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Autore: Nalawagel    11/10/2017    2 recensioni
[...] La guerra è finita. Gli Almogaveri sono stati sconfitti. Di fronte a tutte le avversità, e di fronte alla più grande minaccia che questa galassia abbia mai conosciuto, siamo sopravvissuti.
Ora, mentre percorriamo i primi passi verso il ripristino di ciò che abbiamo perso, dobbiamo ricordare che cosa ci ha permesso di vincere. Non è stata una vittoria di una singola flotta, di un singolo esercito, o di una sola specie. Se questa guerra ci ha insegnato qualcosa, è che siamo più forti quando lavoriamo insieme. E se possiamo abbattere le nostre divergenze per fermare qualcosa di potente come gli Almogàveri, immaginate cosa possiamo ottenere ora che sono stati sconfitti. Ci vorrà tempo, ma possiamo ricreare tutto ciò che è stato distrutto. Le nostre case, i nostri mondi, le nostre navi. Tutto questo e altro ancora. Insieme possiamo costruire un futuro più grande di chiunque di noi possa mai immaginare. Un futuro pagato dai sacrifici di coloro che hanno combattuto accanto a noi. Un futuro che molti non vedranno mai. Nonostante abbiamo ancora molte sfide davanti a noi... possiamo affrontarle insieme. E onoreremo quelli che sono morti per darci quel futuro. [...]
Amadeus IV - Cronache di una guerra infinita.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In questa realtà, in questo tempo fatto di fraintendimenti e di colpe non esiste il troppo tardi ma tutti dispongono di un'altra possibilità o almeno di un ultimo respiro, perché...

Era per questo probabilmente, era per questo che guardandosi intorno poteva osservare solo dolore.

Aiden fece un sorriso amaro pensando a quest'ultima parola.

"Dolore, adatto alla situazione del Locus Animus."

Non solo dolore ma anche disperazione, malattie, perdita e amore.

Cosa c'entrerà mai l'amore con tutti gli aggettivi descritti prima? Perché sono tutti collegati l'uno all'altro. Amare comporterà perdere, comporterà addolorarsi, comporterà ammalarsi.

Alcuni definivano Aiden una persona pessimista, altri ottimista ma lui osava chiamarsi realista.

Questo pianeta non lasciava spazio alla debolezza e lui lo sapeva bene, aveva già perso una cosa importante, indispensabile.

"Aiden dai, vieni con noi." Un ragazzino spuntò dalla cima di un alberello tutto rinsecchito, voleva che andasse con lui per correre un po' ma non poteva proprio, non in queste condizioni.

"Ma... cosa ti ritrovi sopra la testa?" Il ragazzo non sapeva minimamente cosa pensare, sembrava folgorato.

Aiden gli rispose di spalle, prendendo un bel respiro, senza voltarsi. Non sembrava più lo stesso, questa situazione lo aveva messo alle strette, anche per una persona come lui.

"Ti prego Rodin, vattene, lasciami solo..." La supplica raggiunse Rodin e finalmente dopo interminabili secondi decise di lasciarlo a se stesso.

"Devo uscire da qui, non posso di certo restare e farmi uccidere così."

Aiden scalò il palazzo davanti a lui e con la mano destra si dava le giuste spinte per raggiungere le sponde più vicine. Raggiunse il tetto in poco tempo, dopotutto era un Free Runner, per lui era cosa da niente, solo che avendo perso quella... "cosa" non era più abile come prima.

Avvicinandosi alla sporgenza la quale non aveva precauzioni né impalcature osservava il paesaggio:

Il cielo era terso di un verde scuro, carico di nuvole nere come la pece. Palazzi caduti in macerie, devastate le strade e le vite dei poveri abitanti.

I pochi rimasti in vita erano malati, lui compreso. Donne e bambini in gravi condizioni stavano saggiando la vita un'ultima volta prima di scomparire come neve al sole.

Persino gli animali sembravano più prosperosi di loro. Non solo, alcuni si cibavano di carne umana. Messa in questi termini sembrava una specie di apocalisse portata da Dio.

Invece la realtà era ben più crudele. La guerra contro gli Almogaveri gli aveva portato via tutto: I governi decisero di trattarli come carne da macello, rinchiudendo l'intero Locus in una barriera magica insieme ai nemici più pericolosi. Cominciarono a bombardare senza sosta, senza possibilità di appello, devastando ogni cosa nell'arco di chilometri.

Non solo per loro erano alla stregua degli animali ma non si erano nemmeno presi la decenza di aiutarli una volta vinta la guerra ma anzi, li avevano rinchiusi dentro delle mura altissime le quali nemmeno i runner erano capaci di scalare.

Nessun Animus aveva più visto qualcuno degli altri Locus, erano isolati dal resto del mondo, da anni. Nessuno sapeva com'erano dolci i sorrisi delle Siren, belle le donne Shiva o gentili i Valefor. Solo tramite libri o racconti dei più anziani sapevano che aspetto avevano le altre specie.

Aiden non poteva perdonare né gli Almogaveri né Nalawagel, la capitale dei Locus. Perché solo gli Animus erano costretti a sopportare tutto questo? Tra tutti, loro possedevano il maggior concentrato di magia, il maggior concentrato d'amore. Ma ora era l'odio a dominare su questa terra, non più l'amore.

"Li farò pagare per tutto, per essersi presi le nostre case, i nostri averi, le nostre vite." Aiden avrebbe voluto balzare oltre le mura come una cavalletta che salta al di là di una pozzanghera.

Con la mano destra cercò di raggiungere l'altra mano o almeno, avrebbe voluto toccarla ma ora non c'era più. Fremette ancora più dalla rabbia. Quanto altro avrebbe dovuto perdere? Maledetti politici, agiati nelle loro posizioni sociali.

Aiden balzò davvero, raggiungendo il tetto adiacente a quello dove si trovava prima, correndo verso l'altra sponda, scavalcando una sedia di plastica lasciata lì da chissà quanti anni, scivolando sotto un tavolo di metallo e balzando nuovamente.

Correre era tutta la sua vita. Poteva sentirsi libero dentro una gabbia fatta di morte e disperazione. Poteva assaporare quell'aria malaticcia a pieni polmoni, perché questo faceva da anni e questo lo aveva reso quello che era.

Forse non era nemmeno un realista ma solo un pazzo in cerca della vita ma soprattutto della vendetta.

Dopo l'ennesima sporgenza saltò ma piano piano il suo corpo si inclinò verso il basso, precipitando ad alta velocità. Sorrise, prima di conficcarsi dentro un carretto con dentro molta paglia.

Uscì e si tolse di dosso la sporcizia prima di entrare in una piccola cantina dietro ad una casa situata vicino alle mura.

Entrò e non solo la luce, che già scarseggiava fuori, in pieno giorno, era veramente ridotta al nulla ma anche l'aria divenne pesante. Si intravedevano a malapena i bordi di un tavolo e delle sedie ma in sé la stanza era veramente spoglia.

"Heilà, Jensen, ci sei?" In tutta risposta gli arrivò un pugno da dietro la nuca che Aiden schivò all'ultimo secondo abbassandosi e girandosi verso l'individuo.

"Grazie per il solito benvenuto!" Aiden alzò la mano in segno di saluto.

L'uomo davanti a lui, Jensen, era molto anziano, maleodorante e molto scettico sulla nuova generazione. Un po' come tutti gli Animus portava vestiti stracciati, scuri e lugubri. Indossava un cappello da marinaio, scuro anch'esso, e fumava una pipa che da quando Aiden avesse memoria non era mai accesa.

Era un reietto, non si fidava di nessuno, men che meno di Aiden, un giovinastro che non sapeva prendersi le sue responsabilità.

"Ricorda ragazzo" cominciò Jensen ma Aiden lo interruppe e proseguì per lui "Ai miei tempi..." disse, copiandone anche la voce da vecchietto.

Jensen assottigliò gli occhi, era guerra.

"Dai amico, sto solo prendendoti in giro."

Il vegliardo non rispose subito ma dopo un poco: "Cosa vuoi da me?"

"Passi subito al sodo? Mi piaci vecchio, vigoroso come sempre. Sono venuto per il solito." Rispose convinto Aiden.

Jensen sbuffò, sembrava anche un po' seccato.

"Ok, allora devi so-" Prima che potesse continuare si sentì un gemito nell'altra stanza.

Aiden si girò verso il rumore ma in pochi istanti venne spinto al muro dietro di sé, bloccato da un braccio che spintonava contro il suo pomo d'Adamo. Faticava a respirare e si rese conto solo in seguito che chi lo stava soffocando era proprio Jensen.

"Prova anche solo a pensare di dire una sola parola in giro di quanto hai sentito e giuro che ti ammazzo seduta stante, siamo intesi scricciolo?" Il vecchio lo guardava con il fuoco negli occhi. Dopo anni di dolore non poteva credere che avrebbe mai visto certi occhi. Cosa poteva esserci di là di così importante da far infervorare addirittura Jensen?

"Intesi?" Ricalcò lui, spingendo di più sul pomo. Aiden acconsentì con un gesto del capo. Una volta libero cercò di riprendere quanto più fiato potesse, dannato Jensen.

"Ora vieni di là, ti faccio vedere. Magari questa volta potrai renderti utile." Aiden guardava Jensen nell'oscurità mentre si avvicinava alla porta dall'altro capo della stanza.

Il ragazzo si avvicinò e una volta entrato sgranò gli occhi.

"Lei è mia nipote." Jensen si portò il cappello sul petto, lasciando liberi quei pochi capelli bianchi che si ritrovava in testa.

La ragazza, sdraiata su un letto, era dolorante, probabilmente febbricitante, si teneva la caviglia con entrambe le mani.

"Ma lei..." iniziò Aiden "Sì, lei è un'Alexander." finì Jensen.

“Cosa ci fa lei qui? E' un Alexander, nessuno può entrare né uscire da qui. Cosa mi nascondi, vecchio?” Il giovane era sconcertato, non si sarebbe mai aspettato di vedere un'altra razza al di fuori degli Animus.

“Innanzitutto, pulce, devi stare zitto. Secondo, devi portarla via, al suo Locus Alexander. Non si trova molto lontano da qui e comunque non devi preoccuparti, ci penserà mia nipote a portarti là.”

La possibilità di uscire da quell'inferno era ormai prossima, sarebbe stato davvero così semplice?

Il vecchio si sedette su una sedia impolverata, vicino al viso dell'Alexander.

“Una volta usciti, non potrete mai più rientrare, specie tu ragazzo. Il mondo là fuori è perfido, pieno di pericoli e con una certa predisposizione ad inghiottire le proprie vittime. Sarai una di quelle?” Chiese Jensen, con una punta di spavalderia nella voce.

Aiden era più confuso che mai. La sua vita non sarebbe stata più la stessa e finalmente avrebbe avuto la sua vendetta, forse... un giorno.

Per un attimo fissò il vecchio con intensità, senza proferire parola, finché:

“Ascolta bene, devi solo guidarmi fuori da qui e non tornerò più, non è qui il mio posto, non c'è vita qui dentro. Inoltre, come sai, ho meno di un anno di tempo per trovare l'essere che mi ha fatto questo.” Affermò, Indicandosi il numero sopra la sua testa.

La donna gemette nuovamente e finalmente aprì gli occhi, squadrando il giovane davanti a sé.

“Aiden.” Riuscì a dire ma venne fermata subito dal nonno.

“Non devi affaticarti così. Tra poco dovrai riprendere il tuo viaggio e lui ti accompagnerà, andrà tutto bene, vedrai.”

Aiden cominciava ad avere sempre più dubbi, specie sul comportamento di Jensen. Era inusuale vederlo comportarsi in questo modo.

“Fammi capire vecchio, lei è una Alexander. Inoltre, nemmeno pura. I veri Alexander sono giganteschi e con forma completamente meccanica. Lei è un ibrido, vero? Metà Alexander e metà...?” Lasciò in sospeso la frase per ricevere una risposta sicura.

“Umana.” Rispose la donna. “Umana?” Chiese Aiden. “Umana.” Confermo Jensen.

Aiden aveva letto numerosi libri nella biblioteca abbandonata, l'unica forma di conoscenza proveniente dal mondo esterno. Poteva definirsi studioso, amava leggere e conoscere cose sempre nuove, diverse.

“Umana? Cosa significa? E' una razza che non conosco?” Chiese Aiden aggrottando la fronte.

“Possiamo dire così ragazzo, in un certo qual modo hai azzeccato.” Rise il vecchio.

La donna si alzò piano, appoggiandosi alla spalla del nonno.

“Dobbiamo partire subito, non abbiamo molto tempo.”

Jensen stava per replicare ma qualcosa gli impedì di parlare, forse la determinazione negli occhi della nipote o forse perché era troppo vecchio per opporsi.

Ora che la donna era in piedi poteva vederla bene. Era un'umanoide e nemmeno troppo alta, se considerando i veri Alexander, sarà stata poco più alta di lui. La sua pelle era come metallo levigato, di color argento. Inoltre possedeva le forme di una donna, anche abbastanza sensuale. Nonostante si potesse definire nuda poiché non indossava nulla, non aveva piedi normali ma quelli che definivano tacchi alti o così aveva letto nei libri delle Shiva. Per definizione era una macchina, quindi completamente costruita, infatti alcune parti del suo corpo erano diverse. La testa era piatta, senza capelli o altro, e tutto il suo corpo era rivestito da linee arancioni. Forse si trattava di disegni simbolo del proprio Locus di appartenenza.

“Ti prego Aiden, devi accompagnarmi al mio Locus.” L'Alexander supplicava un Anima. Che cosa sconcertante. Dopo essere stati esiliati per secoli, ora erano arrivati a chiedere il loro aiuto. Che pena.

“TI aiuterò solo perché finalmente potrò uscire da qui. Non simpatizzo per gli Alexander né tanto meno per le altre razze.”

Lei sorrise debole prima di rispondere: “Hai ragione Aiden, non ti disturberò più dopo essere giunti a destinazione. Ti ringrazio per la disponibilità.”

“Ho una domanda da farti prima di partire. Come fai a conoscere il mio nome?”

“E' una cosa saprai a tempo debito.”

Aiden storse il naso, non gli piacevano molto le persone come lei.

“Sei pronta? Devi tenere il mio passo anche con la febbre. Il vecchio dice che il Locus non è molto lontano, quindi voglio arrivarci in poco tempo.”

“Certamente, andiamo ora.”

...perché tutti devono avere la possibilità di amare.
   
 
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