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Autore: Tulipe    05/10/2017    1 recensioni
Ciao a tutti, questa è la mia prima storia. Parla di un amore magico e semplice, rievocato, attraverso i ricordi, durante una notte insonne. Spero possa piacervi.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Gioia giaceva a letto supina. Nella penombra della camera da letto, riusciva a scorgere il profilo addormentato di Felice, suo marito. Erano sposati da un solo mese, decisamente il più bel mese che Gioia avesse mai vissuto nella sua vita. Dopo la cerimonia in chiesa e la festa con amici e parenti, erano partiti per il viaggio di nozze: un tour delle più belle capitali europee. Tra visite guidate, cene romantiche e lunghe passeggiate, le tre settimane di vacanza si erano smaterializzate in un lampo e da qualche giorno i due piccioncini avevano fatto ritorno alla base, nel loro piccolo e sfizioso appartamento a Ostia.
Gioia si girò su un fianco, continuando a osservare Felice. Dormiva come un angioletto, con il petto che si gonfiava e sgonfiava seguendo il ritmo del suo respiro. Senza riuscire a resistere e respingendo l’idea che avrebbe potuto svegliarlo, gli accarezzò delicatamente i capelli corvini. Seguendo i tratti del viso, gli sfiorò con l’indice la fronte, le sopracciglia, il naso, le labbra. In quel momento Felice sussultò leggermente, le prese la mano e la strinse nella sua, si voltò verso di lei e seguitò a dormire, più profondamente di quanto non stesse facendo in precedenza. “Dio, quanto lo amo!” pensò Gioia.
Da quando erano tornati a Ostia, tutti non facevano che parlarle del futuro: “Sarete felici adesso”, “Allora, quando progettate di avere il primo bambino?”, “Comprerete una casa più grande quando allargherete la famiglia?”. Ma a Gioia tutto questo non interessava. O meglio, non voleva pensarci, né fare progetti. Certo che voleva stare bene, avere dei bimbi, magari anche un cagnolino, e comprare una casa  più spaziosa, ma non voleva farlo in modo calcolato, voleva che tutto venisse spontaneo e naturale. Del resto, tra lei e Felice era sempre stato così.
In quel momento, sdraiata lì accanto a lui, riusciva soltanto a godersi il momento presente, ad assaporare ogni suo respiro, ogni battito del suo cuore. Sentiva il calore della sua mano e, mentre guardava le sue lunghe ciglia, ripensò al loro primo incontro.
A quel tempo lei aveva soltanto ventun anni, lui ventitré. Ricordava ogni dettaglio di quella serata estiva: aveva indossato il suo abitino preferito, quello bianco, che metteva in risalto la sua carnagione scura e aveva annodato i capelli castani in una lunga treccia. Come ogni venerdì sera, era andata in spiaggia a bere una birra con il suo gruppo di amici. Erano lì da poco più di un’ora, quando videro arrivare Carlo, il giullare del gruppo, con una manciata di nuovi amici al seguito, “reclutati in palestra”, aveva detto. Tra tutti i nuovi ragazzi, Felice aveva subito catturato l’attenzione di Gioia: aveva un’andatura strana, sembrava quasi che fosse stanco o che fosse capitato in quel posto per puro caso; era basso rispetto agli altri, ma aveva un sorriso brillante, che faceva a cazzotti con la sua maglia nera. Quando si erano presentati, tutti intorno a loro avevano riso: “Piacere, Felice”. “Gioia” aveva risposto lei, tendendogli la mano. Con due nomi così, non potevano permettersi di essere tristi insieme. E infatti, raramente lo erano stati.
Il loro avvicinamento era stato lento e graduale: non si erano corteggiati in maniera spudorata, non c’erano state dichiarazioni tra loro, non avevano affrettato le cose. Per due anni si erano frequentati a singhiozzo, quando capitava che si organizzassero uscite di gruppo. In quei casi, parlavano molto, scherzavano, si rincorrevano, si cercavano, si scambiavano sguardi eloquenti. Eloquenti per tutti, tranne che per loro. Troppo insicuro lui, troppo timida lei, non riuscivano ad abbattere il sottile muro tra amicizia e amore. Di tanto in tanto si scambiavano dei messaggini, per aggiornarsi sulla loro vita, gli studi, gli hobby, le amicizie. Erano felici così e non sentivano il bisogno di forzare le cose tra loro: quando il momento sarebbe arrivato, l’avrebbero capito.
E infatti il momento arrivò una sera d’inverno. Pioveva a dirotto e, dopo essere stati in pizzeria con il solito gruppo, Gioia e Felice erano rimasti senza passaggio e con un solo ombrello. “Beh, penso che ti accompagnerò a casa, posso?” Lei aveva annuito sorridendo e sistemandosi il cappuccio del cappotto, pronta ad affrontare la pioggia battente. Lungo il tragitto avevano riso a crepapelle: nonostante l’ombrello, erano completamente zuppi e nonostante si facessero sempre più piccoli e più vicini sotto il loro minuscolo riparo, non riuscivano a evitare le goccioline, che si insinuavano sotto i loro vestiti, lungo il collo e i polsi. Dopo dieci minuti erano arrivati sotto casa di Gioia. Solo in quel momento si erano accorti di quanto breve fosse la distanza tra di loro, spalla contro spalla, le mani strette attorno al manico dell’ombrello, una sopra l’altra.
Per un istante, le labbra ancora incurvate in un sorriso a causa delle risate precedenti, si erano guardati negli occhi. Lei aveva i capelli bagnati incollati alla fronte in modo disordinato, lui le guance arrossate per il freddo. Era bastato quel semplice sguardo, in quel preciso momento, perché capissero che, per quanto breve, la distanza tra di loro era ancora troppo grande. L’avevano azzerata nel modo più semplice e più immediato che esista: con un bacio. Un bacio dolce, lungo e bagnato. Un bacio spontaneo, sentito e reale. Da quel momento non si erano più lasciati. Per la verità, il rapporto tra loro non era cambiato, soltanto si vedevano più spesso e passavano più tempo soli.
Un raggio di sole illuminò la stanza, cadendo proprio sul cuscino di Felice. Lui si riscosse dal sonno, si accorse che Gioia lo stava fissando e la trasse a sé, stringendola tra le sue forti braccia. “Ciao”, le sussurrò. “Che hai da fissare?”
Lei piantò i suoi occhi nocciola in quelli blu di lui: “Pensavo al nostro primo bacio”, rispose.
“E..?”
“È uno dei momenti più belli che abbia mai vissuto. Ricordo perfettamente le tue guance rosse, il tuo sguardo sempre più vicino…”
“Anche io ricordo quanto eri bella quella sera, tutta bagnata e spettinata!”
Gioia lo baciò e sorrise. “Sai cosa? Voglio che tra noi sia sempre così. Che non pensiamo a quello che deve essere o a quello che sarà. Che viviamo appieno ogni momento, senza progetti, senza pensieri o costrizioni. Voglio che ogni istante sia magico e perfetto come quello del primo bacio!”
“Sai cosa?” rispose lui. “È esattamente quello che voglio anche io…”
Qualche mese dopo, poco prima del tramonto, nacque Celeste, la loro bimba. Gioia e Felice se ne innamorarono a prima vista: era bellissima e strillava a pieni polmoni, con la guance rosse e i corti capelli scuri incollati alla fronte bagnata.

 
   
 
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