Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: sissir7    24/09/2017    5 recensioni
One-shot sulla Johnlock ambientata dopo l'episodio Il detective morente, e Il problema finale non è mai accaduto (molti di noi vorrebbero fosse vero eh). L'unica parola per descrivere questa one-shot è "finalmente!" Perchè quei due avevano bisogno di sedersi e parlare di tutto quello che non hanno mai avuto il coraggio di dirsi. So, love conquers all...for real.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L’unica cosa che sentiva era il suo respiro.
Lontano, voci indistinte di un film che John stava guardando al piano di sopra, nella sua camera.
Era sotto le lenzuola da circa tre ore, con le mani appoggiate sulla pancia e gli occhi fissi fuori dalla finestra, cercando di cogliere qualche stella timida che si nascondeva dietro al solito cielo nuvoloso di Londra.
Sospirò.
Erano passati ormai mesi dal caso di Culverton Smith.
Mesi da quell’abbraccio, ma ancora sentiva la morbidezza dei capelli di John sotto il mento, la sua fronte calda sul suo petto e quel piccolo corpo tremante sotto le sue braccia.
Era accaduto.
Lo aveva stretto a sé impedendogli di crollare e lo aveva tranquillizzato.
Dopo che John aveva smesso di piangere,  lo aveva guardato e sorriso teneramente.
Gli disse: “Ora, ripartiamo da qui.”
E John gli rispose solo con un cenno di assenso, sussurrando che era a casa.
Lo aveva fatto sorridere di nuovo.
Gli sembrava addirittura di avergli fatto dimenticare Mary perché John non pronunciò mai più il suo nome da quel giorno.
Ed ora Sherlock se ne stava nel suo letto ad aspettare che le cose si complicassero di nuovo.
Aspettava quell’inevitabile catastrofe dietro l’angolo sempre in agguato per separarlo da John, dalla loro vita di nuovo insieme.
Aveva questa ossessione da tempo; qualcosa che non avrebbe potuto evitare gli avrebbe spezzato di nuovo qualcosa dentro.
Conosceva bene la sensazione.
Era esattamente quella che provò al matrimonio di John e sottopelle sentiva ancora i nervi bruciargli.
Pensava di stare per impazzire in quel letto e si alzò di scatto.
Erano le due del mattino.
Poggiò le mani sulle ginocchia e le strinse cercando di concentrarsi su un punto sul pavimento per calmarsi.


All’improvviso una luce fredda dalla cucina si introdusse nella sua camera e trafisse il buio che lo circondava.
Sentiva rumori di tazze.
Si strinse nelle spalle e con gli occhi ancora accecati dal bagliore andò in cucina.
“Scusa, non volevo svegliarti.”  Disse John che stava preparando un tè.
Sherlock si appoggiò al frigo e contemplò quella scena che mai gli era sembrata così familiare, finalmente.
Le sue labbra si curvarono in un lieve sorriso e John lo notò.
Sorrise anche lui vedendo il corpo rilassato di Sherlock stretto in quella lunga vestaglia di raso verde chiaro che gli aveva regalato per il suo compleanno.
Si guardarono per qualche secondo e si dissero qualcosa come “Anche io sono felice di essere qui, come prima. Come sempre è stato, insieme, a bere una tazza di tè.”  Era esattamente questo che i loro sguardi trapelavano.
Sherlock si avvicinò a lui, gli sfiorava la spalla, e prese la tazza che John aveva riempito per lui.
Sussurrò un grazie.
“Non riesci a dormire?”
“Ormai non riuscirò proprio a nasconderti nulla, vero?”
Il piccolo sorriso di prima riapparse tra le labbra di Sherlock.
“Ne dubito. Sei bravo a mentire.”
Sherlock aggrottò per un attimo la fronte sul suo sguardo basso.
“Scusa. Non intendevo…”
“Tranquillo, John. Mi hai detto di peggio.”
“Touchè”
Fecero cin cin con le tazze e bevvero.
Il silenzio era tranquillizzante e sentivano i respiri l’uno dell’altro. 
“Però, e non darmi una delle tue risposte saccenti, sento che…c’è qualcosa che ti turba. Sono giorni, forse settimane che lo sento.”
“Lo…senti?”
Sherlock chiese dubbioso.
“E lo vedo.”
Rispose calmo John.
“Il nervosismo con cui ti abbottoni la giacca, con cui metti la sciarpa, con cui sospiri di tanto in tanto. Sono gesti diversi dalle altre volte.”
Questo significava che John lo notava quando faceva quelle cose, anche in passato. John lo guardava, sempre, e soprattutto quando Sherlock non lo notava.
Lo guardava perché era il suo Sherlock e le piccole cose che faceva gli apparivano speciali, inevitabilmente.
“Qualcosa hai imparato allora. L’allievo supererà il maestro?”
Sherlock lo disse ridendo piano. Erano entrambi appoggiati alla cucina, vicini.
 “Sherlock sono serio. Ti va di parlarne?”
E John gli fece cenno con la testa e si sedette nella sua poltrona.
Sherlock tentennò un attimo e poi si sedette anche lui nella sua.
Non avrebbe comunque dormito quella notte.
“Rosie è sopra da sola. Possiamo parlarne un altro giorno.”
“Ho qui il ricevitore. La sento respirare, sta bene. Tranquillo.”
Sherlock annuì piano assaporando il suo tè.
John lo fissava mentre giocherellava con il manico della tazza, facendo finta di nulla.
Silenzio.
“Possiamo fare di meglio, sai Sherlock?”
Al sorriso calmo di John seguì il suo che trovò le parole di John rassicuranti.
“Stavo pensando proprio a questo l’altro giorno.” Continuò John.
“Avremmo sempre potuto fare di meglio, io e te. Nell’aprirci l’un l’altro, nel parlarci. Ci saremmo evitati parecchi contrattempi e litigi.”
Le mascelle di John si serrarono ma il tono era calmo.
Se solo avesse potuto nascondere il rimpianto in quel tono…ma non ce la fece.
 “Per questo te l’ho fatto notare… che mi sono reso conto che sei nervoso e te lo farò notare sempre d’ora in poi se può aiutarci nel…”
Nostro rapporto.
Ma quella parola tra di loro poteva significare mille cose e allora per ora disse: “…aiutarci tra di noi.”
Sherlock sentiva una sorta di gioia inaspettata scorrergli nel sangue.
“Hai ragione John.”
“Bene. Puoi parlarmi di tutto.”
“Sì, lo so.”
Ancora silenzio.
Ma fu subito rotto da John.
“Mi dispiace.”
Quelle parole gli uscirono di bocca d’istinto come se dopo anni di reclusione si fossero finalmente liberate.
Il cuore gli batteva forte, scalciando contro il petto.
“C-come?” Chiese Sherlock.
Sarebbe dovuto essere lui a parlare eppure John prese fiato e non si trattenne più.
“Mi dispiace per tutte le volte in cui avrei dovuto chiederti scusa e non l’ho fatto. Mi dispiace per tutte le volte che avrei dovuto dirti grazie e non l’ho fatto. Mai. Non ti ho mai ringraziato Sherlock ed era un’ingiustizia che non potevo più ignorare.”
“Non c’è bisogno di scuse o ringraziamenti perché tra noi due quello che”
“No. Ti sbagli.”
“John, ti ho lasciato per due anni piangermi come se fosse nulla.”
“L’hai fatto perché era la cosa giusta. Lo hai fatto per me. Lo so.”
Sherlock corrugò la fronte.
Il respiro si affaticò.
“Lo sai?”  
“Ho chiesto a Mycroft  e mi ha detto tutto.”
Gli occhi blu di John si riempirono di lacrime.
Ma non scesero.
Le labbra socchiuse di Sherlock non riuscivano a proferir parola.
“Ti hanno torturato. Hai sicuramente ancora le cicatrici sulle spalle.”
Non si guardavano.
John non avrebbe retto e Sherlock sentì i brividi accarezzargli quelle ferite bianche sulla sua schiena.
Sentiva un calore alla gola come fiamme.
John sapeva.
“E non solo per questo mi dovrei scusare.”
Era arrivato quel giorno.
Quel momento era lì.
Eccoli a parlarne.
A parlare del passato, di quello che era accaduto e che ha cambiato le loro vite.
Eccoli, finalmente.
Faceva male, indubbiamente, ma era un male necessario.
Come quando ti tolgono i punti da una sutura ancora troppo fresca ma sai che guarirai.
John continuò con la voce un po' rotta.
“Quando…quando Mary ti ha sparato sei tornato in vita per me. Hai raccontato a tuo fratello come la tua mente cercava qualcosa, qualsiasi cosa per resistere e vivere e l’hai trovata in me. E non ne abbiamo mai parlato. Abbiamo mai parlato di certe cose io e te? Mai. E capire il perché mi spaventa. Ma voglio saperlo, Sherlock. Hai ucciso anche un uomo per me.”
La voce di John tremò.
Da quando era padre, sentiva la sua sensibilità quadruplicata e come uno schiaffo riapparirono tutti i ricordi e tutte quelle emozioni nascoste e trasformate solo in rabbia nei confronti di Sherlock.
Ma non poteva fare questo né a se stesso né alla persona più importante della sua vita, quel suo amico indefinibile che lo stava guardando scioccato e vulnerabile.
Una lacrima ribelle cadde fino alle sue labbra.
“In quel momento non ti importava cosa ti sarebbe accaduto, hai salvaguardato me e la mia felicità con Mary. Che poi quella felicità non sarebbe mai esistita comunque è un altro discorso…”
John si massaggiò per un attimo la fronte.
Sherlock era paralizzato.
“Posso solo immaginare cosa sia stato per te fare tutto quello che hai fatto…per me. Perché vorrei fosse chiaro che sei sempre stato tu ad assecondarmi, capirmi, sopportarmi. Mai il contrario. E sì, con Greg tante volte scherzavamo sul fatto su quanto tu sia insopportabile eccetera eccetera…”
Scuoteva piano la testa.
“ma…Sherlock, non sei mai stato un peso per me.”
Sherlock  annuiva involontariamente cercando di fare ordine tra le cose che aveva sentito e che voleva dire.
“John, io...”
“So che trovi queste cose difficili ma”
“Vuoi sapere perché ho sempre fatto di tutto per proteggerti ma sai già la risposta visto che hai fatto lo stesso per me, sempre.”
“Non quanto te.”
“Meglio di me sicuramente.”
“Non hai nessuna colpa Sherlock.”
“Convivrò per sempre con la colpa di averti lasciato solo per due anni”
“Non conta più ormai.”
“Ha sempre contato, John, perché io…”
Non ci riusciva a dirlo.
Non gli sembrava possibile che poteva dirlo.


“Ti ho perdonato. Perdona te stesso ora.”
Quello era l’unico desiderio che John aveva.
Non voleva più rimpianti.
Sherlock scuoteva la testa nervoso.
Sentiva come un uragano nella sua testa e le dita gli tremavano.
“Sherlock…”
Stava per dirlo, stava per farlo e non ci sarebbe mai stato altro momento per farlo.
“Dannazione John, non posso perdonarmi di essermi fatto scivolare via tra le mani l’unica persona che ho sempre amato!”
Lo disse tutto d’un fiato.
Gli occhi stretti per trattenere il coraggio che lo aveva percosso nel dire quelle parole.
Quando aprì gli occhi, John lo guardava.
Per davvero.
Come mai lo aveva guardato.
C’era comprensione, un po' di lecito stupore ma anche consapevolezza.
“E’ questo il perché, allora.” Disse John annuendo e sorridendo piano.
Ma era una reazione che poteva significare molte cose.
Perfino rabbia visto che si trattava di John Watson.
“Sono tornato…ma ti avevo perso.”
Concluse Sherlock, che poggiò la schiena alla sua poltrona sentendosi svuotato.
“Non mi hai mai perso.”
“No. Perché non ti ho mai avuto.”
E in quel momento John non riuscì a respirare.
“La tua amicizia era indescrivibilmente preziosa e non ci ho voluto mai rinunciare. Non potevo rischiare che ciò che mi faceva provare il mio cuore, cose che non aveva mai conosciuto, compromettesse...noi. Ma dopo due anni senza te ero deciso a rischiare, sai? Ero deciso perfino a perderla la tua amicizia se fosse stata rimpiazzata dall’amore.”
I loro sguardi si toccarono per un momento.
“Ma avevi Mary. E non potevo fare…più nulla.”
Sherlokc asciugò la lacrima dal mento.
“Avresti dovuto dirmelo perché io…”
“C-cosa?”
Un po' fu come guardare il buio più totale dell’universo dipingersi con un’aurora boreale.
Fu come una rivelazione talmente bella da far male agli occhi, al cuore.
Come quando ricevi in dono il tuo sogno realizzarsi, era quella la sensazione.
“Sherlock, pensi davvero che io non mi sia mai interrogato su cosa siamo? Cosa saremmo potuti essere?”
“Io…non sapevo mai se le tue preferenza avevano dei confini precisi e in quel periodo magari io…”
“Non importa ora.”
La freddezza di John lo destabilizzò dopo tutto quello che aveva detto poco prima.
“Okay” si limitò a rispondere.
Non pensava che le cose sarebbero state facili dopo la verità su ciò che provava, ma vedere John così distante fece male come una coltellata.
“Non importa…” La voce di John fu un sussurro.
“Perché ora possiamo decidere chi saremo in futuro. Possiamo farlo senza frenarci. E non ho più intenzione, io…”
John sembrava rianimato da una forza immensa.
“Io non sopporto più rinnegare chi sono.”
“John…”
“Sappiamo quello che ci siamo persi, Sherlock. Possiamo viverlo…adesso? Senza troppe domande, senza dedurre, senza pensarci, senza conseguenze.”
John si alzò di scatto, andò verso Sherlock e gli si fermò di fronte tendendo una mano verso di lui.
“Non mi guardare come se non sapessi cosa ti sto dicendo, cosa ti sto chiedendo. Io lo so benissimo. Sono pazzo? Forse. E poi tu non sei da meno quindi…”
Fece un cenno col capo incitando Sherlock ad alzarsi e prendergli la mano.
Sherlock gliela prese senza pensarci troppo e John gliela strinse delicatamente nella sua.
I loro respiri si incrociavano per quanto erano vicini.
“La senti?”,
chiese John, ormai avvolto dal calore che proveniva dal colpo fremente di Sherlock.
“E’ come essere percossi da una scarica elettrica.” Ammise Sherlock.
“Che ti dà forza.” Concluse.
John annuiva pensieroso e disse: “Un giorno ripenseremo a tutto questo e…pensi che farà meno male?”
Sherlock sospirò.
“Non lo so questo, John. Ma…so che non voglio più sentire la tua mancanza.”
“Neanche io.”
“E so che voglio stringerti ancora.”
Le mani di Sherlock gli avvolsero la vita, piano, scivolando sulla schiena.
Le loro fronti si toccarono.
“Anche io so cosa voglio.”
Il sussurro di questa frase toccò dolcemente le labbra di Sherlock che aspettavano.
Che sapevano cosa stavano aspettando.
John poggiò la mano sulla guancia di Sherlock.
Si avvicinò così piano che il tempo sembrò sparire mentre le loro labbra si univano e si muovevano le une sulle altre.
Sherlock avvicinò il corpo di John al suo.
Era bello sentirlo di nuovo vicino, sentire di poterlo avere.
Le dita di John passarono tra i morbidi capelli di Sherlock e il bacio si intensificò.
Respiravano forte e si assaporavano disperatamente.
Le dita di Sherlock stringevano la vita di John, gli alzò la camicia e strinse quel corpo caldo.
La pelle di John sui suoi polpastrelli mentre le loro lingue si toccavano.
John morse piano il labbro inferiore di Sherlock che sorrise.
“Dovevi decisamente dirlo prima che mi ami Sherlock.”
“Concordo.”
 Mai stati così vicini.
Mai.
Così a stringersi e toccarsi.
Mai.
Ma, era casa.
Non era un sapore nuovo che avevano sulle labbra, erano loro e si era trattato solo di scoprirlo e viverlo.
Era da sempre destinato solo a loro due.
“Sarebbe il momento perfetto per dirti che ti amo John, no?”
John lo guardò in quegli occhi disarmanti, di un verde che si perdeva nel blu, e  onestamente non aveva le parola davanti a quella meraviglia che era da sempre stato il suo adesso e il suo futuro.
“E’ perfetto comunque, credimi.”
Sherlock sorrise e baciò John ancora una volta.
Ora lo poteva fare.
E lo avrebbe fatto per sempre.
 
 
 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: sissir7