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Autore: Fyan    13/10/2017    0 recensioni
Chi scrive un diario racconta la propria storia, segna la sua vita e parla di avventure. E se fosse il diario, invece, a scrivere l'avventura al posto dello scrittore?
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Diario di un mago
Prefazione

Q
uando mio nipote venne ad abitare nella mia minuscola casetta in campagna ne fui sicuramente sorpreso. Sapevo molto bene che lui non mi aveva mai visto di buon occhio durante tutta l'infanzia e ritrovarmi un bambino lì sulla soglia - con quel mantello pesante di pioggia ed una misera saccoccia piena dei suoi pochi averi - mi fece pensare che forse avrei dovuto dargli più attenzione.
Era nato nella capitale, lontanissimo da questa campagna piena di fiori in cui vivo in solitaria. L'avevo visto rare volte: mia figlia aveva deciso che forse per me era meglio stargli lontano. Per lei sono sempre stato un vecchio strambo innamorato dello studio e dei libri.
Non posso darle alcun torto, povera figlia. Sua madre, mia moglie, era morta molto giovane e io ho lasciato crescere mia figlia da sola. Ho fatto la stessa cosa con suo figlio Joshua, mio nipote, che quella mattinata piovosa venne a bussare alla mia porta.
Lo vidi dal suo sguardo che mi odiava, quei piccoli e sottili occhi verde scuro mi scrutavano con astio al di sotto dei ciuffi scuri gonfi di pioggia: l'aveva sempre fatto. Eppure era venuto proprio da me. Doveva essere successo qualcosa di grave.
«Figliolo?» Ricordo che lo chiamai sbalordito, dopo aver lasciato di malavoglia i miei studi. Sì, l'avevo fatto attendere sotto la pioggia per qualche tempo, nemmeno me ne ero reso conto.
Attesi un momento lì, con la pioggia che scorreva sulle sue guance da bambino. Quanti anni poteva dimostrare? Sette, otto? Non ho mai davvero fatto caso al passare del tempo. La mia esitazione era così palpabile: lo stavo lasciando lì ad infradiciarsi.
«Non mi fai entrare, vecchio?» Furono le prime parole che mi rivolse dopo tanto tempo. «Sei anche peggiore di quello che diceva la mamma.»
Esitai qualche istante, spalancando subito la porta a quel bambino già così antipatico che era mio nipote. Lui era contento di entrare soltanto perché fuori si stava scatenando il temporale. Non era affatto un giorno per viaggiare quello, soprattutto per andare a trovare un vecchio parente come me che nemmeno gli piaceva. Sinceramente, avrei preferito che nemmeno venisse.
Cercai di immaginare subito quale fosse il problema, perché Joshua avesse viaggiato dalla capitale verso la mia casetta in campagna piena di libri. Lui rimaneva in silenzio, piuttosto a disagio, mentre si faceva spazio tra le pile di libri che avevo lasciato nel corridoio: non dava alcuna spiegazione. Ricordo che mi pianse il cuore a vedere le gocce d'acqua che cadevano dal mantello bagnato di Joshua sulla carta dei libri che avevo sparsi al suolo.
«Allora...» Cercai di rompere il ghiaccio, anche se dentro di me sentivo una voglia irrefrenabile di lasciare quel bambino a vedersela da solo, per poter tornare al mio studio in fondo al corridoio.
Joshua non rispose, lasciando cadere il mantello e la saccoccia per terra: le raccolsi subito. Non volevo che rovinassero ulteriormente le copertine dei libri.

***

Quando finalmente mio nipote parlò, fu dopo qualche ora. L'avevo accolto in casa senza nessuna domanda e lui non aveva fatto alcuna richiesta. Mi infastidiva molto avercelo intorno, soprattutto per via di quello sguardo seccato che mi rivolgeva ogni volta che ero nei suoi paraggi. Come se fossi io l'ospite indesiderato!
Joshua non mi raccontò mai il suo viaggio, cosa avesse incontrato o se avesse sofferto la solitudine. Non mi ha mai confidato nostalgia o preoccupazioni: mi ha messo in faccia solo una cruda e seccante verità.
«Se ne sono andati.» Mi aveva detto: era chiaro che stesse parlando dei suoi genitori.
Pensai subito che qualche catastrofe si fosse abbattuta sulla loro ricca casa nella capitale. Che fossero morti in un incendio o una brutta malattia li avesse prosciugati. Eppure mi ero sbagliato.
«Non hanno denaro.» Il tono del bambino era cupo, forse per la prima volta sembrava davvero un piccolo di sette anni. «Non possono darmi da mangiare: volevano che stessi qui con te.»
Non sono una persona di molte parole e nemmeno in quell'occasione commentai. Mi limitai ad annuire cupamente, forse pensando egoisticamente che Joshua sarebbe stato un peso piuttosto seccante, che mi avrebbe cambiato la vita radicalmente e in peggio.
Mia figlia, la madre di Joshua, non era affatto come me. Io sedentario, lei instancabile viaggiatrice, io silenzioso ed introverso, lei inguaribile chiacchierona: mi ha fatto venire il malditesta così tante volte con i suoi vaneggiamenti. Aveva deciso di dedicarsi all'arte e suo marito l'aveva stupidamente assecondata. Glielo avevo detto molte volte che con quelle sue strambe idee sull'arte non avrebbe dato da mangiare alla sua famiglia. Forse se ne è resa conto troppo tardi.
Sinceramente, pensai che per Joshua quella sua lontananza dalla madre gli avrebbe fatto molto bene. Magari sarebbe diventato meno irritabile e cupo stando con me.

***

E così mi presi quel bambino in casa, da completo inesperto in materia.
Lui cresceva ed io me ne stavo sempre per conto mio nel mio studio; avevo anche cominciato a levare i miei libri dal corridoio perché Joshua era solito tornare a casa con gli stivali pieni di fango. Non avevo idea di dove andasse a giocare e nemmeno tanto mi interessava, ma non potevo sopportare di pulire quello che sporcava.
Parlavamo poco: c'era sempre fin troppa tensione tra di noi. Nessuno dei due sopportava l'altro e preferivamo di gran lunga evitarci tutto il giorno. Anche se lui continuava ad entrare nella mia stanza per lamentarsi di questo o di quello. Raramente mi occupavo della casa, che era sempre così sporca di polvere e di roba vecchia. A malapena mangiavo, così occupato dai miei interessi.
Joshua cambiò tutto: fui costretto ad assumere una domestica perché si prendesse cura di lui e cucinasse tre pasti al giorno, perché quel ragazzino sembrava un pozzo senza fondo.
Intanto gli anni passavano, lui diventava un giovane ed il suo carattere si definiva. Un pessimo carattere, a mio parere: contestava qualsiasi cosa, argomentava su tutto. Aveva preso dalla mamma, infatti: gli piaceva allontanarsi per osservare i luoghi vicini, le foreste ed i paesini vicini alla mia campagna. Spesso non tornava la sera, ma io ci facevo poco caso: era la domestica che mi rimproverava ogni volta.
Non mi accorsi di nulla nemmeno quella sera. Joshua aveva da poco compiuto sedici anni, usciva continuamente per passare il suo tempo coi ragazzi del paesino vicino. Il mattino dopo la domestica mi rimproverò per l'ennesima volta: mio nipote non era tornato a casa per la notte. Non tornò nemmeno per i cinque anni seguenti.
   
 
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