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Autore: Micchan018    28/09/2017    0 recensioni
Vi siete mai innamorati di qualcuno che non avete mai visto di persona?
Vi è mai successo di trovare l'anima gemella grazie al bug di un sito d'incontri?
Beh, a me sì. E la mia vita non sarà mai più la stessa.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il mio compleanno stranamente coincide con quello di una figura storica che suscita poca simpatia nella gente, ovvero Adolf Hitler. Come lui, sono nata il 20 aprile, esattamente cinquant'anni dopo la fine della guerra; e molte persone mi prendono in giro insinuando che fosse quella la ragione del mio pessimo carattere. Dato che in molti concordavano sul fatto che io avessi un pessimo, pessimo carattere.

Dal canto mio, l'unica cosa che avevo notato di strano riguardo al giorno della mia nascita, era che il mio compleanno cadeva sempre nei giorni più fastidiosi. Nel 2015, di lunedì. E non un lunedì qualsiasi, ma il lunedì della verifica finale di latino. Magnifico.

Mi trovai così costretta a festeggiare due giorni prima, dal momento che posticipare la data dei festeggiamenti di più di tre giorni mi irritava sensibilmente, e tra lunedì e sabato di giorni ce n'erano addirittura cinque.

Sabato 18 aprile, pranzai a casa dei miei nonni materni a Cesena. Era sempre così, il sabato. Dopo scuola andavo a casa loro, che distava dieci minuti di camminata dalla scuola, e mangiavo insieme a loro, mia madre e mio fratello. I rapporti tra i miei genitori si erano deteriorati, ma quelli che io avevo con ciascuno di loro singolarmente no. Dopo pranzo, io e mamma avevamo l'abitudine di sederci in balcone a fumare una sigaretta insieme.

«Allora, dove vai a festeggiare stasera?» chiese mamma.

«In quella pizzeria vicino alla chiesa,» risposi «ho già prenotato.»

«Chi viene? Jaz, Dave, qualcun altro che conosco?»

«Più o meno tutti direi. Anche un paio di amici di scuola.»

«Sono contenta.» Spense la sua sigaretta nel posacenere poggiato nel vaso di una grande pianta di oleandro. «Ah! Quasi dimenticavo! Vieni, ti ho preso un regalo di compleanno.»

«Mamma, non c'era bisogno.»

«Sì che c'era, sono tua madre! Dai, seguimi.»

Spensi la sigaretta e la seguii dentro casa. Lei aprì l'armadio, e tirò fuori un abito bianco a fascia sul seno con una cinturina nera subito sotto, la gonna con una colorazione graduale dal rosa corallo al bianco e più lunga dietro, e un bolerino rosa corallo abbinato. Spalancai gli occhi.

«Mamma! E' bellissimo!» Glielo strappai letteralmente dalle mani per ammirarlo più da vicino. Lei sorrise.

«Sapevo che ti sarebbe piaciuto, l'ho visto in un negozietto e ho pensato che sarebbe perfetto per la tua festa di stasera.»

«Grazie mamma!» la abbracciai, poi tornai a fissare il mio vestito nuovo con un sorriso da ebete.

A interrompere le mie riflessioni ci pensò il cellulare.

bestiaccia. Alle quattro siamo lì.

 sono a Cesena. Siamo chi?

da tua mamma? Comunque io, Dave e Matt. Abbiamo un regalo per te.

Sì da mamma. Allora nel frattempo inizio a prepararmi per stasera.

ma sono le due!

ed è già tardi.

Lasciai il vestito accuratamente adagiato sul letto, e mi chiusi in bagno. Litigai per dieci minuti buoni con la temperatura dell'acqua, e ne passai altri trenta a farmi la doccia.

Il campanello suonò alle quattro precise. Andai a rispondere prima che lo facessero i nonni.

«Sì?»

«Sono Jaz.»

«Vi apro.»

«No, vieni giù tu.»

«Perché?»

«Tu vieni.»

Sbuffando, riagganciai la cornetta, aprii la porta e scesi. Jaz non c'era, ma davanti al palazzo vidi la macchina di Matt. Dal vetro riuscii a vedere che i sedili davanti erano occupati, così mi infilai in quello posteriore.

«Ciao ragazzi» salutai, chiudendomi la portiera alle spalle. Mi guardavano tutti e tre con l'espressione di chi si sta sforzando in maniera inumana di non ridere.

«Buon compleanno!» esclamò Jaz con aria incredibilmente soddisfatta, allungandomi quella che sembrava una normalissima scatola di cartone. La guardai con aria interrogativa e poggiai la scatola sulle gambe. La scatola si mosse.

«Ma che è?»

Loro stavano per soffocare cercando di trattenere le risate. Sempre più perplessa, aprii la scatola.

Rimasi sbalordita.

Lì dentro, seduta su qualche foglio di carta assorbente, c'era una minuscola pallina di pelo grande forse quanto la mia mano, che mi fissava con due rotondissimi occhi blu.

«Oh mio dio!» strillai. La pallina di pelo rispose con un miao.

Mi voltai a fissare Jaz, che rideva come una matta; poi Dave e Matt, che mi fissavano sorridenti e compiaciuti.

«Siete matti?»

«Sapevamo che volevi un gattino da tanto tempo, così te ne abbiamo preso uno.»

«Ma mio padre odia i gatti! Me lo farà riportare indietro!»

«Ho parlato io con tuo papà» intervenne Matt «ha detto che puoi tenerla.»

«Oh mio dio!»

Tornai a fissare la pallina di pelo, e le rivolsi un "ciao" incredibilmente melenso. Allungai le mani per prenderla in braccio, e lei iniziò a miagolare come una disperata. Me la poggiai in petto, e lei si appallottolò tutta. Era adorabile.

«E' un incrocio di ragdoll» spiegò Jasmine «siamo andati a Fano a prenderla.»

«A Fano? Voi non ci siete tutti con la testa!»

«Ti piace?» chiese Dave.

«La amo!»

Era la cosa più bella che avessi mai visto. Occhioni blu, pelo beige, orecchie e coda nere. Mi guardava spaesata attaccandosi a me con le unghie. In due minuti mi aveva già riempita di graffi, ma non mi importava.

Me la tenni attaccata per tutto il viaggio fino a casa. Una volta lì, io e Jasmine ci chiudemmo in bagno a prepararci per la festa, mente Matteo e Davide presero possesso del divano e della playstation.

Quando quella notte, dopo i festeggiamenti, scivolai sotto le coperte, la pallina di pelo si arrampicò su per il letto fino ad arrivare ad appallattolarsi affianco a me. Allungai una mano nel buio e iniziai ad accarezzarla con la punta dell'indice. Avevo paura di romperla.

«Non siamo più sole» sussurrai «da oggi ci faremo compagnia a vicenda.»

Lei sembrò capire le mie parole, perché iniziò a fare le fusa come un trattore. Nel silenzio della notte, risuonavano in maniera spaventosa.

«Come ti chiamo?» chiesi, aspettandomi stupidamente una risposta. Ci pensai per qualche minuto.

In quel momento, mi venne in mente Lorenzo. Era anche colpa sua se avevo lasciato Matt. Lo avevo conosciuto a tredici anni, ed avevo sempre avuto una cotta per lui. Quando mi ero accorta che i miei sentimenti per la persona che avevo affianco stavano ormai svanendo, il mio debole per lui era tornato a farsi sentire più forte che mai. Ci avevo provato tante volte, l'ultima un mese prima; e tante volte avevo fallito.

Rotolai su un fianco, accesi la luce, e tornai a fissare la mia pallina di pelo.

«Ma sì» dissi dopo qualche minuto «penso proprio che ti chiamerò Elle.»

Lei sembrò apprezzare, perché aprì gli occhi, si alzò su quelle sue zampette minuscole, e si infilo tra i miei capelli rossi, per poi iniziare a spingere con le zampette sul mio collo. Jasmine diceva che si chiamava "fare la pasta", ed era il modo che i gatti avevano per esprimere affetto. Nonostante avesse le unghie affilatissime, la lasciai fare.

«Benvenuta a casa, Elle» sussurrai prima di decidermi a chiudere gli occhi e dormire.

////

Salve, lettori! Non è mia abitudine aggiungere note dopo i capitoli, ma in questo caso volevo dire che anche se il contenuto di questo capitolo può sembrare di poco conto in relazione alla trama, non lo è. Capirete, capirete. Intanto, grazie per aver letto fin qui! Ci vediamo al prossimo capitolo.

   
 
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