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Autore: Annapis    04/10/2017    1 recensioni
~Prima fiction sul Fandom e sudata collaborazione con DevilLight.~
~~Mericcup!~~
Era settembre quando Hiccup Horrendus Haddock, orrendo solo nelle relazioni con l'altro sesso, incontra Merida DumBruch.
Siamo in ambito scolastico, quando cerca di conquistarla.
In un bar, quando si lamenta per i fallimenti.
Siamo a casa sua con Jack e Kristoff, quando progetta un piano.
E siamo in un vicolo e davanti ad un pluriomicida quando la protegge.
Ma la storia non finisce qui!
Ancora, siamo a casa di Hiccup quando si dichiara, ma a casa di lei al primo bacio.
E poi...
Genere: Commedia, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merida, Mor'du
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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If you love someone~
Mericcup
 
 
Nda: l'avvertenza contenuti forti si riferisce alla perdita della gamba di Hiccup

~Se ami qualcuno...~

Era una fredda giornata di settembre, di quelle che preannunciano l'inverno imminente.  A scuola quasi tutti portavano il giubbotto, o i più coraggiosi una giacca pesante.
Hiccup, corti capelli marroni e occhi verdi, i cui lineamenti, nonostante avesse quindici anni, lo facevano sembrare ancora un ragazzino, faceva parte del primo gruppo, avvolto in un pesante giubbotto nero che gli copriva il fisico asciutto e in tasca l'immancabile block notes dove faceva i suoi schizzi.
Jack, il suo migliore amico dai capelli albini, gli camminava affianco con solo una maglietta pesante.
Hiccup ancora si chiedeva come facesse a sopportare il tempo glaciale del loro paese, dove per nove mesi all'anno nevicava e per gli altri tre grandinava.
Camminarono in silenzio, attorno a loro il rumore degli altri studenti che facevano ricreazione si faceva man man più fievole mentre si avvicinavano alle gradinate davanti alla zone dedicata allo sport.
Peccato che quel giorno non c'era la calma cui erano solito abituati: c'erano le selezioni per il torneo di tiro con l'arco e tutti i candidati, archi e frecce in mano, erano pronti a vedere chi fosse il migliore per partecipare alla gara.
Hiccup vece vagare lo sguardo tra tutti i partecipanti.
Alcuni alti e maghi, altri bassi e grassi.
E, poi, tra tutte quelle teste prevalentemente more, c'era un'insolita figura.
Il castano ci mise un po' a capite che aveva posato gli occhi su una ragazza, l'unica del gruppo, tra l'altro.
La osservó prendere una freccia con il braccio destro, reggendo l'arco col sinistro, e stenderla sulla corda.
La tiró verso di sè, e a Hiccup mancó il fiato.
Neanche fosse lui a scoccare la freccia.
Gli occhi della ragazza erano socchiusi, concentrati, verso il centro del bersaglio, e solo ora Hiccup si rese conto, era già colpito nel mezzo da una freccia.
Riposò gli occhi su di lei, sulla postura rigida e ferma, e si ritrovò a pregare che c'entrasse il bersaglio. Non sapeva perché, ma si era ritrovato impossibilitato a distogliere lo sguardo da lei, come se lei fosse la calamita che lo attirava a sé.
Poi lasciò delicatamente le dita e la freccia partì a gran velocità verso il bersaglio. 
Ad Hiccup sembrò che tutto avvenisse a rallentatore, dal debole movimento delle ciglia di lei, al battito del suo cuore che aumentava vertiginosamente, alla punta della freccia che tagliava in due l'altra già presente e si piantava perfettamente nel centro.
Qualcuno applaudi, qualcun' altro le fece dei complimenti da lontano, delle ragazze le si gettarono addosso, contente per l'amica.
Hiccup, invece, sorrise.
Conteno per lei e per se stesso.
Sapeva che la squadra di tiro con l'arco si riuniva a scuola ogni martedí dalle due alle quattro, cioè quando lui iniziava il corso di pittura.
Voleva a tutti i costi provare a farle un ritratto.
Sentiva che doveva farlo. 
Quasi senza accorgersene la mano destra si posò sulla tasca del giubbotto, dove teneva il blocco appunti. Si ritrovò a sfogliarlo alla ricerca di una pagina bianca, tra tutte quelle piene di paesaggi, draghi e ritratti del suo gatto nero.
-Però... è brava- fu il commento, abbastanza disinteressato di Jack, mentre mangiucchiava una patatina.
-Cosa? È grandiosa!- fu la risposta pronta di Hiccup, che aveva già impugnato la matita, pronto a immortalare il momento in cui la ragazza scoccava la freccia. -Guardala!- rispose infine, verso la ragazza che ridendo, esibiva un finto inchino.
Jack Frost era il suo migliore amico - dopo Sdentato, il suo gatto nero, s'intende.
Sempre allegro e giocherellone, quasi quanto il sopracitato gatto.
Si conoscevano da anni, perció l'albino si permise un sorriso ironico.
-Euforico per cosí poco, Hiccup Horrendus Haddock III?- lo beffeggió.
Il ragazzo alzó gli occhi dal disegno, già a metà, anche se stava avendo difficoltà con i ricci - era umanamente possibile avere tutti quei capelli?-, per puntarli nei suoi, indispettito.
-Uno, non sono euforico due, non pronunciarlo per intero, ti prego-
Jack invece se la rise bellamente, allungando il collo per vedere cosa l'altro stesse scarabocchiando. Poi con un sorriso ironico e malizioso disse: -Quella freccia ha colpito anche il tuo cuore o sbaglio?-
Hiccup lo guardò male, cercando di contenere l'imbarazzo che quelle parole gli avevano provocato.
 -Sbagli- borbottò infine, stringendosi nelle spalle.
Jack non perse la sua aria ilare, conosceva bene il suo amico e sapeva che quando aveva per la testa qualcosa niente e nessuno poteva distoglierlo; e se questa volta era una ragazza il centro del suo interesse, forse era la volta buona che non se ne stesse rintanato tutto il giorno tra libri di mitologia nordica.
Gli diede una spallata, ammiccando alla ragazza, peccato che Hiccup, ormai a disegno quasi ultimato (mancavano solo i dettagli, ma quelli li avrebbe sistemati in seguito, quando avrebbe avuto più tempo) non capì l'antifona, perché lo guardò più confuso che mai.
-Dai, vai a parlarle!-
Ingoió a vuoto, rischischiando di soffocare.
Tossendo attiró su di se non pochi sguardi, ma non quello di lei.
-Io non vado da nessuna parte!-
-Su, non è il momento di essere timido- lo riprese Jack, cercando di spingerlo verso di lei. 
Il tempo era passato e alcuni studenti stavano già rientrando in aula per le ultime due ore di lezione.
La ragazza dai lunghi e folti ricci rossi stava parlando con un biondo e corpulento uomo, probabilmente il maestro, che solo a un'occhiata più attenta Hic riconobbe come Skaracchio. 
Lo conosceva da quando era bambino, faceva il fabbro nell'azienda di suo padre e nel tempo libero aiutava bambini e ragazzi negli sport, tempo perso con lui.
Hic, comunque, mantenne la sua posizione ferma nonostante gli sforzi di Jack per smuoverlo, in tutti i sensi.
Alla fine l'albino sembró rassegnarsi, ma ci pensó qualcun' altro a fargli fare il primo passo.
Skaracchio era tutto tranne che cieco, seriamente, era pazzo  - pensava che dei troll gli rubassero i calzini sinistri e che un barboncino martello lo avesse salvato dall'essere investito-  e squilibrato, ma aveva una vista da far invidia ad un falco.
-Hiccup!-
La ragazza si girò, i lunghi capelli rossi che ondeggiarono al movimento.
Hiccup si ritrovò come imbambolato, sorridendo e agitando la mano in automatico, anche se sembrava più che altro che si stesse sventolando per il caldo.
-Ehi, muoviti!- disse Jack, ormai esasperato, non ci sapeva proprio fare con le ragazze. 
Con Astrid, la ragazza di cui aveva una cotta fin dalle elementari, il massimo che aveva ricevuto era stato un pugno.
Hic per una volta diede ragione all'amico, e si alzò in piedi con l'intenzione di avvicinarsi ai due, peccato che non vide il laccio di uno zainetto abbandonato e ci inciampò malamente sopra, si ritrovò a ruzzolare fino a rotolorare ai piedi della ragazza.
Jack si sbatté una mano in fronte, ormai abituato alla goffaggine dell'amico, si avvicinò pronto a tirarlo su e farlo rinvenire.
La rossa lo fissó - un pelino confusa, forse-  ma fu Skaracchio a rompere il ghiaccio.
Gli si avvicinó e lo abbracció, quasi fossero vecchi amici.
-Hic! Vecchia lisca di pesce!- lo sollevó da terra senza il minimo sforzo
-Hey, Skaracchio- nonostante lo stesse quasi stritolando riuscì a battergli comunque una mano sulla spalla. -Anch'io sono felice di vederti!-
Alla fine l'allenatore lo mise giù.
Hiccup e la ragazza si fissarono per un attimo.
 -Sei bellissima- mormorò.
Lei sbatté gli occhi azzurri, arrossendo leggermente.
-Sì, cioè, la m-mossa con l'arco- continuò balbettando, cercando di riprendersi. -Tu l'hai lanciata e bum ha perforato il centro-, gesticolò facendo un gesto di scoccare una freccia. "E io sono un totale imbecille."
-E tu sei un totale imbecille- ne rise Jack.
Hiccup lo fulminó con lo sguardo, sperava vivamente che la prossima volta Sdentato li staccasse davvero la faccia a forza di graffi.
-Hiccup lei è Merida, Merida lui è Hiccup- li presentó Skaracchio.
La rossa gli tese una mano - quella libera dall'arco - e Hiccup la strinse.
Dopo qualche attimo, perso com' era nella contemplazione della stretta di lei, si rese conto di Merida che lo guardava stranita, impossibilitata a mollare la presa.
"Figura di cacca parte prima, anzi, seconda."
-Ragazzo ti conviene mollarle la mano, mi serve per il torneo- ridacchiò Skaracchio, lanciandogli anche lui uno sguardo allusivo.
Ma che avevano tutti oggi? Non poteva semplicemente essere interessato a una ragazza senza che diventasse una questione mondiale?
Jack lo guardó con un sorrisone, e gli fece i pollici alzati - come se Skaracchio e Merida non fossero lí, a portata d'orecchio e occhio, in questo caso-.
E ad Hiccup sembró quasi di sentire una vocina, troppo simile a quella del suo amico, sussurragli nella testa un: "stai andando forte!" alquanto ironico.
Messa alle strette da quell'imbarazzante silenzio, Merida si decise a chiedergli, la voce impastata di saliva: -uhm...3°B?-
Con le mani ancora intrecciate - e chi gliel'avrebbe lasciata più quella mano pallida e morbida? - Hiccup fece un sorriso a trentadue denti, facendo un po' la figura dell'imbecille, non che prima fosse messo meglio. 
-Sì- disse infine, felice che lei conoscesse la sua classe. -E sono nel corso di dottore. Pittore! Nel corso di pittore!- continuò impappinandosi con le sue stesse parole.
Merida sorrise, intenerita e confusa. -Dipingi?- chiese, sperando di aver capito bene.
-Merida!- strillò una voce, prima che una furia dai vestiti rosa le si gettasse addosso, spezzando la stretta delle loro mani. 
-Ti ho vista dalla classe, sei stata grandiosa!- disse staccandosi dalla rossa e battendo le mani insieme. Poi si girò notando le figure lì con lei. -Hic! Jack! Ciao- li salutò agitando una mano, mentre l'altra la passò intorno alle spalle dell'amica.
-Rapunzel- ricambiò Hiccup, anche un po' geloso della vicinanza che aveva con Merida.
-Principessina!- la salutò con un ghigno Jack.
-Vi conoscete?- chiese Merida.
-Stessa classe- avvermó con un sorrisone la ragazza dalla bionda chioma chilometrica acconciata in una treccia che, comunque, le arrivava al sedere.
-E voi?- chiese invece Jack, -Come vi conoscete?-
-Ci siamo conosciute alla comunione di una mia amica di catechismo, ci siamo presentate, avevamo 10 anni, e poi tramite la mia amica del catechismo iniziammo a frequentarci- disse Rapunzel con un sorriso.
-E adesso siamo al liceo insieme- concluse Merida.
Seguì un silenzio, rotto dal suono della campanella.
-Oh, dobbiamo andare- disse Merida, passandosi una mano tra i capelli togliendosi alcune ciocche dal viso. -Ci vediamo in classe!- sussurrò Rapunzel salutandoli, allontanandosi insieme a Merida, dirette ognuna alle proprie classi. La rossa si fermò un momento, girandosi -Ciao, Hiccup- disse sorridendogli.
Ancora stranito dall'inaspettato saluto, Hiccup alzó una mano e sorrise, scoprendo gli incisivi leggermente storti.
-Chiao! C-cioè. ..ciao!-
Jack incroció le braccia, spingendolo amichevolmente.
-Andamo in classe, và- mormoró infastidito il castano, voltandosi.
Salutó velocemente Skaracchio - che ricambió e si raccomandó sulla scuola -  e, seguito dall'albino, si avvió in classe, un sorriso un tantino ebete in viso.
"Merida..." sospiró beatamente, attirando le risatine di Jack.
Ah, ma che ne sa lui dell'amore!




~Se ami qualcuno devi dirglielo...~

Nascosto dietro un armadietto, Hiccup osservó Ruffnut marciare per il corridoio gridando a gran voce il suo nome con un espressione poco rassicurante.
Mentalmente, si diede dell'idiota: come aveva potuto sbagliare armadietto?
Erano ormai passate tre settimane dall'incontro con Merida, e il castano doveva ammettere - con grande piacere di Jack - che era proprio cotto.
Motivo per cui aveva pensato di lasciare un bigliettino nell'armadietto della rossa.
Peccato che Rapunzel si fosse sbagliata, poiché il suo non era il numero 47 - che era, bensì, di Ruffnut - ma il 46.
Operazione: bigliettino d'amore, fallita.
E ora, come se non bastasse, doveva anche risolvere con Ruffnut.
"Grande Hiccup!" Si beffeggió da solo, uscendo dal suo nascondiglio per andare a lezione di Inglese.
Grande davvero.

Hiccup si era rintanato in biblioteca, un po' per studiare in pace, un po' per sfuggire da Jack e dalle sue frecciatine. 
Un giorno il suo amico si sarebbe innamorato e lui gli avrebbe fatto pagare tutti quei mesi di battutine. Sospirò, chiudendo il libro che stava leggendo, avrebbe tanto voluto che quel giorno arrivasse presto.
Si alzò dal banco e si diresse verso gli scaffali in fondo, pronto a rimettere a posto il volume di trecento pagine di scienza, di cui alla fine ne aveva bisogno solo una decina per l'argomento in corso quel semestre.
Appena girato l'angolo, si accorse di una chioma rossa inconfondibile, la cui proprietaria saltellava sulle punte cercando di prendere un libro decisamente troppo in alto per la sua statura.
Hiccup si fermò, mentre un sorriso gli compariva sul viso, non poté fare a meno di pensare che fosse tenera, estremamente tenera, soprattutto quando spazientita incrociò le braccia al petto e gonfiò le guance, fissando lo scaffale come fosse il suo peggior nemico.
Sarebbe rimasto lì a guardarla a lungo, passando gli occhi su ogni tratto del viso se non fosse che una voce nella sua testa, con un tono scanzonatorio che gli ricordava tanto Jack, gli ripeteva tutti i consigli che quest'ultimo e Flynn gli avevano dato su come conquistare una donna.
Forse se l'aiutava poteva sperare che almeno per una volta lo notasse. Si avvicinò, fingendo sicurezza, nonostante alla vista di lei si sentiva come un budino tremolante, e ripose il suo libro in uno degli scaffali in basso. 
Notò con la coda dell'occhio lo sguardo di Merida seguire ogni suo movimento. Spostandolo rapidamente quando si rimise dritto.
Stava ancora guardando corrucciata il libro che tentava da più di dieci minuti di afferrare.
-Serve aiuto?- le chiese infine Hic, cercando di mettere su un sorriso seducente, ma che in realtà era più una smorfia, che mise in evidenza gli incisivi storti.
-Ehm, no, cioè devo solo prendere un libro...- rispose lei, distogliendo lo sguardo, non le piaceva farsi aiutare. Poteva anche essere la migliore nel tiro con l'arco, ma quanto a rapporti interpersonali con gli altri, non era un granché.
-Qual è il titolo?- le chiese infine Hiccup, una mano già sollevata.
-Quello sulla mitologia, là in alto- disse indicando un piccolo libretto marrone, con rilegature fini che sembravano fatte d'oro.
Appena Hiccup lesse il titolo, si sentì infervorato. -Ti piace la mitologia nordica?- chiese tutto d'un fiato, gli occhi che brillavano nel trovare finalmente qualcuno che condivideva quella sua stessa passione.
-Sì, mi piacciono le leggende, di cavalieri e draghi, elfi e tutto ciò che la riguarda- rispose, gli occhi lontani, perse tra quelle favole che leggeva fin da bambina.
-Oh, anch'io li adoro. Ho persino dato al mio gatto il nome di un drago- disse Hiccup, l'imbarazzo già scemato, e stranamente gli sembrava che tutto ciò fosse diventato intesa.
Merida ridacchiò leggermente abbassando lo sguardo e solo ora Hic si accorse di un piccolo particolare a cui non aveva fatto caso, non aveva fatto fatica a guardare Merida, non aveva abbassato la testa, e questo perché Merida, sebbene la statura piccola, non era più bassa di lui, anzi erano alti uguali. Ciò stava rendendo il prendere il libro, qualcosa di più di una semplice impresa. 
Dopo quel momento di silenzio, in cui la sicurezza di Hiccup sembrava essersi volatilizzata, decise di provare ad afferrare il volume.
Lo toccava con le punte almeno, peccato che fosse compresso tra due tomi che gli impedivano anche solo di spostarlo leggermente.
-Hiccup, fa niente- gli disse Merida, vedendo il ragazzo in difficoltà.
-No, tranquilla... Ce l'ho quasi fatta- mentì lui.
Non si accorsero della figura alta e slanciata dietro di loro che tentava di trattenere le risate. Quando decise che forse il suo amico moro si era già umiliato abbastanza si fece avanti -Provateci quando sarete un po' più cresciuti tappetti- li sbeffeggiò, estraendo finalmente il tanto ricercato libro.
"Dannato spilungone" fu il pensiero di Hic, mentre Jack, che superava entrambi di una spanna, portava il libro a Merida, che lo ringraziò.
Poi Jack, preso Hiccup sottobraccio, che nel frattempo ne approfittò per salutare la rossa, decise di deriderlo ancora un po'. 
-Bel modo di provarci, davvero-
-Taci- rispose Hic, dandogli una leggera gomitata al fianco.
-Ah, è proprio la ragazza giusta per te- continuò quello, con fare teatrale.
-Smettila-
Troppo impegnati a punzecchiarsi non si accorsero di Merida, che con il libro stretto al petto, fissava la figura gracile di Hic con un sorriso e le guance tinte leggermente di rosso.
                                           
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Sconsolato, Hiccup si lasció cadere di peso sullo sgabbello rivestito di rosso del bar "Rise" dove lavorava Jack.
-Novitá?- gli si rivolse proprio quest'ultimo, l'immancabile sorriso in viso.
In risposta il castano sospiró, alludendo a quei fallimenti che erano solo la punta dell'iceberg.
Jack sospiró a sua volta, prendendo a lucidare insistentemente un boccale.
-Lasciatelo dire, Hic-, inizió con tono teatrale, -In amore sei un pivello.-
Hic appoggiò la fronte al bancone, nascondendo la testa tra le braccia, voleva nascondersi, sparire dalla faccia dalla terra. Merida lo metteva in difficoltà, riusciva a farlo sentire debole e in panico, come neanche un test di matematica a sorpresa era mai riuscito.
Aveva seguito tutti i consigli dei suoi amici, Rapunzel compresa, anche quando mormorava di fiori e cioccolato e castelli rosa.
-È tutto questo che non gli va bene- sussurrò Hic, indicandosi con l'indice e seguendo tutto il corpo.
-Hai... Appena indicato tutto te?- gli chiese confuso Jack e al verso, che recepì come d'assenso, sorrise, forse per la prima volta comprensivo nei confronti dell'amico. Gli mise una mano sulla spalla -Forse è il momento di mostrare tutto questo, sii solo te stesso, Hic-



 


~Se ami qualcuno devi dimostrarglielo...~
 
 
Hiccup si sedette a gambe incrociate sulla sedia della sua camera, era passata poco più di una settimana da quando aveva avuto quella discussione al bar con Jack, e lui aveva deciso di dare ascolto all'amico cercando di essere più sé stesso con Merida, era convinto che tanto peggio di così non potesse andare. Peccato che, a causa dei compiti e dei corsi post scuola, di Merida non ne avesse visto neanche l'ombra.
Per questo ora si trovava lì, un sabato pomeriggio, con Sdentato accoccolato sulla scrivania e Jack e Kristoff seduti comodamente sul letto.
Stavano cercando un modo perché Hic riuscisse a stare solo con Merida.
Osservó incuriositó i suoi due amici: Jack era ancora intento ad esaminare un disegno della rossa e gli occhi di Kristoff puntati addosso.
-Perché non glieli mostri?- domandò innocentemente il biondo.
Per la prima volta, in quella giornata che si presentava lunga, Hiccup arrossí.
Gli unici che avevano mai visti i suoi disegni erano stati loro e, in precedenza, Astrid.
Piuttosto strana la storia con la bionda, tra l'altro.
Per i primi cinque anni della sua vita, Hiccup si era visto malamente snobbato da Astrid come da molti dei suoi coetanei.
Poi, un giorno, per un fortuito incidente, Astrid - per cui aveva sempre provato un sentimento un po' diverso dalla semplice amicizia - aveva cominciato a guardarlo da un altro punto di vista.
Ma non quello.
Hiccup sospirò, fissando il foglio tra le mani del suo  amico. Nonostante gli piacesse disegnare e fosse  sempre stato abbastanza fiero del risultato, il fatto che fosse ormai quasi sempre lei la soggetta dei suoi ritratti, aveva paura lo facesse sembrare un maniaco.
-Sembrerei un maniaco stolcker- brontoló infatti.
Kristoff sorrise, comprensivo.
Capiva l'imbarazzo di Hiccup perché ci era già passato e, anche se ora Anna era la sua fidanzata, ogni tanto tornava ad arrossire e balbettare all'idea di atteggiamenti troppo intimi.
Jack, invece, alzò lo sguardo dal disegno per fissarlo.
-Oh, maniaco lo sembri per davvero!- lo derise, -ma penso apprezzerebbe- scrolló le spalle.
Hic storse le bocca non del tutto convinto, Merida non sembrava la classica ragazza a cui piacevano quelle cose dolce.
 -Dovrei riuscire a vederla prima-
-Potresti invitarla a uscire con te- rispose Kristoff.
Prima di poter dire alcunchè, la rumorosa risata di Jack lo interruppe.
-Lui?- annaspó tra una risata e un'altra -chiedere a lei di uscire?-, chiese conferma.
Hiccup lo guardó male.
-Beh- tentó Kristoff, bonario come sempre -Potremmo organizzare un'uscita di gruppo-
Hic si fece attento tutto d'un colpo, fissandolo incuriosito, chiedendogli con gli occhi di continuare. Sdentato accanto a lui fece un verso contento.
-Ecco, chiamo Anna e le chiedo se vuole uscire con noi e di portare qualche amica e più specificatamente Merida- concluse il biondo.
-Non è che tutti debbano sapere della mia cotta...- mormorò Hiccup rosso.
-Hic, tutti sanno della tua cotta- gli rispose Jack, ghignando soddisfatto, soprattutto quando vide l'altro gonfiare le guance offeso, si divertita troppo a mettere il suo amico in imbarazzo.
-Smettila di prenderlo in giro, Jack- lo ammoní Kristoff che, nonostante tutto, si era lasciato andare ad un sorriso divertito.
Jack sminuí tutto con un gesto della mano, riprendendo il discorso, -Andiamo a coppie: io, te, Kristoff, Anna, Merida e Rapunzel-
-Non sono del tutto convinto...- mormorò ancora Hic.
-Potresti approfittarne per passare del tempo con lei-, gli disse Jack con un occhiolino.
Kristoff sorrise già con il cellulare in mano, la chat con Anna appena aperta.
-Siete proprio testardi voi due...- disse Hic, sentendosi comunque divertito.
-Testardi- gli diede ragione Jack,
-Ma efficaci- completó Kristoff, mostrandogli lo schermo del cellulare, piú precisamente la chat tra lui e Anna, dove tra un paio di cuori e dichiarazioni che Hiccup preferí non leggere - per rispetto della privacy -, spiccava una risposta affermativa della rossa.
Alla fin fine, i suoi due amici lo facevano solo per lui e, a questo pensiero, il castano non resistette dal sorridere.
 
 
 
 
 
 
~Se ami qualcuno lo devi proteggere...~
 
 
-È stata una serata bellissima!- esultó la giovane Anna, il cappotto di Kristoff che pendeva dalle spalle nel tentativo di scaldarla dal vento gelido.
Era stata avventata, la ragazza, ad uscire con le spalle scoperte.
Ma, guardando Rapunzel con una corta gonna, Hiccup pensò  che lo fosseró un po' tutte le ragazze.
Solo Merida, infischiandosene bellamente della moda, aveva optato per un pantalone felpato e un maglione.
Nonostante fosse molto coperta, Hiccup la trovava bella lo stesso.
Aveva avuto occhi solo per lei, infatti.
-Concordo! Dovremmo rifarlo!- 
Rapunzel batté le mani, entusiasta.
Una semplice frase riuscì a fargli saltare il cuore in gola.
Oh, Odino solo sapeva quanto avrebbe dato per uscire di nuovo con Merida e, nella sua testa, si insinuó una mera speranza.
-Potremo farlo sabato prossimo- propose Merida alla fine e Hic non riuscì a trattenere il sorriso che gli spaccò la faccia in due.
-Sarebbe fantastico!- rispose guardandola.
Rapunzel squtti leggermente alla vista dei due, le mani unite al petto e due occhi dolci, che se fosse stata la protagonista di un anime, avrebbero avuto la forma di cuori. Era da quando aveva capito che Hic era innamorato perso - secondo lei non era mai stata una semplice cotta - di Merida, aveva sempre avuto un debole per la loro storia e aveva sempre desiderato ardentemente che stessero insieme.
Jack le diede una gomitata, okay che anche lui faceva il tifo per loro, ma c'erano modi un po' meno esagerati di farlo, sapeva davvero essere inquietante.
Ma prima che Rapunzel potesse rispondere per le rime, nessuno doveva rovinarle i suoi sogni ad occhi aperti - cosa che Flynn ripeteva sempre dopo la padellata che aveva ricevuto -, il telefono di Anna suonò.
Una musichetta vivace e orecchiabile si sparse per la piccola piazza dove si trovavano.
La rossa tirò fuori il telefono dalla tasca dei jeans attillati. -È Elsa, mi sa che devo proprio tornare a casa- mormorò con gli occhi fissi sullo schermo. -Ci vediamo- li salutò allegra e pimpante come sempre girandosi e rispondendo al telefono.
-È meglio se l'accompagno- disse Kristoff, raggiungendo la ragazza che si aggrappò al suo braccio muscoloso.
Fu allora, cioè osservando la coppietta andarsene felice per la propria strada, che Jack ebbe un'illuminazione.
Per tutta la serata Hiccup aveva potuto godere della compagnia di Merida, ma, a conti fatti, non erano stati soli neanche un po'.
Erano le nove passate e non era per niente da gentlemen lasciar andare da sole due ragazze belle e indifese - se Merida avesse avuto un arco e Rapunzel una padella non l'avrebbe pensato, ma okay -, come le loro due amiche.
Ed era anche una grande occasione per lasciarli un po' da soli.
Jack si schiarí la gola, -Bene, direi che dovremmo ritirarci anche noi. Ti accompagno, principessina?-
Rapunzel gli lanciò un'occhiataccia per il soprannome. 
-Posso tornare a casa da sola- protestò indifferente.
"Stupida viziata" sospirò Jack, notando nel frattempo Hic e Merida fissarli perplessi, con la riccia anche abbastanza spazientita.
Jack alla fine, forse anche per paura che Merida potesse colpirlo, complice anche l'espressione sempre un po' imbronciata, agì d'istinto, cercando il modo più veloce per liberarsi da quella situazione.
-No, no, il mondo è pieno di pericoli, tu sei una ragazza e da sola, non è prudente che ti lasci andare. Ok, bene, ciao- disse l'albino tutto d'un fiato, prendendo Rapunzel per la vita e caricandosela in spalla, allontanandosi a gran velocità tra le urla strepitanti di lei.
-Jack, razza di zotico, mettimi giù!-
Merida e Hiccup, sbattendo gli occhi perplessi, la sentirono urlare quando anche la sua lunga treccia bionda che toccava quasi il terreno per il modo in cui Jack la teneva, sparì dalla loro vista.
-Jack! Se mi guardi sotto la gonna, giuro su Odino che ti tiro un tacco in faccia!-
 
-Ehm...- Hic si passò una mano dietro la testa. Uno strano calore gli invadeva lo stomaco e il petto, euforia e paura, facevano a gara per chi tra le due dovesse avere la vittoria sul suo cuore.
-Immagino che anche tu voglia accompagnarmi- lo anticipó la rossa, -mi prenderai di peso, se mi rifiuto?-, lo struzzicó senza pietà.
E il sorriso sbarazzino mandò a farsi benedire il battito cardiaco del povero castano, che la fissó sbattendo le palpebre e con la bocca aperta in un espressione di pura sorpresa.
-Bhe, i-io ecco...- cercò qualcosa da dire, qualcosa che non andasse dal dichiararle la sua cotta così, senza preparazioni oppure a ripeterle quanto fosse bella fin quasi allo sfinimento. 
Si sentiva anche un po' uno stupido ad andare in pappa solo standole accanto, e il fatto era che non aveva una cotta solo per il suo aspetto, anche se aveva fatto una sua parte, ma anche per quel carattere che pian piano, forse senza neanche farlo apposta, aveva imparato a capire. Era pazzo di lei per ogni suo aspetto. -Non vorrei farti cadere- disse infine. E si rese conto che fra tutte era la cosa più stupida che potesse dire. -Cioè non che tu sia pesante- cercò di rimediare, iniziando a muovere le mani con fare imbarazzato e a camminare leggermente avanti e indietro per scacciare la tensione. -O almeno penso, non ti ho mai pesata, ma sembri magra ed ecco io...- guardò la faccia di Merida. -Ed io sono uno stupido-. Cercò una fossa dove sotterrarsi il prima possibile.
Ma poi la risata di Merida gli arrivò alle orecchie, come il suono di tanti campanelli.
La sua risata era rumorosa, per nulla femminile, ma a Hiccup piacque comunque.
E anche tanto.
-Stavo scherzando!- disse la rossa tra le risate, tenendosi la pancia con una mano.
-Hic, sei fantastico!-
Quella frase, per quanto ironica ebbe il potere di farli arrossire entrambi.
Quella frase fece fermare le risate di Merida, che erano così forti che si era trovata quasi a lacrimare. 
Dondolò un attimo sulle punte, prima di sorridergli gioiosa -Andiamo, mio cavaliere?- gli chiese spiritosa.
-Subito mia dama- rispose, scherzando anche lui, e facendo una finta posa cavalleresca, con il petto in fuori e una mano chiusa a pugno all'altezza del cuore.
-Molto galante-
Camminarono in una specie di imbarazzante silenzio per un po'.
Anzi, non era imabarazzante, ma piacevole.
Hiccup si concesse il lusso di guardarla di profilo; e la trovó inspiegabilmente bella.
Bella con i riccioli che cadevano scomposti sul maglione verde, il naso all'insú e gli occhi fissi sui tetti delle case.
La trovó bella in quel broncio surreale, viste le risate di poco prima.
E pensó che sarebbe stato bello farle un ritratto.
Immortalarla cosí, con l'espressione vagamente fiera, neanche fosse una calorosa guerriera.
-Ti piacciono i disegni?- le chiese così, senza preavviso. Forse era la volta buona si disse, ora le avrebbe parlato dei disegni, del suo primo ritratto mentre lei tirava l'arco e gli altri a seguire e di quello che voleva farle adesso. 
Voleva dirle che da quando l'aveva vista per la prima volta lei era stata la sua musa, una sirena che l'aveva attirato, e mai più lasciato andare, in una trappola di euforia e sogni a occhi aperti e tanti sentimenti constrantanti ma dolci.
-Hai sentito?- gli chiese invece Merida, la testa rivolta verso un vicolo alla sua destra.
-Cosa?- gli chiese Hic, perso nei suoi pensieri di giovane innamorato.
-Ho sentito qualcosa- disse Merida. 
I misteri l'avevano sempre attratta e, anche se poteva non essere niente, doveva assolutamente scoprire di cosa si trattasse quello.
Stavolta anche Hiccup riuscì a sentire qualcosa.
Era un ronzio appena udibile, come quello di una moto in lontananza.
Proveniva da un vicolo lí vicino, e Hiccup sentí un brutto presentimento insinuarsi nella sua testa.
Prima di poterle dire di lasciar perdere o andarsene, Merida si era già tuffata a capofitto, urlandogli: "ti muovi?!"
Se avesse potuto, no, non si sarebbe mosso e non l'avrebbe rincorsa giú per il vicolo, tra i due palazzi uno piú malmesso dell'altro, la strada diroccata e i bidoni della spazzatura rovesciati.
Ma quella che glielo aveva chiesto era Merida, e già da tempo riusciva a fargli cambiare punto di vista.
Il vicolo era tutt'altro che piacevole e un brivido, come se avesse avvertito un pericolo imminente, gli percorse la schiena. Per questo, mentre lei era partita di corsa, lui teneva un passo più cadenzato, camminando velocemente.
Anche a lui piacevano le avventure, ma poi alla fine era sempre quello fifone, che con le sue idee folli finiva sempre nei casini o ci metteva gli altri. Sentiva che poteva succedere qualcosa a Merida e non sapeva nemmeno cosa, ma poi quando la vide a qualche metro da sé, nonostante la scarsa illuminazione, non esitò a urlare il suo nome con un pizzico di sollievo -Merida!-
Lo sguardo sul volto di lei, però, trasmetteva tutt'altro che sollievo.
Davanti a lei, si ergeva una figura grassa e alta, dalla pelle scura e i capelli piú o meno lunghi.
L'uomo era pieno di cicatrici, e del suo macabro sorriso Hiccup ne ebbe paura.
Anche perchè quello puntato alla gola della ragazza; era un coltello.
-Sei la figlia di Fergus, non è così?- le chiese fissandola, soprattutto soffermandosi sui suoi capelli di un rosso particolare, tipici della loro famiglia.
Merida non rispose, e come avrebbe potuto con quel blocco di paura che le serrava la gola? 
Mor'du, suo padre le aveva raccontato di quel criminale che si aggirava intorno casa loro.
Un pazzo stolker che, però, loro credevano scomparso da tempo.
Forse anche morto.
Accanto all'uomo, un buffo cane davvero grosso cacciò fuori la lingua, creando una pozza di saliva.
Ringhió al loro indirizzo e Hiccup vide, dal pelo dell'animale, le vene ingrossarsi.
Quel cane non aveva nulla di normale, poco ma sicuro.
-Vacci piano, Morte rossa- lo ammoní il padrone, spingendo con forza il palmo sul muso dell'animale in una carezza che di affettuoso aveva ben poco.
-La rossa é mia-
Un singhiozzo sfuggì dalla gola di Merida e fece per indietreggiare, se avesse avuto il suo arco con sé avrebbe potuto difendersi, ma così era esposta, debole, e odiava quella sensazione più di qualsiasi altra, anche più della paura che l'avvolgeva interamente.
Mor'du si avventò su di lei, mirandole alla gola. Merida riuscì ad abbassarsi appena in tempo, ma facendo così perse l'equilibrio, forse anche per via degli arti paralizzati, e inciampò all'indietro, venendo sovrastata dalla mole dell'uomo.
Quello ghignó, subdolo.
Le labbra si contorseró in una smorfia che mise in mostra i denti gialli e marci dell'uomo.
Hiccup ci vide nero, prese un sasso da terra e, con tutta la forza che aveva nel braccio destro, lo tiró mirando alla faccia dei Mor'du.
Con un po' di fortuna la pietra prese l'occhio sinistro dell'uomo, facendoli emettere un lamento soffocato.
-Te ne saresti potuto stare lì- commentó mentre si alzava, conficcando con un coltello la stoffa del pantalone di Merida lì a terra, bloccandola, -buono buono senza fiatare- riprese, avvicinandosi a Hiccup con l'occhio nero e gonfio.
-Forse... avrei chiuso un occhio-, il castano indietreggió, ma non scappó.
E pensó che sì, avrebbe potuto farlo, forse Merida ce l'avrebbe avuta con lui, forse no.
Forse l'avrebbe uccisa, forse no.
Avrebbe potuto chiamare aiuto.
-Non sono un vigliacco- chissà dove trovò  la forza di rispondergli.
Mor'du lo prese per la maglia, alzandolo di peso e sbattendolo con forza contro il muro vicino, facendogli emettere un lamento per la forza dell'impatto. -E cosa pensi di fare ragazzino?- gli disse, quasi sputandogli in faccia -Vuoi andare a salvare la tua fidanzatina?-
Merida nel frattempo cercava di liberarsi, ma ogni volta che allungava le mani verso il coltello, il cane le si avventava contro ringhiando, con la bava che colava dalle fauci, provando a morderle le mani.
Hic la vide, era quasi più preoccupato per lei che per sé, dovevano scappare, chiamare aiuto. Erano solo due ragazzini, non potevano fare niente contro un uomo adulto e della sua stazza.
Non reagì quasi quando Mor'du gli tirò un pugno, nemmeno quando lo lasciò andare per tornare a dedicarsi a Merida.
-Fermo Morte Rossa- si abbassò prendendo il coltello e strappandoglielo insieme alla stoffa dei pantaloni.
-Hiccup!-, mentre Mor'du la trascinava per un braccio, Merida chiamava disperatamente il nome del  ragazzo.
Le viscere e le budella di Hiccup si rivoltarono, minacciandolo di fargli rimettere pranzo, colazione e cena anche del giorno precedente ad un altro pugno così.
Si rialzó barcollando e sentendo le gambe molli per la paura.
Sputó a terra, sperando di liberarsi anche del fastidioso capogiro.
Mor'du gli dava le spalle e Hiccup cercò di approfittarsene.
Gli saltó addosso, aggrappandosi al collo dell'uomo e dandogli piccoli pugni al viso e calci poco decisi alla schiena.
Per la sorpresa, lui lasció il braccio di Merida, cercando di afferrarlo per i capelli.
Non riuscí neanche a maledirlo per bene, visto che aveva due dita del ragazzo in bocca.
Merida, spaventata ma combattiera, gli colpí il piede con un coltello.
Il sangue le macchió anche il viso, ma non ci fece caso.
Mor'du cadde a terra battendo la testa, trascinandosi Hic dietro che gli stava ancora addosso, anche se non si fece niente. Si alzò in fretta dal corpo dell'uomo, che sembrava svenuto per via del colpo.
Non si preoccupò di niente, prese Merida per una mano e corse per allontanarsi il più in fretta possibile da lì e cercare anche qualcuno che chiamasse la polizia.
Non videro Morte Rossa, che con gli occhi iniettati di sangue, li fissava accanto al corpo del suo padrone. 
Ringhiò e partì al l'inseguimento. 
Poco prima che i due ragazzi uscissero dal vicolo, riuscì a prendere Hiccup alla gamba sinistra mordendogliela con forza. Il ragazzo urlò e cercando di liberarsi prese a calci, con l'altro piede, il muso dell'animale.
Merida prese a colpire con un bastone la bestia, il respiro affannato per la corsa e tutto il resto, il cuore che batteva furiosamente contro la cassa toracica per la paura.
Sentí il fastidioso rumore dell'osso che si rompeva ed ebbe paura ad abbassare lo sguardo sul muso dell'animale.
La carne era praticamente sfracellata, e Merida non faticó a credere che i canini del cane sfiorassero direttamente le ossa.
Ebbe quasi paura per quanto riguardava vene e tutto il resto.
Sentiva i lamenti di Hiccup che faticosamente si reggeva sull'altro piede e con una mano alle pareti.
Hiccup urlò quando Morte Rossa gli ruppe praticamente la caviglia e l'osso fuori uscì dalla carne.
Urlò così forte che una signora si affacció e corse a chiamare il marito e, successivamente, la polizia.
L'ultima cosa che vide Merida fu il muso sporco di sangue di quel feroce animale e le lacrime di Hiccup.
Poi arrivarono le prime volanti, Hiccup fu caricato sull'autoambulanza e chiamarono i genitori di entrambi.
Non sa che fine fece il cane, ma dubita fortemente che scappó.
Mor'du fu preso giorni dopo.
L'unica certezza era che, da quello scontro, Hiccup Haddock e Merida DumBruch ne erano usciti vincitori solo a metà.
 
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Merida era accanto al letto di Hiccup, erano passati giorni e anche se il ragazzo si era svegliato e aveva avuto modo di constatare la sua situazione, la ragazza aveva deciso di non abbandonarlo, sentiva che era stata tutta colpa sua. 
Se solo non fosse entrata in quel vicolo!
Merida appoggiò la testa sulle braccia piegate sul materasso, per via degli antidolorifici Hic si era riaddormentato e sfiorò con lo sguardo la protesi che ora sostituiva la gamba del ragazzo.
 
 
 
 

~Se ami qualcuno devi fare rumore...~
 
Era passato quasi un mese dall'incidente e Merida gli aveva raccontato tutto quello che era successo nella serata e nei giorni in cui era svenuto, o almeno le parti che ricordava; lo schock le aveva fatto scordare un bel po' di cose. 
Entrambi però erano felici e sollevati che Mor'du fosse finalmente dietro le sbarre e non potesse più fare del male ne a loro ne a chiunque altro.
Ne erano usciti entrambi con diverse cicatrici, Merida aveva avuto le braccia e le spalle coperte da contusioni, leggeri tagli sul petto e una piccola lacerazione alla gamba; Hiccup un bernoccolo con taglio sulla testa che gli era rimasto per giorni e la gamba, che ormai era solo un moncherino.
Hiccup ci aveva messo un po' a realizzare pienamente di non avere piú mezza gamba.
Ma era stato fortunato, poiché sia i suoi  genitori che i suoi amici gli erano stati accanto.
Stoick gli aveva confessato che nel periodo di convalescenza un po' tutti gli avevano fatto visita.
In particolare: Jack e Merida.
Hiccup era stato piacevolmente sorpreso dalla scoperta.
Una sorpresa che si era tramutata in dispiacere quando era stato svelato il mistero: Merida si sentiva in colpa.
Cosí un mercoledí pomeriggio tiró fuori l'argomento davanti alla ragazza, alle prese con Sdentato e le coccole pomeridiane.
-Non devi sentirti in colpa-
Merida non rispose subito, continuando ad accarezzare il gatto nero che nel frattempo faceva delle rumorose fusa. 
Non voleva che Hic se ne accorgesse, sperava che sarebbe riuscita a stare con i suoi sensi di colpa senza dover affrontare l'argomento con il ragazzo. 
Aveva paura che sarebbero uscite fuori cose che preferiva tenere segrete, e di rivivere quel momento e la sensazione di poterlo perdere per sempre.
 -Non dovevo entrare in quel vicolo- disse, una mano che si strinse involontariamente a pugno. -E tu non dovevi seguirmi...- abbassò lo sguardo, tenendolo sulla mano che si muoveva aggraziatamente sul pelo dell'animale. 
Non voleva affrontare i suoi occhi verdi e leggervi quello che c'era dentro, per quanto fosse una ragazza forte e coraggiosa, in realtà c'erano molte cose che riuscivano a farle paura.
Hiccup, invece, sorrise.
Scoprire che la ragazza che gli piace si sentisse in colpa per il suo incidente era, in un certo senso, rincuorante.
-Se non ti avessi seguito, probabilmente ti avrebbe ucciso.-
Il tono s'indurí al pensiero di quello che Mor'du avrebbe potuto farle.
Merida lo guardò: indossava una felpa nera troppo grande per lui con il logo sul petto e dei jeans a vita bassa. 
Le scarpe erano le solite sportive: la rossa adorava i ragazzi vestiti così e l'idea che si trattasse di Hiccup le piaceva ancora di più.
-Sono contenta che stai bene- sorrise.
Inevitabilmente, Hiccup arrossí.
Era un attentato al suo cuore lasciargli Merida, bella anche nella semplice tuta nera e viola, accanto a lui, che gli sorride e gli dice cose cosí ... cosí fraintendibili.
Perchè Hiccup potrebbe quasi credere di piacerle, se non volesse illudersi.
Osservó ancora una volta Sdentato, docile alle carezze della ragazza come solo alle sue.
-Hai proprio legato con lui, eh?-
Merida accarezzò ancora una volta il pelo del gatto, tenendo un contatto visivo con il castano che le sorrideva. 
Passarono una decina di secondi fermi uno accanto all'altra. -È dolce- disse.
-Non si fa mai accarezzare da nessuno, solo da me.-
Quelle parole ebbero il potere di farla arrossire: cosí, senza un vero perchè.
 -Si vede che gli stai simpatica- le sorrise il ragazzo.
Merida strofinó dolcemente i popastrelli contro la cute del felino, godendo della morbidezza del pelo nero di Sdentato.
In risposta, il gatto aumentó il rumore delle fusa, muovendo instancabilmente la coda.
-Anche lui sta simpatico a me-.
Hiccup rise lievemente, paragonando la maestria con cui Merida accarezzava Sdentato ai movimenti impacciati di Jack.
-Hic?- lo chiamò Merida.
-Sì?- il suo cuore aveva perso un battito nel sentirla pronunciare il suo soprannome.
-Mi piacciono i disegni- disse lei guardandolo negli occhi.
Hiccup all'inizio non capì subito a cosa si riferisse, finché non gli venne in mente il sabato in cui erano usciti e la domanda che le aveva posto quando aveva in mente di dichiararsi.
Solo che ora non era il momento adatto, non sapeva cosa dirle o come comportarsi. 
Per quella sera, anche se era imbarazzante ammetterlo pure se solo nella sua testa, si era preparato un discorso, ma ora, così a bruciapelo, tutte quelle parole erano svanite. 
Senza contare il fatto che erano soli, nella sua camera, seduti sul suo letto e senza un preciso perché tutto quello gli metteva ancora più ansia.
Velocemente, Sdentato balzó giù dalle gambe della ragazza diretto verso la scrivania.
Hiccup non fece in tempo a richiamare il proprio gatto che questo, muovendo coda e zampe sulla scrivania, fece cadere a terra un mucchio di fogli.
Più precisamente, i disegni che aveva fatto a Merida 
La osservó con un vago velo di terrore a coprirgli la vista e a fargli mancare la voce.
La rossa si alzó e andó a raccogliere i fogli, poi si voltó verso di lui e lo guardó, rossa sulle guance e con i bellissimi occhi azzurri sgranati.
-G-gli hai fatti tu?- gli domandó incerta, lui annuí.
-Cavolo, sei bravo a disegnare quando vuoi- 
Merida non aveva mai visto dei ritratti così belli e con così tanti dettagli, ed era pure lei la protagonista di tutti.
-T-ti piacciono?-
-Si- disse Merida mostrando quello di lei che tirava con l'arco -Sono tanti-
-È imbarazzante- Hic si sistemò sul letto, mentre sull’altro lato si sedette lei con ancora i fogli tra le mani.
Merida osservò il castano: i corti capelli che ricadevano sul collo, le braccia magre e la pelle pallida.
-Ma- inizó, spostando lo sguardo dai fogli alle iridi boschive di Hiccup, -Perchè hai disegnato me?-
Il castano deglutí, pensando che no, non c'era un perchè.
O meglio, all inizio non c'era ma poi tutti i pezzi avevano preso il loro posto.
Perchè l'avesse disegnata la prima volta, perchè avesse continuato a cercare la folle chioma rossa per i corridoi.
Perchè avesse cercato di ottenere informazioni da Hiro a pagamento e anche perchè non facesse altro che parlare di lei.
Si era preso una bella cotta.
Anzi, era proprio innamorato.
Ma questo mica poteva dirglielo, o no?
Fulminó con lo sguardo Sdentato, intento a grattarsi un'ascella col muso, cosa che faceva sempre per fingersi innocente.
"Ma bravo inutile felino! Ed io questo come glielo spiego", pensó con una nota di fastidio, "sempre meglio di quando hai distrutta mezza cucina ed io ho fatto i conti con mio padre"
Amareggiato, si diede un piccolo schiaffetto sulla fronte, suscitando l'ilarità e la confusione della ragazza lí presente.
-Allora?- chiese infatti lei.
Hic si grattò il retro del collo imbarazzato, sentiva lo stomaco rigirarsi completamente, ma alla fine trovò il coraggio di dirle la verità. 
-Ti ho disegnata perché sei fantastica. In ogni minimo istante, ti trovo stupenda sempre. Non so proprio come io abbia fatto a conoscerti, e ancora me ne meraviglio.-
Lasció Merida a bocca aperta, con un riccio che le cadeva davanti e gli occhi un tantino sgranati ma pieni di una nuova luce.
Meraviglia e commozione.
Poco dopo, infatti, la vide piegare le labbra rosee e per nulla screpolate in un dolce sorriso che la rendeva terribilmente adorabile, contando la sfumatura rosata che avevano assunto le guance.
-Anche tu sei fantastico, insomma, chi altro avrebbe sfidato a spada tratta un mostro come Mor'du per difendere un'amica?-, chiese conferma lei.
Hiccup puntó le iridi boschive negli occhi di lei, di un colore cosí innocente e malizioso allo stesso tempo.
Lei era innocente e anche maliziosa.
Gli bastó incrociare i suoi per sentirsi bene.
Nonostante tutto.
Nonostante la gamba, la protesi, le ferite e gli antidolorifici che facevano sempre meno effetto.
Nonostante Sdentato continuasse ad appisolarsi sulla gamba sinistra, come a confermargli che nulla sarebbe cambiato.
Nonostante le facce piene di commiserazione mischiato a pietà dei suoi compagni di classe, venuti a trovarlo in ospedale come un gregge scortato dal pastore-professore.
Nonostante avesse trovato i volti sconvolti di molti parenti, quello troppo dolce di sua madre e quello troppo evasivo di suo padre.
Merida aveva il potere di farlo stare bene.
Di stregarlo.
Così tanto da farlo parlare senza freni e luciditá.
Hic sentì la mano di Merida cercare la sua e stringerla nella penombra della camera. 
E ormai lei faceva parte inesorabilmente della sua vita, un segno indelebile sul cuore che non se ne sarebbe mai andato. -Volevo solo dirti che sei la parte mancante della mia mela, volevo dirti che per quanto cerchi di negarlo a me stesso, di nasconderlo, tu sei l'unica persona in grado di capirmi. Sopportarmi, e io senza di te con ce la faccio, volevo dirti che sei la cosa più bella che mi sia mai capitata, volevo dirti che quando ridi mi fai venire i brividi e fai sorridere anche me, volevo dirti che tra tutte le persone del mondo e te, io sceglierei
 sempre te, volevo dirti che amo i tuoi capelli arruffati, i tuoi gesti goffi, le tue risate improvvise, i tuoi scleri. Amo anche quando ti incazzi, fai l'offesa, amo i tuoi occhioni e il resto di te, volevo dirti che nel mio cuore hai un appartamento di lusso, anche se nessun lusso potrà render giustizia alla tua bellezza, volevo dirti che come amo te non amerò mai nessuno.- non sapeva perché, ma doveva approfittare di quello spudorato coraggio che gli era arrivato all'improvviso. Si vedevano tutti i giorni per cinque ore, non voleva fare tanti giri di parole ma arrivare dritto al sodo.
Fu la seconda volta, in meno di un' ora, che Merida restò a bocca aperta.
Subito dopo, peró, osservó delle piccole lacrime formarsi agli angoli dei suoi occhi.
Spaventato, Hiccup si agitó sotto le coperte, cercó di alzarsi, ma la mano di Merida lo bloccava.
Poi lei fece pressione col braccio e si portó la mano piccola e pallida di Hiccup alla bocca.
Con la coda dell'occhio l'osservó mentre depositava un dolce bacio sulla pelle tesa della mano.
Si godette il calore che quelle labbra gli davano sulla mano gelata e le sorrise.
-È la cosa piú bella e mortalmente diabetica che tu potessi dirmi-, gli rispose, evitando accuratamente il suo sguardo.
-Vorrei poterti rispondere in un modo altrettanto romantico- inzió, ma Hiccup la interruppe.
Si tiró su, restando seduto, e avvicinó le labbra alle tempie della rossa, depositandovi un piccolo, goffo bacio.
-Non serve, se non ricambi io...-
Ci aveva pensato, all'idea che una bella creatura come Merida DumBroch non amasse un ragazzo timido come Hiccup Haddock.
Dopotutto, quante probabilità c'erano che la ribelle Merida ricambiasse?
Un groppo in gola gli fece mancare il fiato, ma la rossa si limitó a guardarlo con tanto d'occhi.
In un secondo, il sorriso amorevole - o forse innamorato -  scomparve per lasciare il posto ad un espressione alquanto indispettita, per non dire furente.
Sdentato si allontanó velocemente quando Merida, strafregandosene della disabilità di Hiccup, lo sbattè con la schiena al letto, capovolgendo le posizioni e mettendosi a cavalcioni su di lui.
Avvicinó il viso a quello del ragazzo - rosso quanto il suo -, e si chinó all'altezza del collo.
-M-merida?- la chiamó lui, piacevolmente confuso da tutto ció.
La ragazza lo ignoró e, tenendolo fermo con una mano sul fianco e la gamba destra in mezzo alle sue, scese con le labbra lungo il collo.
Lo sentí fremere sotto il proprio tocco e si sentí autorizzata a continuare, per quanto tutto ció la mettesse in agitazione.
Hiccup l'amava. 
Cazzo! L'aveva pensato davvero. 
Era la prima volta che lo ammetteva a sé stesso e provava una strana sensazione, simile a una liberazione, sentendosi sollevato. Chissà cosa pensava lei, chissà cosa provava in quel momento, mentre con le labbra si muoveva contro il suo collo, forse l'aveva capito o forse no. Ma doveva essere davvero cieca o menefreghista per non capirlo. Come faceva a non vedere con che occhi la guardava? Non sentiva la sua voce tremante quelle poche volte che parlavano?
Come in quel momento, mentre Merida risaliva lungo la linea della mascella, fino a fermarsi a pochi millimetri dalle sue labbra, sollevando poi leggermente la testa per guardarlo negli occhi.
Oh, era così scemo e le piaceva così tanto per questo. Che scema che era, si sentiva tanto una bambina. Avete presente la mattina di Natale da bambini? Ci si sveglia 
 al settimo cielo e per la prima volta non si ha voglia di restare tra il calore delle coperte, ma ci si vuole alzare e correre a vedere la propria sorpresa. Beh da quando lo conosce per lei ogni mattina era come quella di Natale. Il solo pensiero di vederlo le metteva una strana allegria che non riusciva a controllare. Era strano svegliarsi la mattina e avere il pensiero di Hiccup già nella testa, era come se non fosse mai andato via, come se l'avesse cullata tutta la notte in attesa del risveglio. Oddio cosa stava pensando e facendo, doveva essere diventata matta però voleva continuare, doveva approfittare di quel momento di pazzia. Forse era Hiccup che l'aveva fatta diventare pazza, boh sapeva solo che le era entrato in testa dal primo giorno che l'aveva visto e poi anche nel cuore.
-Ti basta questa come risposta?- gli disse, vicino alle sue labbra, così tanto che quasi si sfiorarono.
-Hey, Hiccup, tutto bene?- tuonò forte e in tono cordiale la voce di Stoick, entrando senza permesso nella camera del ragazzo sbattendo con forza la porta. I due ragazzi si bloccarono, i visi che andavano in fiamme, l'imbarazzo che galleggiava tra loro come qualcosa di tangibile.
E tangibile lo era per davvero.
Merida si sollevó di scatto dalla posizione compromettente, chinando la testa in modo che i capelli le coprissero la visuale.
Hiccup, invece, si sollevó con piú calma, un po' per la gamba un po' per tutto il resto.
Vide il viso di suo padre arrossarsi, contagiato dall'imbarazzo generale per poi scoppiare a ridere, forte come un tuono.
Rise cosí tanto che si dovette aggrappare allo stipite della porta, e Hiccup lo guardó imbarazzato da quella reazione.
Spostó lo sguardo su Merida, che pur di non incrociare i suoi occhi stava fissando la sedia della scrivania su cui si era appallottato Sdentaro che, tra l'altro, lo guardava come se avesse capito tutto.
Fu la voce di suo padre a ridestallo.
Con tono ancora macchiato dalle risate di poco prima, si affrettó a dire: -Bene ragazzi, continuate pure- uscendo in fretta e furia, sbattendo la porta.
Fu allora che Hiccup si concesse anche lui una grossa risata, all'inizio nervosa.
Portó a ridere anche Merida, contaggiata da tutto questo.
Allora, si concesse di guardarla.
Incatenó ancora una volta i suoi occhi a quelli di lei, vivi di allegria, forza e amore.
-Quindi, possiamo dire che tu sia la mia ragazza?- chiese Hiccup, tanto per sicureza.
Merida gli sorrise, accocolandosi vicino a lui con Sdentato in grembo.
Qualche ora dopo, quando Merida se n'era andata da un pezzo, quando aveva già affrontato le occhiatine di suo padre e gli interrogatori dei suoi amici; Hiccup realizó.
Suo padre gli aveva fatto perdere il primo bacio.
Tanto fu brusco il movimento stizzito che fece, che Sdentato si sveglió.
Il suo gatto lo osservó impassibile, per poi rimettersi a dormire.
Sicuramente, stava pensando "che stupido che sei, Hiccup Horrendus Haddock  III".
 
 
 
 
~Se ami qualcuno bacialo...~
 
Tre teste rosse e ricce corsero verso la porta aperta dalla sorella, saltando addosso ad un Hiccup al quanto stranito ma divertito.
In queste ultime cinque settimane aveva passato tanto tempo da Merida, conoscendo i suoi genitori e i suoi tre fratellini.
Aveva scoperto, poi, che sempre per opera di Mor'du, anche Fergus, padre di Merida, aveva perso una gamba.
 Si era trovato davvero bene in casa DumBruch, come se fosse la sua o fosse di famiglia.
E, a conti fatti, di famiglia lo stava diventanto per davvero.
Harris - o Hubert, non gli distingueva - si aggrappó alla sua gamba sana, tirandolo.
Merida gli rivolse un dolce sorriso, sporgendosi per dargli un piccolo bacio sulla guancia, facendolo arrossire.
Con lei, si avvicinó al divano  bianco in soggiorno, osservando i tre gemellini disperdersi tra la grande casa.
La sua ragazza gli si sedette accanto, accarezzandogli la gamba con una mano.
-Come stai?-
-Solo un po' di mal di testa- disse Hic contro il suo collo.
-Ma tu stai gelando- disse sentendo la pelle d'oca.
-Ero in ritardo così non mi sono asciugato i capelli- Merida scoppiò a ridere.
-Smettila- sbuffò gonfiando una guancia.
La sentì baciargli la base del collo scoperta dai capelli ancora fradici.
Non era che Hiccup si fosse innamorato della sua bellezza, no lui non guardava mai l'aspetto di una persona eccetto gli occhi. Lui pensava che gli occhi non facessero del tutto parte dell'aspetto esterno di una persona, perché grazie agli occhi si riusciva a leggere dentro alle persone. Gli occhi non mentivano mai, ma solo se li si sapeva leggere.
-Asciugati o ti ammalerai-
-Stavo cercando qualcosa-
Merida buttò uno sguardo ai vestiti del compagno, poi andò verso il bagno di casa sua e afferrò il primo asciugamano che vide, era di un blu scuro.
Anche Merida pensava spesso agli occhi di Hic credendo che fossero una sorta di portale che lasciava scoperto un pezzetto di sé stessi, profondo e difficile da nascondere.
Quando tornó in soggiorno trovó Hiccup intento ad accarezzare i capelli di Hubert mentre Hamish e Harris, con l'ausilio di una sedia, sgraffignavano dei biscotti.
Ridacchiando, tiró l'asciugamano addosso a Hiccup, centrandolo sulla testa.
-Era proprio necessario?- prostestó il ragazzo, mentre Merida gli si sedeva accanto con il telecomando in mano.
Borbottó in fretta  un "si", rivolgendosi poi ai fratelli.
-Hamish, Hubert e Harris portateci dei biscotti, altrimenti racconto alla signora Fisher che vi siete introdotti in casa sua per recuperare il frisbee!- urló, non staccando gli occhi dallo schermo, dove Batman si affrettava a prendere a pungni uno degli scagnozzi di Jocker sotto gli occhi di una Harley Queen psicopatica.
Hiccup avrebbe giurato che quelle tre teste calde, che davano retta solo alla signora Eillnor quando usava il pugno di ferro - e in effetti Hiccup doveva convenire che la madre di Merida sapeva davvero far paura in tal frangente -, obiettassero e disobbedissero, ma al solo sentir nominare la signora Fisher i gemelli divennero docili come agnellini.
Beh, più o meno.
"PRONTI TRE DUE UNO!" i tre ragazzini arrivarono di corsa mollando tra i due ragazzini il piatto di biscotti mezzo vuoto.
I tre gemelli se ne scapparono via, con l'altra metà, o forse anche di più, dei biscotti, prima che la sorella se ne accorgesse e li riprendesse con aria furiosa.
Hiccup scoppiò a ridere vedendola, avrebbe voluto dirle che era troppo forte quando faceva così, con gli occhi che pareva avessero fiamme vive dentro, ma sapeva che a lei non gliene fregava niente degli occhi e che non voleva farsene una cultura (già le bastavano i disegni che le aveva fatto lui, di cui uno tra l'altro si era anche portata via), ma quando iniziava a pensare non la smetteva più e si dilungava in argomenti che non c'entravano niente. Però lei aveva degli occhi stupendi. A lui gli occhi azzurri non erano mai piaciuti, non gli trasmettevano niente, lui aveva sempre amato gli occhi castano perché gli sembrava di vederci la terra dentro. Ma i suoi occhi erano diverso dai soliti occhi azzurri, erano qualcosa di stupendo, altro che terra. Qualsiasi tipo di occhi castani non erano niente in confronto ai suoi, avevano qualcosa di diverso ma che li rendeva belli. Però aveva notato una cosa in quegli occhi, magari si sbagliava o aveva visto male, ma i suoi occhi erano velati di tristezza. 
Era strano, forse l'aveva immaginato, ma gli avevano dato questa impressione. Aveva gli occhi azzurri più belli che avesse mai visto, erano la prima cosa che l'avevano conquistato di lei.
-Tu!- disse soltanto.
Hic smise di ridere con aria terrorizzata.
Merida l'aveva conosciuto e sapeva che era una scemo, ma lo amava. Lui non lo sapeva, ma riusciva a farla ridere anche nelle giornate no e di questo gliene era grata.
Si era sgolata dietro quelle pesti, e ora aveva il viso tutto rosso  e i capelli scompigliati.
Hiccup si perse ad ammirarla, bella come sempre e non riuscì a trattenere un sorriso.
Merida invece borbottó qualcosa sul fatto che erano i suoi biscotti e che lui sarebbe dovuto stare dalla sua parte.
Perché era il suo ragazzo.
Sì, uso queste esatte parole.
Hiccup sapeva che Merida non andava pazza per le cose troppo sdolcinate e aveva saputo da Rapunzel che rischiava di vomitare ogni volta che a San Valentino uscivano e si ritrovavano davanti una coppia innamorata.
-Come hai detto, scusa?- le chiese infatti, sporgendosi verso di lei.
Merida non rispose e arrossì.
-Vieni qui- disse il castano.
Merida si avvicinò e salì a gattoni sul divano, sentendo le molle spostarsi sotto il suo peso, si mise sopra Hiccup.
-Sei una scema- le disse con affetto, senza offenderla, in fondo era una ragazza intelligentissima. A volte questa cosa lo faceva arrabbiare un sacco, perché prendeva sempre voti alti e gli dava fastidio che lo superava. Tanto che per un periodo si era sfidato a prendere voti più alti di lei e a volte ce l'aveva fatta, ma poi si sentiva quasi in colpa quando Merida prendeva un voto basso.
I due continuarono a guardarsi, avvicinandosi sempre di più. Merida si sentiva strana, era strana. Non era la prima volta che stavano così vicini, la prima era stata a casa sua, quando si erano messi insieme, la seconda era quando il professore MacGuffin l'aveva interrogato in latino (l'unico corso in cui stavano insieme) e Hic non sapeva niente. Si era dispiaciuta un sacco e aveva detto "fanculo la sfida devo aiutarlo" infatti aveva provato a suggerirgli ma non sapeva se l'aveva sentita, quindi avevano studiato insieme e quando si stavano per salutare si erano quasi baciati se sua madre non fosse intervenuta invitandolo a cena. Stava pensando troppo ai baci mancati e le interruzioni. Più lo guardava più le veniva voglia di abbracciarlo e prenderlo per mano. Niente cose da fidanzati, non che non le piaccessero, ma se immaginava lei e Hic, ci pensava nel senso più innocente e romantico che c'era. Voleva tanto abbracciarlo, sentirsi al sicuro tra le sue braccia, poter dire di essere finalmente a casa. E quando vorrebbe stringergli la mano, passeggiare con le dita incrociate e affrontare il mondo insieme a lui, magari farebbe meno paura. Eh stava arrivando la lei romantica.
Sì chinó, abbracciando, stringendolo forte, non era un semplice abbraccio come tutti gli altri, ma era un abbraccio sincero, voluto, sentito, fatto di sentimenti e di emozioni tenute nascoste per troppo tempo.
Hiccup sorrise, nascondendo il viso nel collo della ragazza, inebriandosi del suo profumo e lasciando che i ricci gli solleticassero il naso.
Strinse un braccio dietro la schiena della ragazza, portandola più vicina a se.
Dolcemente, Merida passó l'altro braccio dietro la schiena del ragazzo, stringendolo ancora di più.
I momenti di dolcezza tra di loro non erano rari, ma Hiccup e Merida li vivevano come se fossero più unici che rari.
Anche se, a conti fatti, non si erano mai baciati.
-Merida- sussurrò. -Sono cinque settimane che mi rendi il più felice del mondo.-
Erano cinque settimane di amore più bello sulla faccia della Terra. Erano cinque settimane che gli regalava emozioni che mai si sarebbe immaginato di provare. Erano cinque settimane di abbracci. Cinque settimane in cui il suo cuore batteva a una velocità pari a quella della luce.
A quelle parole Merida sentì la pelle d'oca e le farfalle nello stomaco con l'ansia e la felicità che si sommavano facendole venire le lacrime agli occhi. -Hic, siamo soli adesso...-
La voce di Merida gli parve talmente sensuale che, per prima cosa, pensó a quello.
Pensó a cose proibite che, però, avrebbe accettato volentieri di fare con lei.
Per quanto fosse ... allettato da quell'idea, non voleva certo una prima volta del genere per loro.
Con i fratelli di Merida che potrebbero spuntare da un momento a un altro e beccarli in atteggiamenti troppo intimi.
Con sua madre che potrebbe chiamarlo, chiedendogli cosa stia facendo.
Prima che potesse aprire la bocca, si ritrovó le labbra della sua ragazza  sulle proprie e un brivido gli corse sulla spina dorsale in scarpette da calcio.
Ricambió il bacio prima ancora che il cervello gli ordinasse di farlo e scoprí che era bello.
Era bello baciare Merida, sentire le labbra di lei sulle proprie, morderle il labbro superiore e succhiarle quello inferiore.
Era bello nonostante la mancanza di fiato, ad un certo punto, fosse diventata insostenibile.
Così lei si staccò, gli occhi languidi, le guance rosse e le labbra gonfie e lucide per il bacio.
E Hiccup si sentì un maledetto mascalzone per i pensieri di poco prima.
E, soprattutto, terribilmente in imbarazzo perché tutto il sangue dal cervello era sceso alle parti intime.
"Voglio morire", fu l'unica cosa che riuscí a pensare.
-Hic piantala- disse a bassa voce Merida.
Lui la fissò con uno sguardo confuso.
-Sta fermo con la gamba- disse a detti stretti.
Il castano voltò lo sguardo sospirando -Non posso-
-Come non puoi?-
-Non è la gamba- sussurrò al suo orecchio.
La riccia divenne rossa come un pomodoro -Controllati-
-Non ho il controllo su quello e tu non sei d’aiuto-
-Va bene mi sposto-
Hic sospirò, aveva paura di averla spaventata, in quelle cinque settimane c'erano le sue paure e lei che le combatteva con una pazienza disumana.
Prese coraggio e iniziò a baciarle il collo.
-Hiccup trattieniti- disse lei cercando di allontanarlo.
Il castano le succhiò la pelle, sentendola tremare e gemere leggermente a ogni movimento della sua bocca.
Si staccò dalla ragazza, posando la sua fonte contro la sua.
-Merry- disse con voce calda e roca.
La ragazza aveva gli occhi chiusi e le guance arrossate, il ragazzo si leccò leggermente le labbra.
Merida lo amava con tutta sé stessa ed era molto più di quanto potesse desiderare all'inizio di tutto ciò. Il tempo con lui scorreva così velocemente, si ricordava come se fosse ieri quel suo “posso considerarti la mia ragazza?” nel buio della sua stanza. E ora c'era l'amore e l'intensità con cui l'aveva baciata sussurrando il suo nome.
Era imbarazzata, per carità.
Ma sentire Hiccup così vicino, pelle contro pelle, le mani che si cercano come gli occhi e le labbra, la fa impazzire.
Hiccup la fa impazzire.
O meglio, lei é pazza di Hiccup.
Allunga una mano verso i capelli castani del ragazzo, spingendo il viso di lui verso il suo collo.
E Hiccup ghigna, le labbra che baciano la sua pelle si sollevano all'insú automaticamente.
-Mi dispiace- le dice poi.
Gli dispiace per tutto.
Per l'imbarazzo, perché Merida é una ragazzina, come lui e a certe cose non è abituata.
E neanche lui ci è abituato, anche lui é confuso e stranito.
Ma è il suo corpo, non può andargli contro.
E quella tra le sue braccia é Merida, la ragazza più forte, bella e coraggiosa che Hiccup abbia mai conosciuto nei suoi quindici anni di vita - sedici a marzo.
É la ragazza di cui si é innamorato quasi un anno prima, che frequenta da mesi e con cui ha una relazione da cinque settimane.
Iniziò a baciarla sulla bocca -Non temere- le sussurrò -Non ti toccherò finché non sarai tu a volerlo- disse alzandosi dalla ragazza.
I due si misero seduti sul divano, Merida diede le spalle a Hiccup per il troppo imbarazzo e il ragazzo ne approfittò per abbracciarla, la rossa sentì il calore del ragazzo diffondersi lungo la sua schiena.
Ed era la prima volta che si comportava con tutta la sincerità di cui era capace ma anche con tutta la paura di questo mondo. Aveva paura di non essere creduta, di essere fraintesa e non ricambiata neanche minimamente. Ma lo amava già dopo due settimane, lo amava e voleva dimostrarlo a tutto il mondo. Lo amava anche in quel momento e sperava che il suo amore per lui non si spegnesse mai! Sperava che quella emozione li unisca fino la fine dei tempi perché vorrebbe amarlo finché le sarà possibile. Vorrebbe condividere il suo piccolo universo con lui, che è il suo tutto e a parte lui nulla le importa.
Guardò la mano del ragazzo posarsi sullo stomaco, con l'orologio d'oro che batteva le sei. -Hic.- lo chiamò. -Questo è stato il nostro primo bacio.-
Hiccup sorrise contro la clavicola di lei.
-E ti è piaciuto?-, le chiese.
 
Lei esitò qualche istante prima di rispondere: -Beh... Sì, è stato... Bello. E poi... Ci sono momenti che non si dimenticano facilmente.-
Hic sospirò, poi, dubbioso, decise di svelare: -È stato il mio primo bacio.-
Lei lo guardò pensieroso, senza parlare.
Hic curioso, chiese: -Cosa ne pensi?-
-Beh... Che sei piuttosto bravo a baciare nonostante sia il tuo primo bacio.- disse solo con un sorriso che lo fece esultare di nuovo dentro di sé.
Merida sorrise, passando una mano tra i capelli di Hiccup.
-È stato anche il mio primo bacio-, gli rispose.
 
 
 


~Se ami qualcuno devi farci l'amore...~
 
 
 
Merida ballava appiccicata a Hiccup, c’era davvero poco spazio in quella spiaggia, posò la fronte contro la spalla del castano, sentendo il paesaggio girare.
Hiccup le mise le mani intorno alla vita, un uomo poco più grande di loro si avvicinò ma si stoppò allo sguardo fulminante del ragazzo.
Hiccup lo punto col dito, poi puntò la schiena della ragazza e infine imitò il gesto di rompere qualcosa in due.
L’uomo, capito il concetto, si spostò verso un gruppo più vicino al dj.
-Dovevi mettere un mettere un vestito meno provocante-
-Non mi sta bene?- chiese alzando la testa e mettendogli le braccia intorno al collo.
Hiccup si perse a guardare gli occhi trasparenti e le labbra incurvate in sú di Merida.
Non è che non le stesse bene, le stava tropo bene.
-Sei bellissima- le disse infatti -Ma troppo-
Merida ridacchió, pensando che il calmo e pacato Hiccup non si mostrava mai irritato o geloso.
Ad eccezione di oggi.
-Perché la gente mi fissa?-
-No, per questo- disse prima di baciarla sulle labbra, Merida sentiva il sapore della Lemon Soda sulle sue labbra.
Voleva renderlo il più felice e orgoglioso di avere una ragazza come lei, perché Merida era orgogliosissima di lui. E si sentiva fortunata nel averlo nella sua vita. Era tutto ciò che aveva sempre cercato e voleva che tutta la bellezza che creavano stando insieme non finisse mai. 
Quando Hiccup si staccó, Merida non poté fare almeno di pensare che il lucidalabbra gli donasse.
Baciandola, infatti, si era sporcato tutto e, sicuramente, le aveva anche rovinato tutto il trucco.
Rise appena, spostando una mano dalla sua spalla alla guancia bianca e morbida del ragazzo.
-Hai le labbra sporche di lucidalabbra- lo informó, poi sorrise maliziosa -se vuoi ti aiuto a toglierlo-
-Volentieri-
Il dj lanciò qualcosa come coriandoli e vernice colorata sulle persone, colpendo anche i due ragazzi, troppo occupati per accorgersene.
Hiccup approfondì il bacio, Merida lo sentì muoversi nella sua bocca finché a entrambi non mancò il fiato.
Il castano scese e iniziò a baciarle il collo, dall’inizio della spalla all’orecchio, Merida sentì caldo all’improvviso, adesso non le girava più la testa ma non capiva molto, sentiva la bocca di Hiccup sulla sua pelle e questo la mandava in tilt.
E Hiccup la ringraziava di averlo risvegliato e di avergli donato il suo cuore. Le prometteva che se ne prenderà cura perché era la cosa più preziosa che aveva e che aveva mai avuto.
Avvertí in modo ovattato la voce di Ed Sharaal che cantava Shape of you, le voci degli altri che si sovrapponevano a quella del cantate, la gente che ballava intorno a loro e la sabbia sotto ai piedi fasciati da un paio di scarpe chiuse.
Avvertí il respiro caldo di Hiccup sul collo e nell'orecchio, i loro corpi che si comportavano in un goffo abbraccio.
Sentiva in lontananza la voce delle sue amiche Mavis e Rapunzel che parlottavano tra loro e cercavano di presentare Jhonny a Eugene, ma non se ne curó.
-Ti amo- le disse lui al suo orecchio.
 
Hiccup aprì la porta dell’appartamento continuando a baciare la ragazza.
Chiuse la porta con un calcio tendendosi la rossa stretta a se.
Dopo un ultimo bacio Merida si voltò guardando l’appartamento, la luce era spenta e non si scorgevano bene i mobili.
Poi riportò l'attenzione su Hiccup, lo amava più di quanto amasse guardare le stelle.
Mollò il giubbino su quello che sembrava un divano.
Hiccup la prese da dietro e le baciò il collo, Merida ridacchiò di piacere.
Merida sembrava una ragazza  normale. Calma. Anche un po’ timida. Un po’ troppo timida. Era una ragazza alla quale piaceva indossare le cuffiette una volta salita sull'autobus, o in macchina, o a casa, insomma, dappertutto. Le piaceva leggere, amava i libri, ci si perdeva completamente.
O meglio, amava i libri di avventura.
Quelli dove la protagonistra non indossava un vestito, ma cavalcava un cavallo.
La sua eroina preferita? Lady Oscar.
Merida e Hiccup, poi, si complementavano perfettamente.
Lei troppo sicura, amante degli animali; un po' meno degli esseri umani.
Lui troppo insicuro, in cerca dell'approvazione degli altri.
Lei fin troppo sportiva, l'equitazione e tiro con l'arco sono solo la punta dell' iceberg.
Lui schifoso in tutti gli sport, con un'innata passione per il volo e tutto ció che vola.
Lui troppo delicato, noioso quanto una lezione di galateo per Jack.
Lei con il tatto di un elefante in un negozio di lampadari preziosi.
Lei il tutto.
Lui il nulla.
Hiccup il nero.
Merida il bianco.
E nessuno dei due puó fare almeno dell'altro.
Merida sa benissimo che I baci di Hiccup sono droga.
I suoi baci, le sue labbra, il suo sapore...
Lui è droga: la sua preferita.
-Vuoi vedere camera mia?-
Merida sorrise, sapeva bene cosa significava e si sentiva pronta, orami era da un po’ che ci pensava e dopo quella sera aveva tutte le certezze, già aveva ignorato tutte le ragazze che le avevano fatto il filo e l’aveva protetta da tutti i pericoli.
Merida entrò nella camera incasinata del ragazzo, si guardò intorno, era diversa da camera dei suoi fratelli, era un vero caos.
-Bella- disse.
Appese a un muro c’erano delle foto, ne guardò una, probabilmente della scuola media, capelli castani e leggermente lunghi il viso tondo e neanche un accenno di barba, Hiccup era cambiato molto in quegli anni.
Era un ragazzo innamorata dei tatuaggi e dei piercing. Anche se non ne aveva nessuno. Era un ragazzo troppo sincero e puro per posarsi su quel falso pianeta, che all'inizio sembrò nuvole bianche, candide, soffici, vere ed e terse come il suo animo. Poi, però, notò che cominciava a inquinarsi, il mondo si stava rubando la vita, era così sporco di tutta quella merda, lui ne fu colpito, così, cambiò. Divenne scuro, dentro aveva le saette, niente poteva sopravvivere. Era tempesta. Coperto di scuro, con dentro i lampi.
-Che guardi?- chiese abbracciandola da dietro, lei si voltò e lo baciò sulla bocca, sentendolo ricambiare.
Con dolcezza, la mano di Hiccup le accarezzo tutta la schiena.
La pelle sembrava ardere lí dove la mano di Hiccup passava in una dolce carezza tanto simile a quella che i principi donavano alle principesse.
Si staccó dalle labbra di Merida per baciarla ovunque.
Prima sulle palpebre chiuse, sentendola ridacchiare, poi sul ponte del naso, lasciandole un piccolo morso che la fece sniffare.
Si accarezzarono incuriositi, con quella strana sensazione che cresceva sulla bocca dello stomaco per poi depositarsi con un che di appiccicaticcio in mezzo alle gambe.
Ma non era davvero appiccicosa o fastidiosa, anzi.
Dolcemente, Hiccup depositó Merida sul letto, sovrastandola con la sua mole mingherlina.
Era sempre stato piccolo, Hiccup.
Nato prematuro, non sembrava adatto a lavorare nell'azienda di famiglia.
Forse, grazie al suo ingegno che l'aveva portato a restaurare un vecchio modello Nokia, sarebbe potuto davvero diventare un fabbro o un inventore, ma avrebbe mai potuto intraprendere il ruolo di suo padre?
Sostituirlo in azienda, sollevare grossi tubi di ferro e portarli come niente fosse su una spalla?
Comandare quella azienda come un capo tribù avrebbe mai potuto fare con i suoi vichinghi?
 
Sarebbe mai stato capace, Hiccup, di guardare qualcuno negli occhi e licenziarlo?
Di sedare le rivolte degli operai che chiedevano più soldi o maggiori diritti?
Avrebbe mai potuto affrontare faccia a faccia una vecchia distrutta o una donna in lacrime e dirle che figlio o marito erano appena deceduti?
La risposta era semplice: No.
Hiccup non avrebbe mai potuto.
O forse, così come si era ritrovato a pensare più volte, non avrebbe mai voluto farlo.
Limitarsi a questo, a una vecchia azienda polverosa, a una casa che sá di chiuso, a una vita così monotona.
Spaccarsi la schiena ogni giorno e poi ritrovarsi un pugno di mosche in mano.
Hiccup voleva volare.
Volare sui draghi, volare su un aereo.
Volare con Sdentato.
E, ora, volare con Merida.
Fu proprio lei a riportarlo alla realtà.
Hiccup sentí le mani della ragazza ridisegnarli le spalle e lasciar cadere a terra il gilet di lana per poi dedicarsi alla camicia.
-Vuoi fermarti qui?- chiese con la voce leggermente roca Hiccup.
-No- sussurrò Merida a un centimetro dalle sue labbra.
Si baciarono ancora e ancora e ancora.
S'unbriacarono l'uno del profumo dell'altra.
Si spogliarono lentamente, aiutandosi.
Hiccup bació ogni centrimetro scoperto della sua pelle, Merida accarezzò con le mani bollenti il moncherino.
Gemettero l'uno nella bocca dell'altra, mentre le mani, biricchime e curiose, si esploravano.
Non parlarono, ma ripeterono come un disco rotto il nome dell'altra.
La voce di Merida era rotta da gemiti talvolta di dolore, quella di Hiccup roca dal piacere.
Le mani si spinsero oltre la soglia del pudore.
Si mostrarono nudi a vicenda.
Hiccup si tolse la protesi e mostró quella cicatrice troppo grande per un' adolescente.
Merida si tolse il vestito e si mostró debole e indifesa.
Si amarono con dolcezza da parte di Hiccup e ardore da parte di Merida.
Si amarono con lentezza, perché ricordassero per bene la loro prima volta.
Si amarono in ogni modo immaginabile.
E in quel momento il sogno di Hiccup cambió.
Non fu più un "voler volare con Merida", ma un "voler vivere con Merida"
Fecero l’amore come se fosse la prima e l'ultima volta, Merida provava uno strano piacere quando sentiva il suo ragazzo gemere sulla sua bocca, assecondando i suoi movimenti, il suo ritmo, provando piacere in tutto il corpo.
Merida strinse le mani tra i capelli di Hiccup gemendo, di risposta il ragazzo la baciò.
-Merida- le sussurrò con voce roca all’orecchio, venendo.
Hiccup si buttò a peso morto sulla ragazza, la guardò ridendo -Non ho mai fatto niente così bello-. Baciandole la punta del naso.
Merida sorrise baciandolo a stampo -Resti a dormire?-
-Dici che posso?-
-Direi che devi- disse prendendo dei pantaloni da calcio dal pavimento e sparendo fuori dalla stanza.
Merida ne approfittò per sistemarsi un attimo, rimettendosi la biancheria intima e sciogliendosi i capelli ormai spettinati.
Tornò cinque minuti dopo con una maglietta in mano -Tieni... se vuoi-
-Grazie- disse Merida infilandosela.
Hiccup tornò nel letto e la invitò ad accoccolarsi sul suo petto, prese il piumone e li avvolse entrambi.
-Buonanotte Merry- disse spegnendo la luce e abbracciando la ragazza.
-Buonanotte Hic- disse chiudendo gli occhi e addormentarsi in quel bel calore.
 
Merida si svegliò al fastidioso suono della sveglia,  il tipico telefono che squillava in maniera insopportabile, finché non si decise a uscire dal tuo nido caldo per spegnere la cornetta.
Con difficoltà, per l'abbraccio del ragazzo, riuscì a far cessare quel fastidioso suono, riportando il silenzio nella stanza.
Sentí Hiccup mugugnare alle sue spalle, e sorrise.
Sorrise nel sentire i rumori di sotto, dove probabilmente la madre e il padre di Hiccup stavano trafficando con gli utensili per cucinare la colazione della domenica mattina.
Sorrise anche se appena tornata a casa avrebbe dovuto affrontare l'interrogatorio di sua madre, che sicuramente sapeva che era andata via dalla festa con Hiccup - grazie a Rapunzel.
Sorrise ripensando alla loro prima volta insieme.
Prima ma non unica.
Al secondo lamento del suo ragazzo, Merida si decise a svegliarlo con qualche carezza sulla testa e baci appena accennati sulla fronte.
Sospiró, notando i non pochi succhiotti - che sicuramente aveva anche lei.
Poi, avrebbe dovuto spiegarli ai suoi.
Ma se questo è il prezzo da pagare per stare con Hiccup, Merida é certa che è disposta a farlo.
Però, Odino, fa in modo che non lo scopra Rapunzel.
Merida può sopportare gli scleri dei suoi, ma non della sua amica.
Questo no!
-Buongiorno- disse con la voce impastata dal  sonno con un lieve mal di testa il ragazzo.
-Giorno- rispose la ragazza massaggiandogli i capelli castani.
Hiccup la baciò sulle labbra, venendo subito ricambiato; provò a spingersi un po' oltre, mordendole leggermente il labbro inferiore.
Agilmente, Sdentato saltó sul letto del padrone proprio nel bel mezzo del bacio.
Si accocoló sul fianco di Merida e per poco non graffió la mano di Hiccup che tentava di risalire il suddetto fianco.
La rossa ridacchió, staccandosi dal bacio e alzandosi con Sdentato in braccio 
-Insomma... scendiamo a fare colazione?- gli chiese con un dolce sorriso, avviandosi verso la porta.
Hiccup la seguí poco dopo, fermandosi sulla porta della cucina quando trovó sua madre intenta a parlottare con una Merida rossa quanto i suoi capelli.
Tanto era preso dalla contemplazione della sua ragazza che lo guardava come ad implorarli aiuto - richiesta che Hiccup ignoró bellamente -, che quasi non notó suo padre venirgli incontro.
Lo notó peró quando gli sussurró qualcosa all'orecchio, e Hiccup rispose istintivamente: "No papà, non ti racconteró come è stato!"'con un tono troppo alto e troppo infastidito per i suoi standard, riuscendo solo a far scoppiare a ridere Stoick, Valka ma anche Merida e, sorprendentemente, Sdentato.
Allora, guardando la sua famiglia lí riunira - con Merida, la sua ragazza, e Sdentato, il suo migliore amico -,Hiccup pensó che non avrebbe mai potuto desiderare di meglio.
 

~Nella vita: sogna, divertiti, canta e balla.
Ma, soprattutto, ama...~

 

The End
a cura di Annapis
E DevilLight

 
                                  
                   

 
   
 
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