Film > Kingsman: The Secret Service
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Autore: kingstier    27/09/2017    0 recensioni
«Harry, siamo sposati?»
«Non lo siamo?»

Ovvero le cinque volte in cui sono praticamente sposati, più una in cui non lo sono (non ancora).
{ Harry/Eggsy | Long fic | 11524 parole | Traduzione di Hiraeth }
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Gary - Eggsy - Unwin, Harry Hart, Merlin, Roxy Morton
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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V



A Harry è dato il via libera per la sua prima missione in solitaria e va esattamente come previsto. Ovvero niente affatto bene.

 Merlino gli sbraita nell’orecchio mentre si butta e si rifugia dietro a una catasta di casse, qualche proiettile che gli sfreccia vicino all’orecchio. Nell’aria risuonano vari allarmi e c’è una moltitudine di luci rosse che lampeggiano sul soffitto, i suoni delle linee di produzione che si arrestano con uno stridio e urla troppo lontane per essere udibili.

 «…zzo di volta non ci posso credere come fai a combinare sempre…»

 «Sì, ho capito, avevi ragione, grazie, Merlino» replica Harry circondato dalla nube di pulviscolo che gli vortica intorno. Quello in cui si trova adesso non è solo un magazzino, ma uno vecchio e impolverato, il che è il peggior tipo di magazzino. Dovrebbero stabilire un protocollo sulla pulizia dei luoghi di lavoro, illegali o meno che siano.

 «Certo che ho ragione, cazzo! E non rispondere Io sono Artù, con me quella merda di scusa non funziona più… alla tua sinistra».

 «Te ne sono grato». Harry si gira verso sinistra e tira tre colpi di pistola, la mira ferma e accurata. A questo punto tutti coloro che sono sul posto sin da quando Harry si è infiltrato sono a conoscenza della sua presenza: se non l’hanno capito dai cadaveri sparsi per terra, di sicuro hanno colto l’antifona grazie al rumore degli spari.

 Il deposito in sé, l’unico esistente per quanto ne sanno, è dove si tiene la fabbricazione dei microchip su cui hanno investigato negli ultimi sei mesi. Tutto, dall’invito a cena da parte di una vecchia conoscenza di scuola ai quattro giorni movimentati (anche no) al Savoy, ha condotto a questo. Alla prima missione in solitaria di Harry che è innegabilmente andata a puttane.

 Merlino inspira e si rabbonisce. «Resisti ancora un po’, Galahad ti sta raggiungendo».

 «Sto bene, Merlino, posso gestire la situazione».

 «Ah ah», Merlino schiocca la lingua in segno di disapprovazione, «cos’hai detto meno di trenta secondi fa? Che ho ragione?» Invece di ribattere, Harry fa nuovamente fuoco da sopra la cassa. «Bravo, precisamente».

 «Sì, Harry», Eggsy si unisce alla linea di comunicazione, «non c’è niente di male nell’aver bisogno di manforte».

 «Non intendo che ci sia qualcosa di male nei rinforzi» ansima Harry. «Non ne necessito e basta».

 Eggsy scivola e si ferma davanti alla cassa dove Harry si nasconde, poi spara due volte sopra la sua testa. «So che te la puoi cavare, Harry, ma che razza di marito sarei se permettessi loro di ridurti in un colabrodo?» Fa l’occhiolino e Harry gli rivolge un’espressione che dice Piccolo impertinente.

 Dall’altro lato del magazzino, un’esplosione di minori dimensioni fa fuori due linee inattive di produzione. L’unico avvertimento che ricevono prima di essere investiti da un’ondata di calore è un bagliore di luce.

 «Colpa mia, non mi pento di niente!»

 Be’, addio alla segretezza. «Eggsy, hai ancora qualche granata? Temo di averne portate solo due».

 Eggsy ride e gli passa un’esorbitante manciata di accendini. Merlino agli occhiali è curiosamente silenzioso e loro la prendono come una tacita autorizzazione a procedere. Harry ne ha otto in mano (due che aveva già, le altre sei dategli da Eggsy), ed Eggsy ne ha sette. È un’eccessiva esagerazione e quanto di più indiscreto possibile, ma a Eggsy non sfugge la soddisfatta curva in su che compare sulla bocca di Harry quando si precipitano ad allontanarsi dalla granata detonata.

 Più microchip bruciano e rendono irrecuperabili, meglio è.

 Sono già ben lontani dall’uscita del deposito quando una granata-accendino scatta e scatena le altre, mandando l’intero edificio in fiamme e detriti volanti, la conflagrazione di una potenza tale da far tremare la terra.

 (Quando questo succede, Eggsy compie lo sfortunato errore di correre lungo la riva del fiume: inciampa sui suoi stessi piedi e finisce dritto in acqua).




Eggsy, non Harry (più difficile da uccidere di uno scarafaggio, presente?), è quello che finisce bloccato a letto in infermeria. «Sto bene».

 «Non mi è nuova questa frase» osserva asciutto Merlino. «Sei fortunato a non esserti beccato niente di troppo serio».

 «Esatto, perché allora sono qui con un ago nel braccio invece che essere tornato a casa a dormire?» Può elencare un milione e anche più di cose che preferirebbe fare anziché restare lì come un infermo. Cose come insegnare a JB come stringere la mano (be’, la zampa) a qualcuno e aiutare sua sorella ad accatastare una pila di mattoncini colorati.

 «I suoi parametri sembrano a posto» rimarca Harry, entrando nella stanza e dando una scorsa al portablocco di Merlino.

 «È perché non sono ammalato».

 Merlino scuote il capo. «Di’ al tuo ragazzo¹ di stare fermo la prossima volta: una delle infermiere lo ha quasi pugnalato nell’occhio quando ha tentato di mettergli la flebo».

 Harry alza lo sguardo al cielo, riempiendo un bicchiere di acqua sul comodino e porgendolo a Eggsy. «Secondo le statistiche, Merlino, nove iniezioni su dieci sono praticate nelle vene».

 Eggsy con prontezza rischia di soffocare con un sorso d’acqua e Merlino geme: «Tutti voi, cazzo», per poi girare i tacchi e andarsene.

 «L’hai fatto apposta» tossisce Eggsy, il bicchiere che si agita violentemente e schizza acqua.

 Harry glielo toglie di mano senza batter ciglio. «Fatto cosa?»

 Eggsy tossisce una seconda volta, cercando di sbarazzarsi dell’acquosa impressione che la sua trachea sia otturata. «Hai atteso che bevessi, non te l’ho nemmeno chiesto!»

 «Non è assolutamente vero, non è colpa mia se hai accettato il bicchiere» risponde Harry, con l’aria di essere insultato dalle accuse di Eggsy.

 «Andiamo, Harry, abbi un cuore²».

 La maschera di Harry va in frantumi, che cede e sorride.




In meno di un’ora Harry lo porta a casa e gli sprimaccia un cuscino dietro la schiena quando Eggsy si siede sul divano. La prima volta che è rimasto a dormire, ha scoperto che Harry di rado cucina per sé, salvo per i toast facili e impossibili da sbagliare o le uova strapazzate, e naturalmente il tè e il caffè, ma per il resto si affida sempre al cibo da asporto o esce a mangiare fuori.

 Quella notte ordina per Eggsy una pizza con extra di tutto, e si impossessa di due tranci. Eggsy lo fissa male e fa commentacci sul suo livello di colesterolo, al che Harry se ne prende un terzo per ripicca.

 Eggsy non sta male, è più arzillo di un grillo, che c’è di strano se avverte un pizzicore alla gola? È colpa dell’olio della pizza, mica sua.

 Harry non si ferma a questo, però: gli prepara un bagno e ci aggiunge anche le fottute bollicine, proprio della giusta quantità che gli piace, lascia che JB esca dal retro per la sua escursione notturna, e ha pronti i calzini scaldati per Eggsy quando lui mette piede fuori dalla vasca. È bizzarro perché Eggsy non è abituato a essere coccolato, non ce n’è motivo se si sente in forma al cento per cento, ma non può negare che sia una sensazione meravigliosa avere le coperte rimboccate da Harry, che si adagia accanto a lui sul letto.

 (E sì, okay, quando un colpo di tosse lo sveglia per la terza volta nel bel mezzo della notte, Eggsy finalmente ammette di poter essere giù di tono).

 (Harry lo stupisce la mattina seguente con un piatto caldo di minestra in scatola e una collezione di film).










¹ Ragazzo non nel senso di moroso ma di giovanotto.
² Gioco di parole basato sull’assonanza tra Hart (il cognome di Harry) e heart (“cuore” in inglese), intraducibile in italiano.

   
 
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