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Autore: Generale Capo di Urano    27/09/2017    0 recensioni
[APH Rare Pair Week 2017] [Day Three: Childhood] [Nord Italia/Sud Italia]
Il Sud Italia lavorava a petto nudo e con i calli alle mani, i capelli e la pelle bruni colpiti da sole accecante del pomeriggio, ma era bastato il richiamo del fratellino a distoglierlo completamente da ciò che stava facendo. L’aveva visto correre verso di sé, con la gonna a intralciargli i movimenti, inciampare e rotolare sul terreno secco e duro – ma non aveva fatto in tempo a raggiungerlo che si era rialzato e aveva continuato la sua corsa, del tutto incurante del vestito sporco e delle ginocchia sbucciate.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Nord Italia/Feliciano Vargas, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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«Fa caldo.»
«Se ti levassi di dosso farebbe meno caldo.»
«Non mi va.»
Feliciano era capriccioso e testardo, era un artista che come un bambino sapeva guardare la natura con gli occhi sgranati e stupirsene ogni volta, era speranzoso e delicato e sensibile, era un sognatore che aveva paura di guardare il mondo per com’era e si rifugiava in fantasie utopiche e dolci come il miele.
Feliciano odiava la solitudine, Feliciano aveva un cuore grande come il mare, Feliciano era stato oppresso e ferito eppure non aveva mai avuto paura del prossimo. Feliciano cercava compagnia in chiunque, Feliciano aveva mille amici eppure ogni notte tornava a rifugiarsi tra le braccia magre e calde del fratello, che profumavano di casa e salsedine e nonostante i brontolii e i lamenti – falsi, avrebbe osato dire – non l’avevano mai allontanato.
Era piena estate eppure ancora si ostinava ad accoccolarsi sul petto nudo di Romano, che borbottava e sospirava cercando di prendere sonno nonostante il caldo afoso e opprimente che non se ne andava neppure di notte – dalla finestra aperta proveniva un concerto assordante di cicale e neppure un filo di vento arrivava ad alleviare la loro sofferenza.
Romano era abituato al caldo, di certo più di quanto non lo fosse il fratello, ma quell’afa umida e terribile era troppo anche per lui che sin da bambino s’era bruciato le braccia e la nuca sotto al sole cocente, incurante dei raggi che gli colpivano impietosi gli occhi e la pelle. Romano era cresciuto in mezzo a campi e terra e polvere e sapeva resistere alla calura estiva molto più del piccolo Veneziano dal faccino pallido e il pelo chiaro, vissuto tra enormi stanze e corridoi infiniti e mobili pregiati, abituato a faticare da tutt’altra parte rispetto a lui.
«Romano, ho caldo!»
«Non posso controllare la temperatura, Feli!»
«Una volta potevi farlo.»
Feliciano non era più un ragazzino da un pezzo e ancora si ostinava a voler credere a cose impossibili – credeva nella magia, nell’uomo e nei sogni e aspettava solo un segno che gli dimostrasse di non essere solo un illuso visionario. Oppure, forse, credeva solamente a ciò che più gli faceva comodo.
Il Mezzogiorno socchiuse un occhio e osservò di sottecchi i ciuffi castani e spettinati del fratello che gli si appiccicavano alla fronte sudata e gli coprivano gli occhi chiusi; non visto, non poté trattenere un sorriso nel rivederlo per un secondo bambino, con le gote rosse scottate dal sole del Meridione e la bocca perennemente spalancata, da sveglio come da addormentato.
Vedersi, a quei tempi, era tanto raro quanto magico. Non tentava neanche di nascondere la felicità, quelle volte – quando il fratellino ancora era tanto piccolo da poterlo sollevare senza problemi e lo guardava sempre con gli occhietti ambrati colmi di ammirazione e aspettativa.
L’amore e l’ammirazione di Veneziano erano le uniche cose di cui Romano aveva mai sentito il bisogno – degli altri, con il tempo, aveva imparato a non curarsi più; le uniche persone che avrebbero potuto farlo sentire importante erano se stesso, la sua gente e suo fratello. Perderne solo una sarebbe stata la fine, e colmo di terrore e angoscia l’aveva quasi sperimentato sulla propria pelle.
Si ritrovò involontariamente a sfiorare – carezzare, forse? – i capelli di Feliciano, che nel frattempo ci aveva messo pochi secondi per crollare, vinto dal sonno, in uno stato di dormiveglia che gli impediva di intendere e di volere. Lo sentì mugolare appena, prima di avvertire il suo respiro farsi sempre più lento e regolare.
Alla fine, neanche il caldo l’aveva mai vinta su di lui.
 

«Ro-ma-no!»
Aveva sentito gridare il suo nome da qualche parte poco lontano e aveva girato il capo in ogni direzione per tentare di capire da dove provenisse. Impossibile non riconoscere quella vocetta acuta e petulante, che gli risuonava cristallina nelle orecchie e lo chiamava, energica e decisa.
«Ro-ma-no!»
Veneziano saltellava sul terreno polveroso, alternando una sillaba a ogni salto, girovagando senza meta tra gli immensi campi e affidandosi solo alla propria voce per riuscire a trovare chi stava cercando. Alcune donne, nel vederlo, sorridevano e chiacchieravano in dialetto tra loro, dolci e premurose come le madri che erano.
“Che bella bimba!”
“Ma che strani vestiti!”
“Povero tesoro, non avrà caldo?”
Il Sud Italia lavorava a petto nudo e con i calli alle mani, i capelli e la pelle bruni colpiti da sole accecante del pomeriggio, ma era bastato il richiamo del fratellino a distoglierlo completamente da ciò che stava facendo. L’aveva visto correre verso di sé, con la gonna a intralciargli i movimenti, inciampare e rotolare sul terreno secco e duro – ma non aveva fatto in tempo a raggiungerlo che si era rialzato e aveva continuato la sua corsa, del tutto incurante del vestito sporco e delle ginocchia sbucciate.
«Vene...»
Gli rotolò tra le braccia, ansimava eppure continuava a saltellare. Non dimostrava d’aspetto più di dieci anni e gli arrivava a malapena alle spalle; era tutto sudato ma sembrava non notarlo, interessato solamente al volto scuro del più grande e ad avvolgergli con le braccine paffute, da bambino, la vita magra. Romano, preoccupato, lo allontanò appena da sé e gli strinse le spalle, fissandolo negli occhi spalancati e osservandogli con sospetto il viso arrossato: «Oh oh! Ma sei impazzito? Ma mi vuoi morir di caldo?»
Parlava nei propri dialetti e Veneziano gli rispondeva con i suoi, eppure in qualche modo erano sempre riusciti a capirsi.
Il fratellino gli restituì uno sguardo confuso e quasi deluso per il fatto non aver ricevuto un abbraccio di rimando. Romano, per scusarsi, gli scompigliò appena i capelli, donandogli nuovamente il sorriso.
«Sei cresciuto ancora» constatò, mentre il Settentrione continuava ad agitarsi come se avesse il diavolo in corpo, incapace di stare fermo per più di qualche secondo. Quel bimbo aveva bisogno di sfogarsi, pensava, stare troppo tempo con quell’austriaco non gli faceva bene.
«Hai visto? Anche la signorina Ungheria lo dice!» Si alzò sulle punte, allungando il braccio come per comparare le loro altezze. «Un giorno diventerò più alto di te!»
«Vedremo, vedremo... vieni con me, adesso.»
Gli prese la manina e Veneziano inclinò il capo, ma si lasciò portare via sotto gli sguardi inteneriti delle contadine; il Meridione abbandonò a se stessa la cassa di pomodori che stava portando con sé, quasi l’avesse completamente dimenticata.
«Spagna e il signor Austria avevano detto di tornare a casa appena ti trovavo... così stavamo un po’ assieme. Dovevano dirci qualcosa, forse...»
«Sì, beh... adesso sei con me, e siccome io sono più grande decido io e io ho deciso che di quelli non ce ne importa nulla. Oggi pomeriggio saremo solo noi due. Assiettati.*»
L’aveva portato con sé lontano dai campi, fino a che non avevano raggiunto un posto all’ombra. Lo sollevò con poca fatica e lo fece sedere sul ramo più basso e robusto di un albero; il fratello non se ne lamentò.
«Vaaa bene.» Il suo tono di voce tradiva una certa soddisfazione e Romano fu fiero di lui.
«Alza le braccia.»
Gli sfilò veste, sottoveste e qualsiasi cosa avesse addosso, lasciandolo con solo i mutandoni bianchi addosso – era impensabile mandare un ragazzino in giro vestito in quel modo con un caldo simile. Quei tedeschi erano dei folli.
Mollò tutto su quello stesso ramo; non aveva la minima intenzione di trascinarsi dietro quella roba.
«Andiamo a farci un giro.»
 
Veneziano era stato talmente contento da dimenticarsi completamente del caldo e del sole. Quella sera, quando erano tornati a casa di Spagna, aveva le guance e il naso rossi e strascicava le gambe per la stanchezza, dopo aver corso tutto il giorno.
Romano gli teneva la mano con la sinistra e stringeva i suoi vestiti sotto il braccio destro – aveva a malapena dato retta ad Antonio che era andato loro incontro e si lamentava debolmente della sua abitudine di non ascoltarlo. Sembrava volergli parlare, ma aveva rinunciato quando si era reso conto che per quel giorno il ragazzo non aveva interesse che per il fratellino.
Il Settentrione aveva voluto stare assieme a lui anche la notte – nonostante il palazzo di Spagna fosse grande e pieno di stanze – e per una volta non se n’era lamentato; il bambino aveva finito per addormentarsi sopra di lui, con la bocca spalancata, godendosi i leggeri soffi di vento che entravano dalla finestra aperta.
 

Una leggera brezza agitò le tende, portando un po’ di tregua a quell’afa che gli impediva di dormire. Romano chiuse finalmente gli occhi, vinto dal torpore, mentre Feliciano biascicava nel sonno qualche parola confusa e, per chissà quale motivo, sorrideva. 











Angolino del ritardo triste
Indovinate chi ha avuto ben quattro verifiche nel giro delle prime tre settimane di scuola? :D
Finalmente, dopo la bellezza di... due settimane?, sono riuscita a completare anche il terzo prompt. Non sono completamente soddisfatta del risultato - i miei due adorati bambini si meritano la perfezione e l'amore del mondo, e io non sono in grado di dare loro ciò che meriterebbero - ma tant'è. OOC perché praticamente vivo di headcanon su di loro, eeeh
In realtà si potrebbero anche non vedere come coppia (io stessa, nonostante non mi dispiaccia affatto l'Itacest, li ho visti per tutto il tempo più come due fratellini adorabili che altro). Purtroppo non ho idea di chi sia il creatore di quel bellissimo aesthetic, ancora sigh.
*Assiettati: siediti


 
 
   
 
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