin dall'inizio e continuava ancora a giorni alterni: si raccontava che non era giusto far soffrire così una persona, che non era quello che avrebbe voluto per sé stessa e che quindi, sapendo che sarebbe finita, avrebbe dovuto troncare tutto, ma poi non lo faceva mai e si ritrovava la sera con lui sul divano a scherzare, a tirargli pop corn addosso, ad andare a bere e ridere con i suoi amici ed a fare l'amore a casa sua. Si era portata addirittura il cambio per la notte. Ed a volte se lo portava anche a lavoro. Roba da pazzi!
"Voglio saperlo." disse Killian, cercando di attirare la sua attenzione. "Davvero." sottolineò quando vide gli occhi di lei allinearsi coi suoi.
"A marzo." rispose alla fine. Non voleva dirlo, ma alla fine l'aveva fatto. Avrebbe voluto poi addirittura confidargli che non conosceva il giorno preciso in cui era nata, forse il 20 o il 21. Da piccola, insieme agli altri bambini, festeggiava la data in cui era arrivata all'orfanotrofio, cioè il 22. Era rimasto quello il suo compleanno.
"Non ci conoscevamo ancora." cominciò a ragionare lui, grattandosi con una mano la barba "Allora sono ancora in tempo!"
"Che? Per cosa?" chiese Emma imbarazzata per la prima volta davanti a lui, nonostante fosse nuda ed appena mezza coperta da un lenzuolino.
Killian cominciò a ridere già sapendo come avrebbe voluto rispondere. Si sollevò sulle mani affondando nel materasso duro ed ancora nuovo. La scavalcò e finì su di lei, come un mantello o come un'ombra che la copriva. Le baciò le labbra, poi il mento, il collo e dietro all'orecchio. Emma s'inarcò sulla schiena e quasi gli dispiacque di fare quella battuta, ma Killian era Killian e non poteva trattenersi: "un gran regalo!" le bisbigliò con enfasi e malizia.
Emma sorrise e cercò poi malamente di nasconderlo, poi arrotolò le braccia attorno al suo collo e la giornata degenerò fino a chiudersi del tutto.


21 ottobre 2013
Toc toc
Emma stava cercando di leggere la targa di un'automobile, quando il suono di cinque nocche battute sul vetro del suo maggiolino giallo la fece sobbalzare. Abbassò il piccolo binocolo che lei chiamava "da viaggio" ed aprì la portiera.
"Ehi!" la salutò Killian, infilandosi in quell'auto così piccola che ogni volta si stupiva di entrarci. Si abbassava, faceva attenzione alla testa e ce la faceva. Le allungò il vassoio di cartone con due bicchieri bollenti.
"Ehi." fece Emma di rimando e ne toccò uno, si scottò le punte delle dita e poi lo afferrò da poco più in alto. S'era messa in testa di cambiare ogni tanto, così aveva cominciato a provare il cappuccino con cioccolato, il caffé macchiato con caramello, quello con panna e cannella. In mano aveva un latte macchiato, che più tardi avrebbe scoperto che non l'aiutava per niente a rimanere sveglia.
"Allora?" chiese lui, prendendo un sorso del solito caffé nero amaro, che Emma si chiedeva come facessero le sue papille gustative a non essersi ancora suicidate. L'aveva anche assaggiato una volta e le aveva fatto così schifo che avrebbe vomitato. Era rimasta a bocca aperta con la lingua da fuori mentre lui rideva.
Emma indicò una palazzina con il mignolo, da cui notò immediatamente un uomo che usciva. Era stata ingaggiata da una moglie gelosa per spiare quell'uomo, che stava appena uscendo da un appartamento da cui di certo non abitava. "Accidenti!" bisbigliò delusa.
Killian allora che ormai sapeva come funzionava il suo lavoro, recuperò la macchinetta fotografica dal cruscotto, proprio vicino al solito cruciverba incompleto, la accese, applicò lo zoom e scattò diverse fotografie che sarebbero servite a lei per ricevere il suo compenso. "Magari sta meglio con lei." fece, cercando di giustificare l'uomo e rivedendosi in lui in un certo qual senso.
Emma gli avrebbe voluto dire "ma andiamo!" o "è completamente diverso" o "quello stronzo ha una moglie ed un figlio a casa", ma poi decise di lasciar perdere per non litigare. Scoccò la lingua e s'appese alle chiavi per mettere in moto e tornarsene a casa. Aveva così tanto bisogno di dormire nel suo letto.
"O magari tra qualche anno ti assumerà l'altra, che sarà sua moglie!" propose lui, cercando di assomigliare a lei e vedere il lato mezzo vuoto del bicchiere e la prospettiva più pessimista che gli veniva in mente.
"O lui." rettificò Emma "Come hai fatto tu." cercando di mantenere il parallelismo. Si chiese intanto se fosse quello che s'aspettava lui nel futuro: che lei lo sposasse e forse che un giorno fosse gelosa. Ma certo che era così.
Lo sapeva come faceva lui. Ci provava. Lanciava qualche frecciatina e cercava di capire che pensava lei. Alla faccia del parlar chiaro ed essere chiari, come s'erano detti quel giorno a casa sua. Quel giorno quando s'era presentato alla sua porta, dopo una chiamata partita per sbaglio e forse aveva deciso troppo in fretta. Perché era sempre così avventata e così confusa? Perché gli piaceva e la faceva ridere e stava bene con lui, ma poi ogni tanto, ogni due settimane all'incirca parlava di matrimoni, di gente che si sposava, del fratello che non l'aveva ancora fatto, della madre che gli diceva di non farlo, di colleghi di lavoro che erano appena tornati dalla famiglia e vivevano una vita perfetta ed allora Emma sentiva un formicolio. C'era qualcosa di strano, che non andava e lo sapeva. Sentiva una pressione sul collo e lo sapeva che sarebbe arrivata e gliel'aveva detto, ma lui non l'aveva ascoltata e s'era presentato a casa sua. Perché?
"Era solo un pretesto per stare con te." le rispose Killian sorridendo, contento che glielo potesse finalmente confessare.
Lo guardò. Ah ecco, perché."Lo so."


13 novembre 2013
"Scusa, non ho avuto il tempo di cambiarmi!" accorse Emma, indossando ancora un paio di pantaloni neri ed una maglia a quadri che s'era messa quella mattina. Doveva solo lavorare e poi incontrare Killian in quel ristorante elegante in cui l'aveva invitata a cena. Doveva dirle una cosa importante ed aveva sottolineato la parola "importante" mentre lo diceva.
Forse il suo intento era quello di sabotarlo a partire dal deshabille, perché era tornata a casa in anticipo, si era sciacquata la faccia, legato i capelli e poi aveva cominciato a guardare qualcosa alla tv prima di rendersi conto che s'era fatto tardi. Tipico di Emma, insomma.
"Non importa." rispose Killian.
Era elegante, affascinante, tanto da metterla a disagio e far sentire lei invece fuori posto. Aveva un completo nero addosso, una cravatta verde ed una camicia chiara tra il bianco ed il grigio pallido. Quando s'alzò per accompagnarla al posto, Emma notò la mano nascosta dietro alla schiena e si chiese quale fosse la ragione, che avesse lì tra le pieghe delle maniche e se fosse qualcosa da cui potesse scappare.
Killian le fece ordinare del pesce e dei frutti di mare, convincendola, dicendole che era il pasto giusto che ci voleva per la notizia che le doveva dare. C'era del vino bianco ed alla fine un soufflè al cioccolato. Emma sperò talmente tanto che ci fosse solo cioccolata dentro.
"Emma," fece lui alla fine della cena, cercando di richiamare la sua attenzione. Si schiarì la gola e pareva cercare le parole giuste. Allungò una mano e prese la sua, che invece si ritrasse e si finse impegnata con il tovagliolo. "ok." fece nervoso lui, dimenticando della mano e cercando di concentrarsi. "Ti amo." provò ad introdurre. "So che non dovrei dirlo, ma voglio passare tutta la v..." continuava a dire.
"No." lo interruppe subito lei. Alzò le mani, cercando quasi di pararsi con quelle. Avrebbe voluto alzarsi ed andarsene via, ma non voleva fare una scenata e rimase seduta al posto. Decise che avrebbe chiarito la faccenda una volta e per tutte.
"Cosa?" fece lui confuso "Non ti ho chiesto mica..." e proprio non ce la faceva a finire una frase.
"Stai cercando di sostituire Milah con me?" chiese Emma a voce bassa. Era strano, ma era l'unica volta che il nome di lei non le aveva dato fastidio "Pensi che la nostra storia possa essere uguale a quella che avevi prima? Che io viva per te, che accetti dopo pochi mesi come un'ingenua?" continuò a sproloquiare agitata. Un cameriere che passava di lì si girò a guardarli, allora lei abbassò la voce di nuovo, ma quello ormai aveva capito ed aveva cambiato strada.
"Punto primo, sono stato con Milah per anni prima di chiederle di sposarmi." sentì il bisogno di puntualizzare lui, perché, dio, quanto la odiava quando tirava in ballo Milah e la sua ingenuità. Va bene, lei viveva per lui, e allora? Se non altro non si atteggiava a donna ostinatamente indipendente! "Secondo, no, l'esatto contrario e credevo di avertelo spiegato." aggiunse incazzato, puntando un dito sul tavolo, quasi servisse per affermare meglio la sua posizione, mentre nell'altra mano stringeva qualcosa.
Rimasero poi entrambi arrabbiati fermi nelle loro convinzioni, senza cercare di capire il punto dell'altro, senza darsi la possibilità di spiegarsi e senza aver voglia di continuare a parlarne. Emma incrociò le braccia, mentre Killian con una mano giocava con le posate puntando il coltello sul tavolo e poi facendolo girare, mentre muoveva l'altra nella tasca.
"Killian," lo chiamò poi lei seria, facendo sparire tutta la rabbia come se si fosse tolta un peso "io non ne sono più sicura." disse solo. Quando ebbe il coraggio di alzare lo sguardo, lo trovò solo confuso. "Di tutto questo." provò a spiegarsi, agitando la mano tutt'attorno.
"Non ne sei sicura?" ripeté lui le sue parole, cercando di schiacciarsele bene anche lui in testa perché sapeva che avrebbe pensato tutta la sera ed i giorni dopo a quelle parole e gli conveniva capirle bene.
"Mi dispiace." disse solo Emma e dal suo tono di voce sembrava davvero dispiaciuta, anche se proprio non riusciva a togliersi la sensazione delle sue spalle improvviamente libere.
"E non potevi dirmelo prima?" le chiese lui secco, offeso, distrutto, stringendo nella tasca quella che era la sua patente nautica nuova di zecca, ormai stropicciata, e quelli che erano dei biglietti d'aereo per Miami. Già perché voleva scusarsi, come le avrebbe annunciato quella sera, di dover restare lontano da lei per un mese, perché aveva finalmente cominciato quel suo nuovo lavoro tanto agognato. Avrebbe voluto dirle che aveva programmato tutto, che sarebbe stata una bellissima vacanza, ma lei invece no, doveva per forza tirare in ballo la solita storia e non ce la faceva più. Non poteva smettere neanche per una sera di usare la storia di Milah contro di lui! Ma non le entrava in testa che l'aveva lasciata?
"Prima di cosa, prima che la mollassi?" l'accusò lei.
"Diavolo!" esclamò lui in una risata isterica ed Emma sapeva che quello era il momento di andar via, dopo cui non avrebbe più parlato. Allora s'alzò, ma non voleva lasciargli l'ultima parola ed allora tornò indietro e puntandogli il dito addosso lo accusò. "Continui a scherzare chiedendomi di sposarti e mi assilli e mi opprimi e..." cominciò a spiegarsi e le girava la testa e sapeva quello che voleva dire all'inizio, ma aveva cominciato a perdere le parole.
Killian sospirò. Si mise le mani in tasca e si calmò. Non gli piaceva litigare, non gli piaceva per niente. Non gli era piaciuto con sua madre, con suo fratello, con Milah e non gli piaceva neanche con Emma. "Ti giuro che non è mai stata una mia intenzione." provò solo a dire. Sapeva che era inutile, ma almeno voleva che lei sapesse come stavano le cose. Certo, voleva sposarla un giorno, ma un giorno. Non presto, non subito.
La strana calma di Killian calmò anche Emma, che si rese conto di aver attirato l'attenzione, che troppe persone li stavano guardando forse in attesa di applaudire quando lui le avrebbe fatto la proposta e lei avrebbe detto di sì, alla fine. Ma non è così che vanno tutte le storie e quella gente se ne srarebbe dovuta fare una ragione. "Killian," gli prese la mano in un improvviso lampo d'affetto, forse perché voleva farsi perdonare, forse perché ne sentiva giù la mancanza "siamo troppo diversi." abbozzò, tirando in mezzo di nuovo la solita scusa.
"Sì, certo." concluse Killian sorridendo di nuovo. Poi s'alzò, andò a pagare e tornò a casa sua a piedi, da solo, pensando come previsto a tutto quello che lei gli aveva detto, cercando un modo per agirarlo. Non dormì tutta la notte e qualche mattina dopo partì. Le lasciò un messaggio in segreteria aggiornandola sulla sua vita per l'ultima volta e poi spense il cellulare, sapendo già di non ricevere risposta.


4 dicembre 2013
"Avanti, accendi!" gli urlò quasi Ruby, nel suo locale, indicandogli il cellulare che Killian le aveva praticamente buttato davanti appena era entrato, senza neanche salutarla. Con che coraggio poi! Dopo un mese e mezzo senza dire niente, senza un "a", un "buon giorno" e "buona sera". Ma l'avrebbe fatto ragionare, ah se non l'avrebbe fatto! Aveva così tante frecce al suo arco che quasi se le perdeva.
"Tanto non c'è niente." rispose disilluso, bevendo la sua birra. E gli sembrava di essere tornato un adolescente innamorato, anche se forse non lo era mai stato per davvero.
"Se non lo accendi adesso..." aveva cominciato la barista, puntandogli un dito al petto, ma non aveva fatto in tempo a finire che una voce femminile esclamò un "ehi" entrando nel locale e guarda un po', era proprio Emma! Era arrivata prima del previsto. E già, Emma era una delle sue frecce per far tornare a ragionare quel povero fesso ubriaco. Non che Emma ne fosse consapevole ovviamente.
"Oh perfetto, grazie mille, Ruby!" fece Killian ironico, vedendo entrare Emma, vedendola sbuffare anche lei, che aveva davvero poca voglia di stargli affianco e starlo a sentire. L'aveva detto, no? Erano troppo diversi, non era sicura che fosse la scelta giusta stare assieme, anzi a quanto si ricordava ne era più che sicura. Quindi che senso aveva? Fece per alzarsi, portandosi dietro il boccale, ma Ruby lo recuperò al volo e poi lo afferrò per la manica della giacca da tenente.
"Tu zitto!" gli ordinò lei decisa "E tu siediti." intimò invece ad Emma e sembrava che avesse più confidenza con lei, come se avessero passato molto più tempo insieme di quel che Killian sapeva.
Emma fece come le era stato ordinato, quasi volesse essere incastrata da Ruby. Guardò Killian, che nemmeno pareva aver fatto tante storie per ribellarsi, e forse era cocciuto tanto quanto lei ed aspettava la spintarella di un'amica.
"Vi lascio soli." fece Ruby più calma e più seria. Fece per andarsene, ma poi si ricordò di una cosa. Recuperò una bottiglia di liquore da dietro agli scaffali. Era rhum. Lo mise in mezzo tra i due, porse un bicchiere a testa e poi se ne andò davvero.
Killian cominciò a tamburellare le dita sul bancone. Mise da parte la birra e decise che l'amica ci aveva visto giusto a prendere qualcosa di più forte. "Vuoi?" chiese ad Emma con la bocca impastata ed una voce decisamente confusa. Avrebbe voluto dirle qualcos'altro dopo un mese, dopo essere stato mollato, dopo averle quasi pianto nella segreteria telefonica.
"Cosa?" domandò lei confusa, non certa di aver capito.
Killian prese la bottiglia, la stappò e la inclinò sul bicchiere di lei. "Ti ho chiesto se ne vuoi un po'." ripeté dopo essersi schiarito la gola.
"Versa." e poi entrambi mandarono giù. Rimasero poi di nuovo in silenzio. Emma non voleva guardarlo, cercava già una scusa per poter andare via: lo yogurt in frigo che scadeva, il lavoro, la lavatrice da caricare... Se le stava passando tutte in rassegna e pensava e guardava il bicchiere vuoto, dove sul fondo s'era fatto un piccolo alone tra il giallo e il marroncino.
"Perché diavolo sei arrabbiata con me?" chiese Killian di punto in bianco. Si girò sullo sgabello, ruotando fino a trovarsi di fronte a lei e guardandola per la prima volta. Teneva le labbra strette, le sopracciglia accavallate e quell'espressione concentrata o arrabbiata che si ricordava così bene.
"Perché dovresti essere tu quello arrabbiato, che ha rinunciato a tutto per me, giusto?" ripeté lei come un mantra, perché era quello di cui si accusava, quello che lei pensava che lui pensasse di lei, che era il motivo per cui era finita. E se un giorno, qualora avesse ceduto alla sua idea di vita perfetta, le rimproverasse di averlo costretto a quella scelta obbligata? E se fosse finita più avanti, ancora peggio, per il risentimento di lui? Se si fosse reso conto che Milah era decisamente migliore di lei?
"Che cosa?" ripeté Killian con voce più acuta, uscita così per la birra che gli stava andando di traverso e che avrebbe vomitato se non si fosse controllato. "La smetti con questa storia?" 
"E' quello che vorresti dire." disse Emma quasi a sé stessa, rigirandosi il bicchierino tra le dita, massaggiando il vetro coi polpastrelli.
"No." rispose Killian, quasi offeso, con più convinzione perché stava mettendo in dubbio la genuinità dei sentimenti che provava per lei, nonché la sua parola. "Emma," la chiamò e decise di parlare con lo stesso tono di voce con cui aveva parlato quella famosa volta a casa sua "io ti avevo detto che ti amo ed era questo il tuo vero problema." cercò di bisbigliare perché solo lei sentisse. Ma Emma ancora non lo guardava nemmeno ed allora la prese per le braccia, costringendola a girarsi. Lei si ribellò, era normale, se lo aspettava, ma almeno aveva alzato gli occhi infuocati "Il resto erano scuse." e si rese conto di urlare, ma doveva reggere il suo sguardo in qualche modo.
"Non erano scuse." rispose lei stizzita, perché l'aveva ripetuto di nuovo. Ok, forse erano scuse, forse avrebbe dovuto dirgli la verità, ma come faceva? Come avrebbe fatto poi? Killian le aveva detto di nuovo che la amava e se voleva ancora andare in fondo alla faccenda, avrebbe dovuto dirglielo anche lei. Ma come si sarebbe protetta poi? Come avrebbe fatto a stare con lui con tutte quelle difese abbassate? E se poi lui se ne fosse andato? Sentiva le lacrime cominciare a formarsi nell'angolo dell'occhio e cominciò a guardarsi i piedi, dove una bella impronta bianca svettava sullo stivale nero. "Ed abbassa la voce." gli ordinò per tornare in vantaggio, girandosi attorno e vedendo Ruby che fingenva di chiacchierare con Dorothy che era con lei e che nessuno dei due aveva neanche notato quando erano arrivati.
"Non ti preoccupare!" sentì urlare da quella direzione "Tanto vedrò tutto sui nastri della sicurezza."
A quelle parole l'atmosfera si alleggerì, diventando quasi divertente, quasi come trovarsi in una commedia dove una battuta risolve tutto. Killian ed Emma si sentirono riuniti, schierati dalla stessa parte contro un'amica invadente. Strinsero entrambi istintivamente i pugni e si voltarono in quella direzione.
Quando Killian vide la mano chiusa di Emma a pochi centimetri dalla sua, posata su quel bancone, lanciata con la stessa veemenza, si diede dell'idiota perché ovviamente sapeva già di quella sua fobia di legarsi, di parlare anche soltanto di un possibile futuro che nessuno dei due sapeva che sarebbe mai arrivato, per non parlare di quella di soffrire e come un deficiente aveva pensato solo a sé stesso. Era stato facile con Milah, una volta deciso, parlare di futuro, di matrimonio, anche se poi aveva capito che non era quello che voleva. Ma con Emma era diverso, con Emma sentiva che era giusto e le sue vecchie abitutini erano tornate a galla ed aveva pensato che non c'era nessun problema ad esternare quei desideri. Anzi, cavolo, non ci aveva nemmeno pensato, l'aveva fatto e basta! Avrebbe dovuto prendersi invece del tempo per riadattarsi e per far adattare anche lei, farla abituare all'idea di non essere più da sola, farle sentire che anche se non aveva bisogno di lui, lui c'era. Aveva sbagliato a lanciarle tutte quelle frecciatine, doveva averla spaventata a morte. Si voltò di scatto verso Emma e l'abbracciò, facendo dondolare e quasi cadere lo sgabello sul quale era seduto.
Emma rimase paralizzata da quello scatto. Si lasciò cadere le braccia lungo il corpo e strizzò le palpebre fino a vedere tutto scuro. C'era la radio accesa, i Nickelback in sottofondo ed una partita di base-ball messi in muto. Sentiva il suo odore sul suo collo e qualcosa che le sembrava pesce o salsedine sulla sua giacca della divisa inamidata. Sembrava qualcosa di un altro mondo, i suoi abbracci avevano come un potere a cui non voleva ribellarsi. Era come essere circondati dell'amore che Emma aveva cercato per tutta la vita. Lo abbracciò di rimando, perché non poteva mandare all'aria tutto per paura. "Ti spavento così tanto?" gli sentì dire mentre si beava di quelle sensazioni ed allora lei gli schiacciò le tempie contro la camicia sotto alla giacca. Era un po' sudato, colpa dell'alcol, ma non le importava, forse lo era anche lei.
"La vita non è già decisa, Emma." cominciò a parlare lui, in quello che lei decise sarebbe stato il suo miglior monologo "Tutto può cambiare: tu, io." si fermò accarezzandole la testa mentre lei ascoltava. Parlava come se fosse solo davanti ad uno specchio. "Ho cambiato lavoro, sono diverso, migliore. Mi rendi l'uomo che avevo deciso di diventare da bambino. Io sono cambiato e odio cambiare persino taglio di capelli." scherzò e la strinse più forte e dovette farlo per non piangere lui, non per consolare lei. "Scusa, sei la persona più importante che esista, non mi allontanare." disse dopo un po'.
Emma sapeva che aveva ragione ed erano tutte le stesse critiche che si era mossa in tutto quel mese in cui non l'aveva visto, né sentito. Ma sapeva dov'era! Aveva sentito il messaggio ed aveva chiesto a Ruby tante e tante volte. In fin dei conti sapeva che sarebbe andata così. "Killian?" gli legò le braccia al collo ed aspettò che lui la guardasse.
"Sì?"
"Ti amo."
Sorrisero allora insieme e prima che lui potesse avvicinarsi per baciarla di nuovo, Emma scese in un lampo giù da quei sgabelli esageratamente alti. Lo trascinò verso il bagno degli uomini, tenendolo saldo per la mano. Se lo schiacciò addosso, finendo tra il suo petto ed i muri sporchi, pieni di scritte disgustose sulle mattonelle bianche, mentre a tratti tra un bacio e l'altro riusciva a vedersi nello specchio oltre le spalle larghe di Killian, che rideva e lui la baciava e la toccava.
Quando all'ora di chiusura fecero per andarsene, una voce chiamò "Ragazzi," fece Ruby "i nastri!" disse indicando una telecamera in un angolo.
Emma e Killian si guardarono. Emma arrossì e si coprì la faccia con una mano quasi imbarazzata, mentre l'altra era ancora intrecciata. Killian sorrise anche per la sua reazione e prese in mano la situazione "Divertiti a guardarli!" suggerì all'amica prima di andar via.
"Spiritoso!" la sentirono urlare.
"Idiota." fece Emma alla fine. 


 




Angolo dell'autrice
Eccomi, di nuovo!
Meno due!! Yeeeee! Intanto avete capito chi sia la donna del mistero? Mi sa di sì ormai xD il prossimo capitolo è decisamente il mio preferito. L'ultimo sarà l'epilogo ovviamente, è un po' più breve degli altri, ma bello bello bello. 
Permettetemi di chiarirvi questo (*): ho introdotto Miami nel capitolo 3. Andatevelo a rileggere!! Per i più pigri piccolo riassuntino: Killian regala alla sua sposa un viaggio a Miami, facendole trovare i biglietti sul fondo di una scatola di cioccolattini. Nello stesso capitolo Killian guarda delle foto che ora sapete chi dipingono xD tadaaaan!
Vabbè basta xD 
Il prossimo capitolo vi avviso che sarà diverso. Nel presente c'è lei, nel passato c'è solo lui e riprendiamo dall'inizio mostrando tutto quello che non potevamo sapere guardando la storia solo dal punto di vista di Emma: la separazione con Milah, tutto quello che succede a casa sua... cose del genere. Inoltre volevo solo farvi notare che se nei capitoli precedenti i pezzi nel passato riguardavano solo Emma, cioè la storia le ruotava attorno, sapevamo solo quello che succedeva a lei o perché lei ne veniva a conoscenza; non abbiamo mai visto lui da solo o Milah sola e cose così. Nel prossimo capitolo farò l'opposto. Questo capitolo (e l'ultimo) è stato invece "condiviso", non ci sono mai stati loro due da soli, né sappiamo che succedeva quando non si incontravano... 
Vabbè mi sto facendo la recensione da sola xD 
Un saluto ed un bacio a tutti, a prestissimo per il PENULTIMO capitolo!

  
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