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Autore: Calowphie    06/10/2017    2 recensioni
"Assorto nei suoi mille pensieri, Hoseok non si accorse nemmeno che il pullman si era fermato e che, nel primo posto davanti, si era seduta una ragazza dai capelli scuri e lunghi con una carnagione leggermente pallida che non stonava per nulla con il suo abbigliamento casual ma alla moda. Con una postura elegante, accavallò le gambe incrociando le mani sulle ginocchia, iniziando a osservare, curiosa , ogni persona che faceva parte di quel pullman: il suo sguardo si fermò sul ragazzo e un grande sorriso illuminò il suo volto pallido"
Genere: Angst, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicato a Elisa 









Il pullman azzurro viaggiava veloce per le strade affollate della città mentre il sole lentamente calava lasciando, tutt’attorno, una atmosfera rilassante ma allo stesso tempo nostalgica: Hoseok viaggiava su quel pullman, seduto su uno di quei posti scomodi ma allo stesso tempo rigeneranti, dopo una lunga giornata di lavoro. Le cuffie del ragazzo lo isolavano dal frastuono che la gente provocava attorno lui, a partire dal pianto di un bambino che desiderava così tanto la caramella, che la madre gli aveva vietato di mangiare prima di cena;

una gamba penzolava dal sedile e si muoveva, a destra e a sinistra, a ritmo di musica, mentre l’altra era piegata, in modo che il piede potesse appoggiare sul piccolo rialzo posto sotto il finestrino:  il ginocchio diventò un utile appoggio per il gomito del suo braccio destro in cui sulla mano era adagiato il suo mento: lo sguardo era perso nelle mille luci della città che riuscivano a calmarlo.

Assorto nei suoi mille pensieri, Hoseok non si accorse nemmeno che il pullman si era fermato e che, nel primo posto davanti, si era seduta una ragazza dai capelli scuri e lunghi con una carnagione leggermente pallida che non stonava per nulla con il suo abbigliamento casual ma alla moda. Con una postura elegante, accavallò le gambe incrociando le mani sulle ginocchia, iniziando a osservare, curiosa , ogni persona che faceva parte di quel pullman: il suo sguardo si fermò sul ragazzo e un grande sorriso illuminò il suo volto pallido;

“ ultima fermata” urlò l’autista risvegliando Hoseok dalla trance in cui era entrato: non appena il mezzo si fermò, si tolse in fretta una cuffia osservando, spaesato, attorno a lui notando come nessuno era più rimasto al suo posto precedente, solo la ragazza dai capelli scuri era ancora seduta sul sedile in plastica e, assorta, osservava fuori dal finestrino: “ la prego di scendere signore” lo punzecchio irritato l’uomo alla guida, girando il volto verso il ragazzo che, in fretta, aveva preso la sua borsa da terra correndo fuori dalla porta.

Una volta sceso, si voltò un’ultima volta verso il pullman notando il volto della ragazza attraverso il vetro sporco: i suoi occhi marroni brillavano mentre lo osservavano, incuriositi della prossima mossa che avrebbe fatto; Hoseok non riuscì a distogliere lo sguardo dal sorriso che la ragazza le aveva mostrato, mentre il pullman ingranò la prima marcia e si mosse lontano da lui: continuò ad osservare il veicolo allontanarsi fino a quando non svoltò e sparì dietro l’edificio più grande della città.

Il ragazzo era rimasto incantato da quel volto minuto e candido tanto che la notte, una volta sdraiato sul morbido materasso del suo letto, continuava a pensare a quel momento non riuscendo ad addormentarsi velocemente come lui avrebbe preferito fare.
 
 
*
 

La settimana lavorativa era quasi finita ma, a causa di orari sempre diversi, Hobi non riuscì più a prendere il pullman delle sei e non riuscì più ad incontrare quella ragazza che, molto spesso, gli tornava alla mente. Stranamente però, a causa del fato o del suo capo che lo ha lasciato uscire con qualche ora di anticipo, quel giorno Hoseok, correndo, riuscì a salire sul pullman azzurro delle sei non riuscendo però a trovare posto, a causa della moltitudine di persone che lo affollavano.

Il ragazzo si vide costretto a rimanere in piedi mantenendosi in equilibrio grazie alla sbarra in metallo gialla che si trovava sopra la sua testa: una sua mano stringeva il tubo in metallo mentre, l’altra cercava di mantenere sulla spalla la borsa nera piena di scartoffie che puntualmente scivolava verso il basso. Il rumore dato dal chiacchiericcio delle persone non fece altro che aumentare l’accenno di mal di testa del moro ma non poté farci nulla dato che, quella volta, aveva dimenticato a casa le sue fidate cuffie rimanendo in balia della folla: ma in cuor suo, il ragazzo, sperava vivamente di incontrare nuovamente quella ragazza dal sorriso smagliante che tanto tormentava la sua mente; voleva disperatamente chiederle come si chiamava e magari conoscerla meglio, voleva poter chiacchierare con lei per conoscere la sua voce e magari proporle di tornare a casa assieme.
Mentre cercava disperatamente un modo per allontanarsi da un uomo fastidiosamente appiccicoso che continuava a spingerlo ad ogni frenata, notò come, il primo posto vicino l’autista, era rimasto vuoto per tutto il tragitto: si avvicinò cautamente al sedile facendosi largo tra la folla cercando di non cadere e non far cadere nessun altro;

con un piccolo balzo causato da un piccolo piede di un bimbo posto davanti a lui, si aggrappò ai bordi in plastica del sedile sentendosi, finalmente, più stabile: “ signore non può sedersi lì” lo rimbeccò il bambino tirandogli la maglietta, costringendolo a girarsi e guardare verso il basso: “ quel posto è riservato, lo sanno tutti” ammette alzando le spalle, facendo notare ad Hobi come, in effetti, nessuno si era mai seduto su quel posto: “ e di chi sarebbe?” domandò il ragazzo scompigliando i capelli folti del ragazzino sorridendogli, mostrando le sue fossette: “ della proprietaria di quel bracciale” continuò il piccolo, indicando, con la sua manina paffuta, un piccolo bracciale colorato legato al bracciolo del sedile: “ non sederti, ok?” ribatté nuovamente con una faccia severa: “ non lo farò” gli promise Hoseok, stringendo il mignolo teso verso di lui del bambino.
“Che sia di quella ragazza?” si domandò tra se avvicinandosi al sedile appoggiando la schiena al bordo freddo, in modo da poter avere un appoggio e un momento di riposo per la sua povera schiena.

Prima di giungere all’ultima fermata, il pullman si fermò, aprì lentamente le porte facendo scendere alcune persone: ma alcuni passi leggeri, quasi inudibili, dati da una figura esile che era appena salita sull’autobus, fecero voltare il ragazzo che stava osservando annoiato il via-vai dei passeggeri che, svelti, scendevano prima della chiusura delle porte. Di nuovo quella ragazza era apparsa davanti agli occhi di Hobi: vestita nello stesso modo della volta scorsa, si sedette proprio nel sedile dietro di lui, accavallando le gambe lentamente iniziando ad osservare fuori dal finestrino.

Un piccolo brivido di freddo attraversò la schiena del ragazzo facendolo scattare come una molla: la ragazza si spaventò, all’udire del rumore sordo che i piedi di Hobi fecero una volta che ritoccarono terra; una risata cristallina fece girare il ragazzo, che rimase abbagliato dalla bellezza che, un semplice sorriso, potesse emanare: “ stai bene?” le domandò lei esaudendo uno dei desideri del ragazzo: “ si” balbettò lui imbarazzato ma allo stesso tempo felice di aver potuto ascoltare quella voce armoniosa ma allo stesso tempo leggermente atona: “ vuoi sederti?” le domandò nuovamente lei, picchiettando la mano sul sedile: “ no, grazie” rispose cortesemente il ragazzo, cercando di arrivare alla maniglia posta accanto al sedile prima che il pullman frenasse: “ attento” ridacchiò nuovamente lei allungando una mano verso di lui, salvandolo prima di finire per terra: “ grazie” sospirò Hoseok, posizionandosi nel posto precedente: “ come ti chiami?” le domandò lei guardandolo negli occhi, leggermente imbarazzata: “ Hoseok” si limitò il ragazzo, scambiando lo stesso sguardo ricco di curiosità e interazione: “ piacere Hoseok” ammise lei girando lo sguardo nuovamente verso la strada che scorreva veloce davanti a loro.

Il ragazzo non se la sentì più di chiederle nulla, si limitò a bearsi del dolce profumo di gelsomino che emanavano i suoi capelli lisci; dopo qualche istante di silenzio in cui entrambi osservarono l’accendersi graduale delle luci dei lampioni, il ragazzo si voltò nuovamente verso di lei notando come fosse scomparso il braccialetto colorato che decorava il bracciolo del suo posto: “ ti sei ripresa il braccialetto” annunciò il giovane rompendo il silenzio: “si.. ma poi lo rimetterò dov’era: infondo questo è il mio posto” ammise lei sorridendo appena: “ io sono quasi arrivato, scendo alla prossima” affermò dispiaciuto Hoseok, dato che avrebbe voluto continuare a parlare con lei: “ ci rivedremo?” gli domandò avvicinandosi alla porta d’uscita: “ lo spero” rispose lei sempre più pallida.

Di nuovo calò il silenzio: l’autobus si fermò proprio davanti alla fermata: “capolinea” urlò il vecchio autista alzandosi dal suo posto ponendo le mani davanti la bocca in modo da amplificare il suono: “ allora ciao” salutò il ragazzo ricevendo un grande sorriso e un veloce gesto della mano da parte della ragazza: “ ragazzo io penso che tu sia pazzo, è tutto il tragitto che parli da solo” gli borbottò dietro l’omone spingendolo dalla schiena in modo che potesse scendere più velocemente: “ ma io non parlavo da solo!” si lamentava il giovane scendendo il gradino del mezzo di trasporto: “ non vedi che quel sedile è vuoto? Ora va a casa, per me sei anche troppo ubriaco” concluse l’uomo in piedi sulla soglia, per poi tornare al suo posto e sfrecciare via.

“ Non sono pazzo” si ripeteva il giovane mentre camminava verso casa, sentendo però una presenza costante alle sue spalle: “ Hoseok” lo chiamò una voce femminile che, immediatamente, riuscì ad arrestare gli svelti passi del moro: “ sei scesa anche tu? Sai mi ero domandato come mai la volta scorsa non fossi scesa dato che questo è il capolinea. Abiti qui vicino?” lei annuì piano, quasi un movimento impercettibile: la via era illuminata da un unico lampione che cercava disperatamente di rischiarare il volto della fanciulla che si nascondeva nell’ombra: “ ti accompagno a casa dato che è buio” affermò Hobi, avvicinandosi alla ragazza prendendole prontamente la mano sentendo, all’improvviso, uno strano freddo che lo costrinse a chiudere la zip della giacca.

“ Abito lì più avanti” ammise la giovane dopo qualche metro di cammino, indicando al ragazzo la stessa via in cui abitava lui: “ ah ma allora siamo vicini di casa” affermò entusiasta Hoseok, stringendole la mano e sorridendole allegro: “ sai, mi piace molto parlare con te, abbiamo tante cose in comune” continuò muovendo avanti e indietro le mani di entrambi: “ piace molto anche a me” ammise timida la ragazza, felice di aver fatto quel pezzo di strada assieme a lui: “ casa mia è quella gialla” specificò lei, allungando il dito tremolante: senza farselo ripete, Hobi corse in un lampo davanti al cancello grigio dell’edifico.

“ Eccoci qua” sussurrò semplicemente Hoseok, cercando di fare il meno rumore possibile per non svegliare  quelli che credeva essere i genitori della ragazza, individuati grazie al fascio di luce bluastro che emanava la televisione fuori dalla finestra: “ grazie per avermi accompagnato a casa, Hoseok” ammise la ragazza, staccandosi di mala voglia dalla stretta di mano del ragazzo: “ non preoccuparti, e poi io abito di fronte a casa tua” ammise con un gran sorriso grattandosi il retro della nuca imbarazzato: “ potremmo uscire qualche volta, che ne dici?” buttò lì lui, sperando in una risposta più che positiva.

Il cuore di lui batteva forte nel petto a causa dell’agitazione e della speranza che lo contraddistinguevano in quel momento: “ mi dispiace, ma penso che questa sarà l’ultima volta che ci vedremo” proclamò triste e a testa bassa lei, mentre una folata di vento, invase le  narici del ragazzo con un forte odore di gelsomino: “ come mai?” chiese rammaricato e con il cuore infranto l’altro: “ mi trasferisco domani” annunciò la ragazza, alzando il volto facendo, notare al ragazzo la sua faccia mesta: “ possiamo almeno scambiarci i numeri di telefono?” tentò un nuovo approcciò lui, avvicinandosi gradualmente a lei, toccandosi impulsivamente, la tasca dei pantaloni che conteneva il cellulare: “ non posso, mi dispiace”.

Hosoek era ormai a pochi passi da lei e non poté fare a meno di abbracciarla vedendola così triste e infreddolita, coperta solo da un leggero maglioncino blu scuro: “ quindi questo è un addio?” gli domandò lui non riuscendo a trattenere le farfalle che, leggiadre, svolazzavano nel suo stomaco: “ più un arrivederci” ammise lei  allontanandolo, ponendo le mani sulle sue spalle, infondendogli un gran brivido di freddo: “ posso sapere almeno come…” la domanda del ragazzo fu interrotta dal rumore dei passi svelti di una donna, che uscì dalla porta di casa con uno scialle di lana sulle spalle: “ ragazzo che ci fai davanti casa mia?” le domandò spaventata e incuriosita: “ ho accompagnato a casa sua figlia, signora” sottolineo lui, indicando la posizione in cui la ragazza di trovava poco prima: “ mia figlia?” chiese perplessa la donna stringendo la mano sul bordo dello scialle: “ mia figlia è morta un mese fa” sussurrò triste la donna abbassando lo sguardo.

L’affermazione della donna fece voltare il ragazzo velocemente, notando come la figura della ragazza non ci fosse più: immediatamente le parole dell’autista gli tornarono alla mente, come i continui sguardi perplessi e indagatori di tutte quelle persone che, per strada, lo vedevano camminare e parlare da solo: “ tu devi essere il giovane che vive nella casa di fronte vero?” Hoseok si voltò di nuovo annuendo, ancora scioccato da tutta quella situazione: “ sai, mia figlia aveva una bella cotta per te, e ti guardava sempre dalla finestra di camera sua. Non poteva uscire a causa della sua malattia quindi non ha mai potuto salutarti” concluse la donna sorridendo dolcemente al ragazzo al quale gli occhi erano diventati lucidi: “ sa penso che sua figlia sia riuscita a salutarmi” ammise lui allungando un braccio verso la donna, accarezzandole gentilmente la spalla: “è venuta a trovare anche te?” le domandò ormai in lacrime:  il giovane si limitò ad annuire, consolando la donna come meglio poteva: “ ora potrà riposare in pace” ammise tra i singhiozzi la signora.
 

Tornato a casa, Hobi, appoggiò la borsa davanti l’appendiabiti e non pensò minimamente a sistemare tutte quelle scartoffie che gli aveva consegnato il capo: troppo scosso per l’avventura che aveva appena vissuto, si accasciò sul letto chiudendo gli occhi: “ non mi hai neanche detto come ti chiami” ammise ad alta voce, accorgendosi solo in un secondo momento di essersi addormentato cullato da un dolce profumo di gelsomino. 









Angolo autrice: 
Salve! grazie tutti per essere passati. Spero che questa mia breve storia, pensata durante una lezione di storia della filosofia, vi sia piacuta e che vi abbra intrigato. Io ringrazio tutti coloro che leggerano, recensiranno e l'aggiungeranno nelle loro storie seguite/preferite/ricordate; chiedo scusa per eventuali errori che mi saranno scappati malgardo le migliaglia riletture. 
Grazie ancora 
Tati_chan 
  
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