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Autore: Stephanie86    01/10/2017    0 recensioni
"La Salvatrice nel mio regno."
Emma trasalì. Un’altra coscienza si accostò alla sua. Ma non era come accostarsi alla mente di Lily, non era come guardare attraverso i suoi occhi. Quella coscienza era incredibilmente vasta. Era prepotente. Ed era potente. Sbirciò e frugò nella sua testa senza troppi riguardi.
"Chi sei? Cosa vuoi?", domandò Emma.
"Sono il padrone di casa, Emma." Di nuovo la risata. Una risata maschile, divertita e sprezzante. "Adesso sei nel mio regno. È un piacere. Ci incontreremo presto. Spero che il posto ti piaccia."

[Seguito della fanfiction The Lost Hero | Swan Queen, Swan Star + altri pairing]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Lily, Regina Mills, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost and Found'
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10

 

“Abbandonati siamo come bambini smarriti nel bosco.
Quando mi stai davanti e mi guardi,
che ne sai tu dei dolori che sono dentro di me
e che ne so io dei tuoi?
E se mi gettassi a terra davanti a te e piangessi e parlassi,
che ne sapresti di me più che dell’inferno
quando qualcuno ti viene a dire che è tutto fuoco e spaventevole?”

[Franz Kafka, Lettera a Oskar Pollak]

 

 

 
Foresta di Oz. Oggi.

 

In un punto remoto della foresta, un lupo ululò. Qui e là, nel buio, gli risposero i compagni, una decina di lupi che levavano le voci in una melodia discorde.

Ruby sentì formicolare il cuoio capelluto e la pelle delle braccia incresparsi, udendo quel richiamo. Poi, per un istante, gli ululati si fusero in un’unica nota, molto simile ad un grido di battaglia.

Si agitò, stringendosi nel mantello rosso.

- Cosa succede? – le domandò Mulan. – Pensi che i lupi ci daranno fastidio?

- No. – rispose Ruby, scuotendo il capo. Alzò la testa, osservando il cielo punteggiato di stelle e di stralci di nubi. - Credo che stiano insegnando ai cuccioli a cacciare. Non verranno da questa parte.

Mulan aggrottò la fronte. Era seduta a cavalcioni su di un vecchio tronco cavo, indurito e sbiancato dal sole. Ogni volta che si muoveva il tronco emetteva un acuto scricchiolio. In mezzo a loro, un piccolo cumulo di braci, i resti del fuoco, pulsava come un cuore. La fievole luce rossastra illuminava un tratto del suolo roccioso, qualche cespuglio e un abete poco distante. Sparse a pochi metri da loro c’erano le tende degli uomini di Robin. Ogni tanto si levavano i lamenti di qualche ferito.

- Ruby, andrà tutto bene. Le prigioni di Zelena sono là sotto. L’incantesimo è più forte di quanto ci aspettavamo, ma vedrai che...

- E nel frattempo quei prigionieri stanno morendo di fame. Forse sono già morti. E anche Dorothy...

- Non credo sia facile uccidere una come Dorothy.

Allora Ruby prese a singhiozzare. Singhiozzava come se avesse avuto il cuore spezzato. Mulan non l’aveva mai vista così e per un momento non fece nulla, tanto la sua reazione era stata improvvisa. Poi sedette accanto a lei e posò una mano sulla sua.

- Scusami. Non so che cosa mi prenda. Non riesco più a controllarmi. – disse, con la voce rotta.

- Fidati, so bene che cosa ti prende. - Mulan si accorse che lei stringeva un pezzo di stoffa a righe tra le dita. Doveva essere appartenuto a Dorothy. Avvertì un’improvvisa, ardente scintilla di collera nei confronti di Zelena, di Knubbin che non era in grado di cavare un ragno dal buco, di Glinda, che stentava a riprendersi da ciò che era successo...

- Non avrei dovuto chiederti di seguirmi. Pensavo che cercare il mio branco fosse la cosa più importante e che avrebbe aiutato anche te e invece... guarda dove siamo finite. – continuò Ruby.

Mulan stava per rispondere, quando Piccolo John si fermò proprio dietro di loro, in attesa. Ruby si affrettò ad asciugarsi le lacrime. Lui sembrò provare un vago senso di vergogna per averla sorpresa con la guardia abbassata.

- Il mago vuole vederti. – disse John, strascicando i piedi e lanciando solo una rapida occhiata a Mulan. – Adesso.

 

 
Oltretomba. Oggi.

 

- Com’era? Descrivetemi Emma Swan. – disse Tremotino, quando lo misero al corrente di ciò che era accaduto.

Fu Mary Margaret a farlo. Era visibilmente stanca, pallida e con ombre scure sotto agli occhi. I suoi sogni erano stati disturbati dalla presenza maligna che aveva le sembianze di sua figlia. Il rosso di quelle iridi l’aveva seguita e così anche il ruggito sofferente del drago nei boschi.

- Uno Spettro. - concluse Tremotino. - Più di uno, stando a quel che mi racconta.

- Spettro? – intervenne Killian. – Parlo chiaro, Coccodrillo. Emma è posseduta da un maledetto fantasma?

- No, capitano. Non un fantasma. Uno Spettro. È ben peggio. – rispose l’Oscuro con tutta la calma del mondo, come se stesse parlando di uno spiritello qualunque. E tuttavia, nemmeno lui aveva una bella cera. L’espressione era grave e il suo sguardo sembrava perso dietro ad altri ragionamenti. – È una creatura malvagia, che ha origine quando un mago evoca spiriti più potenti di lui e ne perde il controllo. Di solito quegli spiriti si impossessano del corpo di chi li ha evocati, ma... credo che in questo caso il mago fosse abbastanza forte da dirigere gli spiriti verso un altro contenitore.

- Zelena? – domandò il principe Fiyero.

- Forse. Lei è molto potente. Potrebbe averlo evocato.

- Ma non ha alcun motivo di usare Emma. Lo Spettro... si è diretto verso casa sua. Sembrava cercasse proprio... mia sorella. – disse Regina, acidamente. – E non certo per ringraziarla.

Tremotino si accorse che gli occhi nocciola della sua ex allieva ardevano di un misto di rabbia e angoscia così violento da far pensare che le sue emozioni sarebbero potute esplodere da un momento all’altro per distruggere qualsiasi cosa nel suo campo visivo, in una vampa di incredibile intensità.

Ma lui la capiva.

- Come mai Lily sta così male? Dipende da ciò che sta accadendo ad Emma? – chiese David.

- Lo Spettro si sta nutrendo dell’essenza di Emma Swan. La sfrutta a sua vantaggio. Ne trae forza. Controlla i suoi pensieri. E Lilith ha una parte di Emma dentro di sé... grazie a lei e a sua moglie. – ci tenne a puntualizzare. – Sente quello che sta facendo lo Spettro.

- Emma è... – iniziò Mary Margaret. Non sapeva nemmeno lei che cosa stesse per chiedere.

Emma è ancora viva?

Emma è cosciente?

- Emma sa benissimo che cosa le sta succedendo, ma non può fare niente. Lo Spettro piega la sua volontà. Più lotta contro di esso... più soffre.

Calò un silenzio di tomba.

- Veniamo al dunque. – disse Killian. - Come liberiamo Emma?

 

 
- Ti vedo più rilassata. – disse Ade, porgendo un bicchiere di vino rosso a Zelena, che sedeva in poltrona. – Ne sono lieto. Ora possiamo parlare. E possiamo andare a prendere tua figlia.

Lei non disse niente. Una schiavetta del Signore degli Inferi, una ragazzina bionda e pallida, le porse del cibo su un vassoio d’argento. Nel farlo, chinò diligentemente la testa, evitando di guardarla in faccia.

Mele verdi, uva, bacche, dolci, mille altre leccornie...

Al centro, a decorare il tutto, c’erano due frutti tondi tagliati a metà e circondati da foglie lucide e strette. I semi erano di un vivido colore rosso ed erano attorniati da una polpa traslucida.

- Non ho fame. – rispose Zelena, seccata.

“La storia del Dio degli Inferi che rapisce una fanciulla, costringendola a passare sei mesi nel suo regno e altri sei sulla Terra. Non in tutti i mondi la storia è la stessa...”

- So che sei preoccupata. Ma lascia fare a me. Porterò qui tua figlia. – la rassicurò Ade. – Quegli eroi da strapazzo non la toccheranno. Tantomeno tua sorella.

- Dov’è mia madre, adesso? – domandò, invece, Zelena. – Hai detto che ti ha aiutato con lo Spettro. Dov’è?

- Sei curiosa? Vuoi conoscerla?

“Sappi che se sarai nei pasticci, potrai sempre chiamare me. Posso sentirti ovunque tu sia. Persino nel regno di Ade. E puoi contare su quello che dico: mettimi alla prova appena puoi.”

- Mi sono occupato anche di lei. L’ho torturata. Da quando è arrivata qui non ho fatto altro. Ed ora è tornata a trascinare carri stracolmi di sacchi di farina.

Zelena sorrise, perché quel pensiero la mise stranamente di buon umore.

- Sorridi. Bene.

- Mia madre mi ha abbandonata. Non dovrei sorridere, sapendo che la torturi? - Prese il bicchiere che Ade le offriva e seguitò a fissarlo. Gli permise di avvicinarsi e di inginocchiarsi davanti a lei.

“E puoi contare su quello che dico: mettimi alla prova appena puoi.”

- C’è qualcos’altro che posso fare per te? – domandò Ade. – Altre... torture che posso rivolgere contro Cora?

- Perché non contro mia sorella?

- La sto già torturando. Le ho gettato addosso alcuni dei suoi conti in sospeso, suo figlio ha rischiato la vita... e la sua adorata Salvatrice sta soffrendo. È in balia di uno Spettro. Perché credi che abbia ordinato a Cora di usare il corpo di Emma Swan come contenitore? Quello che fanno gli Spettri... è molto spiacevole, Zelena.

Tacque.

- Non hai nulla da dirmi?

Non gli disse un bel niente, ma usò il proprio potere per immobilizzarlo. Avvertì chiaramente la magia che si scontrava con una barriera, con un muro elastico, minacciando di rivoltarsi contro di lei. Ma si sforzò di dirigerla verso Ade.

L’incantesimo non lo paralizzò totalmente, ma gli bloccò le gambe fino alle ginocchia. Ade lanciò un’esclamazione di sorpresa, mentre annaspava, cercando di afferrarla. Zelena non gli diede il tempo di reagire e usò la magia per completare l’opera. Ade si ritrovò immobilizzato fino al collo, mentre Zelena ansimava per la fatica. Era un semplice incantesimo, eppure il suo corpo era fiacco, quasi avesse compiuto uno sforzo titanico.

- Zelena! – gridò Ade, lottando ferocemente contro l’incantesimo.

Non aveva idea di quanto tempo avesse. Era sicura che Ade potesse liberarsi da solo e che non avrebbe impiegato molto, quindi si gettò per terra, rimirando il proprio riflesso in uno dei fiumi che si dipartivano dalla piattaforma dove il Signore degli Inferi trascorreva la maggior parte del tempo.

Il Flegetonte. Impetuoso e fiammeggiante. Rosso e arancione come il fuoco che scaturisce dalla bocca di un drago.

- Bene, Era. – sussurrò Zelena, percependo un gusto amaro sul palato quando pronunciò il nome della moglie di Zeus. – Provami che vuoi davvero aiutarmi. Se mi stai ascoltando, aiutami a salvare mia figlia.

Non vi furono cambiamenti di sorta nelle acque del Flegetonte. Continuarono a scorrere. Dietro di lei si levarono i sospiri e i gemiti dei gusci vuoti che nuotavano senza posa nel Fiume delle Anime.

- Era, ti avverto che se ti stai prendendo gioco di me, non mi importerà della tua immortalità. Me la pagherai comunque.

Il moto della corrente cambiò all’improvviso.

 

 
La Strega Cieca non si aspettava niente di ciò che accadde quel giorno al Granny’s.

Aprì la tavola calda come ogni giorno, scostò le persiane, lasciando entrare la luce rossa che inondava l’Oltretomba, servì i primi clienti, intimando alle cameriere di darsi una mossa e diede un caffè nero a Crudelia che, a giudicare dall’odore e dai borbottii, doveva essere di cattivo umore. La sentì mentre svitava il tappo di una fiaschetta per versarne il contenuto nella tazza. Gin scadente rimediato al mercato nero. E la Strega Cieca sapeva anche da chi lo aveva rimediato. Dalla competizione...  ovvero zia Em.

Poi lo Spettro fece irruzione, scardinando la porta d’ingresso. Le poche persone presenti vennero costrette alla fuga, mentre tavoli e sedie spiccavano il volo.

La Strega Cieca annusò l’aria e l’unica cosa che avvertì fu un odore nauseabondo. Era mescolato ad un altro odore, ma quella fragranza si perdeva in mezzo alla putredine. Non assomigliava a niente che avesse mai sentito prima.

Infine una mano gelida l’afferrò per il corpetto e la trascinò dall’altra parte del bancone. L’essere non era certamente un morto qualunque. Era dotato di una forza disumana.

Le dita le serrarono il collo in una morsa d’acciaio e una mano affondò nel suo petto, in cerca del cuore.

Crudelia ebbe modo di vedere che la cosa che se ne andava in giro nel corpo della sua assassina non stava semplicemente torturando una donna a caso. Aveva spinto una mano nel torace della Strega Cieca ed ora ne risucchiava l’essenza. Era del colore della nebbia sulle acque immobili di un lago e fumava un po’ scivolando sul braccio di Emma Swan per poi entrare in lei passando dalla bocca e dalle narici.

La Strega Cieca si sciolse come neve al sole. Del suo corpo non rimase che una pozzanghera sul pavimento del Granny’s.

 

 
Foresta di Oz.

 
- Loro credono che io sia pazzo, ma la verità è che non hanno la minima idea di che cosa sia la pazzia. – disse Knubbin, quando Ruby mise piede nella tenda che gli era stata riservata.

C’era anche Robin.

- Eccovi, tesorino, finalmente. – Knubbin stava armeggiando con alcune ampolle, scrutandone il contenuto. Aveva le borse sotto agli occhi, il naso scarlatto e i capelli ritti sulla testa. Sembrava che non avesse dormito e che non si fosse fermato un momento da quando era arrivato ad Oz. – Spero che siate pronta per un viaggetto. Sarà un po’ movimentato.

- Quale viaggio?

- Incantesimo di localizzazione. Una specie.

Ruby batté le palpebre. Cercò di far ingranare al cervello una marcia che le permettesse di lasciarsi alle spalle quel senso di colpa e di impotenza, ma non ci riuscì. – Abbiamo già provato con un incantesimo di localizzazione...

- Con Dorothy non ha funzionato, ma noi rintracceremo la fonte del problema, tesorino.

- Zelena. - intervenne Robin. – Lei ha mia figlia. E se troviamo Zelena, saprà dirci che cosa è successo a Dorothy.

- Ma Zelena non è in questo mondo. È caduta in un portale!

Knubbin stappò un’ampolla e da essa scaturì del fumo color porpora. Lui starnutì più volte e il suo corvo si levò in volo, infastidito dall’odore acre emanato dalla pozione. - Non è in questo mondo, già, che disdetta. Ma il tornado che creeremo vi porterà direttamente da lei, ovunque si trovi. So che sembra complicato... non ho trovato le prigioni in quel dannato palazzo, ma quel posto è... come dire... una vera fortezza. Ci sono incantesimi in ogni dove!

- E pensate di poter creare un tornado che ci porterà... da Zelena?

- Sì. Abbiamo un po’ di cose che le appartengono, tesorino. Ma non basta. Mi serve dell’altro. E qui viene il bello. O il brutto.

Lei e Robin attesero che il mago continuasse.

- A cosa siete disposti a rinunciare?

 

 
Oltretomba.

 
Regina provava una sensazione terribile, cupa e schiacciante. La sensazione di essere sospinta verso la bocca di un tunnel in cui la attendeva ogni genere di brutti incontri, una sensazione accompagnata dal panico. Qualcosa dentro di lei voleva urlare di terrore e capì che se non avesse recuperato le redini di quella situazione al più presto quell’impulso non si sarebbe trattenuto.

Quello era davvero l’Inferno. Non un limbo. L’Inferno. Più restavano in quel dannato posto e più quel posto li corrodeva.

Chiuse gli occhi e cominciò a respirare a fondo.

- Regina.

Si rifiutò di credere di aver sentito la voce di sua sorella. Non poteva trovarsi lì. Lo Spettro l’aveva presa e portata da qualche parte, forse da Ade in persona.

Lo Spettro. Lo Spettro che era Emma. Nel corpo di Emma. E la torturava.

“Emma sa benissimo che cosa le sta succedendo, ma non può fare niente. Lo Spettro piega la sua volontà. Più lotta contro di esso... più soffre.”

- Regina, maledizione, dammi retta!

Spalancò gli occhi e fissò lo specchio appeso in camera degli Azzurri. La superficie trasparente si muoveva. La sua immagine riflessa sbiadiva, si deformava sotto le increspature. Pian piano, un altro volto emerse. Due occhi così azzurri da sembrare fari nella nebbia.

- Non posso credere che lo sto facendo.  

Lei si avvicinò allo specchio. - Ma che cosa...

- Regina, non ho molto tempo. Devi ascoltarmi. – disse Zelena, energica. – Si tratta di mia figlia. Io non posso aiutarla, ma tu sì.

- Dove diavolo sei, Zelena? Che cosa stai facendo?

- Tutto questo può aspettare. Mia figlia... è in quella casa. È sola. Devi fare qualcosa. Devi portarla via!

A Regina sembrava tutto immensamente surreale. Aveva così tanti pensieri per la testa che non aveva pensato al fatto che lo Spettro potesse aver rapito solo Zelena, infischiandosene della piccola. Scosse il capo. - Emma... Lo Spettro... è lì? È con te?

- Non ho evocato io lo Spettro, se è questo che credi! – gridò Zelena, increspando ancora di più la superficie dello specchio. - La nostra amorevole madre l’ha fatto per Ade! E poi non è riuscita a controllarlo!

- Che cosa vuole Ade da te?

- Regina, ti prego, mia figlia potrebbe essere in pericolo. Non possiamo rimandare?

- Non possiamo dato che non mi fido di te. – Puntò un dito contro lo specchio. – Devi dirmi qualcosa, se vuoi che la aiuti. Che cosa è successo fra te ed Ade?

Zelena fece una paura brevissima. Borbottò qualcosa che Regina non capì. Poi...

- Si è innamorato di me. – ammise.

Regina si sarebbe aspettata qualsiasi cosa, ma non questo. Era talmente incredula che faticò a trovare una risposta sensata. - Oh.

- Già. Ridicolo, vero? La sola idea che qualcuno possa amarmi... una divinità, per giunta. – Nel dirlo, si rese conto di due cose: che suonava ancora più ridicolo ora che lo aveva detto ad alta voce a Regina e che aveva appena attraversato un ponte. Non se lo era bruciato alle spalle, non ancora almeno, ma non avrebbe mai più potuto tornare sui suoi passi senza dare un mucchio di spiegazioni alla stessa donna che aveva sempre invidiato e alla quale aveva chiesto aiuto.

- Tu lo ami? – domandò Regina.

Zelena non le rispose. Serrò le labbra.

- Zelena, lui ci sta tenendo qua sotto. Non possiamo andarcene perché ha fissato i nomi di tre di noi sulle tombe! Forse è il momento di...

- È il momento di finirla con le chiacchiere e pensare a mia figlia! – la zittì. – Voglio che tu vada in quella casa e porti via la mia bambina. Tu o... qualcuno della tua banda di idioti. Possibilmente non il Principe Azzurro e la sua amata. Sono capaci di rovinare tutto!

Regina sospirò.

- C’è uno Spettro, là fuori, che non avrà pietà di nessuno, tantomeno di una bambina. Non so per quanto... potrò trattenere Ade. Per ora è fuori gioco, ma devi sbrigarti.

- Come facciamo con la barriera che protegge la casa?

- So come abbatterla. Quindi apri bene le orecchie, sorellina, perché non ho la minima intenzione di ripeterlo.

 

 
Foresta di Oz.

 
Robin e Ruby osservarono Knubbin mentre trafficava intorno al gigantesco pentacolo che aveva riprodotto usando rami e sassi.

Erano a circa una lega dall’accampamento dell’Allegra Compagnia, in una vasta radura ai margini della Città di Smeraldo. Sopra di loro, solo il cielo buio e le stelle. Intorno, nient’altro che qualche vecchio albero e... la strada dorata. La strada di mattoni gialli che attraversava il regno di Oz per terminare a quello che un tempo era stato il palazzo del Mago e che ora era la dimora di Zelena.

- Ecco fatto, tesorino. Iniziate a concentrarvi. – disse Knubbin. Aveva acceso delle candele e le aveva posizionate sulle cinque punte della stella inscritta in un cerchio. – Concentratevi tutti, è meglio.

- Non ci avete detto a cosa dovremmo rinunciare. – gli fece notare Robin.

- Mettetevi al centro del pentacolo, grazie. Solo tu e la ragazza. Gli altri conviene che restino fuori. Il cerchio serve per contenere il tornado. – Knubbin parlava in fretta, agitato e muovendosi intorno al pentacolo senza posa.

Mulan, John e i due uomini dell’Allegra Compagnia che erano venuti con loro si scambiarono delle occhiate incerte, ma rimasero all’esterno del cerchio.

- Ora, tesorini... la parte migliore. O peggiore, a seconda dei punti di vista.

Ruby non capiva perché Knubbin facesse continuamente pause enfatiche, come se si trovasse in un maledetto film e stesse per rivelare qualcosa di sconvolgente, qualcosa che avrebbe sovvertito la trama intera. In quel momento, con quei capelli bianchi ritti sulla testa, gli occhi leggermente sgranati e sporgenti dalle orbite, gli fece pensare a Doc, lo scienziato pazzo di Ritorno al Futuro.

- Dovete rinunciare ad un ricordo. – concluse Knubbin.

- Un ricordo? – chiese Robin, perplesso.

- Un ricordo a cui siete molto legati. Un ricordo speciale, diciamo. – Soffiò il vento e le fiammelle delle candele tremolarono, ma non si spensero. - Deve essere un bel ricordo, tesorini, o non funzionerà.

 

 
Oltretomba.

 
Fiyero recuperò l’ampolla dalla tasca della giubba rossa e tolse il tappo, colto da una potente sensazione di deja vu. Ma questa volta sperava che le cose andassero meglio.

Marian gli copriva le spalle, con l’arco in pugno e una freccia già incoccata. Non si vedevano arpie né tantomeno alberi dotati di coscienza, pronti ad acchiapparli per le braccia o per il collo. Niente Spettri. In lontananza, risuonò ancora il ruggito sofferente del drago.

Fiyero gettò l’acqua del Fiume delle Anime sulla barriera che proteggeva la casa in cui si era rifugiata Zelena, proprio come gli aveva detto di fare Regina.

Nella barriera si aprì una breccia, preceduta da uno sfarfallio.

Fiyero e Marian si diressero verso la casa. Lui provò subito la porta d’ingresso e la trovò ancora aperta. Prima di entrare, estrasse uno dei pugnali dallo stivale.

La casa sembrava deserta. Il corridoio e le stanze al piano terra erano libere. Tutte a parte la cucina, dove trovarono la culla con la bambina sveglia e molto vivace.

Marian si chinò sulla neonata, che allungò una mano minuscola verso di lei. La prese, avvolgendola accuratamente nella coperta bianca.

- Sembra tutto in ordine. – disse Fiyero, guardandosi intorno. Se lo Spettro aveva causato dei danni, non erano visibili. C’erano solo alcuni oggetti per terra, ma nient’altro.

- Andiamocene in fretta, allora.

- Perché lo state facendo? – domandò il principe, sempre tenendo d’occhio l’ambiente che li circondava, mentre tornavano verso la porta d’ingresso. – Io mi sono offerto volontario, ma voi... avevate molti motivi per non venire qui.

- È figlia di Robin. Ed è solo una neonata. Non ha nessuna colpa. – rispose Marian, senza esitazioni.

- No. E nemmeno voi.

Marian non disse niente. Aggiustò la coperta intorno alla bambina e uscì, precedendo Fiyero.

 

 
- Ditemi, capitano. Che cosa vi serve? – domandò Tremotino. – Avete pensato al nostro accordo?

- Non abbiamo nessun accordo, Coccodrillo. Ma potremmo, se servisse a salvare Emma. – Killian si appoggiò al bancone del negozio di Gold. L’Oscuro era solo, seduto con le gambe accavallate, come se là fuori non ci fosse una creatura pronta a distruggerli. Come se non si trovasse nell’Oltretomba ma a casa sua e stesse semplicemente aspettando il ritorno a casa della mogliettina ignara.

- Ho già spiegato a Regina come potete aiutarla.

- Avresti potuto spiegarlo a me.

- Non potete affrontare lo Spettro, capitano. Vi ucciderà. – Si alzò in piedi. Aveva un’aria pallida e il viso tirato, come se fosse stanco fino al midollo. – Inoltre non credo abbiate il coraggio di piantare una lama nel cuore della vostra amata senza battere ciglio. L’uomo che ho conosciuto secoli fa l’avrebbe fatto... quello di oggi no.

Killian sentì la rabbia montare come una marea. - Hai proposto di condannare Emma. Credi che Regina lo farà?

- Ho solo detto che per distruggere lo Spettro è necessario colpirlo al cuore con una lama imbevuta dell’acqua del Fiume delle Anime... cosa che condannerebbe anche la signorina Swan, certo. – Tremotino stava seriamente pensando di prendere il Vaso di Pandora, che era proprio lì sul bancone, aprirlo e chiuderci dentro Killian Jones una volta per tutte. Avrebbe messo il Vaso in un cassetto e lo avrebbe lasciato nell’Oltretomba, chiuso in una prigione quadrata dove non avrebbe potuto nemmeno distendere le gambe. Avrebbe potuto dire che qualche demone di Ade lo aveva dilaniato. – Non mi aspetto che Regina lo faccia. Come voi... anche lei non è più la stessa donna di un tempo. Se la colpisce al cuore usando una lama comune, lo Spettro lascerà il corpo di Emma, ma se ne prenderà un altro. Vi piace l’idea?

 

 
Dopo una lunga lotta, Malefica era riuscita a fermare Lily. Il giovane drago si era schiantato, sollevando un’ondata di foglie, rami e terra e sradicando alcuni alberi della foresta.

In quel momento, sua figlia la fissava da sotto le spesse palpebre abbassate. Era cosciente, ma stordita dall’incantesimo che aveva usato per impedire che si facesse del male.

Malefica odiava lo Spettro. Odiava quel posto con tutte le sue forze. E odiava anche gli Azzurri. Se non fosse stato per la maledizione dell’Apprendista non sarebbe stata costretta ad agire in quel modo.

- Mi dispiace, Lily. – disse Malefica, appoggiando una mano sulla fronte del drago.

Lo Spettro piombò su di lei ad una velocità inaudita. Malefica ebbe giusto il tempo di vedere un movimento guizzante alla sua sinistra, poi l’essere la colpì con la forza della sua magia e la scagliò lontano.

- Fatti da parte, Malefica. Dacci il drago. – sentenziò lo Spettro, con i capelli bianchi che fluttuavano intorno alla testa.

- Dovrai passare sul mio cadavere. – rispose lei.

Lo Spettro aveva una spada con la lama lunga, sottile e affusolata, con un guardamano a croce le cui estremità terminavano a punta. L’attaccò con quella e Malefica riuscì per un soffio a levare lo scettro per parare il colpo diretto al costato. Le armi cozzarono con un fragore che le fece battere i denti. Impugnò lo scettro con entrambe le mani e, facendo appello a tutte le sue forze, diresse la magia verso la testa dello Spettro. Lo evitò, deviando il fascio di luce contro l’albero più vicino. La sua rapidità aveva dell’incredibile.

- Devi fare di meglio, se intendi fermarci. – blaterò lo Spettro, ridendo di gusto.

Malefica indietreggiò, con le braccia che tremavano ad ogni colpo inferto dalla creatura e quei colpi diventavano sempre più potenti. Giocava con lei. Non aveva modo di ricorrere alla magia, poiché non le lasciava spazio di manovra e l’Oltretomba rallentava gli incantesimi.

- Emma! – gridò Regina.

Lo Spettro alzò la testa e si girò, come un jet guidato da un radar. Malefica approfittò della distrazione per riversare il proprio potere contro il nemico. Colto alla sprovvista, lo Spettro ululò di dolore, mentre spiccava il volo. Tuttavia, atterrò in piedi, piegando leggermente le ginocchia.

- Malefica, proteggi Lily. Ci penso io a lei. – Regina era armata proprio come lo Spettro. Anche lei aveva una spada

“Se colpirai al cuore lo Spettro con la lama imbevuta dell’acqua del Fiume delle Anime, lo distruggerai. Ma Emma Swan non avrà scampo.” La voce di Tremotino suonava lugubre, come una condanna.

Regina impugnò saldamente la spada. Lo Spettro si fece avanti. Guardando il viso di Emma, deformata dallo spirito maligno che dimorava nel suo corpo, Regina ebbe l’impressione di vedere il rogo dentro una stufa. Mai aveva visto in un paio di occhi una furia simile, una furia così totale e sragionante, senza scopo. Mai aveva sospettato che una furia del genere esistesse.

“Se non immergi la lama nell’acqua, lo Spettro lascerà il corpo di Emma, ma se ne prenderà un altro. E potrebbe andare molto peggio.”

“Mi stai chiedendo di uccidere Emma?”

“Emma Swan è già morta.”

“Siamo venuti qui per salvarla. Non per condannarla.”

“Siamo venuti nell’Oltretomba per provarci. Anzi, siete venuti. Io vi avevo avvertito, a riguardo. Questo non è posto per i vivi. Credi di essere Orfeo?”

- Dove sono i tuoi amici, Regina Cattiva? – sibilò lo Spettro, girandole intorno. - Ci aspettavamo di vederli.

- Hai ancora una scelta. Puoi lasciare quel corpo adesso. Potete lasciarlo.

- Non credo proprio.

- Allora dovremo combattere. Sono abbastanza brava. Niente magia.

- Niente magia? – Sorrise, maligno.

- Niente magia. Tu non la userai. Ed io non la userò.

- Hai voglia di morire. Meglio per noi. Oh, sì, meglio! – Gettò indietro la testa, ridacchiando. Parlava al plurale. Doveva aver ragione Tremotino. Non era un unico Spettro. Erano tanti spiriti riuniti in un unico corpo. – Ade mi ringrazierà per averti uccisa.

Regina cercava di ricordarsi tutto quello che aveva imparato, combattendo contro i suoi soldati, quando ancora era la Regina Cattiva. Tentò un affondo verso il petto del Spettro, ma quello rise di gusto e la respinse.

“Orfeo ha fallito. È una fortuna che io non sia Orfeo, Tremotino.”

“Già. Orfeo ha fallito perché era troppo impaziente. Era riuscito a commuovere Ade, ma è stato la causa della propria rovina. Anche a te potrebbe andare male, Regina. Lo Spettro è troppo forte. Potrei aiutarti io.”

“No.”

“Non ti fidi di me.”

“Dovrei? È anche colpa tua. Avresti potuto lasciare che l’oscurità venisse distrutta, invece di approfittartene e vanificare il sacrificio di Emma!”

“Tu non puoi capire.”

Lo Spettro era velocissimo. La incalzò con una serie di mosse rapide e Regina fu costretta ad indietreggiare.

Era più forte di lei, su quello non aveva alcun dubbio.

“Almeno ricorda che in battaglia non sempre vince il più forte. A volte, vince il più furbo.” Tremotino sembrava convinto che la sua fosse follia pura. Eppure appariva anche desideroso di darle qualche consiglio, come se fosse stato ancora il suo maestro. Un maestro preoccupato per l’allieva, anche se l’allieva era ormai cresciuta e aveva percorso molta strada.

“Lascia che venga con te.”, aveva detto David. “Si tratta di mia figlia.”

Ma Regina sapeva che nessuno poteva aiutarla. Doveva essere lei ad affrontare lo Spettro.

“Devo chiederti di pensare a nostro figlio e alla mia famiglia. Devi portarli via da qui, se le cose si mettono male. Devi portare via tutti.”

Regina parò un manrovescio e subito scartò di lato per evitare un affondo che mirava al suo torace. Lo Spettro ringhiò e provò un fendente, che falciò soltanto l’aria. La spada dell’essere sibilò pochi istanti dopo abbastanza vicino da aprirle uno squarcio nella giacca rossa e, nel mentre, un maglio le penetrò nel cervello.

Lo Spettro la stava attaccando con la mente. Ovviamente Regina non si aspettava che rispettasse l’accordo e non usasse dei trucchi per indebolirla. Tremotino le aveva insegnato anche a proteggere la propria mente e quindi Regina lottò per sollevare barriere abbastanza robuste da evitare che lo Spettro entrasse nella sua coscienza, distruggendola. Fece roteare la spada, cercando un varco nelle sue difese, ma lo Spettro parò il colpo senza sforzo.

“Devo chiederti di pensare a nostro figlio e alla mia famiglia.”

Regina si abbassò, piegando le ginocchia, prima che l’ennesimo colpo di spada la falciasse e poi indietreggiò ancora. Un terribile odio emanava dagli occhi rossi e brucianti. Lo Spettro iniziò a girare intorno a lei, restringendo lentamente il cerchio. Regina non lo perdeva di vista, ma gli attacchi mentali la stavano fiaccando. Un altro tentativo di abbattere le sue difese l’accecò momentaneamente e diede allo Spettro la possibilità di farsi sotto con la spada. La lama si abbatté su quella di Regina, che menò un colpo alla cieca. La forza dello Spettro la costrinse in ginocchio.

- La regina è stata piegata. – sogghignò la faccia di Emma.

Con il cuore gonfio di rabbia e di angoscia, Regina alzò gli occhi, cercando in quelle rossi una parvenza di ciò che Emma era stata. Vi trovò solo scherno e malignità.

Lo Spettro disse qualcosa in una lingua che lei non capì, poi puntò la punta della spada contro il suo petto per affondarla nella carne.

Un attimo dopo, Regina udì un rombo cupo e un’ombra gigantesca calò su di lei. Regina pensò che fosse Malefica, ma lei aveva le corna, mentre la testa del drago che sobbalzava contro le nuvole era frastagliata e più grossa. Dalle fauci spalancate eruttò una vampa di fuoco gialla e arancione. Lo Spettro, furibondo, alzò la testa e si difese con la spada, deviando le fiamme ai lati del suo corpo. Regina vide piccoli lapilli roventi disintegrarsi intorno a lei.

“Devo chiederti di pensare a nostro figlio e alla mia famiglia.”

La spada le era caduta, ma Regina, attingendo da un’insospettabile riserva di energia, prese il pugnale che teneva nascosto nello stivale. Fiyero glielo aveva ceduto come arma di riserva.

Colpì lo Spettro dritto al cuore.

L’essere, sconcertato, abbassò lo sguardo sul proprio petto. Aprì la bocca, ma invece di parole emise uno strillo terrificante. Afferrò l’elsa del pugnale come se volesse strapparsela dalla carne, ma le dita bianche erano ormai prive di forza.

Un turbinio notturno lo avvolse completamente e le tenebre scaturirono dal corpo, dividendosi in tanti rivoli sottili e disperdendosi nell’aria.

Regina provò ad alzarsi in piedi. Le gambe cedettero e lei cadde di nuovo in mezzo alle foglie. Le lacrime le riempirono gli occhi e le rigarono il viso. Provava orrore per quello che era stata costretta a fare.

“Ti ho salvata. Ora tu salva me. E se non puoi salvarmi, fa quello che nessun altro vorrebbe fare. Tu sei l’unica in grado di mettere da parte i sentimenti per fare la cosa giusta.”

Solo che non era vero. Non lo era più.

Lily, intanto, barcollò e rischiò di travolgere la sua stessa madre, che disparve in una nube magica per ricomparire a qualche metro di distanza. Il corpo massiccio del drago si abbatté contro un albero, sradicandolo dalle sue radici. Ruggì e poi ricadde di nuovo su un fianco, sollevando rami, foglie e pietrisco.

Il turbinio che aveva avvolto lo Spettro si dissolse ed Emma si afflosciò, incosciente.

I capelli erano tornati ad essere biondi, a parte un’unica ciocca bianca che le ricadde sul volto.

 

 
Foresta di Oz.

 
Il tornado si era portato via sia Ruby che Robin Hood e aveva spedito Knubbin gambe all’aria sul prato, anche se il pentacolo che aveva preparato era riuscito a contenerlo.

Mulan si chiese a quale ricordo avessero rinunciato per attivare l’incantesimo. Si chiese dove fossero andati. Ruby le aveva parlato del suo mondo più di una volta e a lei pareva assurdo, pieno di cose che non avrebbe mai capito. La cosa che la incuriosiva di più erano quelli che Ruby chiamava film. Anche Neal gliene aveva parlato.

“Mi hanno detto che esiste una storia su di me. Un film...”

“Oh, sì. Esiste. È molto carino.”, aveva risposto Ruby.

“Quindi sono in una storia...?”

“Ed è anche molto famosa.” Ruby aveva cercato di farle capire che cosa fosse un film e anche cosa fosse un cartone animato. “Racconta la tua vita.”

“E come la racconta?”

Glielo aveva detto, a grandi linee.

“Come fanno a sapere tutte queste cose? Chi gliele ha raccontate?”

“Esiste una leggenda su di te.”

Quello che Mulan aveva capito era che, non solo esisteva una leggenda su di lei, ma era esistito anche un uomo di nome Walt Disney che aveva narrato un sacco di storie come la sua. L’Autore. Il vecchio Autore, quello che aveva preceduto Isaac, un tizio che ora se ne stava rinchiuso in un manicomio.

“Cos’è un manicomio?”, aveva domandato Mulan, confusa.

Il mondo in cui era stata spedita Zelena era lo stesso mondo in cui era capitata Ruby anni prima?

Le sue riflessioni furono interrotte da qualcosa di gelido che le bagnava la faccia, scivolandole sulle guance. Pensò che fosse pioggia. L’aria si era fatta improvvisamente gelida. Poi guardò la propria mano appoggiata all’elsa della spada e coperta dal guanto di maglia.

Neve.

Piccoli fiocchi di neve.

- Sta nevicando davvero. – commentò Piccolo John, aprendo i palmi e osservando i fiocchi che si posavano sulla pelle callosa. – Non è inverno. È troppo presto. Com’è possibile che stia nevicando?

 

 
Oltretomba.

 
Marian sobbalzò udendo quello che le parve un grido così pieno di dolore da superare la distanza.

Invece, alzando la testa, vide solo un enorme tromba d’aria che attraversava il cimitero di Storybrooke. Il vento le scompigliò i capelli. Fiyero la prese per un braccio e la condusse al riparo dietro una tomba più grande, mentre la bambina di Zelena scoppiava a piangere.

Durò pochi secondi. Poi il vento si placò e il suono roboante del tornado scomparve.

Marian diede la piccola a Fiyero, che la prese goffamente, timoroso di farle del male. Marian incoccò una freccia e si sporse da dietro la tomba.

Silenzio. La via era sgombra.

Marian uscì allo scoperto. Fiyero la seguì, stringendo il coltello nella mano destra mentre con l’altro braccio sosteneva la bambina.

Si inoltrarono nel cimitero, tra tombe rovesciate e tombe spezzate. Passarono accanto a quella di Emma, sormontata dal cigno con le ali spiegate.

- Era solo una tempesta... infernale? – sussurrò Fiyero.

- Non lo so. Ma se è così è durata molto poco.

Fiyero fu il primo a notare il fagotto rosso vicino ad una tomba ricoperta di foglie ed erba. Il fagotto aveva anche due piedi che calzavano un paio di stivali. Il rosso del mantello gli ricordò...

Rinfoderò il pugnale ed accorse, seguito da Marian.

Ruby giaceva a terra, priva di sensi e in forma umana. Fiyero le tastò il collo per controllare il battito e lo trovò.

- Robin? – La voce di Marian sembrava quella di una persona in stato confusionale. Si chinò accanto a lui e lo scosse.

Lui aprì piano gli occhi. Impiegò qualche istante per riconoscere il volto che occupava il suo campo visivo.

Batté le palpebre un paio di volte.

- Marian?


   
 
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