10
“Abbandonati
siamo come bambini smarriti nel
bosco.
Quando mi stai davanti e mi guardi,
che ne sai tu dei dolori che sono dentro di me
e che ne so io dei tuoi?
E se mi gettassi a terra davanti a te e
piangessi e parlassi,
che ne sapresti di me più che dell’inferno
quando qualcuno ti viene a dire che è tutto
fuoco e spaventevole?”
[Franz
Kafka, Lettera a Oskar Pollak]
Foresta
di Oz. Oggi.
In
un
punto remoto della foresta, un lupo ululò. Qui e
là, nel buio, gli risposero i
compagni, una decina di lupi che levavano le voci in una melodia
discorde.
Ruby
sentì formicolare il cuoio capelluto e la pelle delle
braccia incresparsi,
udendo quel richiamo. Poi, per un istante, gli ululati si fusero in
un’unica
nota, molto simile ad un grido di battaglia.
Si
agitò, stringendosi nel mantello rosso.
-
Cosa
succede? – le domandò Mulan. – Pensi che
i lupi ci daranno fastidio?
-
No.
– rispose Ruby, scuotendo il capo. Alzò la testa,
osservando il cielo
punteggiato di stelle e di stralci di nubi. - Credo che stiano
insegnando ai
cuccioli a cacciare. Non verranno da questa parte.
Mulan
aggrottò la fronte. Era seduta a cavalcioni su di un vecchio
tronco cavo,
indurito e sbiancato dal sole. Ogni volta che si muoveva il tronco
emetteva un
acuto scricchiolio. In mezzo a loro, un piccolo cumulo di braci, i
resti del
fuoco, pulsava come un cuore. La fievole luce rossastra illuminava un
tratto
del suolo roccioso, qualche cespuglio e un abete poco distante. Sparse
a pochi
metri da loro c’erano le tende degli uomini di Robin. Ogni
tanto si levavano i
lamenti di qualche ferito.
-
Ruby, andrà tutto bene. Le prigioni di Zelena sono
là sotto. L’incantesimo è
più forte di quanto ci aspettavamo, ma vedrai che...
-
E nel
frattempo quei prigionieri stanno morendo di fame. Forse sono
già morti. E
anche Dorothy...
-
Non
credo sia facile uccidere una come Dorothy.
Allora
Ruby prese a singhiozzare. Singhiozzava come se avesse avuto il cuore
spezzato.
Mulan non l’aveva mai vista così e per un momento
non fece nulla, tanto la sua
reazione era stata improvvisa. Poi sedette accanto a lei e
posò una mano sulla
sua.
-
Scusami.
Non so che cosa mi prenda. Non riesco più a controllarmi.
– disse, con la voce
rotta.
-
Fidati, so bene che cosa ti prende. - Mulan si accorse che lei
stringeva un
pezzo di stoffa a righe tra le dita. Doveva essere appartenuto a
Dorothy. Avvertì
un’improvvisa, ardente scintilla di collera nei confronti di
Zelena, di Knubbin
che non era in grado di cavare un ragno dal buco, di Glinda, che
stentava a
riprendersi da ciò che era successo...
-
Non
avrei dovuto chiederti di seguirmi. Pensavo che cercare il mio branco
fosse la
cosa più importante e che avrebbe aiutato anche te e
invece... guarda dove
siamo finite. – continuò Ruby.
Mulan
stava per rispondere, quando Piccolo John si fermò proprio
dietro di loro, in
attesa. Ruby si affrettò ad asciugarsi le lacrime. Lui
sembrò provare un vago
senso di vergogna per averla sorpresa con la guardia abbassata.
-
Il
mago vuole vederti. – disse John, strascicando i piedi e
lanciando solo una
rapida occhiata a Mulan. – Adesso.
Oltretomba.
Oggi.
-
Com’era? Descrivetemi Emma Swan. – disse Tremotino,
quando lo misero al
corrente di ciò che era accaduto.
Fu
Mary Margaret a farlo. Era visibilmente stanca, pallida e con ombre
scure sotto
agli occhi. I suoi sogni erano stati disturbati dalla presenza maligna
che
aveva le sembianze di sua figlia. Il rosso di quelle iridi
l’aveva seguita e
così anche il ruggito sofferente del drago nei boschi.
-
Uno
Spettro. - concluse Tremotino. - Più di uno, stando a quel
che mi racconta.
-
Spettro? – intervenne Killian. – Parlo chiaro,
Coccodrillo. Emma è posseduta da
un maledetto fantasma?
-
No,
capitano. Non un fantasma. Uno Spettro. È ben peggio.
– rispose l’Oscuro con
tutta la calma del mondo, come se stesse parlando di uno spiritello
qualunque.
E tuttavia, nemmeno lui aveva una bella cera. L’espressione
era grave e il suo
sguardo sembrava perso dietro ad altri ragionamenti. –
È una creatura malvagia,
che ha origine quando un mago evoca spiriti più potenti di
lui e ne perde il
controllo. Di solito quegli spiriti si impossessano del corpo di chi li
ha
evocati, ma... credo che in questo caso il mago fosse abbastanza forte
da
dirigere gli spiriti verso un altro contenitore.
-
Zelena? – domandò il principe Fiyero.
-
Forse. Lei è molto potente. Potrebbe averlo evocato.
-
Ma
non ha alcun motivo di usare Emma. Lo Spettro... si è
diretto verso casa sua.
Sembrava cercasse proprio... mia sorella. – disse Regina,
acidamente. – E non
certo per ringraziarla.
Tremotino
si accorse che gli occhi nocciola della sua ex allieva ardevano di un
misto di
rabbia e angoscia così violento da far pensare che le sue
emozioni sarebbero
potute esplodere da un momento all’altro per distruggere
qualsiasi cosa nel suo
campo visivo, in una vampa di incredibile intensità.
Ma
lui
la capiva.
-
Come
mai Lily sta così male? Dipende da ciò che sta
accadendo ad Emma? – chiese
David.
-
Lo
Spettro si sta nutrendo dell’essenza di Emma Swan. La sfrutta
a sua vantaggio.
Ne trae forza. Controlla i suoi pensieri. E Lilith ha una parte di Emma
dentro
di sé... grazie a lei e a sua moglie. – ci tenne a
puntualizzare. – Sente
quello che sta facendo lo Spettro.
-
Emma
è... – iniziò Mary Margaret. Non sapeva
nemmeno lei che cosa stesse per
chiedere.
Emma
è ancora viva?
Emma
è cosciente?
-
Emma
sa benissimo che cosa le sta succedendo, ma non può fare
niente. Lo Spettro
piega la sua volontà. Più lotta contro di esso...
più soffre.
Calò
un silenzio di tomba.
-
Veniamo
al dunque. – disse Killian. - Come liberiamo Emma?
- Ti
vedo più rilassata. – disse Ade, porgendo un
bicchiere di vino rosso a Zelena,
che sedeva in poltrona. – Ne sono lieto. Ora possiamo
parlare. E possiamo
andare a prendere tua figlia.
Lei
non disse niente. Una schiavetta del Signore degli Inferi, una
ragazzina bionda
e pallida, le porse del cibo su un vassoio d’argento. Nel
farlo, chinò
diligentemente la testa, evitando di guardarla in faccia.
Mele
verdi, uva, bacche, dolci, mille altre leccornie...
Al
centro, a decorare il tutto, c’erano due frutti tondi
tagliati a metà e
circondati da foglie lucide e strette. I semi erano di un vivido colore
rosso
ed erano attorniati da una polpa traslucida.
-
Non
ho fame. – rispose Zelena, seccata.
“La
storia del Dio degli Inferi che rapisce una
fanciulla, costringendola a passare sei mesi nel suo regno e altri sei
sulla
Terra. Non in tutti i mondi la storia è la
stessa...”
-
So
che sei preoccupata. Ma lascia fare a me. Porterò qui tua
figlia. – la
rassicurò Ade. – Quegli eroi da strapazzo non la
toccheranno. Tantomeno tua
sorella.
-
Dov’è mia madre, adesso? –
domandò, invece, Zelena. – Hai detto che ti ha
aiutato con lo Spettro. Dov’è?
-
Sei
curiosa? Vuoi conoscerla?
“Sappi
che se sarai nei pasticci, potrai sempre
chiamare me. Posso sentirti ovunque tu sia. Persino nel regno di Ade. E
puoi
contare su quello che dico: mettimi alla prova appena puoi.”
-
Mi
sono occupato anche di lei. L’ho torturata. Da quando
è arrivata qui non ho
fatto altro. Ed ora è tornata a trascinare carri stracolmi
di sacchi di farina.
Zelena
sorrise, perché quel pensiero la mise stranamente di buon
umore.
-
Sorridi.
Bene.
-
Mia
madre mi ha abbandonata. Non dovrei sorridere, sapendo che la torturi?
- Prese
il bicchiere che Ade le offriva e seguitò a fissarlo. Gli
permise di
avvicinarsi e di inginocchiarsi davanti a lei.
“E
puoi contare su quello che dico: mettimi
alla prova appena puoi.”
-
C’è
qualcos’altro che posso fare per te? –
domandò Ade. – Altre... torture che
posso rivolgere contro Cora?
-
Perché non contro mia sorella?
-
La
sto già torturando. Le ho gettato addosso alcuni dei suoi
conti in sospeso, suo
figlio ha rischiato la vita... e la sua adorata Salvatrice sta
soffrendo. È in
balia di uno Spettro. Perché credi che abbia ordinato a Cora
di usare il corpo
di Emma Swan come contenitore? Quello che fanno gli Spettri...
è molto
spiacevole, Zelena.
Tacque.
-
Non
hai nulla da dirmi?
Non
gli disse un bel niente, ma usò il proprio potere per
immobilizzarlo. Avvertì
chiaramente la magia che si scontrava con una barriera, con un muro
elastico,
minacciando di rivoltarsi contro di lei. Ma si sforzò di
dirigerla verso Ade.
L’incantesimo
non lo paralizzò totalmente, ma gli bloccò le
gambe fino alle ginocchia. Ade
lanciò un’esclamazione di sorpresa, mentre
annaspava, cercando di afferrarla.
Zelena non gli diede il tempo di reagire e usò la magia per
completare l’opera.
Ade si ritrovò immobilizzato fino al collo, mentre Zelena
ansimava per la
fatica. Era un semplice incantesimo, eppure il suo corpo era fiacco,
quasi
avesse compiuto uno sforzo titanico.
-
Zelena! – gridò Ade, lottando ferocemente contro
l’incantesimo.
Non
aveva idea di quanto tempo avesse. Era sicura che Ade potesse liberarsi
da solo
e che non avrebbe impiegato molto, quindi si gettò per
terra, rimirando il
proprio riflesso in uno dei fiumi che si dipartivano dalla piattaforma
dove il
Signore degli Inferi trascorreva la maggior parte del tempo.
Il
Flegetonte. Impetuoso e fiammeggiante. Rosso e arancione come il fuoco
che
scaturisce dalla bocca di un drago.
-
Bene,
Era. – sussurrò Zelena, percependo un gusto amaro
sul palato quando pronunciò
il nome della moglie di Zeus. – Provami che vuoi davvero
aiutarmi. Se mi stai
ascoltando, aiutami a salvare mia figlia.
Non
vi
furono cambiamenti di sorta nelle acque del Flegetonte. Continuarono a
scorrere. Dietro di lei si levarono i sospiri e i gemiti dei gusci
vuoti che nuotavano
senza posa nel Fiume delle Anime.
-
Era,
ti avverto che se ti stai prendendo gioco di me, non mi
importerà della tua
immortalità. Me la pagherai comunque.
Il
moto della corrente cambiò all’improvviso.
La
Strega Cieca non si aspettava niente di ciò che accadde quel
giorno al
Granny’s.
Aprì
la tavola calda come ogni giorno, scostò le persiane,
lasciando entrare la luce
rossa che inondava l’Oltretomba, servì i primi
clienti, intimando alle
cameriere di darsi una mossa e diede un caffè nero a
Crudelia che, a giudicare
dall’odore e dai borbottii, doveva essere di cattivo umore.
La sentì mentre svitava
il tappo di una fiaschetta per versarne il contenuto nella tazza. Gin
scadente
rimediato al mercato nero. E la Strega Cieca sapeva anche da chi lo
aveva
rimediato. Dalla competizione... ovvero
zia Em.
Poi
lo
Spettro fece irruzione, scardinando la porta d’ingresso. Le
poche persone
presenti vennero costrette alla fuga, mentre tavoli e sedie spiccavano
il volo.
La
Strega Cieca annusò l’aria e l’unica
cosa che avvertì fu un odore nauseabondo.
Era mescolato ad un altro odore, ma quella fragranza si perdeva in
mezzo alla
putredine. Non assomigliava a niente che avesse mai sentito prima.
Infine
una mano gelida l’afferrò per il corpetto e la
trascinò dall’altra parte del
bancone. L’essere non era certamente un morto qualunque. Era
dotato di una
forza disumana.
Le
dita le serrarono il collo in una morsa d’acciaio e una mano
affondò nel suo
petto, in cerca del cuore.
Crudelia
ebbe modo di vedere che la cosa che se ne andava in giro nel corpo
della sua
assassina non stava semplicemente torturando una donna a caso. Aveva
spinto una
mano nel torace della Strega Cieca ed ora ne risucchiava
l’essenza. Era del
colore della nebbia sulle acque immobili di un lago e fumava un
po’ scivolando
sul braccio di Emma Swan per poi entrare in lei passando dalla bocca e
dalle
narici.
La
Strega Cieca si sciolse come neve al sole. Del suo corpo non rimase che
una
pozzanghera sul pavimento del Granny’s.
Foresta
di Oz.
-
Loro
credono che io sia pazzo, ma la verità è che non
hanno la minima idea di che
cosa sia la pazzia. – disse Knubbin, quando Ruby mise piede
nella tenda che gli
era stata riservata.
C’era
anche Robin.
-
Eccovi,
tesorino, finalmente. – Knubbin stava armeggiando con alcune
ampolle,
scrutandone il contenuto. Aveva le borse sotto agli occhi, il naso
scarlatto e
i capelli ritti sulla testa. Sembrava che non avesse dormito e che non
si fosse
fermato un momento da quando era arrivato ad Oz. – Spero che
siate pronta per
un viaggetto. Sarà un po’ movimentato.
-
Quale viaggio?
-
Incantesimo di localizzazione. Una specie.
Ruby
batté le palpebre. Cercò di far ingranare al
cervello una marcia che le
permettesse di lasciarsi alle spalle quel senso di colpa e di
impotenza, ma non
ci riuscì. – Abbiamo già provato con un
incantesimo di localizzazione...
-
Con
Dorothy non ha funzionato, ma noi rintracceremo la fonte del problema,
tesorino.
-
Zelena. - intervenne Robin. – Lei ha mia figlia. E se
troviamo Zelena, saprà
dirci che cosa è successo a Dorothy.
-
Ma
Zelena non è in questo mondo. È caduta in un
portale!
Knubbin
stappò un’ampolla e da essa scaturì del
fumo color porpora. Lui starnutì più
volte e il suo corvo si levò in volo, infastidito
dall’odore acre emanato dalla
pozione. - Non è in questo mondo, già, che
disdetta. Ma il tornado che creeremo
vi porterà direttamente da lei, ovunque si trovi. So che
sembra complicato...
non ho trovato le prigioni in quel dannato palazzo, ma quel posto
è... come
dire... una vera fortezza. Ci sono incantesimi in ogni dove!
-
E
pensate di poter creare un tornado che ci porterà... da
Zelena?
-
Sì.
Abbiamo un po’ di cose che le appartengono, tesorino. Ma non
basta. Mi serve
dell’altro. E qui viene il bello. O il brutto.
Lei
e
Robin attesero che il mago continuasse.
-
A
cosa siete disposti a rinunciare?
Oltretomba.
Regina
provava una sensazione terribile, cupa e schiacciante. La sensazione di
essere
sospinta verso la bocca di un tunnel in cui la attendeva ogni genere di
brutti
incontri, una sensazione accompagnata dal panico. Qualcosa dentro di
lei voleva
urlare di terrore e capì che se non avesse recuperato le
redini di quella
situazione al più presto quell’impulso non si
sarebbe trattenuto.
Quello
era davvero l’Inferno. Non un limbo. L’Inferno.
Più restavano in quel dannato
posto e più quel posto li corrodeva.
Chiuse
gli occhi e cominciò a respirare a fondo.
-
Regina.
Si
rifiutò di credere di aver sentito la voce di sua sorella.
Non poteva trovarsi
lì. Lo Spettro l’aveva presa e portata da qualche
parte, forse da Ade in
persona.
Lo
Spettro. Lo Spettro che era Emma. Nel corpo di Emma. E la torturava.
“Emma
sa benissimo che cosa le sta succedendo,
ma non può fare niente. Lo Spettro piega la sua
volontà. Più lotta contro di
esso... più soffre.”
-
Regina, maledizione, dammi retta!
Spalancò
gli occhi e fissò lo specchio appeso in camera degli
Azzurri. La superficie
trasparente si muoveva. La sua immagine riflessa sbiadiva, si deformava
sotto
le increspature. Pian piano, un altro volto emerse. Due occhi
così azzurri da
sembrare fari nella nebbia.
-
Non
posso credere che lo sto facendo.
Lei
si
avvicinò allo specchio. - Ma che cosa...
-
Regina, non ho molto tempo. Devi ascoltarmi. – disse Zelena,
energica. – Si
tratta di mia figlia. Io non posso aiutarla, ma tu sì.
-
Dove
diavolo sei, Zelena? Che cosa stai facendo?
-
Tutto questo può aspettare. Mia figlia... è in
quella casa. È sola. Devi fare
qualcosa. Devi portarla via!
A
Regina sembrava tutto immensamente surreale. Aveva così
tanti pensieri per la
testa che non aveva pensato al fatto che lo Spettro potesse aver rapito
solo
Zelena, infischiandosene della piccola. Scosse il capo. - Emma... Lo
Spettro...
è lì? È con te?
-
Non
ho evocato io lo Spettro, se è questo che credi! –
gridò Zelena, increspando
ancora di più la superficie dello specchio. - La nostra
amorevole madre l’ha
fatto per Ade! E poi non è riuscita a controllarlo!
-
Che
cosa vuole Ade da te?
-
Regina, ti prego, mia figlia potrebbe essere in pericolo. Non possiamo
rimandare?
-
Non
possiamo dato che non mi fido di te. – Puntò un
dito contro lo specchio. – Devi
dirmi qualcosa, se vuoi che la aiuti. Che cosa è successo
fra te ed Ade?
Zelena
fece una paura brevissima. Borbottò qualcosa che Regina non
capì. Poi...
-
Si è
innamorato di me. – ammise.
Regina
si sarebbe aspettata qualsiasi cosa, ma non questo. Era talmente
incredula che
faticò a trovare una risposta sensata. - Oh.
-
Già.
Ridicolo, vero? La sola idea che qualcuno possa amarmi... una
divinità, per
giunta. – Nel dirlo, si rese conto di due cose: che suonava
ancora più ridicolo
ora che lo aveva detto ad alta voce a Regina e che aveva appena
attraversato un
ponte. Non se lo era bruciato alle spalle, non ancora almeno, ma non
avrebbe
mai più potuto tornare sui suoi passi senza dare un mucchio
di spiegazioni alla
stessa donna che aveva sempre invidiato e alla quale aveva chiesto
aiuto.
-
Tu
lo ami? – domandò Regina.
Zelena
non le rispose. Serrò le labbra.
-
Zelena, lui ci sta tenendo qua sotto. Non possiamo andarcene
perché ha fissato
i nomi di tre di noi sulle tombe! Forse è il momento di...
-
È il
momento di finirla con le chiacchiere e pensare a mia figlia!
– la zittì. –
Voglio che tu vada in quella casa e porti via la mia bambina. Tu o...
qualcuno
della tua banda di idioti. Possibilmente non il Principe Azzurro e la
sua
amata. Sono capaci di rovinare tutto!
Regina
sospirò.
-
C’è
uno Spettro, là fuori, che non avrà
pietà di nessuno, tantomeno di una bambina.
Non so per quanto... potrò trattenere Ade. Per ora
è fuori gioco, ma devi
sbrigarti.
-
Come
facciamo con la barriera che protegge la casa?
-
So
come abbatterla. Quindi apri bene le orecchie, sorellina,
perché non ho la
minima intenzione di ripeterlo.
Foresta
di Oz.
Robin
e Ruby osservarono Knubbin mentre trafficava intorno al gigantesco
pentacolo
che aveva riprodotto usando rami e sassi.
Erano
a circa una lega dall’accampamento dell’Allegra
Compagnia, in una vasta radura
ai margini della Città di Smeraldo. Sopra di loro, solo il
cielo buio e le
stelle. Intorno, nient’altro che qualche vecchio albero e...
la strada dorata.
La strada di mattoni gialli che attraversava il regno di Oz per
terminare a
quello che un tempo era stato il palazzo del Mago e che ora era la
dimora di
Zelena.
-
Ecco
fatto, tesorino. Iniziate a concentrarvi. – disse Knubbin.
Aveva acceso delle
candele e le aveva posizionate sulle cinque punte della stella
inscritta in un
cerchio. – Concentratevi tutti, è meglio.
-
Non
ci avete detto a cosa dovremmo rinunciare. – gli fece notare
Robin.
-
Mettetevi al centro del pentacolo, grazie. Solo tu e la ragazza. Gli
altri
conviene che restino fuori. Il cerchio serve per contenere il tornado.
–
Knubbin parlava in fretta, agitato e muovendosi intorno al pentacolo
senza
posa.
Mulan,
John e i due uomini dell’Allegra Compagnia che erano venuti
con loro si
scambiarono delle occhiate incerte, ma rimasero all’esterno
del cerchio.
-
Ora,
tesorini... la parte migliore. O peggiore, a seconda dei punti di
vista.
Ruby
non capiva perché Knubbin facesse continuamente pause
enfatiche, come se si
trovasse in un maledetto film e stesse per rivelare qualcosa di
sconvolgente,
qualcosa che avrebbe sovvertito la trama intera. In quel momento, con
quei
capelli bianchi ritti sulla testa, gli occhi leggermente sgranati e
sporgenti
dalle orbite, gli fece pensare a Doc, lo scienziato pazzo di Ritorno al Futuro.
-
Dovete
rinunciare ad un ricordo. – concluse Knubbin.
-
Un
ricordo? – chiese Robin, perplesso.
-
Un
ricordo a cui siete molto legati. Un ricordo speciale, diciamo.
– Soffiò il
vento e le fiammelle delle candele tremolarono, ma non si spensero. -
Deve
essere un bel ricordo, tesorini, o non funzionerà.
Oltretomba.
Fiyero
recuperò l’ampolla dalla tasca della giubba rossa
e tolse il tappo, colto da
una potente sensazione di deja vu. Ma questa volta sperava che le cose
andassero meglio.
Marian
gli copriva le spalle, con l’arco in pugno e una freccia
già incoccata. Non si
vedevano arpie né tantomeno alberi dotati di coscienza,
pronti ad acchiapparli
per le braccia o per il collo. Niente Spettri. In lontananza,
risuonò ancora il
ruggito sofferente del drago.
Fiyero
gettò l’acqua del Fiume delle Anime sulla barriera
che proteggeva la casa in
cui si era rifugiata Zelena, proprio come gli aveva detto di fare
Regina.
Nella
barriera si aprì una breccia, preceduta da uno sfarfallio.
Fiyero
e Marian si diressero verso la casa. Lui provò subito la
porta d’ingresso e la
trovò ancora aperta. Prima di entrare, estrasse uno dei
pugnali dallo stivale.
La
casa sembrava deserta. Il corridoio e le stanze al piano terra erano
libere.
Tutte a parte la cucina, dove trovarono la culla con la bambina sveglia
e molto
vivace.
Marian
si chinò sulla neonata, che allungò una mano
minuscola verso di lei. La prese,
avvolgendola accuratamente nella coperta bianca.
-
Sembra
tutto in ordine. – disse Fiyero, guardandosi intorno. Se lo
Spettro aveva
causato dei danni, non erano visibili. C’erano solo alcuni
oggetti per terra,
ma nient’altro.
-
Andiamocene in fretta, allora.
-
Perché lo state facendo? – domandò il
principe, sempre tenendo d’occhio
l’ambiente che li circondava, mentre tornavano verso la porta
d’ingresso. – Io
mi sono offerto volontario, ma voi... avevate molti motivi per non
venire qui.
-
È
figlia di Robin. Ed è solo una neonata. Non ha nessuna
colpa. – rispose Marian,
senza esitazioni.
-
No.
E nemmeno voi.
Marian
non disse niente. Aggiustò la coperta intorno alla bambina e
uscì, precedendo
Fiyero.
-
Ditemi, capitano. Che cosa vi serve? – domandò
Tremotino. – Avete pensato al
nostro accordo?
-
Non
abbiamo nessun accordo, Coccodrillo. Ma potremmo, se servisse a salvare
Emma. –
Killian si appoggiò al bancone del negozio di Gold.
L’Oscuro era solo, seduto
con le gambe accavallate, come se là fuori non ci fosse una
creatura pronta a
distruggerli. Come se non si trovasse nell’Oltretomba ma a
casa sua e stesse
semplicemente aspettando il ritorno a casa della mogliettina ignara.
-
Ho
già spiegato a Regina come potete aiutarla.
-
Avresti potuto spiegarlo a me.
-
Non
potete affrontare lo Spettro, capitano. Vi ucciderà.
– Si alzò in piedi. Aveva
un’aria pallida e il viso tirato, come se fosse stanco fino
al midollo. –
Inoltre non credo abbiate il coraggio di piantare una lama nel cuore
della
vostra amata senza battere ciglio. L’uomo che ho conosciuto
secoli fa l’avrebbe
fatto... quello di oggi no.
Killian
sentì la rabbia montare come una marea. - Hai proposto di
condannare Emma.
Credi che Regina lo farà?
-
Ho
solo detto che per distruggere lo Spettro è necessario
colpirlo al cuore con
una lama imbevuta dell’acqua del Fiume delle Anime... cosa
che condannerebbe
anche la signorina Swan, certo. – Tremotino stava seriamente
pensando di
prendere il Vaso di Pandora, che era proprio lì sul bancone,
aprirlo e
chiuderci dentro Killian Jones una volta per tutte. Avrebbe messo il
Vaso in un
cassetto e lo avrebbe lasciato nell’Oltretomba, chiuso in una
prigione quadrata
dove non avrebbe potuto nemmeno distendere le gambe. Avrebbe potuto
dire che
qualche demone di Ade lo aveva dilaniato. – Non mi aspetto
che Regina lo
faccia. Come voi... anche lei non è più la stessa
donna di un tempo. Se la colpisce
al cuore usando una lama comune, lo Spettro lascerà il corpo
di Emma, ma se ne
prenderà un altro. Vi piace l’idea?
Dopo
una lunga lotta, Malefica era riuscita a fermare Lily. Il giovane drago
si era
schiantato, sollevando un’ondata di foglie, rami e terra e
sradicando alcuni
alberi della foresta.
In
quel momento, sua figlia la fissava da sotto le spesse palpebre
abbassate. Era
cosciente, ma stordita dall’incantesimo che aveva usato per
impedire che si
facesse del male.
Malefica
odiava lo Spettro. Odiava quel posto con tutte le sue forze. E odiava
anche gli
Azzurri. Se non fosse stato per la maledizione
dell’Apprendista non sarebbe
stata costretta ad agire in quel modo.
-
Mi
dispiace, Lily. – disse Malefica, appoggiando una mano sulla
fronte del drago.
Lo
Spettro piombò su di lei ad una velocità
inaudita. Malefica ebbe giusto il
tempo di vedere un movimento guizzante alla sua sinistra, poi
l’essere la colpì
con la forza della sua magia e la scagliò lontano.
-
Fatti
da parte, Malefica. Dacci il drago. – sentenziò lo
Spettro, con i capelli
bianchi che fluttuavano intorno alla testa.
-
Dovrai passare sul mio cadavere. – rispose lei.
Lo
Spettro aveva una spada con la lama lunga, sottile e affusolata, con un
guardamano a croce le cui estremità terminavano a punta.
L’attaccò con quella e
Malefica riuscì per un soffio a levare lo scettro per parare
il colpo diretto
al costato. Le armi cozzarono con un fragore che le fece battere i
denti.
Impugnò lo scettro con entrambe le mani e, facendo appello a
tutte le sue
forze, diresse la magia verso la testa dello Spettro. Lo
evitò, deviando il
fascio di luce contro l’albero più vicino. La sua
rapidità aveva
dell’incredibile.
-
Devi
fare di meglio, se intendi fermarci. – blaterò lo
Spettro, ridendo di gusto.
Malefica
indietreggiò, con le braccia che tremavano ad ogni colpo
inferto dalla creatura
e quei colpi diventavano sempre più potenti. Giocava con
lei. Non aveva modo di
ricorrere alla magia, poiché non le lasciava spazio di
manovra e l’Oltretomba
rallentava gli incantesimi.
-
Emma!
– gridò Regina.
Lo
Spettro alzò la testa e si girò, come un jet
guidato da un radar. Malefica
approfittò della distrazione per riversare il proprio potere
contro il nemico.
Colto alla sprovvista, lo Spettro ululò di dolore, mentre
spiccava il volo.
Tuttavia, atterrò in piedi, piegando leggermente le
ginocchia.
-
Malefica, proteggi Lily. Ci penso io a lei. – Regina era
armata proprio come lo
Spettro. Anche lei aveva una spada
“Se
colpirai al cuore lo Spettro con la lama
imbevuta dell’acqua del Fiume delle Anime, lo distruggerai.
Ma Emma Swan non
avrà scampo.” La
voce di
Tremotino suonava lugubre, come una condanna.
Regina
impugnò saldamente la spada. Lo Spettro si fece avanti.
Guardando il viso di
Emma, deformata dallo spirito maligno che dimorava nel suo corpo,
Regina ebbe
l’impressione di vedere il rogo dentro una stufa. Mai aveva
visto in un paio di
occhi una furia simile, una furia così totale e sragionante,
senza scopo. Mai
aveva sospettato che una furia del genere esistesse.
“Se
non immergi la lama nell’acqua, lo Spettro
lascerà il corpo di Emma, ma se ne prenderà un
altro. E potrebbe andare molto
peggio.”
“Mi
stai chiedendo di uccidere Emma?”
“Emma
Swan è già morta.”
“Siamo
venuti qui per salvarla. Non per
condannarla.”
“Siamo
venuti nell’Oltretomba per provarci.
Anzi, siete venuti. Io vi avevo avvertito, a riguardo. Questo non
è posto per i
vivi. Credi di essere Orfeo?”
-
Dove
sono i tuoi amici, Regina Cattiva? – sibilò lo
Spettro, girandole intorno. - Ci
aspettavamo di vederli.
-
Hai
ancora una scelta. Puoi lasciare quel corpo adesso. Potete
lasciarlo.
-
Non
credo proprio.
-
Allora dovremo combattere. Sono abbastanza brava. Niente magia.
-
Niente magia? – Sorrise, maligno.
-
Niente magia. Tu non la userai. Ed io non la userò.
-
Hai
voglia di morire. Meglio per noi. Oh, sì, meglio!
– Gettò indietro la testa,
ridacchiando. Parlava al plurale. Doveva aver ragione Tremotino. Non
era un
unico Spettro. Erano tanti spiriti riuniti in un unico corpo.
– Ade mi
ringrazierà per averti uccisa.
Regina
cercava di ricordarsi tutto quello che aveva imparato, combattendo
contro i
suoi soldati, quando ancora era la Regina Cattiva. Tentò un
affondo verso il
petto del Spettro, ma quello rise di gusto e la respinse.
“Orfeo
ha fallito. È una fortuna che io non sia
Orfeo, Tremotino.”
“Già.
Orfeo ha fallito perché era troppo
impaziente. Era riuscito a commuovere Ade, ma è stato la
causa della propria
rovina. Anche a te potrebbe andare male, Regina. Lo Spettro
è troppo forte.
Potrei aiutarti io.”
“No.”
“Non
ti fidi di me.”
“Dovrei?
È anche colpa tua. Avresti potuto
lasciare che l’oscurità venisse distrutta, invece
di approfittartene e
vanificare il sacrificio di Emma!”
“Tu
non puoi capire.”
Lo
Spettro era velocissimo. La incalzò con una serie di mosse
rapide e Regina fu
costretta ad indietreggiare.
Era
più forte di lei, su quello non aveva alcun dubbio.
“Almeno
ricorda che in battaglia non sempre
vince il più forte. A volte, vince il più
furbo.” Tremotino
sembrava convinto che la sua fosse
follia pura. Eppure appariva anche desideroso di darle qualche
consiglio, come
se fosse stato ancora il suo maestro. Un maestro preoccupato per
l’allieva,
anche se l’allieva era ormai cresciuta e aveva percorso molta
strada.
“Lascia
che venga con te.”, aveva
detto David. “Si tratta di mia
figlia.”
Ma
Regina sapeva che nessuno poteva aiutarla. Doveva essere lei ad
affrontare lo
Spettro.
“Devo
chiederti di pensare a nostro figlio e
alla mia famiglia. Devi portarli via da qui, se le cose si mettono
male. Devi portare
via tutti.”
Regina
parò un manrovescio e subito scartò di lato per
evitare un affondo che mirava
al suo torace. Lo Spettro ringhiò e provò un
fendente, che falciò soltanto
l’aria. La spada dell’essere sibilò
pochi istanti dopo abbastanza vicino da aprirle
uno squarcio nella giacca rossa e, nel mentre, un maglio le
penetrò nel
cervello.
Lo
Spettro la stava attaccando con la mente. Ovviamente Regina non si
aspettava
che rispettasse l’accordo e non usasse dei trucchi per
indebolirla. Tremotino
le aveva insegnato anche a proteggere la propria mente e quindi Regina
lottò
per sollevare barriere abbastanza robuste da evitare che lo Spettro
entrasse
nella sua coscienza, distruggendola. Fece roteare la spada, cercando un
varco
nelle sue difese, ma lo Spettro parò il colpo senza sforzo.
“Devo
chiederti di pensare a nostro figlio e
alla mia famiglia.”
Regina
si abbassò, piegando le ginocchia, prima che
l’ennesimo colpo di spada la
falciasse e poi indietreggiò ancora. Un terribile odio
emanava dagli occhi
rossi e brucianti. Lo Spettro iniziò a girare intorno a lei,
restringendo
lentamente il cerchio. Regina non lo perdeva di vista, ma gli attacchi
mentali
la stavano fiaccando. Un altro tentativo di abbattere le sue difese
l’accecò
momentaneamente e diede allo Spettro la possibilità di farsi
sotto con la
spada. La lama si abbatté su quella di Regina, che
menò un colpo alla cieca. La
forza dello Spettro la costrinse in ginocchio.
-
La
regina è stata piegata. – sogghignò la
faccia di Emma.
Con
il
cuore gonfio di rabbia e di angoscia, Regina alzò gli occhi,
cercando in quelle
rossi una parvenza di ciò che Emma era stata. Vi
trovò solo scherno e
malignità.
Lo
Spettro disse qualcosa in una lingua che lei non capì, poi
puntò la punta della
spada contro il suo petto per affondarla nella carne.
Un
attimo dopo, Regina udì un rombo cupo e un’ombra
gigantesca calò su di lei.
Regina pensò che fosse Malefica, ma lei aveva le corna,
mentre la testa del
drago che sobbalzava contro le nuvole era frastagliata e più
grossa. Dalle fauci
spalancate eruttò una vampa di fuoco gialla e arancione. Lo
Spettro, furibondo,
alzò la testa e si difese con la spada, deviando le fiamme
ai lati del suo
corpo. Regina vide piccoli lapilli roventi disintegrarsi intorno a lei.
“Devo
chiederti di pensare a nostro figlio e
alla mia famiglia.”
La
spada le era caduta, ma Regina, attingendo da
un’insospettabile riserva di
energia, prese il pugnale che teneva nascosto nello stivale. Fiyero
glielo
aveva ceduto come arma di riserva.
Colpì
lo Spettro dritto al cuore.
L’essere,
sconcertato, abbassò lo sguardo sul proprio petto.
Aprì la bocca, ma invece di
parole emise uno strillo terrificante. Afferrò
l’elsa del pugnale come se
volesse strapparsela dalla carne, ma le dita bianche erano ormai prive
di
forza.
Un
turbinio notturno lo avvolse completamente e le tenebre scaturirono dal
corpo,
dividendosi in tanti rivoli sottili e disperdendosi
nell’aria.
Regina
provò ad alzarsi in piedi. Le gambe cedettero e lei cadde di
nuovo in mezzo
alle foglie. Le lacrime le riempirono gli occhi e le rigarono il viso.
Provava
orrore per quello che era stata costretta a fare.
“Ti
ho salvata. Ora tu salva me. E se non puoi
salvarmi, fa quello che nessun altro vorrebbe fare. Tu sei
l’unica in grado di
mettere da parte i sentimenti per fare la cosa giusta.”
Solo
che non era vero. Non lo era più.
Lily,
intanto, barcollò e rischiò di travolgere la sua
stessa madre, che disparve in
una nube magica per ricomparire a qualche metro di distanza. Il corpo
massiccio
del drago si abbatté contro un albero, sradicandolo dalle
sue radici. Ruggì e
poi ricadde di nuovo su un fianco, sollevando rami, foglie e pietrisco.
Il
turbinio che aveva avvolto lo Spettro si dissolse ed Emma si
afflosciò,
incosciente.
I
capelli erano tornati ad essere biondi, a parte un’unica
ciocca bianca che le
ricadde sul volto.
Foresta
di Oz.
Il
tornado si era portato via sia Ruby che Robin Hood e aveva spedito
Knubbin
gambe all’aria sul prato, anche se il pentacolo che aveva
preparato era
riuscito a contenerlo.
Mulan
si chiese a quale ricordo avessero rinunciato per attivare
l’incantesimo. Si
chiese dove fossero andati. Ruby le aveva parlato del suo mondo
più di una
volta e a lei pareva assurdo, pieno di cose che non avrebbe mai capito.
La cosa
che la incuriosiva di più erano quelli che Ruby chiamava
film. Anche Neal
gliene aveva parlato.
“Mi
hanno detto che esiste una storia su di me.
Un film...”
“Oh,
sì. Esiste. È molto carino.”, aveva
risposto Ruby.
“Quindi
sono in una storia...?”
“Ed
è anche molto famosa.” Ruby
aveva cercato di farle capire che cosa
fosse un film e anche cosa fosse un cartone animato. “Racconta
la tua vita.”
“E
come la racconta?”
Glielo
aveva detto, a grandi linee.
“Come
fanno a sapere tutte queste cose? Chi
gliele ha raccontate?”
“Esiste
una leggenda su di te.”
Quello
che Mulan aveva capito era che, non solo esisteva una leggenda su di
lei, ma
era esistito anche un uomo di nome Walt Disney che aveva narrato un
sacco di
storie come la sua. L’Autore. Il vecchio Autore, quello che
aveva preceduto Isaac,
un tizio che ora se ne stava rinchiuso in un manicomio.
“Cos’è
un manicomio?”, aveva
domandato Mulan, confusa.
Il
mondo in cui era stata spedita Zelena era lo stesso mondo in cui era
capitata
Ruby anni prima?
Le
sue
riflessioni furono interrotte da qualcosa di gelido che le bagnava la
faccia,
scivolandole sulle guance. Pensò che fosse pioggia.
L’aria si era fatta
improvvisamente gelida. Poi guardò la propria mano
appoggiata all’elsa della
spada e coperta dal guanto di maglia.
Neve.
Piccoli
fiocchi di neve.
-
Sta
nevicando davvero. – commentò Piccolo John,
aprendo i palmi e osservando i
fiocchi che si posavano sulla pelle callosa. – Non
è inverno. È troppo presto.
Com’è possibile che stia nevicando?
Oltretomba.
Marian
sobbalzò udendo quello che le parve un grido così
pieno di dolore da superare
la distanza.
Invece,
alzando la testa, vide solo un enorme tromba d’aria che
attraversava il
cimitero di Storybrooke. Il vento le scompigliò i capelli.
Fiyero la prese per
un braccio e la condusse al riparo dietro una tomba più
grande, mentre la
bambina di Zelena scoppiava a piangere.
Durò
pochi secondi. Poi il vento si placò e il suono roboante del
tornado scomparve.
Marian
diede la piccola a Fiyero, che la prese goffamente, timoroso di farle
del male.
Marian incoccò una freccia e si sporse da dietro la tomba.
Silenzio.
La via era sgombra.
Marian
uscì allo scoperto. Fiyero la seguì, stringendo
il coltello nella mano destra
mentre con l’altro braccio sosteneva la bambina.
Si
inoltrarono nel cimitero, tra tombe rovesciate e tombe spezzate.
Passarono
accanto a quella di Emma, sormontata dal cigno con le ali spiegate.
-
Era
solo una tempesta... infernale? – sussurrò Fiyero.
-
Non
lo so. Ma se è così è durata molto
poco.
Fiyero
fu il primo a notare il fagotto rosso vicino ad una tomba ricoperta di
foglie
ed erba. Il fagotto aveva anche due piedi che calzavano un paio di
stivali. Il
rosso del mantello gli ricordò...
Rinfoderò
il pugnale ed accorse, seguito da Marian.
Ruby
giaceva a terra, priva di sensi e in forma umana. Fiyero le
tastò il collo per
controllare il battito e lo trovò.
-
Robin?
– La voce di Marian sembrava quella di una persona in stato
confusionale. Si
chinò accanto a lui e lo scosse.
Lui
aprì piano gli occhi. Impiegò qualche istante per
riconoscere il volto che
occupava il suo campo visivo.
Batté
le palpebre un paio di volte.
-
Marian?