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Autore: Kim WinterNight    12/10/2017    4 recensioni
Scappare non è sempre simbolo di codardia. Ognuno di noi ha un motivo valido per cui vorrebbe scappare da qualcuno o qualcosa: chi per dimenticare, chi per liberare la mente, chi per accompagnare qualcun altro nella fuga, chi per uscire di casa, chi per volere di un'entità superiore...
Ma tutti, forse, lo facciamo per cercare un po' di libertà e per rendere noi stessi più forti e capaci di ricominciare a lottare.
DAL TESTO:
Una vacanza, ecco cosa mi serviva. Non riuscivo più a stare rinchiuso in casa, forse stavolta avevo esagerato. [...]
Notai una figura rannicchiata in fondo, in posizione fetale e con le braccia strette al corpo. Tremava vistosamente e teneva gli occhi serrati.
«Non vuole uscire di lì... non so più cosa fare» sospirò lei, portandosi una mano sulla fronte. [...]
«Non ti incazzare, amico. Ci tenevo solo a invitarti personalmente al mio matrimonio.»
Digrignai i denti e osservai, senza neanche vederli, gli automobilisti a bordo dei loro veicoli che mi superavano e mi evitavano per miracolo, per poi imprecare contro di me e schiacciare sul clacson con fare contrariato. [...]
«Avresti potuto chiedermelo, magari?» commentai, incrociando le braccia sul petto.
«Avresti rifiutato» si giustificò.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daron Malakian, John Dolmayan, Nuovo personaggio, Serj Tankian, Shavo Odadjian
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ReggaeFamily

Heartbeats

[Shavo]




«Come ti senti, Shavarsh?»

«Come se qualcuno avesse scatenato la Terza Guerra Mondiale nel mio stomaco» bofonchiai.

Ero steso sul letto, in camera mia e di John, mentre Leah se ne stava appollaiata sul bordo del materasso e mi carezzava piano il viso. Tenevo gli occhi chiusi, perché ogni volta che li aprivo mi sembrava di stare ancora sul pedalò che oscillava pericolosamente.

«Oddio, ogni tanto mi viene ancora da ridere...» farfugliò la ragazza, portandosi una mano davanti alla bocca per cercare di mascherare l'ilarità.

«Vi siete divertiti alle mie spalle.»

«Ma no, alle spalle di Daron in primis.»

Quando udii il nome del mio amico, mi girai su un fianco e socchiusi appena gli occhi, trovando di fronte a me il viso sereno di Leah.

«Ora Daron ha perso quei video...» osservai.

«Quei video?» chiese lei perplessa.

Mi premetti una mano sugli occhi e sospirai. «Sto davvero male, cazzo. Che vacanza di merda, da quando ho messo piede in aereo, le cose sono precipitate.»

«Ehi!» Leah mi picchiettò sul braccio. «Questo cosa significa? Potrei offendermi!» aggiunse. «E di quali video parli?»

«Non importa. No, Leah, è ovvio che tu non c'entri con tutto questo casino, però...» Sospirai ancora. «Il fatto è che questa dovrebbe essere una vacanza rilassante, invece è uno sfacelo. Perché?» blaterai.

«È che sei un ragazzo sfortunato» rifletté Leah facendo spallucce. «Per prima cosa, mi hai conosciuto. Ti basta come evento disastroso?» mi punzecchiò in tono ironico.

La afferrai improvvisamente per i polsi e la trascinai sul letto con me. «Smettila, non è vero. Tu sei l'unica cosa positiva in tutto questo.»

«Direi di no. Hai visitato il museo di Marley, hai visto un concerto di Eek-A-Mouse e Barrington Levy, hai fatto un giro in pedalò, hai dormito sotto le stelle, hai suonato uno djambé, hai partecipato a un party improvvisato in piena notte... queste sono delle cose davvero belle, no?»

«Uhm...» Affondai il viso tra i suoi capelli. «Non è importante tutto ciò, proprio no» mormorai, stringendola a me per far sì che il suo corpo mi scaldasse.

Nonostante le temperature fossero abbastanza alte, io mi sentivo debole e ogni tanto venivo scosso da brividi di freddo improvvisi.

«Shavarsh, hai la febbre?» Leah si allungò per posare le sue labbra sulla mia fronte, poi sgranò leggermente gli occhi. «Sei bollente! Forse dovrei cercare un termometro...» prese ad agitarsi.

«No, rimani qui.» La tenni stretta e mi sistemai meglio sul letto, sentendomi improvvisamente stanco.

«Dormi un po' allora» sussurrò Leah, posando la testa sul mio petto.

«Tu però non andartene.»

«Ma no, Shavarsh, sono qui» mi assicurò, intrecciando le sue gambe alle mie.

Persi velocemente i sensi, non riuscii più a tenere gli occhi socchiusi e la mente lucida, sprofondai semplicemente in un sonno profondo.


Quando mi risvegliai, il sole tingeva di arancione i contorni dei mobili e le pareti della stanza.

Leah era affacciata alla finestra e il suo profilo si stagliava contro le luci del tramonto, facendola apparire ai miei occhi quasi come una figura eterea, impalpabile, bellissima.

Rimasi a osservarla e scrutai il modo in cui scacciava le ciocche scure dal viso, mentre il vento le scompigliava; mi concentrai sui suoi gesti precisi mentre si portava una bottiglietta d'acqua alle labbra, mentre contemplava il panorama e un'espressione assorta le si dipingeva sul viso spigoloso, mentre sorrideva appena per qualcosa che aveva scorto sul vialetto d'ingresso dell'hotel.

«Leah? Succede qualcosa di divertente là fuori?» le chiesi con un sorriso.

Lei sobbalzò leggermente e si voltò a guardarmi; in quel momento una folata di vento fece sì che i capelli le ricadessero sul viso e nascondessero i suoi occhi alla mia vista.

«Come stai?» volle sapere subito, passandosi entrambe le mani sul viso per ricacciare indietro le ciocche.

«Sto meglio, ma tu non hai mantenuto la promessa» le feci notare.

Leah aggrottò leggermente la fronte. «Quale promessa?»

Battei appena sul materasso accanto a me. «Avevi detto che saresti stata qui.»

Scosse appena il capo e sorrise. «Giuro che avevo troppo caldo, dovevi avere la febbre, eri un termosifone umano!» spiegò.

«Sai, mi sento molto meglio ora. Sicuramente ero debole. Ehi, sai dove sono gli altri?» domandai, mettendomi a sedere e sfregandomi le mani sulle braccia.

«No. Daron è corso in camera sua, mentre John e Bryah... sai che c'è? Quei due...» Leah abbassò la voce e fece qualche passo nella mia direzione.

«Quei due?»

«Vorrei tanto che stessero insieme, sono così carini!» sbottò all'improvviso, per poi gettarsi su di me.

Ricaddi bruscamente con la schiena sul materasso e mi ritrovai il corpo magro di Leah premuto contro, il suo viso a pochi millimetri dal mio.

«E noi? Noi non siamo carini?» scherzai, accarezzandole i capelli.

«Come faccio a saperlo? Io sono bellissima, tu un po' meno...» mi prese in giro.

«Ah sì? Ma sentila! Allora allontanati dal brutto anatroccolo se hai il coraggio!» la sfidai in tono fintamente serio.

Leah sbuffò. «No, il brutto anatroccolo è troppo comodo come materasso» commentò, spalmandosi meglio su di me.

«Che opportunista! Non ti voglio più, vattene.»

«Spiacente, troppo tardi.» Leah posò le sue labbra sulle mie. «Sei un ragazzaccio imbecille.»

«Addirittura? Continui a insultarmi?»

«Certo che sì! È troppo divertente» proferì in tono solenne, solleticandomi il collo con le dita.

La afferrai per i polsi, fulmineo, e in un attimo invertii le posizioni, facendola stendere sotto di me. Intrecciai le mie dita alle sue e la guardai intensamente negli occhi. «E ora?»

«E ora?» Ridacchiò. «Che aspetti a baciarmi?»

Adoravo il suo modo di fare, la sua spontaneità, il fatto che fosse spudorata e riuscisse sempre a dire ciò che le passava per la mente. Adoravo la sua audacia, il modo semplice e ovvio con cui mi si rivolgeva, la sua ironia pungente e le mille sfaccettature della sua sensualità, quella sensualità che mi faceva impazzire e mi mozzava il respiro: Leah non la ostentava e forse non ne era neanche consapevole, ma c'era, era lì e mi attirava inesorabilmente, sempre più vicino a lei.

Così non riuscii a trattenermi e mi avventai sulle sue labbra, facendole mie e cercando di trasmettere, attraverso quel gesto, tutte le emozioni tumultuose che mi scuotevano in quel momento.

Leah si aggrappò alle mie spalle e ricambiò i miei baci con ardore, quasi con un trasporto maggiore del mio, travolgente, impetuoso. In un attimo avvertii le sue mani che esploravano il mio corpo, che lo stringevano al suo e che stimolavano un'infinità di sensazioni estremamente piacevoli.

Sospirai quando Leah mi sfilò la maglia e sfiorò appena il mio petto con le dita, fu un tocco delicato e morbido, ma fu in grado di inondarmi completamente di desiderio.

All'improvviso si staccò da me e mi guardò negli occhi.

«Che c'è?» mormorai.

«Sei dolce» disse soltanto.

«Io?» mi schernii.

«Sì, tu. Dolce e bellissimo.»

Rimasi sorpreso e mi sentii improvvisamente in imbarazzo. «Ma che dici? Poco fa ero il brutto anatroccolo, e ora...»

«Ho cambiato idea» butto lì, per poi cercare nuovamente le mie labbra.

La consapevolezza di cosa sarebbe potuto succedere di lì a poco mi colpì improvvisamente, facendomi provare un po' d'ansia. Non sapevo se fossi abbastanza per Leah, se lei avrebbe accettato il mio modo di farla mia, non avevo minimamente idea di come avrebbe pensato o di come avrebbe reagito.

«Shavarsh, sei pensieroso... ti prego, rilassati» disse lei; era come se mi avesse letto nel pensiero, il che mi fece sorridere appena.

«Abbiamo una bella intesa, già sei in grado di leggere nella mia mente» osservai, mentre facevo scivolare le mani sul tessuto morbido della canottiera di Leah, per poi sfilargliela e lasciarla cadere sul tappeto accanto al letto.

«Sì. E immagino che ti stai preoccupando per niente, vero?»

Fissai Leah negli occhi e li trovai leggermente lucidi, segno che anche lei, come me, provava quel desiderio bruciante e incontrollabile.

«Forse...»

Leah mi regalò un sorriso dolce e senza alcuna traccia della sua solita ironia. «Ti va di prenderti cura di me?» chiese all'improvviso, spiazzandomi completamente.

«Mi piacerebbe molto provarci, ma non so se sono all'altezza» ammisi.

«Io mi fido di te, dovresti imparare anche tu a fidarti di te stesso. Provaci ora» mi incoraggiò, per poi afferrare la mia mano e posarla sul suo ventre morbido e liscio. La guidò fino al bordo dei suoi pantaloncini, infine ripeté: «Provaci, andrà tutto bene».

Annuii appena e, lentamente, finii di spogliarla, così come lei fece con me. Ci ritrovammo senza vestiti proprio come era successo la notte precedente, ma in quel momento non avevamo sonno, non eravamo stanchi e sapevamo bene quale fosse il nostro desiderio comune.

Leah lasciò che le baciassi il collo, che lambissi la pelle dei suoi seni e delle sue spalle. Lasciò che la accarezzassi con calma, senza fretta, nel modo in cui ero sempre stato abituato a fare.

Lei fece lo stesso con me, riempiendo il mio corpo di stimoli, lasciando scie di baci ovunque, ubriacandomi con il suo calore e il suo temperamento.

Io ero più delicato e me la prendevo comoda, mentre Leah era impetuosa e passionale; riuscivamo a completarci, perché lei faceva in modo che mi sentissi a mio agio, mentre io mi dedicavo al suo piacere con tranquillità.

Mi piaceva quel modo che avevamo inconsapevolmente trovato per stare insieme.

A un certo punto Leah mi afferrò il viso tra le mani e posò la fronte contro la mia. «Sei pronto?»

«Sì. Leah, tu...»

«Io lo sono. Su, ragazzaccio, vediamo che sai fare» concluse, per poi inarcarsi contro di me.

La vista mi si annebbiò per un attimo, tutto in me era preda del desiderio, tutti i miei sensi inebriati dal profumo e dal calore della donna che stringevo tra le braccia.

Senza staccare gli occhi dai suoi, lasciai che Leah mi accogliesse dentro sé, con calma e con delicatezza.

Si lasciò sfuggire un sospiro e si ancorò alle mie spalle, per poi avventarsi sulle mie labbra e stravolgerle di baci ardenti, mentre si muoveva appena sotto di me e spingeva il suo bacino contro il mio.

Interruppe presto quel contatto e mi tirò ancora più vicino a sé; era come se stessi per soffocare, ma era bellissimo, non sapevo più neanche come descrivere le mie sensazioni. Leah affondò il viso contro la mia spalla e mugolò, mentre io aumentavo il ritmo delle mie spinte e la tenevo saldamente per i fianchi.

«Leah...» riuscii a chiamarla, anche se il piacere che provavo aumentava vertiginosamente e mi risultava davvero difficile ragionare o formulare pensieri e frasi di senso compiuto.

Lei non rispose, sentivo solo il suo respiro rovente sulla mia pelle, il che non fece che accrescere maggiormente il mix di emozioni che mi stava travolgendo.

«Leah...» biascicai ancora.

Lei rovesciò la testa all'indietro e serrò gli occhi. «Cosa... Shavarsh, cosa...» riuscì solo ad articolare, tra un sospiro e l'altro.

Mi ritrovai a sorridere nell'udire il mio nome pronunciato con difficoltà, con voce roca e lettere strascicate. «Era questo che volevo» mormorai appena, rendendomi conto di quanto mi avesse eccitato il suo gesto apparentemente banale.

Ci stringemmo maggiormente l'uno all'altra, finché Leah non emise un lungo gemito e si immobilizzò d'improvviso, irrigidendosi sotto di me. Poco dopo anche io fui scosso da un violento orgasmo e mi sentii invadere da un calore pazzesco, mentre tutto il mio mondo si sgretolava in un solo istante, per poi ricomporsi lentamente.

Mi separai da Leah e rotolai su un fianco, respirando affannosamente. Premetti la fronte contro la parete che fiancheggiava il letto e trovai estremamente confortante quel contatto fresco e ristoratore.

Lei mi si accostò nuovamente e mi abbracciò da dietro, intrecciando le sue dita alle mie. Le nostre mani ricaddero sul mio ventre e i nostri respiri tornarono regolari dopo qualche minuto.

«Pazzesco» fu la prima cosa che riuscii a dire.

«Sono d'accordo, ragazzaccio» commentò Leah, con la guancia premuta contro la mia schiena.

Mi feci immediatamente serio e sospirai appena, ringraziando mentalmente la posizione che avevamo assunto che impediva a Leah di scrutare la mia espressione.

Tuttavia, mi sarei dovuto aspettare che lei capisse al volo il leggero mutamento del mio umore. «Shavarsh, cosa c'è?» chiese infatti.

«Ma niente» tagliai corto.

«Non mi prendi in giro, bassista!» Leah, all'improvviso, si mise a cavalcioni su di me e prese a farmi il solletico ovunque.

Non riuscii a trattenere le risate e scoppiai a ridere, dimenandomi come un matto per sfuggire alle sue mani che si intrufolavano in ogni parte del mio corpo.

«Se vuoi che la smetta, tu piantala di farti i film mentali e stai tranquillo. A te la scelta» esclamò in tono solenne.

«Okay, okay! Va bene, però... ti prego, smettila!» la implorai.

Leah smise subito di torturarmi e si chinò per guardarmi dritto negli occhi. «Allora, la finisci? Shavarsh, sei stato... aspetta, devo trovare la parola giusta. Fenomenale, fantastico, eccellente. No, pazzesco. Ecco, sul serio, sei stato pazzesco. Perché dovresti preoccuparti?»

«È che sono un po' preoccupato, a volte... a volte mi sembra di non essere abbastanza, di non dare abbastanza. Mi succede in un sacco di occasioni, anche se cerco di controllarmi e di fare il possibile per non farmi prendere dall'ansia di non riuscire a compiere il mio dovere» spiegai, sorprendendomi anche di me stesso.

«Questo l'ho capito, ma io sono davvero felice, lo sai? Sto bene, tu mi hai fatto stare bene e mi fai stare bene sempre. Senza di te questa vacanza sarebbe stata una noia mortale. Devi capire, Shavarsh, che tu riesci a dare agli altri più di quanto immagini. Tu oggi mi hai dato tanto, sei stato dolce e tenero, sei stato perfetto. Perché non mi credi?»

Un sorriso incontrollabile si era allargato sul mio viso man mano che Leah parlava. «Ti credo, va bene. Ma anche questo fa parte del mio carattere, devi capire che...»

Lei scosse il capo e mi regalò un bacio sul naso, per poi ridacchiare. «È anche per questo che ti adoro, sai? Più ti conosco e più mi piaci.»

«E non sono più il brutto anatroccolo?» scherzai.

Leah si accoccolò sul mio petto e prese ad accarezzarne la pelle con movimenti lenti e delicati. «Sei il brutto anatroccolo più bello che io abbia mai visto.»

Scoppiai a ridere e avvolsi il suo corpo tra le braccia, regalandole a mia volta dolci carezze.

Il silenzio che si impossessò di noi non fu imbarazzante, riuscì invece a farmi sentire Leah ancora più vicina.

Ora lei si era spinta oltre, stava pericolosamente raggiungendo il mio cuore.

O forse lo aveva già preso con sé e lo teneva incastrato accanto al suo.

  
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