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Autore: GettAmourZe    04/10/2017    4 recensioni
Un nuovo viaggio aspetta Ash Ketchum e Pikachu, stavolta in un'avventura intrapresa per riscoprire chi sono e i loro obbiettivi!
Nella regione di Forsia intraprenderanno un viaggio per definire loro stessi. Vagando in un labirinto di dubbi e crescita, dovranno trovare la via per un futuro molto diverso da quello per cui avevano iniziato a viaggiare.
Combatteranno per realizzare il loro sogni e ristabilire l'equilibrio tra luce e oscurità, accompagnati da nuove e vecchie conoscenze... tra cui qualcuno molto speciale.
Amourshipping (AshxSerena)
Genere: Angst, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ash, Pikachu, Serena
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Anime
Capitoli:
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Nota d'autori: 
Ci scusiamo per il ritardo ^^" Speriamo di rimediare con un buon capitolo! Buona lettura!




Episodio 25: Sgarro di dolcezza? Occhio per occhio, dente per dente! 


I nostri eroi continuano il loro viaggio verso Bucalopoli, dove prenderanno la nave che li avvicinerà alla terza lotta in palestra di Ash. Ormai la città è vicina e si possono vedere delinearsi i contorni all'orizzonte…
 
"Eccola li!" puntò il dito Ash indicando l'insieme di edifici che definivano la città di Bucalopoli, una piccola area portuale nata nei pressi di un piccolo promontorio.
"Ora dobbiamo passare solo dalla zona portuale, prendere il traghetto e saremo a Spumopoli nel giro di pochi giorni!" disse mettendosi le mani sui fianchi Lidia. 
"Perfetto! Più è veloce meglio è! Arriveremo prima e così potrò subito sfidare il capopalestra!” esultò Ash alzando un pugno al cielo contento.
Il gruppo si avvicinò verso la zona abitata, dove le piccole casine bianche si ergevano. Sembrava essere rimasto il classico villaggio portuale, indietro con  il tempo e dedicato ai turisti, eppure c’era tutto quello che serviva per abitarvi.
"Quasi sembra casa mia..." pensò Ash tra se e sé "A proposito, è da un po' che non chiamo  mia mamma, devo informarla della situazione" I suoi pensieri vennero interrotti da Brock, il quale indicò il porto, con le navi impegnate nel loro via vai.
“E’ una città piccola ma è centro fondamentale di scambio commerciale o trasporto marittimo” Informò Lidia, facendo loro notare i passeggeri che scendevano e salivano dalle passerelle o i marinai indaffarati a trasportare enormi casse.
"Beh la cosa migliore da fare è prendere il biglietto e poi possiamo partire!" disse l'allenatore andando verso il botteghino. Tuttavia la foga di egli venne fermata da una serranda chiusa e un cartello: "Chiuso. Riapriamo Lunedì”
Ash rimase un po' deluso, soprattutto quando realizzò che quel giorno era Sabato e l’orario di lavoro era passato da un pezzo. Avrebbero dovuto aspettare un’intera giornata e due notti per salire sul traghetto, oltre che qualche giorno per arrivare. “Uhm… peccato, così dobbiamo aspettare ore. Pensando che Spumopoli non è nemmeno la città dove attraccherà la nave ma dovremo arrivarci a piedi”
"Forse era prevedibile..." rispose Brock notando la pazienza strana che Ash aveva dimostrato "A questo punto che ne dite di cercare il centro Pokémon e di fermarci a pernottare?" propose Serena.
Il gruppo fu d’accordo con lei e una volta lasciata l’area portuale si diressero alla ricerca di un centro. Ormai il cielo si era tinto di arancione e il sole si stava tuffando nelle acque cristalline della città.
"Si è fatto tardino..." disse Lidia osservando il cielo "Perché non ne abbiamo trovato nemmeno uno? E’ impossibile che nella città centro dei percorsi nautici non ci sia nemmeno un centro medico per Pokémon”
"Strano, eppure qui mi dice che c’è un centro Pokémon" disse Serena cliccando poi l’icona del Centro Pokémon. A quel punto i suoi occhi sembrarono comprendere la nuova rivelazione. Alzò lo strumento davanti ai suoi compagni. A quanto pare la struttura non era visibile perché era in fase di ricostruzione. “Temo che dovremmo accamparci..." sospirò lei girandosi dietro di sé sentendo l’assenza di qualcuno. “Uh? Avete visto Ash?"
"Mi pareva fosse con noi..." ricordò Lidia. Infatti l'allenatore di Biancavilla era dietro di loro fino a pochi minuti prima, o forse avevano perso la cognizione del tempo? "Non si sarà allontanato da solo di nuovo?"
Brock alzò le spalle conoscendo il carattere di Ash e la sua facile distrazione riguardante i momenti in cui si annoiava. "Magari ha trovato un allenatore e si è fermato a lottare, lo conosciamo fin troppo bene e sappiamo che sarebbe capace di trattenersi ore”
Serena ridacchiò annuendo all’affermazione. Era molto familiare con questo lato di Ash e non poteva negare di amarlo anche per quel dettaglio, anzi in gran parte “Probabilmente hai ragione, direi di andare in piazza e vedere se è lì, altrimenti lo chiamerò con il pokédex!”
"E con questo abbiamo vinto!" esultò Ash alla vista del Pokémon avversario steso a terra K.O.
"Caspita..." si stupì l'allenatore rivale facendo rientrare nella sua sfera il proprio combattente. Non si era aspettato di perdere contro un Pikachu, il quale era certamente più temibile di quanto si aspettasse. "Il tuo Pikachu è fenomenale!"
"Beh, ci alleniamo sempre e poi è il migliore amico da anni! Abbiamo anni di esperienza dietro di noi!" sorrise in maniera sempliciotta Ash, prendendo Pikachu tra le braccia e dandogli una grattatina di complimenti. Dopotutto era lui che aveva lottato.
"Ho potuto notare! Non ci avete dato tregua!" disse l'altro, poi entrambi guardarono l'orizzonte.
"Caspita è tardi!" Squittì Ash spalancando gli occhi, si era completamente dimenticato dei suoi amici, a quest’ora dovevano già essere nella camera di un centro Pokémon. Si sarebbe preso una bella strigliata da Serena se non si fosse mosso, anche se le attenzioni che gli rivolgeva non erano mai disprezzate "Devo raggiungere gli altri! O almeno chiamarli! Saranno già al centro Pokémon!"
“Non di chi parli ma dubito fortemente che tu abbia ragione, il centro medico è in ristrutturazione e quindi in un’area cantiere" Lo avvisò l’altro indicando un gruppo di gru circondate da grossi muri e teli che coprivano la visuale.
"Se allora non c'è un centro medico come fanno gli allenatori a passare la notte o a curare i propri Pokémon? Una città come questa dovrebbe offrire un servizio del genere"
"Beh ci sono alcuni negozi che ospitano i viaggiatori o i turisti a pagamento, mentre gli allenatori gratuitamente. Per quanto riguarda il centro Pokémon, c’è un ospedale per persone non lontano da qui, appena fuori città. Per ora offrono servizio là, dove sta lavorando l’infermiera Joy in attesa della fine dei lavori" Continuò il ragazzo "Io ho parenti qui per questo non devo farmi ospitare, ma se vuoi conosco un negozio qui vicino che appunto offre quel servizio di cui ti parlavo. E’ il migliore in circolazione, i padroni sono molto gentili”
"Mi puoi dire dove è?" chiese il biancavillino ringraziandolo per la proposta. Si sarebbe fatto perdonare dai suoi amici per averli abbandonati.
Il ragazzino cominciò a gesticolare e gli indico a via da seguire "Certo! Da qui svolti a destra, poi percorri la via del lungomare e poi giri al secondo angolo! Lo riconoscerai subito di certo perché c'è il logo di un Carameye sull’insegna!"
"Un Carameye?" si confuse Ash, era la prima volta che sentiva quel nome, probabilmente era un nuovo Pokémon forsiano.
“Oh vero, non devi essere di questa zona. Carameye è  praticamente un Pokémon caramella, con un occhio solo! Non puoi sbagliare!”
“Ok… caramella… grazie mille! Io scappo allora, è stata una bella lotta! Spero di incontrarci ancora e lottare di nuovo assieme!” Salutò correndo via e tirando fuori dalla tasca il pokédex per avvisare i suoi amici.
*“iku ze!”*
Sentì una melodia particolare risuonare attorno a lui. La riconobbe subito ancor prima di poter chiamare gli altri che l’avevano anticipato. Era di sicuro una videochiamata, visto che su consiglio di Serena aveva messo un motivetto che si sentisse subito e gli permettesse di sentire e riconoscere appena risuonava. Doveva ammettere che scegliere era stato abbastanza facile, anche se a volte gli veniva ancora l'infarto quando partiva a suonare all’improvviso. Se accadeva così con il pokédex chissà quando avrebbe avuto un cellulare vero. "Pronto?"
"Ash! Ti stiamo cercando da un po'! Per caso ti sei fermato a sfidare qualche allenatore?" Sentì la voce di Lidia urlargli dietro, sebbene il dex fosse di Serena.
Ash strizzò l' occhio e pregò per il suo povero orecchio "Si..." almeno sapeva come salvarsi dalla predica "Tuttavia, ho trovato un posto in cui alloggiare! Forse.."
"Ah si? Dove?" domandò Brock incuriosito.
"Non ne sono sicuro, mi hanno solo detto  che i proprietari hanno un Carameye" rispose Ash, pensando ancora a quel Pokémon e immaginandosi il suo aspetto.
Serena non comprese subito, non sapendo bene chi fosse un Carameye. Brock e Lidia però sembravano saperlo. "Tutto qui? Allora sarà una pasticceria per forza... e  credo ce ne sia una sola dove siamo in questo momento. Ci incontriamo alla piazza e ci andremo assieme, ok?"
"Ok!..."
 ...
Come promesso, si incontrarono nel bel mezzo del foro principale della città. Serena alzò le braccia per salutare Ash, il quale ricambiò facilmente il gesto "Eccoti! Sempre approfittando delle occasioni, vero?"
"Vero" ridacchiò l'allenatore grattandosi la nuca con imbarazzo "Comunque sbrighiamoci, dobbiamo arrivare e chiedere prima di sera"
Ancora furono tutti d'accordo, seguendo il proprio istinto e le tracce di profumo delizioso che si propagavano nell'aria. Finalmente i ragazzi arrivarono nei pressi di un negozietto molto grazioso, su più piani. C'era un giardinetto confinante e i colori emanati dai dolciumi dietro le vetrine erano davvero invitanti, quasi come non fossero veri e commestibili.
Ash, Serena, Lidia, Pikachu e Brock precedettero all'interno, accompagnati dalla campanellina che suonava appena la porta si apriva.
"Benvenuti!" Li salutò un uomo sulla ventina, con un grembiule addosso alla vita e un buffo cappellino bianco. Portava anche alle mani dei guanti bianchi e tra esse stringeva un frusta elettrica "siete qui per comprare dei dolci?"
"Per quanto vorrei svuotare questo negozio..." iniziò Ash con la massima franchezza e acquolina "Ci è giunta notizia che rendete disponibili delle stanche per gli allenatori in viaggio e vorremmo chiedervi ospitalità per una notte... se possibile"
L'uomo sorrise, appoggiando sul bancone la frusta e togliendosi i guanti "Nessun problema! Potete fermarvi qui da noi! Però vi dispiacerebbe presentarvi?"
Ash realizzò di aver dimenticato di presentarsi, forse troppo distratto dal profumo di dolci "Eh si, ci scusi! Comunque mi chiamo Ash e lui è Pikachu, il mio migliore amico!"
"Pika!" Salutò il topino alzando la zampina in aria con allegria.
"Io mi chiamo Serena" fece un inchino educatamente la ragazza e accostandosi vicino ad Ash.
Delia fu la successiva "Mi chiamo Lidia e sono una detective e anche la capopalestra di Collinopoli"
"Io invece sono Brock e sono un medico Pokémon!" Fu l'ultimo a presentarsi e a chiudere la sessione del gruppo.
Il dolciaio si tolse il cappello e lo appoggiò all'appendino "Io mi chiamo Ernesto e sono il proprietario di questo negozietto! Lo gestisco insieme a mia moglie!"
"Si occupa lei di produrre i dolci? Sembra proprio un cuoco!" Commentò Serena puntando al grembiule rutto brillantinato e sporco di glassa.
"Ehe... vero, non siamo i tipi da comprare e rivendere, noi pensiamo ai nostri prodotti innovativi e originali!" Rispose lui togliendo anche il grembiule per poi essere libero.
Brock si guardò in giro meravigliato, come gli altri suoi compagni, chissà che rischio correvano con Ash all'agguato "Non è grande ma sembrate avere tanti prodotti! Come gestisce tutto da solo?" Domandò dimenticando ciò che aveva detto prima al riguardo.
"Mia moglie mi aiuta! O almeno lo ha fatto ma ultimamente abbia qualcosa di altrettanto dolce a cui pensare!" Si grattò il capo un po' rosso.
"Credo lo sia, è tranquillissimo!" Si sentì una voce provenire dalle scale che portavano fuori dal negozio. Una figura femminile apparve di fronte a loro, con un dettaglio sorprendente e più che visibile. Un bel pancione rotondo che rendeva traballanti le gambe della donna abbastanza esile di braccia.
Serena subito mostrò uno sguardo più che sorpreso ed entusiasta alla vista, anche Lidia condivise gran buon umore. Brock fu già più sulla reazione che mostrava grande stupore e Ash... era indecifrabile.
"Vi presento Clelia, la mia adorata moglie!" esordì Ernesto con un sorriso "E ben presto futura mamma!"
"Per quanto tempo dovrai presentarmi come se io e il nostro bambino fossimo l'ottava meraviglia del mondo?" sorrise la donna lamentandosi e roteando gli occhi all’ennesima presentazione esagerata. "Comunque il piacere è mio!"
"Il piacere è nostro ma... più che altro congratulazioni!" dissero gli ospiti con una nota di stupore.
"Io e Clelia siamo sposati da più di 3 anni ormai e finalmente la nostra vita felice si riempirà con un altra piccola dolcezza, la più dolce che ci sia!" sorrise ancora più contento il futuro neo papà.
"Cara! Cara!" Dietro di lui fece capolino un Pokémon rotondo e fluttuante, con diverse gradazioni di rosa. Lo stesso che aveva visto Ash sull'insegna, erano identici. Aveva un occhio solo e sembrava una pokéball. Il Pokémon guardava il pasticcere con perplessità.
"Oh scusa.." si grattò la testa il proprietario "Non ti ho presentato. Si, lo so che sei dolce anche tu, ma... vabbè lasciamo perdere. Questo è Carameye! Il mio fidato compagno di cucina e vita!"
"E' carinissimo!" sorrise Serena poi inginocchiandosi all’altezza della caramella "Posso analizzarlo?"
"Meye Meye!" annuì lui, non gli dispiaceva affatto. La ragazza prese il suo pokédex e lo puntò su di lui:
"Carameye, Pokemon Dolcemella. Ha un aspetto caramelloso ma in realtà il suo corpo è composto da una sostanza dolce e appiccicoso. Riesce a individuare il livello di dolcezza di un alimento e se lo trova poco appetitoso tende a impreziosirlo sfregando delicatamente se stesso con attenzione su esso” 
"Ed è sempre grazie a lui che ho conosciuto mia moglie e la sua Pokémon!"
"Spritz!" una Spritzee svolazzò nell'aria sentendosi chiamata in causa. Si appoggiò sulla spalla della sua padrona e saluto con l’ala gli ospiti.
"Ancora non ci credo! Sarò il papà più felice del mondo!"
"Tesoro..." lo richiamò per calmarlo la compagna "So che sei contento, ma un po' di ritegno… non vorrai spaventare i nostri ospiti!"
"No, niente affatto!" si affrettò a dire Lidia, personalmente le piaceva vedere delle famiglie felici "Anzi ci fa molto piacere che condividiate con noi la vostra felicità!"
"Però il vostro amico è un po' strano" puntò il dito la neo mamma verso Ash, il quale ancora aveva una faccia da pesce lesso. La bocca e gli occhi spalancati e il corpo floscio. L'allenatore aveva uno strano sguardo negli occhi.
Un’immagine confusa gli comparve in testa. C’erano lui e Serena al posto di Ernesto e Clelia… e… Serena aveva lo stesso pancione della donna. Lo reggeva con amore mentre il ragazzo teneva la faccia appoggiata su esso e ascoltava il bambino che dava dei calcetti o forse era il tentativo di sentirne il battito.
L’allenatore immediatamente prese un colore rosso in volto e cadde in un trans "Ash?" lo provò a scuotere Brock "Ash ci sei?"
"E-Eh?" si riprese subito lui scuotendo la testa e mettendosi le mani sul capo per risistemarsi.
"Che ti è successo? Sembravi lontano"
"N-No, n-niente! Era una cosa m-mia!” Guardò la donna e poi Serena, poi di nuovo… e di nuovo… “E-Ero con la testa persa per tutti questi profumini!”
Scusa plausibile, ma se non si era lasciato coinvolgere prima perché ora? Brock alzò il sopracciglio confuso, mentre Lidia incrociò le braccia soffocando una risatina e scuotendo la testa. Aveva un paio di idee sui cui faceva affidamento. Sperava che Ash fosse rimbambito per una delle due.
“C-Comunque le mie congratulazioni!" provò a scusarsi l'allenatore ignorando gli sguardi indagatori di Lidia e Brock. Serena era l’unica che sbatteva le palpebre confusa e non diceva nulla. "Da quanto tempo è... incinta?" Aveva pronunciato quella parole pochissime volte nella sua vita, sembrava strano.
"Ormai siamo a 9 mesi" rispose Clelia "Ci siamo quasi!"
"Caspita!  Riuscite davvero a gestire il negozio, gli ospiti e la situazione?"
"Oh non è niente, anzi è più Ernesto a fare gli straordinari. Lavora giorno e notte ultimamente visto che non manca molto e si fa prendere dall’ansia al minimo calcetto. Vuole soddisfare anche ciò che non chiedo!” ridacchiò sentendosi soffocata dalle attenzioni.
“Non puoi impegnarti! Inoltre da quando mi hai svegliato una notte per andarti a prendere una piadina con aragosta e salsa di noci non riesco ad addormentarmi senza l’ansia!" replicò l'uomo ricordando il momento con molto ribrezzo. Adorava sua moglie ma i gusti di una donna incinta e gli orari in cui si risvegliano sono tremendamente pericolosi.
“Cos-..?” Ash non terminò la frase che una bocca si avvicinò al suo orecchio sussurrandogli qualcosa. Subito la sua faccia di gonfiò con rossore e si girò verso la peste dai capelli color carota che lo aveva stuzzicato “M-Ma…!!!”
Il dolciaio scosse la testa ignorando la scena dei due e si rivolse al gruppo "Scommetto che avete fame, vero?"
"Eccome" sembrò dire la pancia di Ash con un brontolio. Lidia si mise la mano sulla faccia trattenendo una risata rassegnata "A-A quanto pare?" aggiunse lui con imbarazzo, passato l’imbarazzo delle sue fantasie ora anche quello dello stomaco, non gli davano pietà.
"Beh allora potete scegliere qui in bacheca cosa prendere! Mi spiace non poter offrire niente di salato ma è un po' tardino per preparare da mangiare” si imbarazzò a sua volta il padrone del negozzietto dando loro il via libera ad assaggiare le sue prelibatezze zuccherose.
Il gruppo guardò stupefatto tutte le mensole. Pokebigné, pokémelle, torte, pupazzi di marzapane a forma di Pokémon, caramelle di ogni tipo, zucchero filato, biscotti, macaron, pan di spagna, cioccolata, creme di ogni tipo, cupcakes, crostate… ma soprattutto dolci particolari come pokannoli, gelato, granite, millefoglie… sembravano ravvivare tutta la casa e ringiovanirli come bambini.
“Anzi, prima venite con me. Vi mostro le stanze dove potete passare la notte!" li esortò Clelia a seguirla su pe le scale. Ci volle un po' visto che i gradini erano faticosi per una donna gravida con quel pancione. Con molta pazienza furono finalmente al piano superiore.

Qualche minuto dopo i ragazzi furono pronti per andare a prendere i dolci. Decisero che era buona educazione scendere al piano di sotto a ringraziare Ernesto e Clelia, oltre che augurare buona notta alla giovane coppia appena riempite le loro pance. Sapevano che erano ancora in negozio in quanto avevano menzionato di dover chiuderlo per bene e assicurarsi che fosse a posto prima di andare a dormire. Scesero le scale con passo cauto, sentendo una voce che li fermò.
"Perché continui a tormentarti con questa storia?" Proruppe una voce triste.
"Perché merita di crescere in un ambiente sereno!" Insistette l'altra voce.
Erano di certo i due proprietari. Sembravano discutere di qualcosa di importante, riguardante il bambino.
“Siamo lo stesso in un ambiente sereno, così si riaccendono solo problemi e preoccupazioni, mentre ciò che conta davvero è il nostro bambino e il suo rapporto con te!" Ash si sporse meglio per vedere Clelia, con le mani sullo stomaco e di fronte al marito con sguardo di disapprovazione.
Lui sospirò di conseguenza, non era facile riuscire a far comprendere il suo pensiero. Le opinioni di sua moglie erano sempre state neutre ma a volte di parte. Preferiva il distacco che il confronto, anche se lo sosteneva come poteva "Cerca di capirmi..."
Ash e i suoi amici uscirono allo scoperto, interrompendo l'uomo. Avevano già sentito troppo e origliare era la cosa peggiore da fare, oltre che irrispettosa. "Scusate, stavamo venendo a salutare ma vi abbiamo sentiti e..."
I due si scambiare delle occhiate. La moglie guardò il compagno con disagio. L'aver fatto sentire le loro discussioni agli ospiti era abbastanza spiacevole, più perché potevano dare fastidio o imbarazzare i ragazzi.
"Scusate non volevamo disturbarvi e farvi ascoltare una discussione sui nostri problemi presonali..." incominciò Clelia.
"Non è un problema ma visto che abbiamo sentito… non vorrei essere invasivo però come mai questa discussione così animata?" chiese Ash non gradendo questo genere di litigi familiari. Non gli erano mai andati giù.
“Beh, vedete, si tratta di me…" indicò se stesso Ernesto "O meglio di mio padre..."
"Suo padre?" chiese Brock corrugando la fronte.
"In realtà è da tempo che non sono più in contatto con lui e volevo renderlo partecipe di quello che sta accadendo" espresse con tono di rammarico, non del tutto sincero.
Serena si sentì a disagio a pronunciare quelle parole ma lo fece lo stesso "Beh allora perché non lo chiama? Sarà felice di sentirla sicuramente!"
"Temo sia più complicato tesoro" sospirò mogia Clelia "Mio suocero non ha mai apprezzato la vocazione di mio marito..."
Calò un silenzio tombale rotto poi dalla voce di Ernesto che prendeva qualche tono di rancore "Mio padre è un dentista”
“Un dentista?” Lidia si sentì presa in giro, che razza di coincidenza si trovavano davanti? Bastava quello a spiegare l’odio che poteva essersi istaurato tra i due.
“Si, voleva che seguissi la tradizione di famiglia, di diventare un odontotecnico come lui fin da piccolo. Niente dolci, gioia o stare con gli amici dopo la scuola. Non ne potevo più, non riuscivo a sorridere! Le cose però scoppiarono davvero quando trovai Carameye” Si lasciò trasportare dai ricordi di quei giorni d’infanzia”
“Volevo tenerlo a tutti i costi ma lui era contrario su ogni fronte, così un giorno litigammo e scelsi la dolcezza della mia nuova amicizia. Scappai di casa…”
“Scappò?” Ripeté Serena stringendo la mano al petto “Ma da solo come poteva fare? Non è venuto a cercarti tuo padre?”
“Assolutamente no, non si fece mai vivo e non sembrò particolarmente addolorato dalla mia fuga, provava di certo rancore. In qualche modo me la sono sempre cavato. Entrai subito in un collegio grazie ad una parente lontana e lì iniziai un corso di cucina per principianti. Venni subito notato e tra concorsi e piccole mostre vinsi delle borse di studio. Così, via… entrai in una scuola di pasticcieri e un giorno accordai di fare uno scherzo ad una ragazza con i miei amici. Una bella sacca di crema esplosiva sulla sedia… così conobbi la mia anima gemella!” Si girò verso Clelia trattenendo una risatina. Tornò subito serio e continuò “Da allora è finita come sapete. Ci siamo sposati, abbiamo aperto questo negozio e stiamo per diventare genitori”
“Quindi perché vorresti vedere tuo padre?” chiese Brock, volendo capire le vere intenzioni dell’uomo. Se si odiavano tanto allora che senso aveva volersi incontrare?
Ernesto avrebbe potuto ammettere che non voleva davvero vedere suo padre, ma tutto ciò gli serviva in qualche modo “Perché voglio essere un padre bravo”
“…?” La testa di Ash si alzò per la prima volta dall’inizio del discorso. Aveva sentito di un padre che aveva lasciato il figlio e non si era nemmeno preoccupato di sapere se esisteva ancora, di una vita a crescere tra difficoltà e solo basandosi sull’amore per i suoi cari. Ora diceva che gli serviva vedere quell’uomo per essere un bravo padre? Che assurdità era?
“Perché per quanto io abbia la mia vita ora… prima o poi il bambino chiederà del nonno, voglio fare uno sforzo così potrò raccontargli di averci provato lo stesso anche se faceva male. Soprattutto però mi serve perché voglio togliermi questo peso e sentirmi quindi poi libero di essere un padre migliore. Posso dimostrare a me stesso di essere migliore”
Brock e Lidia annuirono comprendendo il suo desiderio e la sua voglia di tentare un approccio, seppur alquanto folle.
"Ernesto..." provò a consolarlo la moglie appoggiandogli la mano sul braccio "Sai che c’è la mia famiglia..."
"Lo so ma ormai manca proprio poco alla nascita e voglio farlo prima che avvenga” le rispose con sguardo compassionevole.
Serena pensava che tecnicamente era un po' tardi per farlo e iniziare una disputa del genere alle porte del parto era davvero poco conveniente. L’unica cosa a cui riusciva a pensare era appunto il bambino e la oglie che avrebbero finito col essere coinvolti se finita male.
"Beh" si alzò Brock dalle poltroncine su cui si erano seduto. Aveva fare deciso e sembrava pronto ad annunciare una decisione “Dovrebbe essere solo felice di averti come figlio! Hai una famiglia, un lavoro che ami e rende felici le persone e stai per avere un figlio! Ogni padre sarebbe orgoglioso!"
“Il mio è una testa dura..." sospirò il dolciere.
"Vale la pena fare un tentativo!" lo esortò il medico "E se non ne vuole sapere ci penserò io a farlo ragionare. So essere molto convincente se mi ci metto, conosco bene la situazione, ci sono passato personalmente”
“Esatto! Io sono con lui! Vi daremo una mano a far ragionare in fretta quella testa di rapa! A volte un confronto con elementi esterni può porre una nuova prospettiva!” si unì alla proposta pure Lidia.
"Ash? Serena? Voi?” Chiesero i due girandosi verso i propri compagni che non avevano del tutto espresso un parere sulla faccenda. Serena non rispose esattamente a parole, non era molto convinta, però sapeva che non poteva rifiutarsi di aiutare una persona. Si limitò a fare le spallucce, se volevano fare questa cosa li avrebbe sostenuti in qualche modo.
“Tu Ash?” Gli rivoltò la domanda Serena a bassa voce. Ash non rispose subito, anche perché la domanda gli era stata rivolta abbastanza silenziosamente, più come una conferma che una vera richiesta. Era stato dato per scontato che li avrebbe aiutati come sempre, quindi Brock e Lidia avevano cominciato a coprire ogni suono parlando con la coppia.
"Fate un po' come vi pare... se proprio ci tenete va bene"
La risposta fu udita solo da Serena e la sorpresa che provò era più definibile shock, sconcerto e confusione. Quella risposta così negativa cosa voleva dire? Lui voleva sempre aiutare in caso di bisogno, perché non tenerlo nemmeno in considerazione? No, non era possibile, doveva esserci qualcosa che non lo convinceva. "A-Ash... cosa..."
"..." non le servì proseguire, Ash non sembrava più ascoltare nessuno, era perso nel suo piccolo mondo. Sembrava seccato o forse contrario, non molto convinto sull'aiutarli ma non per l'azione in sé, più per cosa dovevano fare.
"Ash..." pensò Serena dispiaciuta, avendo qualche idea di cosa lo turbasse. Sospirò e decise di rimanere in silenzio, non era il momento migliore per parlargli. Aveva previsto che nessuno di loro due avrebbe gradito quell’argomento. Il loro silenzio aveva dimostrato che erano questioni delicate, che riportavano alla mentre pensieri sgradevoli.
"Allora, domani andremo da lui sperando che lavori ancora dove mi hanno riferito” disse Ernesto proponendo lo schema da seguire "E sperando che si sia ammansito"
"Caro, devi proprio?" lo pregò la donna condividendo l’esitazione di Ash e Serena.
"Ci devo provare Clelia. Non c'è altro modo" rispose lui sospirando e confortandola con il suo tocco affettuoso "…E..." si rivolse agli ospiti "Vada come vada, vi ringrazio infinitamente”

Quella sera Serena bussò alla camera di Ash e Brock, sperando che il medico fosse a prepararsi e di poter parlare con Ash in privato. Aveva bisogno di esprimere un’opinione e farlo aprire. “Posso entrare?”
“Entra, entra" rispose calmo l'allenatore, sdraiato sul letto con i suoi boxer da sera e la maglietta per dormire. L’assenza di Brock giocò estremamente a favore di Serena, la quale proseguì all’interno fino ad avvicinarsi al letto di Ash.
Teneva una tazza con una bevanda calda tra le mani, l’appoggiò sul comodino e la lasciò lì mentre si sedette sul letto di Brock per parlare faccia a faccia con Ash "Ti sono venuta a portare un po' di camomilla, di sera c’è fresco e poi… mi è sembrato che ti servisse qualcosa per rilassarti" disse la ragazza mostrando un sorriso dolce e materno.
"Grazie mille per il pensiero Serena, ma non credo che adesso la camomilla faccia chissà ché" rispose lui con un mesto sorriso, fino ad incupirsi "...Senti, è davvero necessario?"
"Cosa?"
“…” Era difficile da dire o da spiegare, ma lui era contrario al progetto, non voleva prenderne parte, preferiva che il dolciere se ne stesse buono e tranquillo "Che domani proviamo a ricompattare la famiglia del signor Ernesto..."
L’unica risposta eventuale che Serena riuscì a dargli fu la seguente: "Beh Brock e Lidia sono d'accordo…” Ed era vero, lei era neutra nella questione, era più preoccupata per Ash, che sembrava perso nei suoi pensieri. Era sicura che pure lui aveva notato, altrimenti non gli avrebbe posto quella domanda.
“Beh però al momento possiamo sperare che vada tutto bene ed esserci per Clelia e il bambino, è il minimo visto che loro non c’entrano. Oltre che non saremo troppo coinvolti così e non possiamo davvero intralciarli” passò sul letto di Ash e gli passò la mano dietro alla schiena per confortarlo.
"Vero..." sospirò lui "Anche se… va beh, lasciamo perdere. Non possiamo impedire nulla” La guardò e le smorzò un sorriso notando i suoi occhi azzurri stanchi “Ora però va a letto, si nota dal tuo viso che devi riposare e non voglio tenerti sveglia inutilmente per le mie paranoie”
“Non sono paranoie… e pure in caso contrario starei qui tutta la notte se ti facesse star meglio” ribatté trattenendo lo sbadiglio che l’avrebbe fatta cadere nel tranello. Ash non poté che mostrare un lieve ghigno e la tirò su, incitandola ad andare a letto.
La ragazza annuì rassegnata e gli passò di nuovo la tazza con la bevanda calda dentro “Bevi lo stesso, ti aiuterà a prendere sonno” gli consigliò con aria premurosa, per poi dirigersi verso la porta “Notte Ash..."
“Pichu Pipika” subito Pikachu le augurò di dormire bene, mentre si accoccolò di fianco al cuscino di Ash.
"Notte Serena" sussurrò vedendola uscire. Perse lo sguardo nel suo riflesso rispecchiato sulla superficie della camomilla. Appoggiò la tazza alle labbra e la sorseggiò velocemente, quasi in un sol fiato. Una volta che il liquido fu completamente bevuto e cacciato nello stomaco, sentì subito la stanchezza farsi viva e il suo corpo si abbandonò al sonno.

L'indomani l'intero gruppo partì di prima mattina verso il centro città, a capitanare tutti vi era Ernesto che dava indicazioni su come raggiungere lo studio di suo padre. Era titubante ma a dargli manforte vi era Brock "...Ci penserò io se le cose vanno male, ci sono passato in queste situazioni, dopotutto come te ho avuto un rapporto conflittuale con mio padre”
Dietro a tutti vi erano Ash e Serena che si erano presi la responsabilità di stare accanto a Clelia in caso di necessità e per restare un po' più estranei alla situazione "Non vi do peso, no?"
"Si figuri" disse la ragazza più giovane sorridendo. Sperava solo di evitare problemi alla donna e al bambino, dopotutto una discussione animata poteva solo far male.
Cinque minuti e loro marcia si fermò davanti ad un portone con sopra una targa incisa: "Studio Dentistico Carrara" mostrava sulla sua superficie.
"...Ci siamo" deglutì il pasticciere, prese un respiro e suonò il citofono.
"Chi è?" si sentì la voce cordiale di una segretaria dello studio. Almeno come primo approccio era molto più positivo che sentire la voce fredda e grave di suo padre.
La sola risposta del diretto interessato fu il silenzio causato dal suo nervosismo. Pensò Lidia a parlare al suo posto ed evitare di sembrare solo dei ragazzini in vena di scherzi. Non gli avrebbero aperto mai altrimenti… e di certo non era un buon inizio in confronto a ciò che li avrebbe aspettati. "Vorremmo, se possibile, avere una visita"
"Avete un appuntamento?"
La detective si girò verso l’uomo che sudava come in una giornata di caldo afoso, era in totale panico. "No ma non può più aspettare” ed era vero quello che aveva appena detto.
"Molto bene allora... entrate" La porta si aprì e tutti entrarono dentro lo studio. La tensione era così alta che se fosse stata una torta manco un coltello l’avrebbe tagliata,
Si sistemarono nella sala d’attesa e videro un uomo sbucare da un corridoio e dirigersi verso l’uscita. Non vedendo nessun altro nei paraggi di certo doveva essere l’ultimo paziente della mattinata. Attesero il permesso di far entrare nello studio medico Ernesto, il quale sembrava un bambino in attesa di un vaccino: disperato.
"Il prossimo?" chiese una voce da dentro la stanza.
Brock e Lidia annuirono facendogli segno di darsi una mossa a rispondere e andare. Di questo passo si sarebbe fatta notte, se non c’erano loro di certo non avrebbe nemmeno varcato la soglia della struttura. Non si meravigliavano che negli ultimi mesi non aveva mai fatto una mossa. "S-Sono io..." alzò la mano tremolante Ernesto.
“Prego”
Il dolciaio si allontano dalla moglie e gli amici e si fece strada verso l’interno della stanza. Si sentiva l’odore di disinfettante, uno diverso dagli altri, quello che solo suo padre usava per i suoi pazienti e strumenti. Già ebbe i brividi sentendosi piccolo come un tempo. Il medico, girato di spalle gli indicò la sedia e lo invitò a sedersi, cosa che fece subito.
"Apra la bocca e vediamo i danni..." ordinò il dottore.
Ernesto aprì la bocca e il dentista iniziò a controllargli ogni singolo dente, gengiva compresa “Sembra tutto a posto… si vede che è abituato a mangiare dolci, visto che i denti hanno una patina caratteristica. Non le converrebbe lasciare ai bambini questo genere di alimenti?” terminò lui togliendosi i guanti e lasciando libero i paziente di muovere la bocca.
“Beh, con il lavoro che svolgo sarebbe davvero difficile non assaggiare le mie creazione” Rispose mettendosi la mano sotto la mandibola e massaggiandola.
L’uomo alzò il sopracciglio con aria investigativa e malumore. Un altro pasticciere che esagerava come sempre “Mi avevano detto che era urgente ma non mi pare di notare nulla di così negativo da farla correre qui” Qualcosa non lo convinceva. Quel tipo di dentatura e la posizione… li aveva vista una sola volta nella vita.
Ernesto non riuscì a trattenere la bocca e una frase naturale gli uscì da essa, riportando alla mente tanti ricordi “Il bigné più minuscolo al mondo potrebbe nascondere molta più crema del più grande” mormorò fermando il tempo.
Fu allora che una strana luce invase la mente del dottore. Si girò e lo guardò con occhi comi di stupore, il suo sguardo nascondeva anche risentimento. Conosceva bene quella frase che aveva sempre odiato. E trovarsi lì l’autore lo aveva semplicemente spiazziato.
"Sono io padre…" fu l'unica cosa che il figlio riuscì a dire guardandolo negli occhi, per poi abbassare appena lo sguardo, non di certo per vergogna ma per l’ambiguità della situazione.
L'uomo più vecchio rimase inizialmente scioccato, il suo viso pareva come bloccato. Si ritrasse indietro lentamente, appoggiando gli strumenti sul tavolino con cura. Ancora gli era difficile elaborare quello che aveva sentito. Scosse la testa e lo guardò abbastanza impassibile "Che ci fai qui?"
"È passato tanto tempo. Sono qui per parlare..." rispose enfatizzando il termine finale, chiaramente chiedendogli un po' di tempo, era una cosa abbastanza lunga e particolare. Non era un discorsetto qualunque da fare in pochi minuti o una parlantina tra paziente e medico.
Il dentista abbassò lo sguardo "Ho finito i pazienti per oggi quindi va bene, possiamo andare a casa mia se vuoi per forza dirmi qualcosa"
"Ti ringrazio..." poi si ricordò di un dettaglio e preferì avvisarlo "Ah ci sarebbero... anche mia moglie e degli amici"
"Amici?"
"Ospiti, mia moglie è incinta e non si sa mai cosa può succedere" non aveva subito trovato la forza di dire della gravidanza e del suo ruolo di futuro papà, però era un dettaglio non trascurabile.
Il viso del dentista si illuminò appena e divenne visibile per qualche secondo. Sembrava sorpreso, non troppo, ma era già tanto così. "Ah si...? Quindi diventerete genitori" la sua era più un'affermazione quasi per colpevolizzarlo, tuttavia il figlio non la colse.
"Allora..." iniziò lui assumendo che se ne sarebbero andati subito assieme.
"Aspettami fuori, devo sistemare il mio studio" lo liquidò il medico cominciando a sterilizzare i suoi strumenti. Sembrava voler star solo per un attimo.
Ernesto seguì l'indicazione e uscì dalla porta, lasciandosi alle spalle per un momento il genitore e sentendo di nuovo il flusso d'aria tornare ai polmoni. Alla fine era meglio così che stare in silenzio a guardarlo e mettere entrambi a disagio, o almeno se stesso di certo visto che si suo padre non aveva molte idee.
 
Attese fuori con gli altri l'arrivo del dottore che uscendo abbassò la serranda e fece loro strada per la villetta in cui abitava, vicina a dove lavorava e quindi per lui comoda.
Entrarono, vennero accompagnati in salotto e si disposero con calma. La moglie stava seduta vicino al marito, con Serena e Ash dietro il divanetto che osservavano la scena silenziosi più di chiunque altro. L'allenatore per canto suo si sentiva molto seccato e sapeva che ciò che avrebbe seguito non sarebbe stato piacevole  per nessuno. Non era una favola o una fiaba e certe cose non si chiudevano mai facilmente, tantomeno venivano sistemate. Era lì solo perché Brock e Lidia avevano insistito e perché la donna incinta poteva anche stressarsi troppo e mettere in pericolo se stessa e il bambino, ultimo dei suoi desideri. Quel piccolo aveva bisogno di una famiglia serena e felice.
"Allora... a cosa devo questo ritrovo... dopo anni? "
Già la prima frecciatina, si iniziava male. Questo era impossibile da non cogliere.
Il pasticciere portò pazienza e sospirò "Nulla di speciale..."
"Sei qui per chiedere una mano economicamente? Sai badare ad un figlio è impegnativo, soprattutto se il proprio lavoro non permette grande stabilità" continuò l'anziano cercando di non rendere troppo evidente il suo sarcasmo.
"Non sono qui per nulla di ciò, soprattutto nemmeno per litigare su ciò che è successo anni fa. Il mio lavoro mantiene perfettamente me e Clelia e il bambino starà bene" rispose con tono consapevole delle sue azioni.
"Ben per te..." il vecchio decise di cambiare argomento "Che sesso è il bambino? A quanto siete?"
Stavolta fu Clelia a rispondere, sebbene il nervosismo che provava in quel momento "sono ormai alle porte del nono mese, probabilmente il bambino sarà un maschio" per il bene di tutti almeno lei cercò di essere cortese, in fondo anche se ogni questione riguardante il marito la collegava e la famigli era unita, non era diretta interesse dei litigi dei due uomini.
"Hm"
"Proprio però per il bene del bambino vorrei... fare ammenda"
Il dentista quasi ci sperò a godere del suo rammarico. "Sei qui per scusarti di ciò che hai fatto più di 15 anni fa?"
"Non andare troppo oltre" si permise di tenerlo con i piedi per terra "Sono convinto di ciò che ho fatto, ma per sentirmi bene con me stesso, come padre e non avere pesi sulle spalle voglio chiudere un capitolo vecchio e iniziarne uno nuovo"
Il vecchio rimase silenzioso, con il capo appoggiato alle mani come se fosse in ascolto di qualche storia.
Ernesto continuò osservando la pancia di sua moglie, come e il figlio fosse già nato "Soprattutto per il bambino, merita un pò di serenità. Non ha colpe di quello che è successo tra noi"
Calò il silenzio nella stanza, Serena e Ash osservarono bene le reazioni che il corpo del padre del dolciere trasmetteva. Pareva tranquillo, non di certo qualcuno così trepidante a litigare.
"Quindi tu sbuchi fuori dal nulla, anni dopo che sei fuggito di casa per un capriccio, con una moglie incinta... e mi chiedi di dimenticare quanto è successo?"
"A parte la scelta di parole errate che hai usato? Si"
Altro silenzio, sembrava quasi davvero intento a pensarci, eppure qualcosa convinceva Ash che non sarebbe andata come speravano. Se credevano che era così facile si sbagliavano e lui aveva detto fin dall’inizio che non funzionava quel piano.
"Scordatelo. Non mi interessa, puoi fare quello che vuoi. Per me il ruolo che avevi come mio figlio lo hai buttato nella spazzatura " aprì un occhio seriamente, fissando Ernesto con disprezzo e serietà "Stessa spazzatura di cui è fatto il tuo sogno e con cui si rovinano i denti migliaia di persone"
A quelle parole il dolciere non riuscì a trattenersi, credeva di avere un minimo di autocontrollo ma ogni previsione e preparazione andarono in fumo. "Fu la scelta migliore della mia vita! Non hai mai avuto il minimo desiderio di cercarmi o pensare alla mia felicità. Ti chiedo di farlo per tuo nipote e non per me!"
"Con tutto quello che ho fatto per te! Sii più riconoscente e umile verso chi ti ha cresciuto negli unici anni sensati della tua vita!" Lo rimproverò sbattendo le mani sul tavolo.
"La mia famiglia e passione non sarebbe sensata!? È tutto per me e rifarei mille volte quello che ho fatto per loro! Mia moglie, mio figlio e Carameye!"
A quel punto anche chi non era proprio da venire fatto notare fu coinvolto nella lite. Lui che a stento era riuscito a farsi accettare in quella casa quel giorno.
Il vecchio puntò il dito sulla caramellina Pokémon con disgusto. Non aveva potuto scegliere Pokémon peggiore, pur di tenerlo aveva mandato all'aria il suo futuro. "Quello sgorbio ti ha solo dato la spinta per diventare un'idiota totale e ti ha portato a fare quella vita che ti ritrovi. Tua moglie? Forse l'unica con un minimo di buonsenso che solo a guardarla in faccia si capisce non voleva essere qui. Ti avrà parlato e tu non l'hai ascoltata, come sei solito fare. Era meglio se te ne stavi dove eri. Sinceramente non so cosa ci trovi in te e mi spiace solo per tuo figlio che avrà un padre come te!"
Le parole dell'uomo lasciarono a bocca aperta tutti i presenti, i quali ora si che si sentivano a disagio. La donna tremò appena, sul punto di scoppiare a piangere per una crisi depressiva. Serena le appoggiò le mani sulle spalle e la tranquillizzò con voce bassa e dolce, coperta dalle urla dei due uomini.
Ash lo osservò con rancore e shock, i suoi pugni serrati, mentre Lidia e Brock cercavano invano di sistemare la situazione.
"Sono venuto qui con le migliori intenzioni, perché devi fare sempre la testa di Magikarp!?"
"Bada al linguaggio! Le tue intenzioni sono le migliori delle nullità! Hai solo sprecato tempo, dovresti pensare a te stesso invece di venire qui senza delle scuse e senza intenzione di cambiare e porre quel poco rimedio alla tua vita per il bambino! Dovevi startene a casa tua!"
“Non che ti sia importato quale fosse la mia vera casa! Hai controllato la mia vita e poi quando sono sparito nemmeno mi hai certato! Che padre credi di essere!? Io almeno lascerò la scelta a mio figlio su quello che vuole fare e lo sosterrò!”
“Speriamo che allora prenda qualcosa da me e abbia più buon senso e scelga un lavoro più dignitoso che lo distingua dal suo padre miserabile!”
Ash sentì una scarica prenderlo al cuore, un’immagine tremenda gli attraversò la testa, mai vista prima ma tante volte immaginata. Una ragazza che teneva una mano sullo stomaco e piangeva, cercando di mostrare un sorriso disperato. La solitudine che la circondava e le ombre di tante persone che si gettavano su di lei spegnando anche quella poca luce rimasta. Un’altra figura maschile scappava da lei correndo come se fosse una furia, sparendo del tutto e lasciando l’altra ad annegare nelle sue lacrime. Tuttavia la ragazza riusciva lo stesso a tenersi a galla e faceva di tutto per salvare il suo bambino.
Sentì colargli una lacrima sul viso…
L'allenatore lanciò degli sguardi sui due che urlavano senza trattenersi e trasmettevano un senso di dolore pazzesco, poi osservava la povera Clelia che si copriva le orecchie con le lacrime che le rigavano gli occhi e la testa bassa. Si reggeva il pancione come se il bambino da dentro sentisse tutto e soffrisse da morire. Gli occhi nocciola di Ash erano sbarrati e la bocca formava una smorfia simbolizzante la stretta ce sentiva al cuore.
Il ragazzo cominciò sempre di più a irrigidirsi, il sangue bolliva e pulsava.
"ALMENO PENSERÒ A MIO FIGLIO A DIFFERENZA DI QUELLO CHE HAI FATTO TU!"
"LO FARAI SOLO DIVENTARE UNA NULLITÀ COME LO SEI TU!"
"...B-Basta..." mormorò la moglie del pasticciere quasi in agonia.
“Potevi anche sparire del tutto!!”
“Ormai l’errore di permettere la nascita di un figlio inutile l’ho già fatto!!!”
"ADESSO BASTA!!!!" si sentì un grido che copri le urla altrui e face cadere la stanza in un silenzio tombale. Ash cominciò ad espirare pesantemente, avendo raccolto tutto il fiato che poteva. Era tutto  così assurdo e ridicolo, ma soprattutto ignobile... ne aveva avuto abbastanza. Si sovrappose tra i due e diede loro una spinta per separarli di qualche metro.
"Ehi ma come ti permetti?!" Si lamentò l'anziano anche se la spinta ricevuta era un nulla di fatto.
Ash voltò lo sguardo minaccioso su entrambi i due, mentre Serena aveva voltato gli occhi su di lui con stupore e dispiacere.
Persino Clelia staccò le mani dalle orecchie, non aspettandosi quel gesto. Nessuno se lo era aspettato, era impossibile per gli altri prevedere quell'esplosione e capirne il perché.
"Vi state comportando come degli ignoranti ragazzini! Persino un bambino neonato si atteggerebbe meglio di voi!" Alzò la voce "Litigate come due stupidi egoisti e pensate solo a voi stessi! Non vi vergognate nemmeno di quello che sta passando Clelia!?"
Si voltò verso l'uomo più vecchio puntandogli contro il dito "Che lo voglia o meno è sua nuora, quello suo nipote e alla sua età dovrebbe avere un minimo di maturità invece di attaccare con certe frecciatine! Si crede tanto superiore da potersi considerare un padre da premio oscar quando si è fregato di suo figlio!? I suoi sogni li doveva seguire in altro modo e lei non è NESSUNO per decidere cosa è giusto o sbagliato e se deve essere felice o no di come è adesso. Soprattutto non è assolutamente nessuno per determinare il padre che Ernesto sarà!”
Abbassò la mano sentendo ancora quelle parole terribili colpirlo come delle pallottole chiamate passato simile. Abbandono e negligenza… errori e vita… “Lo ha appena rinnegato davanti a tutti definendo colui che è sangue del suo sangue inutile! Sperando non nascesse nemmeno! Ha idea di quanto sia preziosa la vita e della fortuna e onore che ha avuto ad avere un figlio così? O almeno ad averne uno!? Dovrebbe solo essere felice e orgoglioso!”
Indicò poi la donna seduta sul divano “Suo figlio sta per vivere il momento più bello della sua vita permettendo di far nascere un nipote per lei e le vuole dare una possibilità per entrare a far parte della sua vita! Non meritava nemmeno di saperne l’esistenza di quel povero bambino! Si dovrebbe vergognare!"
L’anziano rimase atterrito dai rimproveri e  non riuscì subito a rispondere nonostante la rabbia di essere stato appena criticato da un estraneo.
Se però Ash era considerato sfogato allora era tutto solo un miraggio. Infatti il biancavillino si girò verso Ernesto, con occhi pieni di rabbia, forse più furioso di quanto non lo fosse con il padre "Ma soprattutto tu! Cosa ti salta in mente!? Non pensi neanche un po' alla tua famiglia? Dici di voler realizzare questo obbiettivo per loro ma oggi hai dimostrato che è solo una questione personale che non riguarda affatto il resto dei tuoi familiari! Non commento il tuo passato, commento il presente e ti avverto del futuro che stai causando pure tu!”
Di nuovo portò tutti a guardare Clelia, la quale era stupita da quel ragazzo, non del tutto in senso negativo “Clelia è tua moglie e non vedi come la fa star male tutto ciò!? Come pensi che starebbe tuo figlio!? Volevi evitare tutto ciò e invece stai solo buttando benzina sul fuoco! Hai tante colpe quante tuo padre per quanto riguarda oggi e il tuo pensiero dovrebbe essere solo la tua famiglia invece di cercare di fare il padre modello sistemando ciò che ormai è il passato!” strinse i pugni attingendo ad una parte del suo passato per fargli da carburante, parte che odiava a morte. “Tu sei indipendente e la figura di tuo padre è un'altra! Non deve determinare il tuo essere papà! Se si mette in mezzo e riduce così male Clelia e il bambino allora le tue parole sono solo quello che sono: parole! Sprecate al vento, dimostrano che non sei onesto con nessuno e nemmeno te stesso! Avresti dovuto pensare prima a loro e lasciar perdere tuo padre! Non hai bisogno di lui per esserlo anche tu e di esserlo meglio di lui! Puoi avere tutte le intenzioni buone di questo mondo e si giustificano le debolezze e insicurezze ma stai mettendo al primo posto solo il tuo benessere e causando l'opposto a chi vorresti aiutare!"
Rimasero tutti a bocca aperta di fronte a quelle accuse e sfuriate che Ash stava lanciando ad entrambi. Ernesto non sapeva come difendersi, anzi non poteva di fronte alla verità. Osservò sua moglie e si vergognò di se stesso, il solo sguardo sofferente di lei che copriva lo stonaco con disperazione lo faceva sentire... come suo padre.
"Non è una gara o un titolo da raggiungere! Credete di essere tanto diversi ma alla fine siete uguali! Cercate l'un l'altro quando potreste farne a meno e il vostro solo contatto reca dolore a tutti quanti compresi voi stessi! L'essere padre allora per voi non ha proprio nessun significato perché le intenzioni non determinano i fatti! NESSUNO DI VOI DUE MERITA DI CUSTODIRE UN LEGAME PREZIOSO E STUPENDO COME QUELLO!"
Si sentì qualche respiro affranto, qualche mormorio di shock a cui non appartenevano parole. Si girò incrociando lo sguardo di Serena affranto e i suoi occhi lucidi, come se stesse soffrendo con lui.
"A questo punto se non fosse per Clelia e la vita stessa che merita il bambino, forse starebbe meglio senza nascere… Devo ancora sperimentare ciò che vuol dire diventare padre e spero di farlo un giorno… ma di certo so che non agirei come voi…” Prese il suo cappello, lo zaino e se ne andò sbattendo violentemente la porta.
Tutti rimasero scioccati, allibiti, pietrificati davanti a quella reazione. "M-ma cosa è successo?" chiese Brock alquanto scosso non riuscendo bene e parlare. Quello che aveva appena visto poteva non sembrare Ash, ma le parole dell’allenatore e l’agonia con cui le aveva dette avevo dimostrato quanto stesse parlando con il cuore.
Ormai non c’erano più dubbi che aveva immedesimato se stesso in quei due uomini, che aveva parlato basandosi su esperienza personale. Il silenzio dei presenti dimostrava quanto fosse stato chiaro.
Brock riuscì a collegare il tutto a qualche piccola menzione fatta da Ash nei suoi anni di viaggio, di cui non era mai riuscito a parlare molto apertamente. Era successo a Sinnoh una sera, l’unica in cui si era confidato appena, ma poco più di un accenno.
Anche Serena e Clelia si alzarono insieme e se ne andarono a cercare Ash, non riuscendo più a respirare l’aria pesante e disagiante che si era creata.
"Bene allora!" si alzò con calma ma  serietà Ernesto “Me ne vado! Abbiamo causato abbastanza” Si sentiva in colpa pure lui per il suo comportamento, non aveva nemmeno avuto dubbi sulla sua famiglia, su cosa li avrebbe fatti star male davvero. Si sentiva un completo idiota, aveva persino messo a disagio i suoi ospiti.
Il medico Pokémon prese per mano Lidia e la guidò fuori dalla stanza, ormai non c’era nessun motivo per starsene lì. Tanto valeva raggiungere Ernesto e gli altri. Era preoccupato per Ash. "Non sarebbe dovuta andare cosi..." mormorò chiudendo la porta del salotto dietro di sé e dirigendosi verso l’uscito.
Ash era riuscito a calmarsi ma evitava di rivolgere lo sguardo a chiunque o di parlare, non ci riusciva semplicemente.  Stava passando per l’antagonista della vicenda, quei due facevano solo un errore ad insistere di incontrarsi.
….
Fu deciso per un momento conveniva separarsi e prendersi un attimo di tranquillità. C’era ancora il pranzo da preparare ed erano a corto di ingrediente per mangiare un pasto normale. Venne accordato che i due ragazzi più giovani sarebbero andati con Clelia per non farla stancare troppo, mentre Brock e Lidia avrebbero seguito Ernesto, cercando di aiutarlo ad affogare il suo dolore in una spesa al supermercato.
L’arrivo fino alla casa fu tranquillo per certi versi, Ash camminava con le mani in tasca, mentre Pikachu cercava di tirarlo su. Serena invece si limitava ad osservarlo con distacco e tristezza, voleva tanto far qualcosa ma le sarebbe stato impossibile. “Volevo chiedere scusa per quella reazione" Balbettò Ash quando raggiunsero la residenza. Aveva perso letteralmente la ragione in quei momenti, o forse aveva pensato fin troppo a cose che non doveva ricordare.
"Eri sotto pressione, non è colpa tua. La scenata deve averti condizionato e fatto sentire molto a disagio. Piuttosto siamo noi a doverci scusare con te per averti fatto assistere. In un certo senso ti sono riconoscente per la lavata di capo che ai dato a mio marito e a mio suocero, per quanto mi spiaccia per loro un po' se la sono cercata” lo consolò con fare materno, ricordandogli un attimo la sua di mamma.
Doveva ancora chiamarla, in quel momento ne aveva bisogno. Non gli importava se era già grande e vaccinato forse troppo per correre dalla madre in momenti difficili, c’erano momenti e situazioni in cui serviva sentire la sua voce per star meglio.
"Tutto bene? La vedo affaticata…" chiese Serena preoccupata alla donna, vedendola esitante nell’aprire la porta, come se una forza interna la trattenesse.
“T-Ti ho già detto che puoi darmi del tu cara…” Provò a dire flebilmente, ma più parlava, più la sua pelle diventava pallida. 
Ash e Serena subito si scambiarono uno sguardo allarmati e si avvicinarono alla donna prevedendo i suoi movimenti. Clelia non riuscì ad afferrare la maniglia, una strana sensazione di vertigini la colpì e… tutto si bagnò.
I due allenatori riuscirono a prenderla prima che crollasse a terra, reggendola più che potevano. “CHE SUCCEDE!?” esclamarono preoccupati.
Serena abbassò la testa, notando delle gocce cadere sul pavimento, sembrava acqua ma la consistenza era ben diversa, più densa poteva dire. A quel punto i suoi occhi si sbarrarono e le pupille divennero piccole. “Oh… mio…”
Pikachu pure abbassò il musetto e annusò, odorando si capì chiaramente che non era acqua ma qualcos’altro che riconobbe anche senza averla mai sentita. “P-PIKA!?”
Ash non colse il segnale, ancora non capiva cosa succedeva, tuttavia era di certo molto in ansia e stava perdendo la lucidità “Che sta accadendo!?”
"C-Credo sia il b-bambino... h-ho rotto le acque…"
"COSA!?" urlò sconvolto il kantoniano sentendo il cervello annebbiarsi di colpo. Voleva fosse uno scherzo, anzi pregava Arceus lo fosse davvero con tutto il suo cuore e buona volontà.
"S-Sento che non r-resisterò per molto… chiamate u-un a-ambulanza…”
La prima cosa che fecero fu portarla alla stanza più vicina e la stesero sul letto per non farla stare sul pavimento. La futura mamma voleva tanto rannicchiarsi e contorcersi per il dolore ma in quella posizione le veniva difficile e si sentiva impotente con il bambino che premeva con tale forza “Ash chiama subito un’ambulanza!”
"C-Certo! So che c’è un ospedale fuori città, non ci metteranno molto!!" ubbidì subito avvicinando il pokédex alla bocca e attendendo che dall’altro capo qualcuno rispondesse. Quando accadde il ragazzo iniziò subito a sparlare in fretta e furia "P-PRESTO! C'E' U-UNA DONNA CHE S-STA PER A-AVERE UN B-BAMBINO!"
"Ci dia l’indirizzo e arriveremo il prima possibile!"
"Non so la via ma è la pasticceria con il simbolo del Carameye! In centro città! Sbrigatevi qui sembra sul punto di farlo nascere!!"
“Prima del parto passa sempre un po' di tempo, il travaglio può durare ore quindi si cal-…”
“Allora non mi ascolta! Ho detto che sta per partorire! In questo caso il travacoso o come lo chiamate voi dura poco! Muovetevi!!” perse la pazienza Ash a denti sbattenti, non riusciva a far capire loro che il bambino stava nascendo subito. Per quanto ne sapeva i tempi di un parto variavano a seconda della mamma.
"Arriviamo subito! Cercate di gestire la situazione!"
"C-Come gestire la situazione!?" ma l'allenatore non ricevette risposta, l'operatrice aveva già chiuso la comunicazione "P-Pronto!? Pronto!? Accidenti!” chiuse il pokédex frustrato e tornò dalle due con  aria palesemente preoccupata e poco controllata. Non serviva spiegare, entrambe avevano capito benissimo.
Ash e Serena a quel punto non sapevano più cosa fare…

"Non lo capisco, davvero non lo capisco" disse Ernesto prendendo farina e zucchero da uno scaffale "Non vuole neanche conoscere suo nipote! Solo perché ho intrapreso un percorso differente dal suo!"
"Non so cosa dirti… purtroppo mi è sembrato chiaro il suo modo di pensare" lo consolò Brock mettendogli la mano sulla spalla.
"Scelta sua..." sospirò Lidia " Però non sa cosa si perderà... la felicità di avere un nipote e stare con lui..."
Ernesto sospirò, smettendo di leggere gli ingredienti dietro al pacchetto di dadi da brodo “Se per questo anche io mi sento orribile… il vostro amico è stato molto chiaro a mettere in evidenza i nostri errori. Mi sento un padre e un marito terribile…”
Lidia lo tranquillizzò subito, cercando di fargli capire che non doveva pensare così “Non è vero! Forse Ash avrà avuto ragione su alcune cose, ma era arrabbiato già di suo e quindi ha perso la pazienza e esagerato! A volte è una testa matta!” ci rise sopra piano per tirarlo su.
Brock però stavolta obbiettò, sapendo che Ash stava addossando il ruolo normalmente appartenuto al Team Rocket: l’antagonista. Tuttavia aveva anche lui dei motivi, seppur credevano avesse esagerato "Ash… si è comportato così perché… credo sia..."
"Cosa?" chiese Lidia.
Il ragazzo scosse la testa e si fermò, ritirando ciò che aveva detto. Non era compito suo dire quelle cose, soprattutto se non sapeva la storia completa. Eppure prima o poi sarebbe andato da Ash e avrebbe chiesto un quadro completo. Poteva far soffrire ma lui era suo amico e lo avrebbe sostenuto. Persino Serena, ormai non si stupiva più, sapeva di certo di più al riguardo… lo dimostrava bene. "Niente...”
Una chiamata impedì a Lidia di chiedere spiegazioni, ammutendo tutti e tre. Ernesto tirò fuori il telefono e lo appoggiò all’orecchio "Pronto?"
"Grazie al cielo! Sono Ash!”
“Ash?”
“SI! DOVETE VENIRE SUBITO!” si sentì urlare dall’altro capo della linea.
Brock e Lidia subito si avvicinarono allarmati per sentire “Che succede!?” Ernesto domandò preoccupato, percependo quanto sembrasse sconvolto Ash. Non era successo nulla a Clelia e il bambino, vero?
“CLELIA STA PER PARTORIRE!”
"C-CHEEEEEE!?" Quasi gli cadde il telefono dalle mani.
"NON C'E' TEMPO! TORNATE IMMEDIATAMENTE!" Detto questo chiuse la comunicazione.
"H-Ho sentito bene!? Sta nascendo!?" si spaventò Lidia.
"Dobbiamo raggiungerli... subito!" annunciò Brock lasciando perdere il carrello della spesa e correndo verso l’uscita, seguito dagli altri due.
Tra un problema e l'altro, quando Ernesto e i due aiutanti furono di ritorno in casa non c'era nessuno, probabilmente Clelia, Serena e Ash erano già arrivati in ospedale. La loro speranza era che Ernesto arrivasse in tempo e il parto non fosse immediato o almeno quello era il pensiero del padre che voleva assistere. L'altra vocina nella sua testa però  voleva solo il meglio per la moglie e il nascituro e un parto veloce era meglio di certo.
Fu così che arrivarono un'ora e mezza dopo verso la struttura medica. I due amici non erano da nessuna parte, o almeno di quelle accessibili. Se non erano in corridoio potevano essere sul tetto, qualche parte esterna, una sala d'attesa o al bagno? Ci avrebbero pensato dopo.
Ernesto corse al banco informazioni e subito si avventò sull'infermiera "CLELIA CARRARA!!! DOVE È!?" Urlò subito facendo girare tutti nella hall.
La receptionist subito si ritrasse indietro e controllò i registri in fretta. Sapeva come funzionava con le donne incinta e i padri in ansia erano routine. "Stanza 317, al settimo piano" indicò le scale dove subito sparirono i tre.
Salirono fino ad arrivare sul luogo indicato ma di Ash e Serena nessuna traccia, si aspettavano di vederli fuori in corridoio, eppure non era così. Oltre al fatto che la porta era leggermente aperta e quindi sembrava lasciare il libero accesso alla stanza.
"Prova a bussare!" Lo incoraggiò Brock senza però nemmeno fare a tempo a finire.
L'uomo subito aprì e si precipitò all'interno "Tesoro!!!"
Tre volti si girarono verso l'uomo, osservandolo tutti con espressioni diverse. Clelia era a letto e teneva un fagottino tra le braccia, il bambino al suo interno era coperto da una copertina blu. Serena e Ash erano oltre il letto, sull'altro lato che dava alle finestre. La performer era chinata con ammirazione e meraviglia verso la madre che allattava il figlio, mentre Ash se ne stava girato verso il vetro, rigido e imbarazzato. Le orecchie rosse dovevano significare che anche il resto della faccia era così. La kalosiana appoggiò una mano sulla spalla del ragazzo, come per confortarlo di qualcosa.
"Caro..." mormorò esausta Clelia separando il pupo dal seno segnando la fine della pappa. Si sistemò il camice da ospedale e a quel punto diede l'ok ad Ash di girarsi, il quale quando si voltò aveva una faccia tra il traumatizzato, lo sfinito e l'intenerito.
Ernesto si avvicinò al letto e si inginocchio vicino al bambino e alla moglie con gli occhi colmi di lacrime "C-Come stai!? H-Ho fatto il prima possibile e-e.. mi spiace di non essere arrivato in tempo"
Un sorriso comprensivo si formò sulle labbra della donna, la quale gli diede un bacio e passò il bambino al marito con delicatezza. Lui lo guardò come se fosse un tesoro e lo avvicinò al petto commosso. "C-Ciao p-piccolo..." la sua voce era rotta dalle lacrime di gioia che provava in quel momento.
Si era scordato di tutti i litigi vissuti, del malumore e dei pensieri negativi. Tutto era volato via al contatto con suo figlio. Era un sogno che si realizzava, era tutto ciò che contava al momento.
I due allenatori già presenti nella stanza si scambiarono degli sguardi dolci, anche loro rallegrati dalla scena. I loro occhi trasmettevano un certo senso di sollievo, come se ne avessero passate tante.
"A-Abbiamo già deciso il nome, no?" Domandò la conferma di ciò che avevano pensato tempo prima.
"Certo, lui é il nostro piccolo Charlie"
"Charlie... é un nome stupendo!" Esultò Serena giungendo le mani con un sorriso.
La donna la guardò ricambiando e ridacchiando appena "Ho sempre adorato questo nome fin da giovane... succede a tante ragazze di fantasticare ai nomi dei futuri bambini! Sono certa che lo hai fatto anche tu!"
Serena subito arrossì come un pomodoro e squittì consapevole che in effetti due pensierini li aveva fatti e la visione era sempre quella di  bambini suoi e di Ash.
Per qualche motivo anche Ash divenne rosso, ancora di più quando la reazione di Serena diede conferma alle supposizioni di Clelia. Si era immaginato già una parte, adesso anche la seguente?
"...Mi spiace anche di averti lasciata sola..." abbassò mortificato il capo.
Clelia gli lanciò uno sguardo simpatizzante,  con Ash e Serena che giravano i pollici e guardavano in giro altrove come se sapessero qualcosa. "Noooo.. noi non eravamo lì e non abbiamo fatto nulla" mormorò Ash in modo che solo Serena sentisse, anche se alla fine il silenzio della stanza aveva permesso a tutti di udire.
"O-Oh vero.. scusate.. grazie a voi si è risolto tutto" fece un inchino lui scusandosi per averli dimenticati. Se Ash e Serena non fossero stati con lei a quest'ora sarebbero stati guai seri.
"Hanno fatto molto di più..."
 
FLASHBACK
 
Erano passati 10 minuti dalla chiamata eppure l’ambulanza tanto attesa e aspettata non voleva arrivare. "Ragazzi... non... riesco a resistere, devo farlo nascere ora!" Gridò con voce dolorante.
Ash subito ebbe un attacco di panico. Non aveva mai assistito ad un parto nemmeno lontanamente, manco sapeva come funzionavano queste cose, aveva solo letto, sentito o visto film su tali argomenti. "C-COSA!? NO! È pericoloso, bisogna andare in ospedale e non so come si fa a far nascere un bambino!!" Nemmeno nei suoi filmini mentali di lui e Serena adulti con una famiglia si era immaginato di farla partorire.
"N-Non ce la fai proprio!?" Serena era in ansia e sapeva che era l'unica a poterla aiutare in quel momento fino all'arrivo dell'ambulanza, tuttavia passavano i minuti e non voleva arrivare. Come poteva far nascere un bambino? Non era una dottoressa anche se trattava minime ferite di Pokémon. Brock invece sarebbe stato utile anche se aveva di certo più esperienza con parto di uova Pokémon e non umani.
La donna non rispose a voce ma annuì, prendendo tra le mani le lenzuola del letto e stringendole patendo il dolore.
"A-Ash..."
"C-Cosa?" Si girò grondando di sudore. Era un allenatore Pokémon, ci mancava solo quello a complicare la giornata.
"Portami degli asciugamani, qualcosa di dolce, dell'acqua da bere e un altra in una tinozza..." disse lei sistemando il letto in una strana posizione. Tolse le lenzuola nella parte inferiore e le alzò sulla pancia e petto della donna.
Ash subito impallidì e divenne bianco cadaverico "S-Stai... v-vuoi..."
"Muoviti!!! Dobbiamo farlo per forza, ho bisogno del tuo aiuto..." alzò la voce cercando di smuoverlo.
"Ma io non so come..." provò a dire con difficoltà.
Serena lo guardò con occhi disperati e supplichevoli, non poteva farcela da sola e ciò che contava davvero era aiutarli.
"Vado" disse correndo a prendere il necessario.
Passarono almeno 20 minuti e Serena faceva di tutto per aiutare Clelia, Ash si occupava più di tenerla tranquilla e assisterla, mentre Serena provava direttamente a far nascere il bambino.
"Forza vedo la testa!" Fu ciò che disse dopo una ventina di minuti. Dell'ambulanza nessuna traccia e per quanto sembrasse vicino il momento era anche altissima la tensione. C'era ansia e sembravano non passare i minuti.
Ash stava perdendo il controllo e la calma, non si sentiva mentalmente pronto a quelle immagini. Era un enorme trauma; come facevano le donne a sopportare tutto ciò!? Già lui che non era il padre stava crepando! Avrebbe patito lo stesso Serena!? E anche lui al suo fianco?
E si andò avanti finché non fu udibile un urlo straziante e il pianto di un bambino, seguiti da una sirena...
 
FINE FLASHBACK
 
Tanti momenti furono omessi per dimenticare e la descrizione fu minimizzata altamente, visto che Ash preferiva non tornare sull'argomento.
Così, dopo che le ore erano passate e i ragazzi avevano concluso la loro storia, i saluti al piccolo Charlie erano stati fatti e per un attimo tutto il malumore era sparito.
Eppure non tardarono le parole del neo papà, il quale in ogni caso sentiva la mancanza di qualcosa "Mi sento poco degno di essere un padre…” mormorò. Non era riferito agli scoraggiamenti di Ash, piuttosto ancora ai suoi dubbi sul suo di padre e al rapporto che si era ancora più distrutto di quello che si credeva possibile.
Ash ignorò il commento, credeva che avesse imparato la lezione, eppure ancora pensava alla figura del nonno di Charlie che si imponeva sulla sua e lo condizionava. Non riusciva a sentirsi un padre degno perché il suo era orribile e il sangue che gli scorreva nelle vene era tutto ciò da cui si voleva staccare.
La voce di un infermiera riuscì a distrarlo “Scusate? Chi di voi è il signor Carrara?"
"Uh, sono io"
"Fuori dall’ospedale un signora ha chiesto di lei, vorrebbe parlarle subito”
Ernesto guardò la moglie, la quale fece le spallucce confusa, i suoi genitori sarebbero arrivati qualche giorno dopo in aereo e lo stesso valeva per gli amici. Riprese il bambino e permise al marito di lasciare la stanza per andare a vedere chi fosse.
Per qualche motivo, nessuno si sentiva tranquillo al riguardo, così Ash, Serena, Brock e Lidia corsero dietro di lui anche per Clelia.
Una volta sceso nel giardino dell’ospedale, Ernesto si guardò in giro curioso sull’identità del signore misterioso che lo voleva vedere. Forse qualche conoscente che voleva fargli i complimenti? Forse qualcosa da consegnargli? Sembrava troppo strano…
"Ho saputo che è nato subito..." una voce abbastanza vecchia gli arrivò alle orecchie "...Dopo il nostro litigio"
Il pasticciere incontrò la faccia di suo padre, a pochi metri da lui seduto su una panchina. Gli salì immediatamente tensione e furia, aveva abbastanza pensieri al riguardo, era venuto a ricordargli il suo fallimento come padre?
"Che ci fai qui?”
“Lo crescerei nel tuo mondo pieno di danni e pericoli igienici?"
"Io sono suo padre e quindi decido cosa è meglio per lui..."
“E’ lo stesso ideale con cui ti ho cresciuto” ridacchiò l’uomo alzandosi a fatica, nonostante la corporatura abbastanza forte.
Ernesto subito aggrottò la fronte, non gradendo il riferimento e la frecciatina “Sai bene che non intendevo in quel senso”
“Non sono venuto qui per rovinarti il tuo momentino felice, ma per farti una proposta” Avanzò il vecchio con aria furba ma anche molto seria. A nessuno dei presenti piaceva quel tono di voce “Voglio adottare Charlie”
“TU COSA!?”
Fu un grande shock per i presenti che subito iniziarono a bollire per l’arrabbiatura. Voleva davvero portare via Charlie a suo padre!?
“Esattamente, mi spiace per Clelia ma non posso essere indifferente alla presenza di mio nipote e posso dargli un futuro molto più rispettabile e crescerlo come si deve. Avrebbe più chance e dignità, lo faccio solo per il suo bene”
Ernesto si avvicinò pericolosamente con il pugno alzato pronto a colpire “Tu sei un folle!!! Se pensi davvero che ti darebbero l’affidamento di mio figlio hai dei problemi molto seri!”
“Non ti consiglio di farlo… ho tanti amici avvocati che potrebbero accontentarmi in poco tempo e rendere la possibilità concreta. Se finiamo in una rissa avrò anche più campo libero per adottarlo. Pensaci bene, perché è una buona proposta”
“Dovrai passare sul mio corpo! Charlie è mio figlio e di Clelia e tu non lo avrai MAI!”
Ash si sovrappose immediatamente tra i due, con sguardo sempre molto serio e minaccioso, stavolta perl non sembrava sul punto di scoppiare, era freddo “C’è un modo per risolvere questa faccenda” si rivolse verso Carameye e dal suo sguardo si capì molto “Una lotta Pokémon”
“Una lotta Pokémon?” i compagni del ragazzo furono estremamente confusi, voleva mettere un bambino in palio in una lotta?
"Chi vincerà dimostrerà chi aveva ragione in passato… solo su quello. Ciò che è successo è successo e niente lo cambierà, ma avrete una soddisfazione personale. Dopodiché non vi vedrete più” abbassò le braccia ormai sicuro che non si sarebbero azzuffati.
Il nonno del bambino alzò il capo e incrociò le braccia, a cosa gli serviva quella lotta però per il suo scopo recente? “E per Charlie? Chi vince avrà la sua custodia e tutela?”
“Assolutamente no…” rispose Ash “Un bambino non è un premio e nessuno negherà ad Ernesto e Clelia di far da genitori. E’ il loro bambino e non hai diritti su di lui dopo il passato che avete alle spalle. Tuttavia… se vinci potrai decidere tu se visitarlo o no, mentre invece se è Ernesto a farlo toccherà a lui la scelta… che si può cambiare in ogni momento”
Brock, sebbene d’accordo con il piano molto sensato e sollevato che Ash non avesse perso la testa… espresse un dubbio "Uh, Ash loro non sono allenatori, è leggermente diverso”
"Fa lo stesso" rispose diretto l'amico "Questa è la mia filosofia e ha sempre funzionato" poi si rivolse ai due parenti "Allora, avete dei Pokémon con cui lottare? Volete farlo?"
Entrambi ci rifletterono sopra e rapidamente concordarono. Quella storia doveva finire una volta per tutte "Ci sto" dissero entrambi.

"Farò io da arbitro" disse Ash mettendosi ai bordi di un campo lotta nelle vicinanze e dando il via libera ai due di posizionarsi. Ormai sapeva bene come si gestiva una lotta e come arbitrarla, anche se principalmente si occupava di lottare "Una lotta 1 vs 1, il primo che va al tappeto sarà sconfitto”
Entrambe le fazioni schierarono i loro Pokémon. Ovviamente Ernesto tirò fuori il suo Carameye, invece suo padre tirò fuori un Carbink.
"COMBATTETE!" diede inizio alla lotta il ragazzo.
"Carameye attacco Profumino!" gridò Ernesto.
"Caram Caram!" Dal corpo della caramella uscì un gradevolissimo aroma che si sparse sul campo e circondò l’avversario.
"Carbink, attacco Gemmoforza! Ora!" contrattaccò il genitore. Nonostante la sua età riusciva lo stesso a mantenere una certa grinta.
"Bink!" delle rocce gemmate luminose vennero scagliate verso l’avverso, il quale le schivò facilmente e si fluttuò ai bordi del campo lotta.
“Carameye usa Melassa!”
Carameye andò dritto contro Carbink rilasciando una sostanza appiccicosa che lo rendeva molto lucido.  Si aggrappò alla parte rocciosa del Pokémon e questa mossa sembrò essere dannosa e irritante per il Pokémon di tipo roccia.
Serena osservo confusa la scena, non aveva mai sentito una mossa del genere, di certo in nessuna enciclopedia per nessun Pokémon che venisse da Kanto a Kalos "Uh… Melassa?"
Fu Brock a spiegare per lei, essendo da più tempo a Forsia "Quando un Pokémon usa questa mossa non fa un grande danno all'avversario, tuttavia oltre a infastidirlo riduce drasticamente i movimenti, la velocità e l’attacco speciale di quest’ultimo. E’ una mossa specifica di questo Pokémon, per questo non la potevi conoscere.
Sia Carameye che Carbink lottavano per difendere l'onore dei  proprio padroni, i quale continuavano a far susseguire mosse su mosse. Si studiavano a vicenda, ma nessuno dei due sembrava prevalere, sebbene l’attacco Melassa avesse indebolito e affaticato parecchio Carbink.
"Carameye! Usa Megassorbimento!"
"Carbink! Cannonflash!" Un raggio verde e uno bianco furono sparati dalle rispettive bocche dei due Pokémon.
Quando si scontrarono venne creata un’onda d’urto molto potente che li sbalzò indietro. Entrambe le mosse erano superefficaci sull’avversario e l’unico vincitore sarebbe stato colui che aveva più forza d’animo.
I due raggi continuavano a spingersi a vicenda, a volte sembravano agevolare Carbink, altre Carameye. I due non mollavano però e continuavano ad infondere energia.
"Andiamo! Forza!" li incitarono i loro padroni, ormai completamente presi dalla lotta e assetati da quello scontro.
"CARAM!!!!"
"CARBINNNN!!!!"
*KABOOOOOOOOOOOM*
Ash tossicchiò, non riusciva più a vedere nulla. In quello stato non poteva arbitrare e sarebbe stata dura dichiarare il vincitore. Doveva ammettere che se non fosse stato per le motivazioni, quella lotta sarebbe stata grandiosa per assistervi.
Il polverone sparì ed entrambi i Pokémon si rivelarono feriti dai danni ricevuti. Eppure entrambi stavano in piedi per sostenere i loro allenatori. Non potevano arrendersi e mostrare sconfitte le convinzioni che avevano.  
"Car...Car..."
"Bink... Bink..." ansimavano.
Fu allora che un terzo verso, stavolta più un pianto… si unì a quello dei due Pokémon folletto, facendoli subito sobbalzare e guardare in giro.
"UWAAAAAAA UWAAAAA!"
Tutti si girarono a cercare la fonte di provenienza di quei lamenti, chiaramente non di un Pokémon. Vicino a dove erano seduti Brock, Lidia e Serena, era comparsa Clelia con il piccolo Charlie che piangeva come un matto. La povera donna provava a farlo stare tranquillo in tutti i modi ma non ci riusciva.
“Cosa sta succedendo qui!?" chiese Clelia con tono mortificato.
Ernesto corse subito vicino a loro, con sconcerto sul viso. Non doveva essere lì, come avevano potuto lasciarla uscire dalla stanza d’ospedale poche ore dopo il parto e per di più da sola camminando? Non era nelle condizioni per farlo “Cosa ci fai qui!? Dovresti essere a letto!”
“Sentivo che qualcosa non andava e pure Charlie… avevo ragione. Perché state facendo una lotta Pokémon!?” chiese sempre cullando il bebé che non voleva smettere di esprimere il suo scontento.
“Per risolvere la situazione! Tu però devi tornare in stanza con Charlie! E’ pericoloso stare qui, non vi fa bene!”
"No!" controbatté la donna "Questa storia deve finire! Ne va della felicità del nostro bimbo!"
Il papà guardò suo figlio, poteva vederne gli occhi curiosi ma anche tristi e pieni di paura. Il suo bambino stava male, stava soffrendo e lui contribuiva a questo dolore. Non poteva sopportarlo, era il suo papà.
“Non devi dimostrare nulla a nessuno! Lui ti amerà in ogni caso e sarai il suo adorato papà! Noi ti vogliamo così come sei, non hai bisogno di chiarire nulla! Charlie… sa già tutta la verità, sarà lui a dimostrarti e farti capire nel cuore il vostro legame”
“Piccolo mio…” sussurrò prendendolo tra le braccia e avvicinandolo al petto con dolcezza “Avete ragione… mi spiace così tanto”
Pian piano Charlie smise di piangere e si accoccolò alla maglia di suo padre, respirando lentamente “Papà è stato uno sciocchino, ma non si ripeterà più una scena del genere…”
Tutti guardarono la scena con sorpresa, tranne Clelia che sorrise mestamente, finalmente tranquilla. Ne era valsa la pena.
Persino Ash dimostrò sollevazione e approvazione in quel gesto. Aveva capito, era ora. Finalmente era tutto finito ed Ernesto si era cacciato nella zucca cosa contava davvero.  
"Grazie Carameye, ma siamo a posto… credo che ci siano cose più importanti che ricevere la benedizione di mio padre o dimostrare di aver ragione. Andiamo"
"Caram?"chiese confusa la caramella.
"A noi basta essere felici così, abbiamo il nostro piccolo bimbo di marzapane” strofinò il naso contro quello di Charlie, facendolo ridacchiare sebbene non capisse bene cosa stava succedendo. Sentiva solo positività. Ernesto poi si rivolse a suo padre "La lotta finisce qui”
"..."
"Posso anche dare fourfet, non mi interessa. Sii felice e soddisfatto, ridimi addosso, sentiti fiero che non sono riuscito a riallacciare i miei rapporti con te… ma io sono in pace con me stesso. Voglio solo il bene di mio figlio”
"..."
"Sei libero di fare ciò che ti pare”
L’uomo più vecchio invece fece una cosa inaspettata. Estese la mano in segno di pace “Basta così…”
“…?”
“Charlie non potrebbe avere un padre migliore…” concluse chiudendo gli occhi, stavolta con le parole più sincere che avesse mai detto. Era il suo modo di scusarsi per tutto quanto. Ci sarebbero state troppe parole da dire, quelle erano le migliori per riassumere. Tutti ebbero un sussulto, ma ciò non fece cambiare la decisione del padre di Ernesto, che attendeva una risposta.
Alla fine Charlie era stato il legame che poteva salvarli dalla rottura definitiva.
I due si strinsero la mano, sotto gli occhi stupiti di Clelia e gli altri. Il piccolo Charlie cominciò ad agitare le manine e si lasciò coccolare dal padre. Era una così bella sensazione tenere il proprio figlio vicino e sentire il suo cuoricino battere.
Il vecchio fece qualche passo indietro, tenendosi un po' in disparte, ma almeno mostrando un lieve sorriso.
Ash si infilò le mani nelle tasche e lasciò che le sue gambe lo trascinassero chissà dove, lontano dagli altri. Si apposto all'ombra di un albero e lasciò che la schiena si appoggiasse al tronco.
"Pikapi?" Lo chiamò il topino.
Ash era felice per Ernesto... alla fine era andata bene per lui e per la sua famiglia. Più di tutto gli faceva piacere per il bambino, che poteva crescere senza liti e in un ambiente sereno e pacifico. Vero, alla fine il pasticciere si era sentito meglio e aveva avuto quello che voleva, ma a quale prezzo? Aveva rischiato di distruggere la sua famiglia. Per ora lo consolava il fatto che durante la lotta avesse capito da solo la verità.
Eppure... "La mia opinione non cambia" sorrise per metà "Sono felice per loro ma hanno corso il rischio di far crescere il bambino in mezzo ad un caos evitabile. Se era davvero intenzionato ad accadere sarebbe successo da solo. Scegliere quel momento e modo ha solo fatto soffrire tutta la famiglia"
Pikachu si accucciò sulla testa di Ash, guardando oltre la visiera "Chu..."
"Conta che abbia capito ma credo che anche se non si fosse risolta la questione avrebbe dovuto seguire il suo papà interiore indipendentemente da ogni condizione familiare. Lui non è l’ombra del padre e non ha la sua forma. Il passato non lo può condizionare né la figura che lo ha tormentato, doveva trovare felicità in chi amava. Si faranno sempre errori, ci si sentirà inadatti ma se ci si rialza e si segue il cuore, si trova poi ciò che ti porta avanti"
"...Pi?"
"E quando arriverà il giorno  io seguirò il mio di cuore e spero riuscirò anche io ad essere un padre e marito solo seguendo ciò che ho dentro e chi amo... indipendentemente da tutto"
Alzò lo sguardo al cielo, aggrottò la fronte e i suoi occhi vennero sia ombreggiati che illuminata da una strana luce. La mano sembrava poter afferrare il sole che calava all'orizzonte, lontano ma pareva tanto vicino da poterlo toccare, caldo quanto il suo ardore.
L’oggetto tra le mani cominciò a produrre un lieve suono…
“Pronto?”
“Ehi mamma…”
 
...E indipendentemente da te...
 
…E così si è risolta una difficile situazione familiare anche se alcune acqua non possono smettere di scorrere del tutto. C’è chi non riesce ancora a dimenticare e pensa in modo diverso, arriverà anche per Ash l’occasione di affrontare un passato duro e doloroso? Come reagirà? Per ora si sa solo che la sua lotta è sempre più vicina…
…il viaggio continua…


Nota d'autori: 
Ancora ci scusiamo per il ritardo. Vorremo però dirvi che la storia di Ash è vera, basta controllare le informazioni ufficiali su Satoshipedia. Cercate su quel sito e vedrete un sacco di informazioni davvero sorprendenti su Ash! 

E poi vorremmo chiedervi... volete che la pubblicazione di Inazuma Eleven (la nostra fanfiction) Venga fatta prima del sequel di questa storia o dopo? Per noi ovviamente è più comodo dopo, ma vorremmo sentire prima i vostri pareri, la leggereste?

Alla prossima!
   
 
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