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Autore: elerim    25/09/2017    9 recensioni
"Come altro avrebbe potuto chiamare, se non impazienza, quella spinta febbrile ad accelerare il passo, ad avvicinarsi subito troppo, acuendo sì i sensi ma tralasciando la prudenza?
Il Grande Generale Cane cercava di raggiungere la fonte di quell'odore, che mai e poi mai avrebbe pensato di percepire così presto."
Inu no Taisho alle prese con qualcosa di piccolo ed inaspettato, che scatena eventi epocali e a lungo attesi.
Prima classificata al contest "Inu no Taisho" indetto dal gruppo fb Takahashi Fanfiction Italia.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: inu taisho, Rin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per il contest “Inu no Taisho” indetto dal gruppo su Facebook Takahashi FanFiction Italia, sponsorizzato da Writer's Wing.

Prompt: Inu no Taisho incontra Rin



 

Sulle mie spalle



 

Hoy de nuevo estoy vivo.
De nuevo
te levanto,
vida,
sobre mis hombros.

 

Oggi di nuovo son vivo.
Ancora ti sollevo, vita, sulle mie spalle.

 

Oda a la vida, Pablo Neruda.

 

Che la sua fama e la sua posizione gli avrebbero garantito enormi privilegi in ogni luogo ed in ogni tempo, per Inu no Taisho era ormai una certezza.

Il poter vagare senza alcuna limitazione era uno di questi privilegi e si può dire che l'avesse utilizzato ampiamente: era andato a scovare creature leggendarie e con astuzia e pazienza ne aveva carpito i segreti, conducendoli a svelargli trame e intrighi del passato. Aveva visitato i non-luoghi in cui le esistenze più antiche acquistano voce e talvolta anche forma. Aveva individuato tutti i varchi fra i mondi e sapeva chi fosse autorizzato – e solito – oltrepassarli.

Il sentimento che oggi guidava i passi del Gran Generale Cane tuttavia non era né la curiosità, né il desiderio di mantener allenate le sue abilità, né l'antica abitudine di raccogliere informazioni che in futuro si sarebbero potute rivelare preziose. Era un sentimento che non solo non sperimentava da tempo, ma che aveva imparato a dominare e nascondere molto presto e con molta sofferenza. Come fosse accaduto ieri, sentì sibilare all'orecchio le parole del suo maestro d'armi, sferzanti quasi come la frustata che a breve sarebbe calata sulle sue spalle, “L'impazienza è acerrima nemica della vittoria.” Il resto del discorso non era mai arrivato a sentirlo, perché il dolore puntualmente giungeva ad annebbiargli il cervello.

Ma come altro avrebbe potuto chiamare, se non proprio impazienza, quella spinta febbrile ad accelerare il passo, ad avvicinarsi subito troppo, acuendo sì i sensi ma tralasciando la prudenza?

Il Grande Generale Cane era assorto in questi pensieri mentre cercava di raggiungere la fonte di quell'odore, che mai e poi mai avrebbe pensato di percepire così presto.

 

Potete ben immaginarvi il suo stupore quando si trovò davanti un cucciolo.

Un cucciolo umano.

Un cucciolo umano femmina con l'odore di Sesshomaru.

 

Si rende necessario esser più precisi: non si potevano enumerare le creature addosso alle quali Inu no Taisho aveva sentito l'odore di suo figlio, e il numero sarebbe decuplicato se avesse tenuto conto di tutti i brandelli, ma quello che sentiva non era odore di preda, né di paura, né di fuga: addosso al cucciolo umano sentiva odore di appartenenza. Quella creatura apparteneva a suo figlio.

Il generale si riscosse dallo stupore iniziale per affrontare un secondo sgomento. Il cucciolo sorrise, poi si mise una mano davanti alla bocca, si profuse in un inchino scomposto e gli rivolse la parola.

“Vi chiedo scusa signore, per un momento vi ho scambiato per il Signor Sesshomaru.”

“Non lo sono. Tu chi sei?”

“Io sono Rin, signore. Voi siete un demone cane, vero?”

Inu no Taisho la guardò come si guarda un topo parlante. C'erano così tante cose da chiarire e da ricollocare nel suo cervello che considerò futile anche solo valutare la possibilità di conversare con quell'esserino.

“Anche voi non amate parlare, eh? Tutti voi fate così!”

Un momento. 'Tutti loro'... chi?

“Conosci molti demoni cane, cucciolo d'uomo?”

“Mi chiamo Rin, signore,” ripetè lei senza motivo apparente, “e conosco due demoni cane, oh” si interruppe con una smorfia di spavento “il Signor Sesshomaru mi ucciderebbe! Volevo dire un demone cane e un mezzo demone!”

“Ah sì?” rispose lui, in pericolosa oscillazione fra confusione, fastidio e curiosità.

“Jaken mi ha spiegato che InuYasha è solo per metà fratello del Signor Sesshomaru. Hanno lo stesso padre, ma la madre di Inuyasha era una donna umana. Il Signor Sesshomaru è molto arrabbiato per questo.”

Al sentir nominare InuYasha il cuore del Gran Generale diede un balzo. Tanto il nome di Sesshomaru gli suscitava irritazione e frustrazione, quanto quello di InuYasha gli muoveva rimpianto e amarezza. In tutti e due i casi tuttavia, come per ogni genitore che si rispetti, il sentimenti scaturivano da un senso di colpa strisciante. Per il primo era stata una figura troppo pressante e imponente, per il secondo non v'era era stato affatto e per lunghi anni il figlio minore l'aveva conosciuto solo attraverso i labili ricordi della memoria di un'umana. Per entrambi non era stato padre abbastanza.

Eppure li aveva fortemente voluti entrambi e, pur sapendo che il rapporto fra i due sarebbe stato dei peggiori, aveva fatto tutto quel che era in suo potere affinché col tempo il primo accettasse il secondo e il secondo, da parte sua, si rendesse accettabile per il primo.

Lo scalpiccio delle zampette del cucciolo d'uomo che aveva preso ad esplorare i dintorni lo riportò al presente, se così si poteva ancora dire, e una domanda si presentò alla sua mente. Ma se la bambina conosceva sia Sesshomaru che InuYasha voleva dire che...

“Tu, dimmi. Dunque questo Sesshomaru e questo InuYasha si conoscono?”

“Mi chiamo Rin, signore, e la risposta è sì, naturalmente. Si conoscono molto bene! Litigano di continuo e hanno combattuto più volte e dicono sempre di volersi ammazzare. Però non lo fanno mai.”

“E come mai litigano di continuo?” azzardò cautamente.

“Ma ve l'ho detto! È perché il Signor Sesshomaru ritiene InuYasha un debole, perché è solo un mezzodemone e non capisce perché il loro padre, che doveva essere un demone grande e fortissimo”, Inu no Taisho si impettì, “abbia lasciato in eredità la sua spada più forte proprio ad InuYasha.”

“Ah sì? E a lui non ha lasciato niente?”

“Sì, gli ha lasciato Tenseiga, che però è una spada che non ferisce, anzi, guarisce! Cosa se ne fa un grande guerriero come il Signor Sesshomaru?” poi divenne pensierosa “Però sembro un'ingrata a dire così. Per me è stata importante, è con quella che il Signor Sesshomaru mi ha salvata.”

“Sesshomaru ha usato Tenseiga su di te, cucciolo d'uomo?” esclamò Inu No Taisho, accorgendosi solo dopo di essersi tradito e di aver rivelato la sua non estraneità ai racconti. Magari lei non se ne sarebbe accorta...

“Mi chiamo Rin, signore” rispose invece lei con decisione “e come ho già detto il Signor Sesshomaru mi ha proprio salvata. E voi non me la raccontate giusta, con tutte queste domande!” si portò le mani ai fianchi in un'evidente postura di rimprovero.

L'avrebbe trovata buffa se non fosse stato così indispettito dalla sua sfrontatezza. Inu no Taisho era incuriosito dagli esseri umani: ne aveva conosciuti diversi, aveva amato profondamente la madre di InuYasha e aveva colto l'occasione delle sue visite segrete alla principessa umana per osservare i comportamenti dei cortigiani e della servitù, mosso da una pura sete di conoscenza.

Ma i cuccioli d'uomo non li aveva mai considerati, né come cibo, né come materiale d'osservazione... né tantomeno come interlocutori! I cuccioli sono cuccioli, che siano d'uomo, di coniglio, di cane, di topo; possono suscitare un moto di tenerezza, ma non hanno nessuna rilevanza.

Prima d’ora non avrebbe neanche saputo dire se fossero in grado di articolare una frase di linguaggio compiuto, ed ecco che si trovava a dialogare con una di essi, che si permetteva prefino di rimproverarlo!

“Ditemi la verità, voi conoscete il Signor Sesshomaru!”, stava di nuovo blaterando quell'essere, “Non è che mi avete portata qui per tendergli una trappola?”

“Ma che sciocchezze vai dicendo!” sbottò il demone.

“Ho capito! Forse è una trappola di quella strana signora. Ora che ci penso” disse rivolgendo di nuovo lo sguardo su di lui, “conosco anche un altro demone cane, la Signora Madre del Signor Sesshomaru!” Inu no Taisho sgranò gli occhi. “È a causa sua se sono qui, ne sono sicura! E voi” gli puntò contro un dito accusatore “siete un guerriero mandato da lei!”

Con quell'affermazione il Gran Generale oltrepassò il limite e il suo autocontrollo si sgretolò. Proruppe in una risata sonora, che rieccheggiò anomala nel silenzio innaturale del luogo, una di quelle risate liberatorie che si fatica a terminare, che lasciano indolenziti gli addominali e svuotano la testa e hanno lo straordinario potere di ridimensionare tutti i problemi.

Lui al soldo di sua moglie? Per tutte le divinità, questa era la cosa più divertente che avesse mai sentito! Oh, che lei avesse provato più volte a manovrarlo non era certo una novità – e nei primi tempi vi era anche parzialmente riuscita, dovette ammetterlo –  ma che le sue trame giungessero ad importunarlo fin qui, questo costituiva uno scenario davvero esilarante.

La cucciola aveva bocca ed occhi spalancati e quando riuscì a ricomporsi lei era ancora lì a guardarlo, attonita.

“Cosa c'è, hai”, il demone inghiottì un finalmente, “perso la lingua?”

“No, è che... non avevo mai visto ridere un demone cane e... ” la bambina tentennò “ ho pensato che se il Signor Sesshomaru ridesse così, sarebbe bello...”

Sarebbe bello che ridesse o sarebbe bello lui? Il Generale non indagò e pensò che, probabilmente, sarebbero state vere entrambe le cose.

La guardò con un ghigno e decise che era venuto il momento di mettere un po' d'ordine nella testa di quella bambina e ristabilire status e ruoli.

Si inginocchiò per essere alla sua altezza e inchiodò gli occhi in quelli enormi di lei.

“Sentimi bene adesso, cucciola d'uomo,” le soffiò gelido sul viso, “Io non so che strana idea tu ti sia fatta dei demoni cane, ma devi sapere che non siamo propriamente esseri ai quali un umano debba dare confidenza.”

Godette nel sentire l'aria sfrigolare intorno a loro e i capelli della bambina caricarsi di elettricità statica. Lasciò che l'espressione severa mutasse in un ghigno accennato e i canini affilati e il guizzo di rosso nelle sue iridi sostenessero la minacciosità delle sue parole.

Fu solo quando sentì l'odore della paura della creatura che, intimamente trionfante, si sciolse in un sorriso affabile e ammorbidì il tono di voce. “Adesso raccontami per bene come sei finita qui e cosa c’entra la 'Signora Madre del Signor Sesshomaru'. E se sarò soddisfatto potrei anche decidere di aiutarti.”

“Sì, Signore” balbettò la bambina, rigida come un pezzo di legno. “Ma qui...”, nella sua voce il timore lasciò il posto alla preoccupazione, “dove sono? Dove sono finita?”

Il demone stabilì che non fosse il momento migliore per affrontare quel punto. “Di questo parleremo dopo. Dimmi ora, ti ascolto.”

“Io... non ricordo molto, Signore,” cominciò titubante, “so solo che eravamo nel palazzo della Signora Madre del Signor Sesshomaru e stavano parlando di quella strana pietra che la Signora Madre aveva al collo. Poi lei con la sua pietra ha richiamato un'enorme creatura,” un Cacciatore di Anime pensò subito il Generale, un Segugio,”e il Signor Sesshomaru con la sua spada ha cercato di uccciderlo ma ha aperto un varco per l'Aldilà.”

Inu No Taisho non potè evitare una smorfia stupita. Era prevedibile che Sesshomaru avrebbe provato ad acquisire il Meido Zangetsuha, l'antica tecnica di apertura dei portali fra i mondi, ma che sarebbe giunto a portare un'umana nel Palazzo dei Signori dell'Ovest, questo sì che aveva dell'incredibile.

“Quella creatura ha assalito me e il mio amico Kohaku e ci ha catturati nelle sue fauci. Poi ricordo solo un posto buio, e freddo, e mi sono risvegliata qui.”

Il demone si prese tutto il tempo necessario per elaborare le informazioni, il che permise alla bimba di liberare lo sguardo. La vide percorrere con gli occhi l'ambiente circostante, circospetta e curiosa, mentre un'irritazione strisciante cominciava a montare in lui.

Se la tecnica del Meido fosse stata completamente acquisita da Sesshomaru, nessun Segugio avrebbe potuto attraversare il varco senza il suo permesso. Il Meido è una tecnica complessa e pericolosa per l'equilibrio dei mondi, se il varco non viene aperto nella maniera corretta esso non è sicuro e le creature possono oltrepassarlo senza limitazioni. La bimba era stata rapita dalla più letale fra esse, ecco perché era giunta in quel posto. Possibile che il suo figlio maggiore, sempre severo e controllato, si fosse cimentato in tale pratica con tale incoscienza? O forse...

La cucciola d'uomo si era seduta su un sasso, con le gambe raccolte al petto.

“Il Signor Sesshomaru verrà a cercarmi, non mi lascerà in questo strano posto”, disse con voce bassa ma sicura.

“Come puoi esserne sicura? Sei solo un cucciolo umano!” aveva sbottato prima di rendersene conto. Suo figlio era un demone maggiore! Quanto tempo ed energie avrebbe potuto investire nella ricerca – vana peraltro – di una essere così insignificante?

“Lui viene sempre! Lui non ha mai abbandonato Rin! Lui si preoccupa per Rin!” disse la creatura con gli occhi lucidi, stringendo la stoffa del kimono fra i pugnetti serrati.

La sicurezza di quella bambina era irritante e con fastidio dovette ammettere che fosse ormai giunto il momento di dirle che no, il suo Signor Sesshomaru non l'avrebbe salvata, perché dal posto in cui si trovavano non si torna più indietro.

Ma la cosa più fastidiosa era che, per come si erano messe le cose, toccava proprio a lui dirle la verità e sopportarsi la crisi seguente, perché si sa, i cuccioli hanno reazioni spropositate.

Si avvicinò alla bambina, si portò nuovamente alla sua altezza e si schiarì la voce, ma proprio mentre stava per iniziare a parlare un suono cupo e sordo si propagò nell'aria. Inu No Taisho balzò in piedi, anche la cucciola si alzò ma più per lo stupore, perché di certo non era in grado di percepire l'evento con la stessa intensità con cui lo percepì il demone.

L'illusoria radura in cui sostavano vibrò, come se il suolo di quel luogo fosse attraversato da un'onda sismica di enorme potenza. Ma, il Gran Generale lo sapeva bene, quella era un'onda energetica, generata da un potere demoniaco che lui conosceva ancor meglio.

“Il Signor Sesshomaru!” disse la cucciola con voce tremante e carica di speranza, “mi sta chiamando, lo sento!”

Sì, lo sentiva anche lui. Sesshomaru stava liberando il potere di Tenseiga nell'Aldilà, stava sovvertendo l'ordine dei mondi con una potenza che poteva essere figlia solo della più determinata disperazione.

Suo figlio stava cercando di riportare in vita quella bambina. E, dei sacri, non ci sarebbe riuscito.

 

Fu allora Inu no Taisho comprese, e il suo dolore fu profondo e soffocante. Era lei, era a causa di quella bambina che Sesshomaru avrebbe compreso l'attaccamento, l'affetto e la compassione. Era lei quel “qualcuno da proteggere” che tempo addietro lui stesso aveva spinto Sesshomaru a cercare.

Il dolore per la morte di quel cucciolo d'uomo gli avrebbe restituito un cuore di carne, la sensazione di impotenza di fronte alla morte l'avrebbe fatto scendere dal suo piedistallo, perché avrebbe perso... antichi dei... la sentì chiaramente la rabbiosa preghiera di suo figlio: “Per me non c'è nulla che abbia lo stesso valore della vita di Rin.”

Sesshomaru avrebbe perso ciò che gli era più caro al mondo.

 

Il Gran Generale chiuse gli occhi. Da secoli attendeva che il suo erede si rendesse degno di utilizzare il vero potere di Tenseiga, potere che mai gli si sarebbe palesato se fosse rimasto il demone altero, sdegnoso e superbo che era diventato con l'ingresso nell'età adulta.

Ma Inu no Taisho conosceva suo figlio, sapeva che era un essere severo prima di tutto con sé stesso, che non concedeva indulgenza agli altri poiché non ne concedeva a sé, che aveva imparato a disciplinare i propri sentimenti reprimendoli con durezza perché erano talmente potenti da essergli di intralcio e renderlo facile preda degli avversari. Ma i sentimenti messi a lungo a tacere faticano a trovare la strada per emergere e non trovano parole per essere espressi.

Per questo la dichiarazione di devozione di Sesshomaru a quella piccola umana era un miracolo, un seme che aveva trovato - per volere degli dei - terreno fertile ed era germogliato ora, nell'Aldilà. Ma lei non sarebbe ritornata ad alimentarlo, non avrebbe più potuto aiutare suo figlio e allora il sentimento avrebbe messo ugualmente radici o sarebbe stato soffocato?

E poi lei... Inu No Taisho si concesse di guardarla e fu come ricevere una lama nel petto. Si guardava intorno con un'espressione di fiducia incondizionata, come se si aspettasse di veder spuntare Sesshomaru dai cespugli da un momento all'altro. Come avrebbe sopportato di disilluderla, di assistere alla recisione definitiva di un legame così profondo?

Fu allora che percepì un mutamento nella vibrazione, che presto divenne un continuo acuto e si accompagnò ad una luminescenza che rese le superfici traslucide... e una forza per lungo tempo sopita fece il suo ingresso trionfale nell'Aldilà, accolta dai latrati di rabbia dei Segugi.

Il Grande Generale Cane trattenne il fiato, sopraffatto dall'emozione.

Tenseiga era stata risvegliata. Sesshomaru ne stava utilizzando il potere completo per purificare le anime! Ma la cosa più impressionante era che lo stava facendo consapevole che questo non avrebbe riportato in vita la bambina, lo stava facendo gratuitamente.

Era lacerante, per Inu no Taisho. Era quello che aveva sempre sperato accadesse, ma non era così che avrebbe voluto che andasse. L'orgoglio che provava – per suo figlio, in grado di disciplinare una magia così potente, e per lui stesso, che con lungimirante tenacia aveva creduto in lui – veniva seppellito dalla sofferenza che percepiva nell'aura del figlio.

Nessun padre è preparato ad assistere al dolore del figlio e quello di Sesshomaru era il dolore di un cuore giovane appena risvegliato, ancora inesperto e già trafitto, ed era così potente e istintivo da rendergli difficile arginare il proprio.

Chinò la testa, sopraffatto. Forse gli dei si fanno beffe della sua famiglia.

 

Quando il potere di Tenseiga scemò, cessarono anche la luminescenza e la vibrazione e tutto tornò quieto e silenzioso, come si addice al Mondo delle Anime.

“Ehi, dobbiamo andarcene,” disse al cucciolo, guardandola di sfuggita. Aveva cercato di essere delicato ma risoluto: gli emissari degli ottusi Padroni di questo mondo lo stavano già di certo  cercando per interrogarlo e lui aveva tutte le intenzioni di rendere loro la ricerca più infruttuosa possibile. Non aveva nessuna voglia di parlare della faccenda, né tantomeno rischiare di svelare a quei cialtroni i molti segreti che Tenseiga ancora celava in sé.

“Mi chiamo Rin, Signore, non riuscite proprio a ricordarlo?” e gli rivolse un'occhiata di rimprovero con occhi tristi. “Non vengo, Signore. Aspetto il Signor Sesshomaru, mi sta cercando.”

“Il Signor Sesshomaru non può arrivare qui, bambina. Non ancora, perlomeno. Un giorno arriverà anche lui,” come tutti, “nel frattempo mi prenderò cura io di te, va bene?”

L'aveva detto senza pensarci troppo e gli sembrò di aver fatto la cosa giusta. L'avrebbe accompagnata nella parte di Regno riservata a quelli della sua specie e avrebbe chiesto ad Izayoi di avere per la piccola un occhio di riguardo. Sarebbe andato a trovarla sovente, per accertarsi che stesse bene, e non appena Sesshomaru fosse giunto nel Mondo delle Anime l'avrebbe condotto da lei. Teoricamente demoni ed umani non avrebbero dovuto avere contatti nell'Aldilà ma il grande demone, quando aveva saputo dell'arrivo di Izayoi aveva, diciamo, fatto in modo di ottenere un lasciapassare. Avrebbe “fatto in modo” di ottenerne uno anche per Sesshomaru.

I suoi gloriosi piani per il futuro vennero interrotti da una sensazione di intrusione strana ma non del tutto spiacevole. La bambina gli era di fianco e si era aggrappata con una mano ai suoi hakama. Non l'aveva sentita arrivare perché per creature come quella la sua soglia di attenzione al pericolo era bassissima, che pericolo avrebbe potuto rappresentare per lui un cucciolo umano? Forse avrebbe dovuto modificare questo aspetto.

La bimba tremava e si mordeva il labbro, in un evidente sforzo per trattenere il pianto.

“Puoi piangere,” le disse. Sarebbe stato fastidioso ma insomma, i cuccioli hanno tutto il diritto di lamentarsi un po'.

La piccola tirò su con il naso e si sfregò gli occhi vigorosamente con la manica.

“Il Signor Sesshomaru non piange mai,” disse con voce roca ma ferma, “non voglio che gli raccontiate di avermi vista piangere.”

“Fa' come credi.” Sospirò e si avviò, ansioso di mettere un punto agli avvenimenti della giornata. Mai una novità per secoli e poi in pochi istanti si consuma un cataclisma, che seccatura.

 

La creatura lo seguì docile e silenziosa. Si voltò per accertarsi che riuscisse a tenere il suo passo e la scoprì assorta a guardare nel vuoto. “A cosa pensi?”

“Spero che il Signor Sesshomaru stia bene. E che la Signora Madre non gli giochi altri brutti scherzi.”

La Signora Madre!

Il demone si bloccò sul posto. Per tutti gli dei, se n'era dimenticato!

Si era dimenticato di un potere del medaglione che le aveva affidato, un potere che... diamine. Il medaglione era un cercatore di anime, come i Segugi. Poteva cercare e contattare un'anima nell'Aldilà, ogni tanto – raramente – lei stessa l'aveva utilizzato per parlargli.

Inoltre, lui si era premurato di aggiungere a questo un altro potere, derivato da Tenseiga: se l'Anima era in viaggio verso l'Aldilà, il medaglione avrebbe potuto aprire un varco per permetterle di tornare indietro.

L'anima della bambina in realtà non era più in viaggio, ma era lì da poco e sua moglie aveva potere sufficiente per richiamarla. Con tutto il clamore sollevato da Tenseiga, il Generale confidava che non si sarebbero accorti della sua insignificante assenza e, in caso contrario... beh, la Signora Madre del Signor Sesshomaru se la sarebbe cavata egregiamente, non v'era creatura più abile a cadere sempre in piedi, e con indiscutibile eleganza.

Restava solo da capire se lei l'avrebbe fatto. A modo suo amava loro figlio e in un modo ancora più discutibile era attenta a lui e alle sue imprese, ma era altrettanto certo che non avrebbe mosso un dito se la sua azione fosse entrata in conflitto con le sue ambizioni personali.

Si trovò quindi a sperare, a pregare gli dei beffardi affinché si compisse un secondo miracolo e sua moglie provasse compassione. Poche cose nella vita gli erano risultate più umilianti di quella, poche cose davvero.

 

Il sollievo che dunque provò nel sentire l'aria intorno a loro nuovamente pregna del potere di Tenseiga, insieme al profumo – mmh, sempre delizioso e intrigante come non mai – dell'aura della sua consorte, fu tale da fargli rizzare la schiena e distendere i muscoli.

Guardò la bambina e già ne vide i contorni sfumare, segno che l'anima era stata individuata e chiamata.

“Io... mi stanno chiamando, una donna mi sta chiamando!” disse la creatura, guardandosi intorno spaventata.

“Non è una donna, è la Signora Madre del Signor Sesshomaru, e vi porterà di nuovo da lui.”

“Davvero?” gli occhi della bambina brillavano di gioia, le mani strette al petto.

“Sì,” un sorriso sfuggì anche a lui, perché era davvero contento, “sei un cucciolo fortunato.”

“Grazie Signore, ora devo andare!” fece un breve inchino e poi parve ricordarsi di una cosa importante. “Non so neanche chi siete! Ditemi il vostro nome...”

Il sorriso del demone si fece più aperto. “Mi chiamo Inu No Taisho, e sono il Signor Padre del Signor Sesshomaru. E del Signor Inuyasha.”

La bocca della bambina si aprì in una 'o' di stupore. “Voi...” balbettò, ma stava già scomparendo.

“Saluta i miei figli, piccola Rin.”

“Certamente Signore! Racconterò a loro di voi, lo prometto!” gli arrivò solo più la sua voce e poi tutto tacque. Era di nuovo solo.

Il grande demone si sedette sul prato che fino ad un attimo prima stavano attraversando, esausto e soddisfatto. Con una punta di amarezza, perché avrebbe voluto, tanto, che la bambina mantenesse la sua promessa, ma lei non avrebbe ricordato niente, le leggi dell'Aldilà – alcune almeno – sono ferree.

Masticò una preghiera di ringraziamento alle divinità e si sdraiò, attendendo l'arrivo degli emissari. Inutile fuggire, ora si sentiva in grado di affrontare qualsiasi problema.

C'erano ancora due o tre cosette da chiarire in verità, non gli restava che attendere che quell'indisponente di sua moglie si facesse viva – beh, si fa per dire – ed era abbastanza certo che sarebbe avvenuto molto presto.

 

Poche sere dopo difatti, ad acque ormai calme, si sentì chiamare con voce modulata e carezzevole.

“Caro? Scusa per il disturbo...”. Falsa e insinuante.

“Non mi disturbi mai, lo sai,” rispose pacato.

“Avevo dimenticato, non ti disturbo mai e ti irrito sempre.” Pungente e soave.

Aspettò che la figura di sua moglie apparisse e la osservò, morbidamente distesa su un divano nei suoi appartamenti. “E sei sempre bellissima, questo quasi l'avevo dimenticato io.”

“La tua adulazione non mi tocca. Sono certa che hai compagnia. Vorrei dire 'ottima' ma insomma, sai come la penso.”

“Ti mostri gelosa? Non starai invecchiando,” la provocò il demone suscitando in lei una risata cristallina che nascose pudicamente con la mano.

“Sei sempre così divertente, caro! La mia vita è assai più noiosa da quando hai deciso di soggiornare nell'Aldilà.”

“Oh, è così anche per me, credimi. Per fortuna ci pensa nostro figlio a vivacizzare le giornate, concordi?”

Lei poggiò teatralmente la testa su una mano, “Non me ne parlare, è stata una tale fatica!”

“Immagino...”

“Ed è un tale testone, non ha voluto sapere di ascoltare i miei consigli, i consigli di sua madre!”

“Biasimalo...”

“E ho dovuto perfino accontentarlo e riportare in vita quella cucciola umana, come potevo restare indifferente davanti alla sua sofferenza?”

“Quale nobiltà...”

“Francamente, caro, tutto mi aspettavo da Sesshomaru tranne questo attaccamento agli esseri umani. Dopo tutto lo scompiglio che hanno creato nella nostra famiglia! Inaudito,” concluse la Signora dell’Ovest alzando il mento con stizza.

“Non viverla come una sconfitta, cara...” uh, questo sì che era un azzardo. E infatti.

“Sconfitta?” la risata di lei risuonò ancora. “Caro, io sono qui e tu sei lì... di quale sconfitta stai parlando?”

Fu la volta di Inu no Taisho nascondere l'affondo dietro un sorriso. “Sei sempre ammirevole, mia Regina.”

“E tu tenti inutilmente di conquistarmi, da sempre.”

Questo non era del tutto vero, ed entrambi lo sapevano perfettamente. “Sai, non mi manca nulla della mia vita terrena” riprese il Grande Generale con voce bassa e guardandola dritta negli occhi, “tranne una cosa.”

Si studiarono a lungo, immobili. Ah, se gli sguardi avessero potuto prendere fuoco come i corpi!

Fu lei a distogliere gli occhi per prima e, fingendo un’inesistente stanchezza, concluse la conversazione con un affrettato “Oh, desolata. A presto, caro.”

L'immagine di lei si era già quasi dissolta quando lui affidò al vento un “Ti aspetto”, sicuro che sarebbe andato a centro.



 

“Ciao Signor Sesshomaru, come stai?”

“Io molto bene, e tu?”

“Anch’io.”




 

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Questa è la storia più fanfiction-osa che abbia scritto. Credo sia inutile specificarlo, ma può essere considerato un ‘missing moment’ dell’episodio 9 dell’ultima stagione, quello intitolato “Sesshomaru nell’Aldilà”.

Ringrazio visbs88 per il delizioso prompt, mi sono divertita ad immaginare l’incontro di due esseri così diversi eppure uniti da un obiettivo comune - inconsapevole per Rin, inseguito con tenacia dal Gran Generale.

E, detto fra noi, la scena di Sesshomaru che accarezza la guancia di Rin appena risvegliata, io la riguarderei fantastilioni di volte <3

Signore e signori, grazie per la cortese attenzione. Alla prossima
elerim

 

   
 
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