Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
Ricorda la storia  |      
Autore: dramy96123    08/10/2017    0 recensioni
[Yoonseok con Hint Sugakookie] - Era Tokugawa, Giappone
A palazzo la leggenda sulla Kitsune era una delle preferite dei servitori. “ingannano, Altezza. Le volpi, dico. Furbe bestie. Le loro lacrime sono come rugiada. Belle donne, dicono, fanciulli. Ti avvicinano e poi si impossessano del tuo corpo, sì. Ingannatrici, le volpi, sì. Ti succhiano la vita dal corpo, ecco cosa. Le messaggere del dio, ecco cosa sono. Nate malvagie, ma ti irretiscono. Ingannano, oh sì.” Quello, si mormorava.
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Jung Hoseok/ J-Hope, Min Yoongi/ Suga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Era così felice di dargli il suo corpo. Era stato lui a pregarlo, a implorarlo.  Aveva abbandonato la sua amata katana ai piedi e aveva lasciato che quelle mani lo sfiorassero, spogliandolo della sua veste. L’abito nero era caduto sull’erba lasciandolo inerme davanti a lui, coperto solo dal sangue. Quella creatura aveva sorriso e lo aveva preso per mano. Aveva lavato la sua pelle e leccato il suo sangue. I suoi artigli avevano segnato la sua schiena, ma lui non chiedeva altro. Jungkook continuò a implorarlo, voleva di più, voleva dargli molto di più. Qualunque cosa per vedere il suo sorriso. Non aveva paura dei suoi denti affilati, voleva solo sentirli sulla sua pelle. “ti prego.. ti prego” aveva implorato. La sua coda bianca gli aveva accarezzato il mento, era scesa a solleticare il suo corpo, facendolo rabbrividire. Era completamente ammaliato. Continuò a prendersi cura di Jungkook. Passò le dita sulle sue gambe, sulla sua schiena, sul suo petto, e Jungkook si arrese a tutto. Poteva averlo, poteva avere tutto di lui. Non gli importava. Lo implorò di nuovo e l’altro lo accontentò.  Lo baciò tanto delicatamente e Jungkook si aggrappò alle sue spalle disperato, febbrile. Tutte le leggende non avevano senso, non adesso che lui passava la lingua sulle sue labbra, aprendogli le gambe e spingendolo a terra. Fedeltà per il suo padrone? Quale padrone? C’era solo lui, con la sua pelle bianca quasi quanto i suoi capelli. Gli sorrise quando il demone gli posò la mano sul petto, alla fine, stanco e con le braccia strette intorno al suo corpo “come vuoi… tutto quello che vuoi” aveva mormorato rivolgendogli un sorriso innocente. Il secondo dopo la creatura stringeva il suo corpo inerme. Passò le mani sul suo viso, attente a non ferirlo, e lo baciò un ultima volta prima di rivestirlo. Prese la sua katana con sé, prima di sparire nuovamente nella foresta.
 
 
 
- Come sarebbe a dire, non è tornato? – chiese Hoseok corrugando la fronte. Guardò i due messaggeri che abbassarono lo sguardo immediatamente, inginocchiandosi. Il suo giapponese era più che buono, gli era stato detto, ma si sentiva molto la cadenza straniera. Le persone nella residenza apprezzavano i suoi sforzi e parlavano sempre in modo chiaro, per aiutarlo. Sperava di aver sbagliato a capire, quella volta.
- Si è allontanato, altezza – rispose uno dei due, con la testa china.  – abbiamo provato a cercarlo, non ce n’è traccia. – Hoseok scosse la testa, ancora confuso. Jungkook non era tipo di allontanarsi dalla spedizione, esponendo al pericolo i suoi messaggeri. Jungkook e lui erano partiti insieme dalla Corea, e si fidava più di lui che di se stesso, nonostante la giovane età.
-  Altezza… - l’altro ragazzo alzò la testa e Hoseok lo invitò a parlare con un cenno. – abbiamo trovato un sacerdote. Uno dalla veste bianca. – Hoseok sapeva chi erano. I nascosti tra le montagne, coloro che rifiutavano il contatto umano preferendo quello dei demoni. Non aveva mai conosciuto uno di loro.
- Ha detto..  Ha detto che avrebbe parlato solo con voi, Altezza. Ma ha detto che ha qualcosa di vostro, Altezza. Non ci ha fatto avvicinare a lui. – il messaggero scosse la testa, scandendo le parole per Hoseok. Lui sbattè le palpebre.
- Credi che lui sappia dove si trova Jungkook? – chiese, alzandosi in piedi.
- Quei sacerdoti hanno poteri. Magia. – disse l’altro a bassa voce.
- Abbiamo viaggiato venti giorni senza di lui. Abbiamo cercato. – ripetè il primo – solo il sacerdote dalla veste bianca può aiutarvi, Altezza. –
 
Hoseok iniziò i preparativi quella sera stessa. Due servitori e due sue guardie lo avrebbero seguito, e uno dei messaggeri, il più giovane, lo avrebbe portato da quel sacerdote. Partirono la mattina all’alba.
Non voleva pensare all’eventualità peggiore, certo che no. Jungkook era stato al suo fianco dai suoi quattordici anni. Lo aveva visto allenarsi con la spada e nelle arti, e lui gli era stato accanto. Era un amico, prima che suo fedele. E oltre a cercarlo perché suo amico, quel comportamento era strano, non da lui. Continuava a pensare a quell’eventualità, dopotutto.
Raggiunsero i piedi della montagna di cui gli aveva parlato il messaggero. Scosse la testa quando le sue guardie fecero per seguirlo – Usa la magia, vero? Non serve che veniate. Tornerò entro sera. – disse con una calma che non aveva davvero. Aveva paura dell’oscurità, e dei demoni, e di rimanere da solo. Dei posti che non conosceva. La Corea non aveva così tanti demoni. Ogni cosa in Giappone aveva uno spirito, questo gli dicevano a palazzo.  
Comunque, doveva farlo per Jungkook. I suoi abiti non erano adatti per scalare una montagna, notò dopo i primi minuti. La sua veste era lussuosa, dai colori vivaci, con decorazioni in fili dorati e i suoi capelli non erano raccolti. Continuavano a impigliarsi foglie e rametti, e lui continuava a spaventarsi dei rumori che provocava lui stesso.  
- Jung Hoseok è arrivato – la voce lo fece quasi urlare. E quando si girò una figura interamente vestita di bianco gli stava sorridendo. Aveva I capelli grigi e mossi, lunghi sino alle spalle, e un sorriso quadrato e così non adatto ad un nobile eremita.
- Il sacerdote dalla veste bianca  - balbettò lui. Non osò avvicinarsi, ma lo studiò da lontano. Non sembrava pericoloso, non con quel sorriso.
- Taetae. – rispose prontamente lui, prendendogli la mano. – vieni con me, ho qualcosa di tuo. –
Era difficile capirlo. Parlava troppo velocemente, in un dialetto che non conosceva, con una cadenza fin troppo strana. La sua voce era roca e bassa, in contrasto con il suo aspetto. Hoseok dovette registrare la frase e ripetersela nella mente prima di seguirlo. Mosse i capelli rossi per spostarli dietro le spalle e lo seguì nel sentiero, sino ad una caverna. Taetae non lo fece entrare.
Era lì che vivevano i nascosti tra le montagne, così si diceva. Rifiutavano il mondo e vivevano lì, tra i demoni. Hoseok rabbrividì, ma seguì lo stesso il sacerdote, che continuava a fargli cenni con la mano. Non sorrideva più.
- Tu sei Jung Hoseok, il daimyo della vallata. Esatto? Sei tu. Ho qualcosa di tuo. – ripetè, sempre troppo velocemente. Hoseok afferrò il primo nome, e la stessa frase di prima e annuì.
- Jungkook? – chiese soltanto. Taetae rimase in silenzio, fissandolo. Hoseok ritentò – Samurai. – disse, mimando il gesto di sguainare la spada. Taetae scosse la testa. Hoseok provò per la terza volta. – Un ragazzo. Alto. Porta sempre una veste nera. Ha una cicatrice, qui. – si indicò la guancia. Taetae annuì ad entrò nella caverna. Quando tornò aveva tra le braccia il corpo di Jungkook. Hoseok pensò stupidamente che stesse dormendo. Quando il sacerdote lo posò ai suoi piedi smise di sperare.
Era perfettamente conservato, con gli occhi chiusi e nessuna espressione, con le labbra semiaperte. Non aveva alcuna ferita visibile, era solo inerme. Hoseok si inginocchiò al suo fianco, e gli toccò la pelle gelida. Non poteva piangere, sapeva di non poterlo fare. Le lacrime uscirono comunque quando gli accarezzò i capelli.
- Che gli è successo? – chiese con un fil di voce. Taetae si sedette di fronte a lui.
- L’ho trovato. –
- Come… era già..? – Hoseok balbettò. Il ragazzo annuì.
- Voi… sacerdoti. Voi usate la magia. Magia. Non puoi aiutarmi? -
Taetae rimase impassibile alle sue lacrime, e scosse la testa. – Non posso, in questo caso. –
- In questo caso?  -
- E’ stato svuotato. Non ha nulla. Non posso farlo tornare. –
- Svuotato. – ripeté Hoseok senza capire la parola. Taetae si posò una mano sul petto. – Qui. –
- Non capisco. –
- Non importa. –
- Dov’è la sua spada? La katana. Quella… hai trovato la katana? – Hoseok si asciugò le lacrime rimanendo inginocchiato vicino a Jungkook. Taetae scosse la testa.  – Solo lui. –
- Avrebbe voluto essere sepolto con la sua spada – mormorò abbassando lo sguardo. Taetae si alzò in piedi.
- Puoi guidare i tuoi uomini qui per portarlo via. L’ho trovato nella foresta. Cerca lì la sua spada. – il suo tono era gentile e gli rivolse un sorriso, per poi ritirarsi nella caverna. Hoseok non volle disturbarlo ancora. Pianse il suo amico e chiamò i suoi servitori.
Voleva trovare la katana di Jungkook. Rifiutò di seguirli.
- Posso farlo. Chiederò asilo al sacerdote, la notte. Non me lo negherà. Non mi farà del male. Tornerò presto. – disse. Furono costretti ad obbedirgli.
 
 
Hoseok non osò cominciare a cercare la spada durante la notte. A palazzo gli avevano raccontato dei demoni delle foreste. Non voleva incontrarli. Chiese asilo al sacerdote e lui non disse nulla, cosa che Hoseok interpretò con un sì. Con Taetae doveva interpretare un sacco di cose.
La mattina all’alba cominciò a camminare. Nulla gli era familiare. Lui era abituato ai campi coltivati intorno al suo palazzo, e al villaggio. Quando andava al villaggio era sempre per una festa. Gli piacevano le feste. Non gli piaceva quel posto invece. C’erano rami che si impigliavano tra  i suoi vestiti, e rovi che gli irritavano la pelle, e muschio e rumori ovunque.
Si perse prima di mezzogiorno. Continuava a camminare ma gli sembrava tutto identico ad ogni passo, e gli veniva da piangere. Era stanco, aveva fame… e continuò a camminare. Perché doveva trovare la katana e rendere omaggio al suo amico.  Più si inoltrava nella foresta più il suo respiro si fece affaticato, e più cadeva nello sconforto, ma continuò a camminare.
E poi improvvisamente la foresta finì. C’era uno spiazzo di erba di fronte a lui.
C’era una casa, lì. No, non una casa. Era a malapena un tetto per proteggersi dalle intemperie, rialzato. Solo quello, e un quadrato d’erba. E poi Hoseok lo vide, ai piedi di un albero.
Sembrava un ragazzino. Era minuto, più basso di lui, dai capelli azzurri. Il capo era coperto da una larga foglia ed era coperto da un largo kimono rosa e azzurro. La veste dal tessuto rozzo lo copriva sino ai piedi e anche le maniche erano troppo larghe per lui. Aveva tra le braccia un mucchio di fascine e il volto era pallido. Lui alzò lo sguardo e fissò i suoi occhi in quelli di Hoseok.
- Chi sei? – chiese,  senza fermarsi nel suo lavoro. La sua voce era strascicata e roca. Era lento a raccogliere, sembrava assonnato. Non era un ragazzino, Hoseok comprese.
- Jung Hoseok. – rispose senza pensarci. – Chi sei? – continuava a fissare quel ragazzo. La sua pelle era così bianca che avrebbe fatto invidia a qualunque fanciulla, giù al villaggio. Si avvicinò ulteriormente.
- Yoongi. – rispose, allo stesso lento modo in cui si muoveva. Si alzò posando le fascine a terra e si avvicinò a lui, guardandolo. Era più basso di Hoseok, e i suoi capelli gli arrivavano al collo. Lo guardò negli occhi. - Jung Hoseok. – ripeté. Hoseok era ammaliato, a dir poco. Annuì, non fidandosi della propria voce.
- Perso? Qui? – chiese Yoongi. Parlava lentamente come ad aiutarlo, e lo studiava. La mano coperta dalla manica del kimono toccò la sua spalla e la sua guancia. Hoseok non sapeva cosa fare. Rimase perfettamente immobile. - Sto cercando  una cosa. Una cosa importante, una spada. Hai trovato una spada? – continuava a fissare i suoi occhi, anche se cercare di guardare oltre. Era attirato dal suo sguardo. Yoongi non rispose, ma gli prese la mano e lo guidò verso la casa. Quando tornò da lui, aveva tra le mani la katana di Jungkook.
- E’ questa è… questa, è del mio amico.. – quando fece per prenderla Yoongi la portò fuori dalla sua portata, e scosse la testa. – E’ mia adesso. L’ho trovata. – disse logicamente. – Devo difendermi dai demoni. –
- Ti darò un’altra katana. Ti darò quante armi vorrai, ma io ho bisogno di quella. – Hoseok lo guardò implorante, Yoongi rispose impassibile, con il fodero tra le mani.
- Non voglio altre armi. Voglio questa. – disse scuotendo la testa.
- Ti darò tutto. Sono un nobile, sono il padrone di questa terra. Dammi quella katana. – provò nuovamente.
- Non voglio ricchezze. Ho solo bisogno di questa spada. –
Hoseok trattenne le lacrime e si inginocchiò di fronte a lui. - farò quello che vuoi. Jungkook l’avrebbe voluta, per affrontare il suo viaggio. – sussurrò. Yoongi lo guardò e gli toccò il viso. Poi lasciò cadere la spada sull’erba.
- Una volta al mese, tu verrai qui. – disse guardandolo negli occhi. – e passerai un giorno con me. Sono solo, qui. – Hoseok prese il fodero e se lo strinse al petto, guardandolo grato, e annuì.
Passò la giornata con lui, quella volta. Lo aiutò a raccogliere i rami e a pulire lo spiazzo. Yoongi gli chiese di insegnargli il coreano. Il suo tono di voce diventava automaticamente un po’ più basso, quando parlava nella lingua di Hoseok, facendogli battere il cuore un po’ più velocemente. Yoongi gli raccontò le storie della foresta. Dei demoni che ci abitavano. Hoseok ne fu rapito. Gli chiese se poteva venire a trovarlo più di una volta al mese, e Yoongi rise. Hoseok avrebbe voluto chiedergli se poteva rimanere a vivere con lui, solo per sentirlo ridere di nuovo.
 
 
Era tornato indietro con la katana fra le mani, e l’aveva poggiata sul petto di Jungkook. Il suo viso rimaneva quello di una persona addormentata. Hoseok pensò che doveva essere stato merito del sacerdote. Loro usavano la magia.
Arrivò l’autunno, e Hoseok andò a trovare Yoongi la seconda volta, poi una terza e una quarta Il ragazzo aveva la stessa veste larga a farlo sembrare ancora più etereo, con la larga foglia per coprire il capo dal poco sole che riusciva a passare attraverso le fronde degli alberi. Hoseok anelava la compagnia di Yoongi, quanto il contrario, Yoongi correva verso di lui e gli sorrideva, e lo prendeva per mano. Hoseok sentiva le sue dita attraverso la stoffa povera del suo kimono e sentiva il suo cuore battere più velocemente. Yoongi cercava  il contatto con lui. Gli toccava i capelli rossi, a volte il viso. Lo lasciava poggiare la testa sul suo grembo e gli raccontava storie di demoni. Non sempre Hoseok lo capiva, ma gli piaceva ascoltare la sua voce. Pian piano gli insegnava la propria lingua. Yoongi imparava avidamente. Quando ancora non era finito l’autunno, Yoongi già parlava nella lingua di Hoseok, con un accento particolare. Mischiava le due lingue senza accorgersene. Hoseok sentiva di amare quelle giornate.
 
Hoseok capiva perché Yoongi gli avesse fatto quella richiesta, quella volta, anche se era uno sconosciuto.
Nessuno si avventurava nella foresta, tranne gli uomini dalla veste bianca. Yoongi doveva essersi sentito molto solo. Gli si stringeva il cuore, pensando alle poche volte in cui poteva andare a trovarlo.
 
Qualche volta Yoongi era strano. Non sapeva usare la spada, scoprì Hoseok, ne’ accendere il fuoco. Non rispondeva alla maggior parte delle sue domande (“perché sei qui? Chi sono i tuoi genitori? Dove sono i tuoi altari per i tuoi antenati? Non preghi nessun dio? Perché non vai a vivere al villaggio?”). Non invitava mai Hoseok a rimanere con lui, la notte. Hoseok si ritrovò a pensare sempre a Yoongi, durante il giorno, e persino nei suoi sogni.
A Yoongi piaceva dormire. Qualche volta Hoseok arrivava e lo trovava nella casetta accoccolato nella  coperta, e allora si univa semplicemente a lui. Yoongi cercava il suo calore automaticamente. A volte passavano il giorno dormendo. A Hoseok bastava la presenza di Yoongi per sentirsi in pace.
Passò l’autunno in quel modo. In inverno Hoseok cominciò a preoccuparsi. Portò con sé delle coperte e delle vesti più pesanti per Yoongi. Yoongi aveva soltanto riso. L’inverno gli faceva venire più sonno. Aveva accettato le sue vesti. Indossava il pesante kimono blu ogni volta che lo andava a trovare.
- Vieni al villaggio l’ultimo dell’anno – gli disse un giorno Hoseok guardandolo dal basso, accoccolato sul suo grembo. Yoongi giocava con i suoi capelli, e non lo guardava.
- Tu ci sarai? –
- Sarà divertente. Vedrai le lanterne nel cielo, e i giochi e le danze del villaggio. –
- Tu ci sarai, Hoseok? –
- Ci sarò. – Hoseok sorrise e si alzò per guardarlo negli occhi. – Yoongi. –
Lui sorrise di rimando. Hoseok perse un battito.
 
Alla festa del villaggio erano state accese torce ovunque. Veniva dato cibo fino all’alba da tutti. I ragazzi più giovani avevano indosso maschere di demoni e spaventavano i bambini, I vagabondi riunivano attorno a loro folle di persone per raccontare loro il mondo al di fuori del villaggio. Hoseok si guardava intorno e vedeva attori imitare le grandi avventure mitologiche e cantori infiammare la folla. Non riusciva a divertirsi.
Ben presto rinunciò alla compagnia dei suoi servitori e li lasciò liberi. E cominciò a girare per il villaggio, sino a trovare le lanterne, tutte allineate e pronte per essere usate. Hoseok sorrise pensando a quando Yoongi le avrebbe viste.  Quando si rialzò con la lanterna tra le braccia si ritrovò davanti un ragazzo dai capelli azzurri e la maschera dalle fattezze di una volpe. Kitsune. Il kimono blu era troppo grande per lui e lo avvolgeva completamente, ma Hoseok lo avrebbe riconosciuto tra mille.
- Sei venuto – sorrise prendendogli la mano. La maschera annuì e gli prese la mano. Hoseok sentì la stoffa e la forma delle sue dita stringere le sue.  
- Ti dona. – mormorò – mi ricorda il tuo viso. – Yoongi spostò la maschera leggermente e gli accennò un sorriso, prima di rimetterla a posto. Si avvicinò di un passo alzandosi sulle punte, sino a che il materiale freddo della maschera non sfiorò le labbra di Hoseok.
Il secondo dopo Yoongi era sparito. Hoseok si chiese se non fosse stato solo un sogno, mentre si toccava le labbra con il cuore a mille.
 
Era ancora inverno quando Hoseok non lo trovò allo spiazzo. Lo aspettò per un giorno e una notte, prima che Yoongi tornasse. Aveva il kimono azzurro e rosa a coprirgli le braccia e il corpo sino ai piedi, e il viso ancora più pallido. Era notte fonda, ma la sua pelle quasi riluceva. Hoseok si alzò barcollando e lo abbracciò, respirando normalmente. – Dove sei stato? – chiese in un sussurro. Yoongi non rispose. Era la prima volta che Hoseok poteva sentire quanto fragile ed esile sembrasse il suo corpo rispetto al suo. Era facile stringerlo a sé. Troppo facile.
- Jung Hoseok. – la voce di Yoongi lo fece rabbrividire.
- Yoongi. Cosa? Cosa succede? –
Yoongi lo guardò con l’espressione più triste che avesse mai visto sul suo viso. Gli fece male al cuore. Gli toccò le guance e il collo e scosse la testa. – Cosa? – chiese nella propria lingua. Yoongi scosse la testa.
- Scapperai. – mormorò con voce inconsolabile
- Cosa? No… No, perché dovrei? Yoongi. –
- Da me. Avrai paura. – Yoongi gli toccò le mani e gli fece lasciare il proprio viso. - Devi vedere una cosa. –
Hoseok non capiva. Non capiva, anche se Yoongi parlava nella sua lingua. Non voleva vederlo così triste, lo spaventava. Gli faceva male.
- Non scapperò. – gli promise tanto sinceramente da fargli male al cuore. Yoongi abbassò lo sguardo e lentamente liberò i capelli dalla foglia larga che li teneva raccolti. non erano corti, ma non era quello che notò Hoseok. Due orecchie da volpe spuntavano da sopra i capelli bianchi. Hoseok lo fissò mentre Yoongi si liberava dalle vesti, mostrandogli la pelle bianca, il suo corpo esile, la sua coda, i suoi artigli, i suoi denti erano sempre stati così affilati…?
- Kitsune. – sussurrò pietrificato.
Yoongi si accovacciò a terra tremando e coprendosi con la coda, lo sguardo basso. – Non voglio farti del male. – la sua voce era sempre bassa e roca, la stessa che Hoseok amava tanto. – sono così affezionato a te… mi hai fatto compagnia. Mi sentivo solo. Non ti farò del male – alzò lo sguardo per guardarlo implorante, indifeso. Hoseok lo fissava dall’alto, provando un dolore quasi fisico nel non stringerlo a se’ in quel preciso momento.
Ma quei denti..
 – Non te ne farò, Hoseok… ti proteggerò da tutto. – la sua voce era quasi implorante.
A palazzo la leggenda sulla Kitsune era una delle preferite dei servitori. “ingannano, Altezza. Le volpi, dico. Furbe bestie. Le loro lacrime sono come rugiada. Belle donne, dicono, fanciulli. Ti avvicinano e poi si impossessano del tuo corpo, sì. Ingannatrici, le volpi, sì. Ti succhiano la vita dal corpo, ecco cosa. Le messaggere del dio, ecco cosa sono. Nate malvagie, ma ti irretiscono. Ingannano, oh sì.” Quello, si mormorava.
Hoseok scosse la testa, fece un passo indietro.
- Tu… -
Yoongi lo guardò con occhi sbarrati, implorante
- Non andare… non lasciarmi da solo, per favore. –
- Jungkook… tu avevi la sua spada. – Yoongi scosse la testa. I capelli non erano azzurri. Erano bianchi e gli incorniciavano il viso spaurito.
- Era ferito.. era ferito, era pieno di sangue. L’ho curato. Il ragazzo con la spada. Ho lavato le sue ferite e l’ho curato. – la coda si era stretta attorno a lui, inginocchiato ai piedi di Hoseok. – Ho preservato il suo corpo. Magia. Per salvare almeno il suo corpo. Hoseok… - il suo nome era quasi una preghiera.
Ingannano, così si dice.
Hoseok fece un altro passo indietro.
Ti succhiano la vita da corpo, Altezza.
Un altro ancora.
Yoongi lo guardava con occhi colmi di lacrime. Non lo aveva mai visto così.
Hoseok gli voltò le spalle e corse via, lontano da lui. Yoongi si chiuse in se stesso, mentre lacrime bollenti gli rigavano il viso.
 
 
Una volta Yoongi gli aveva parlato dei fiori di ciliegio. Gli aveva detto che gli sarebbe piaciuto vederli con qualcuno. Lo aveva guardato negli occhi e aveva sorriso, vago. Hoseok avrebbe voluto essere quel qualcuno.
A Yoongi piaceva tenergli la mano. Quando camminavano per la foresta cercava le sue dita, e Hoseok stringeva la stoffa. Yoongi allora sorrideva un po’ di più. Hoseok avrebbe voluto stringergli la mano, sempre.
E invece lo aveva abbandonato.
Lo aveva lasciato da solo, come se quei mesi non fossero mai esistiti nella sua vita.
Si sentiva svenire. Ripensava solo alle lacrime d Yoongi, alla sua voce roca, disperata, mentre balbettava il suo nome.
Come aveva potuto abbandonarlo?
Girava per le stanze del palazzo senza trovare conforto, pensava a Yoongi. Non a Yoongi dalle orecchie di volpe e la coda bianca. No, lui pensava a Yoongi dal kimono troppo grande che inciampava sul suo stesso abito e che rideva quando Hoseok diceva qualcosa di insensato nella sua lingua. Pensava a lui e a come giocasse con i suoi capelli rossi quando era stanco di parlare.
Pensava a come lo aveva lasciato da solo. E allora si lasciava cadere a terra, appoggiato alla parete.
 
 
Poi un giorno i servitori non lo trovarono più. Non era nelle sue stanze a prepararsi per la notte, non nel giardino, non al villaggio. Non lo trovarono.
Hoseok correva nella foresta. Non gli importava più se i rami gli si impigliavano tra i capelli e le vesti. Non aveva paura dei rumori sconosciuti, perché aveva camminato con Yoongi per quegli stessi sentieri. Voleva vederlo e sorridergli e dirgli che non aveva paura, che non sarebbe scappato più, mai più…
Lo spiazzo era vuoto. Hoseok crollò sulle ginocchia e iniziò a piangere. Aveva tagli sulle braccia, sul viso e sulle vesti, ma non gli importava. I capelli gli cadevano sulla faccia, mentre piangeva. Rimase un giorno e una notte ad aspettarlo, ma Yoongi non venne.
Tornò a cercarlo nella foresta, chiamò il suo nome  sino a che non perse la voce. Pianse tutte le sue lacrime, vagò nella foresta come impazzito. Svenne alle luci del mattino. Quando riprese i sensi Yoongi gli stava accarezzando i capelli, gli occhi fissi sul suo viso. Hoseok scoppiò in lacrime e si aggrappò a lui
- Scusa… perdonami. Non ho paura, Yoongi, perdonami. – implorò aggrappandosi alla sue vesti.
Yoongi aveva i capelli bianchi e la coda si muoveva leggermente, sfiorava il suo corpo. Yoongi scosse la testa e sorrise leggermente.
 – Sei tornato – sussurrò tenendolo fra le sue braccia e accarezzandogli il viso. Hoseok annuì immediatamente e gli prese il viso tra le mani – Sì. Sì. Per te. Non ti lascerò solo. – voleva sentirlo di nuovo contro il suo corpo. lo abbracciò per le spalle, toccandogli i capelli e premendolo contro il proprio petto.
– Starò con te. Okay? – Yoongi annuì silenziosamente, sospirando e chiudendo gli occhi al suo abbraccio. Gli prese il viso tra le mani, attento a non ferirlo, e lo baciò lentamente, stringendolo a sé. Hoseok lo strinse di più e passò la lingua sulle sue labbra, delicatamente, baciandolo come se avessero tutto il tempo del mondo. Yoongi rispose al bacio, portandolo più vicino a sé, con una mano sulla sua schiena. Poggiò le dita sul suo petto e lo baciò delicatamente sulle labbra, sulle guance, sul naso e guardò il suo corpo perdere lentamente le forze. Abbracciò per ore il suo corpo senza vita, non capendo perché non riusciva a smettere di piangere.
Le volpi ingannano, Altezza, sì.
Anche se stesse, a volte. 




Grazie per aver letto sino a qui!
un bacio

dram
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS) / Vai alla pagina dell'autore: dramy96123