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Autore: Moglyo    28/09/2017    1 recensioni
Sogno o son desto?
Questa celebre frase la scrisse Shakespeare e sarà la chiave di questa storia. Sogno o realtà per la nostra Marinette?
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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La giornata passava tranquilla, niente scuola, niente Chloé e niente compiti. Ero felice di poter continuare i miei schizzi senza gatti indesiderati o amiche super attive. Alya era a Lione con Nino, non volendo essere la terza in comodo rimasi a casa; mentre Chat non si era visto e questo non mi dispiaceva. Tikki dormicchiava dopo un abbuffata di biscotti tutto era perfetto.

Quando mai lo pensai.

Alle 15 circa del pomeriggio sentimmo delle urla, Tikki scatto subito, ci guardammo un secondo negli occhi già cariche e pronte come molle a scattare. Qualche minuto dopo volavo tra i tetti parigini; raggiunsi l’akumizzato che stava attaccando Chat, il micio nero di risposta gli parava i colpi con battute pessime, degne solo di lui.

Appena mi vide, si avvicinò con fare galante prendendomi la mano e baciandola; non la ritrassi come ero solita fare ma, neanche sorrisi imbarazzata come facevo nei panni di Marinette, semplicemente lo lasciai fare; volevo tornare dai miei schizzi al più presto.

L’Akumizzato non era un gran che forte, dopo una mezz'oretta di trambusto ero già tornata a casa, mille idee avevo in mente e nessuno mi avrebbe disturbato.

Dall’inverno di “Babbo mostro” avevamo installato alle finestre degli scuri e spesso li usavo per tenere fuori i gatti indesiderati.

Oggi era uno di quei giorni.

Non so bene quando ma mi addormentai sugli schizzi, il sonno più rigenerante della mia vita; almeno finché non mi svegliai.

La sveglia sul comodino segnava le 19.30 di sera, Tikki stava sistemando gli schizzi, dividendo i finiti dagli incompleti e gli incompleti dai colorare. La chiamai per andare a cenare ma quello che usci dalla mia bocca non suono umano.

“miao” aspe..che miao?! Come possibile miao pensai subito, quindi riprovai.

“maauu miaoo” che scherzo è questo? Tikki mi fissava incredula.  La sua protetta era appena diventata una bellissima gattina, dal pelo nero blu e dai grandi occhioni azzurro cielo.

“Mari…Marinette? Sei tu?” mi chiese con la testa inclinata e le zampette conserte. Vedendo un accennò di consenso molto timido, cerco di trattenere le risate per quella situazione improbabile.

La guardai storto.

Prendendo un lungo respiro per togliersi le risate di bocca Tikki inizio a ragionare.
“Mari, non puoi restare qui. I tuoi non ci sono, tu sei un gatto e io un kwami, dobbiamo cercare aiuto forse il maestro Fu può aiutarci.” La piccola coccinella rossa, fluttuare avanti e indietro, con tono calmo e pacato cercava una soluzione.

La porta di casa era chiusa a chiave, la boulangerie serrata a dovere. Forse dalla finestra? È leggermente accostata ma dovrei passarci e poi che faccio salto sui tetti come un gatto?
Quei pensieri mi fecero sorridere sotto i baffi bianchi, Tikki mi guardava un po' stralunata.

”Tikki tu mi capisci giusto?” al suo consenso, una scarica di energia mi attraverso il corpo.

“Tu sarai la mia voce umana quando saremo da Fu, ora usciamo dalla finestra e corriamo a casa sua, non voglio rimanere un gatto per sempre.”

Il piccolo kwami rosso mi guardava preoccupato, quell’idea era tutto tranne che una buona idea. Mi arrampicai, spinsi gli scuri e usci sul terrazzo; presi un bel respiro e mi buttai nel vuoto, come ero solita fare quando vestivo i panni di lady bug.

Dopo una mezz'ora buona di su e giù raggiunsi la strada affollata e movimentata, tutto normale se non fossi stata alta neanche venti centimetri, nessuno mi degnava di uno sguardo.

Il mondo sembrava tremendamente grande.

Tra incontri con gatti del terzo tipo, vicoli bui usciti da qualche film horror e strade senza uscita, arrivammo al negozio di massaggi/casa del maestro Fu.

“Tikki puoi entrare e chiamare Fu o Wayzz? Anche se miagolassi non credo mi sentirebbero.” Ero stanca, affamata e stufa di quella giornata quindi risultati un po' scontrosa con la povera coccinella stanca che fluttuava sulla mia testa.

“Ma…Marinette abbiamo un problema.” Tikki rideva nervosamente per sdrammatizzare la situazione. “qui…ehm come dire… c'è scritto che… è chiuso per ferie!”.

Il mondo mi crollo addosso, rimasi a bocca aperta a quelle parole, “e adesso come facciamo dovrò rimanere così per sempre, veramente?! Per quanto starà in ferie? C’è scritto??” L’ansia prese il sopravvento, inizia a sudare freddo e rizzare i peli sulla schiena.

“Fra… uhm è sbiadito… non si legge bene…ehm ecco domani, si domani torna.” La piccola kwami  cercava di rassicurarmi, anche se lei era preoccupata, erano previsti acquazzoni per sta sera e non si fecero attendere.

Dopo neanche cinque minuti il cielo si inscurì, le nubi si fecero fitte e nere, il vento iniziò a soffiare talmente forte che ebbi paura di volare via. In lontananza tuoni e fulmini squarciavano il cielo, il mio piccolo corpo iniziò a tremare, Tikki si nascose tra il mio pelo in cerca un po' di caldo, nel mentre che cercavamo un riparo in qualche vicolo. La gente si era riparata sotto le tende dei negozi o in qualche bar.

La pioggia iniziò a cadere forte, fredda, fitta.

Naturalmente mi infradiciai dal muso alla coda; altro che lady bug dopo questa disavventura mi farò chiamare lady sfortuna, neanche Chat noir è così sfortunato.

Raggiunto un piccolo vicolo stretto e buio, mi accovacciai in cerca di caldo, speravo solo che fosse un sogno, un bruttissimo sogno.

“Hei, che ci fai qui micetta? Sei mezz’annegata, ti sei persa? Non mi graffiare, ok?”

Una voce calda, confortevole e inconfondibile. Non volevo aprire gli occhi, non potevo crederci lui, proprio lui si era accorto di me, veniva verso di me mentre indietreggiavo cercando di prendermi in braccio sfregandosene se ero fradicia o se gli soffiavo per allontanarlo; lui non demordeva quando un idea gli frullava in testa.

Lui era così, altruista fino al midollo; mentre io egoistica e viziata lo trattano sempre male.

“Guardami, guarda adesso dove la tua lady, quella che ti allontana sempre, quella che non vuole essere aiutata perché troppo orgogliosa…” ma quello che usci per lui fu solo uno straziato miagolio.

“Su tranquilla, adesso ti porto al caldo non ti preoccupare.” Sempre con quel tono caldo, calmo che mi faceva sciogliere come neve al sole mi sollevò da quella pozzanghera che si era formata sotto di me. D'istinto conficcai le unghie nella sua carne, terrorizzata da quel vuoto venuto a creare tra me e la terra; non potei neanche assaporare quel tepore che già volammo a casa di lui.
Non me ne resi conto ma, ero rimasta aggrappata a lui con le unghie, letteralmente. Il biondo sorrideva, non curante del dolore che gli provocavo; prese un asciugamano, ci asciugammo per bene, poi mi alzo il muso come era solito fare quando ero umana, con l'unica differenza che non avevo possibilità di ribellarmi. 

Le sue dita iniziarono a grattarmi sotto il mento, poi dietro un orecchio facendomi inclinare la testa nella stessa direzione, inconsciamente inizia a fare le fusa ed impastare il pane.

“Ti piacciono le coccole, né? Micetta.” Il biondo mi sussurrava sempre così le cose, all'orecchio in modo suadente, sensuale, dolce.

Non potevo resistergli.

L'orologio segnava le 20 passate, brontolio risuono nella stanza lui aveva fame ed anch'io, si alzò prese il cellulare e chiamo qualcuno, io lo segui con lo sguardo seduta comodamente sul letto. La casa era vuota, solo noi due. Non passo molto che il campanello suono, il biondo andò ad ‘aprire, tornando con un pacco dall’odorino invitate che mi faceva venire l'acquolina in bocca.

“Sushi!” esclamò soddisfatto della scelta, allungandomi del pesce.

“ … mi dispiace tanto di trattarti sempre in modo freddo, appena tornerò normale te lo dimostrerò mio…” oh, almeno questo speravo di dirgli ma lui sentiva solo dei miagolii, mentre mi strusciavo contro il suo braccio, inarcando la schiena e facendo le fusa. 
I suoi occhi verde smeraldo che tanto amavo, per una volta li vedevo sorridere senza quel velo di malinconia, di solitudine che cercava di nascondere. Quasi mi dispiaceva tornare umana.

Ci addormentammo vicini, sentivo il suo respiro regolare e sereno, il suo odore inebriante e i suoi capelli biondo grano soffici e arruffati unirsi al mio pelo nero dai riflessi blu.

L'indomani sarei dovuta sparire come un bel sogno, un effimero ricordo di una giornata d'estate.

Il sole albeggiava su Parigi rischiarando la camera con il suo calore, mi stiracchiai i muscoli sbagliando.

“Tikki andiamo prima che si svegli, non riuscirei ad andarmene dopo” bisbigliai alla coccinella vicino a me. Diedi un bacio al bel addormentato e sgattaiolai via.

Il mio cellulare segnava le 16 del pomeriggio, stavo finendo i miei schizzi e Tikki dormiva beata, quando un gatto a me conosciuto mi fece visita.

“Buongiorno micetta, dormito bene sta notte?” il tono di chat era sempre suadente e quel sorriso ancora più malizioso del solito mi fece salire il cuore in gola.

“Mi...micetta?” lo guardai leggermente storto, deglutendo una paura infondata.

Mi guardava fisso negli occhi, avvicinandosi a me sempre più mentre io arretravo inconsapevolmente fino al muro, finché non lo toccai con le spalle senza via di fuga.

Si avvicino a me, un braccio lo poso sul mio fianco sussurrandomi all'orecchio: “ Micetta piaciute le coccole? Farai le fusa ancora per me?” impassibile nello sguardo ma consapevole di avermi mandato in tilt completo strinse ancora la presa sul fianco.

Il mio colorito passo da cadavere a pomodoro in tre secondi netti, il suo respiro sul mio collo, il suo calore sulla mia pelle e il suo battito nelle mie orecchie peggioravano la situazione, mi sentivo soggiogare da qualche maleficio ma per nulla al mondo mi sarei svegliata da quel sogno a occhi aperti.

Con la mano libera Chat mi accarezzo il viso, forse sperando nelle fusa tanto acclamate, lentamente portandolo vicino al suo finché le nostre labbra non si sfiorarono.

Morbide, vellutate, sensuali tentatrici di promesse.

“Io so tutto, mia piccola kitty ti ho visto, sapevo chi eri e chi sei” quelle parole appena bisbigliate mi affondarono il cuore, innalzando dubbi e domande; non appena accennai ad aprir bocca mi…bacio. La stretta al fianco sempre più intensa, le carezze al viso più delicate, i respiri affannati, i battiti di cuore all'unisono trepidanti di fatali emozioni. 

Mi svegliai di soprassalto, il cuore in gola galoppava, gocce di sudore cadevano dalla fronte, andando a impegnare i miei vestiti.
"Chat... 


   
 
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