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Autore: stirlingite27    09/10/2017    0 recensioni
[Lindsey Stirling]Quando nasci nel Deserto, la vita è difficile. Quella è una terra vasta e spietata. I Padroni dominano su orde di schiavi e uccidono a loro piacimento. La terribile Arena è una minaccia costante. Però, una luce si accende nel buio: una giovane coppia, una come quelle di un tempo. Lei è figlia degli Dei della Luna, lui degli impetuosi Dei del Sole. Insieme, devono unire tutti, per cancellare pregiudizi millenari e tradimenti e riuscire a cambiare il Deserto. Una storia ispirata da un video di Lindsey Stirling!
Traduzione della storia "Escaping the Arena" di @stirlingite27 su Wattpad.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9 - Guardia
 
Kairos si avviò distrattamente tra le tende. Gavi lo aveva lasciato ai cancelli dell'accampamento degli schiavi in modo che le guardie non dubitassero del suo allontanamento oltre l'orario. Si separarono senza parlare, entrambi avevano molto a cui pensare.
 
Lui voleva parlare con Lindsey, sapere cosa ne pensasse e avere la sua opinione al riguardo, era la sua confidente numero uno. Ma sapeva anche che quella notte non sarebbe stata l'ideale per cercarla. Se Gavi lo stava osservando, si sarebbe aspettato che corresse subito da lei. No, lei doveva restare al sicuro. Quella notte l'avrebbe lasciata da sola.
 
 - - -
 
La mattina seguente, Lindsey si svegliò tardi. All'inizio era confusa, non ricordava di essersi addormentata, aveva cercato disperatamente di stare sveglia e seguire Kairos al suo appuntamento con Gavi, per questo era un po' in collera con se stessa per aver ceduto al sonno.
 
Sapeva che doveva recarsi alla sua postazione di lavoro, non che avrebbero sentito la sua mancanza. La metà delle sarte era costituita la sua gente, e a loro non piaceva vedere la loro futura regina lavorare come una popolana; l'altra metà l'aveva vista cucire e avrebbero preferito che non si presentasse affatto. Decise quindi di aspettare fino alla fine del turno.
 
Il suo lavoro quel giorno fu più scadente del solito. Era distratta. Voleva parlare con Kairos, aveva l'impressione che ci fosse qualcosa che non andasse. Il panico iniziò a farsi strada nel suo petto: era in arrivo una visione.
 
"No, non qui," sussurrò tra sé. Aveva reazioni differenti a seconda delle visioni, e talvolta risultavano estreme.
 
Osservò freneticamente le compagne Nexus, Elene e Delia erano prese dalle loro cuciture, nessuna delle due alzò lo sguardo al suo cambio di postura. Nessuno prestava attenzione. La donna tarchiata incaricata di sorvegliare il gruppo di sarte era impegnata con un vassoio di dolci che le era stato mandato dalle cucine, senza curarsi minimamente delle donne sotto il suo controllo. Lindsey sapeva che avrebbe avuto una sola possibilità per sgattaiolare via e dedicarsi al suo dono, la sua mente aveva già iniziato ad annebbiarsi. Odiava quando una visione arrivava così, preferiva averle nel sonno.
 
Silenziosamente, scivolò via dalla sedia scappando nel cupo corridoio della caverna; era fortunata ad avere una postazione così all'interno della montagna, non c'era quasi nient'altro lì intorno. Trovò un angolo buio e vi si nascose, lasciando che la visione prendesse il sopravvento sulla sua mente.
 
Sabbia soffiata in aria dal vento la circondava, non le erano mai piaciute le tempeste, che ultimamente erano aumentate. Il deserto si faceva sempre più arido. Lindsey si guardò intorno, insicura sul perché si trovasse in quel lasso di tempo. Il più delle volte era consapevole di trovarsi all'interno di una visione. La sabbia trasportata dal vento le bruciava gli occhi, mentre tentava di vedere qualcosa oltre il rosso dell'aria.
 
"Ehi!" tentò, ancora confusa. Si trattava solo della visione di una tempesta di sabbia?
 
"Linds!" fece la voce di Kairos attraverso il fischio rabbioso del vento. "Corri!"
 
Si rese conto in quell'istante di essere inseguita. Era il figlio maggiore di Blackflag, Bram, il più temibile. Corse verso la voce, la sabbia tagliente contro la pelle e gli occhi. "Kai!"
 
Tentò di accelerare, gli scomodi sandali che indossava rendevano difficile correre nella sabbia. Prima che potesse allontanarsi oltre, una mano riuscì ad afferrarla. Si voltò, per trovarsi davanti il volto pieno di cicatrici di Bram.
 
"Non scapperai così facilmente dall'Arena, Rinnegata."
 
Lindsey venne risvegliata da qualcosa che le stava leccando il viso. Aprì gli occhi, trovandosi davanti la lingua umida di un cane dal pelo arruffato. Dimenticando temporaneamente la visione, e anche di essere seduta sul pavimento, grattò dietro le orecchie del cucciolo. Le erano sempre piaciuti, i cani.
 
"E tu chi sei?" chiese all'animale, che si limitò ad agitare felicemente la coda e a darle un'altra leccata.
 
"Riffraff?" chiamò una voce. Lei alzò lo sguardo: era l'uomo a cui aveva rivolto la parola senza permesso tempo prima. Abbassò in fretta gli occhi a terra. "Oh, salve."
 
"Mi-mi dispiace, non mi sentivo molto bene e ho deciso di sedermi un momento." balbettò.
 
Gavi le porse una mano per aiutarla ad alzarsi, tentanto affannosamente di ricordarsi il nome che lei gli aveva dato quel giorno. Non voleva sbagliare e dire il suo vero nome, soprattutto non lì.
 
"Non fa niente...ummm."
 
"Luna," gli venne in aiuto lei. "Vi chiedo perdono, signore, vi prego, non denunciatemi."
 
Lui rise. "Sta' tranquilla, probabilmente anch'io sarei nei guai se sapessero che sono stato qui. Riffraff aveva bisogno di fare una passeggiata." disse, accarezzando il dorso dell'animale.
 
Lindsey gli sorrise, sembrava abbastanza gentile. Si ricordò di come lui avesse impedito al consigliere di condannarla a una pena severa, quel giorno.
 
"Devo tornare alla mia postazione. Buona giornata, signore." La ragazza corse via, e lui la osservò tornare alla propria sedia.
 
Quando se ne fu andata, si abbassò a livello di Riffraff. Era grato del fatto che nessuno, compresa lei, avesse notato che lui l'aveva tenuta d'occhio tutta la mattina. L'aveva seguita in silenzio quando si era nascosta nel corridoio, quando gli occhi le si erano annebbiati e il suo corpo si era irrigidito.
 
"Dev'essere stata una visione," mormorò tra sé. Era una fortuna che nessuno l'avesse vista lasciare la stanza.
 
Avrebbe voluto chiederle cosa avesse visto, ma ovviamente era fuori discussione. Aveva promesso a Kairos che l'avrebbe tenuta fuori da quella storia, ecco perché aveva mentito dicendogli di non sapere chi fosse. Aveva prima bisogno che l'uomo si fidasse di lui; se ci fosse riuscito, anche lei si sarebbe fidata a sua volta.
 
"Andiamo, bello, torniamo alla stanza di papà." Il cane lo seguì di corsa.
 
Gavi sarebbe tornato la mattina successiva, come faceva ormai quasi ogni giorno.
 
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