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Autore: rocchi68    13/10/2017    3 recensioni
“La giovinezza è sia una bugia, che un male. Quelli che elogiano la giovinezza stanno solo ingannando se stessi e chi gli sta vicino. Credono che quelli che gli stanno attorno approvino sempre gli atti che compiono.
Usando la parola giovinezza, loro alterano e stravolgono il buonsenso e qualsiasi cosa ci sia di logico.
Per loro bugie, segreti, peccati e insuccessi non fanno altro che aggiungere pepe alla loro giovinezza.
Se il fallimento è il simbolo dell’essere giovani come dicono, allora qualcuno che non è riuscito a farsi degli amici dovrebbe essere all’apice della sua giovinezza, giusto?
Ma di certo, nessuno di loro lo ammetterebbe mai perché tutto deve andare come più gli torna comodo.
Per concludere: gli idioti che si godono la loro gioventù dovrebbero suicidarsi”.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Scott, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Anche quel settembre era sceso ed era passato.
E ottobre non accennava a rallentare la sua corsa.
Da quando Dawn aveva riaperto il club, non aveva trovato nessuna questione degna d’essere studiata con attenzione.
Aveva ricevuto solo l’ennesima visita di Harold con una qualche sua storia demenziale e quella del gruppo del tennis che voleva far nascere un club.
Lei aveva provato più volte a convincerli che era impossibile, ma non ci era riuscita.
Un club sportivo doveva nascere per uno scopo rappresentabile con un torneo o una manifestazione importante e doveva contare almeno una decina d’affiliati.
Non poteva crearsi con la buona volontà di appena 4 studenti.
Inoltre serviva l’appoggio di uno dei professori di educazione fisica, cosa che al momento quegli sprovveduti non avevano.
Con la coda tra le gambe e nell’apprendere che la Presidentessa del club di Volontariato non si sarebbe battuta al loro fianco, se l’erano svignata.
Dawn ne aveva discusso con il prof McLean, ma lui aveva ribadito la regola principale e di come non fosse possibile applicare alcuna deroga.
Se loro fossero stati accontentati, allora dovevano accettare anche la richiesta di tanti altri studenti.
La lista era lunghissima e comprendeva il club di fumetti, di scacchi, di nuoto, di francobolli e perfino di fotografia.
Accontentarne uno significava mettersi nei guai con una decina di possibili gruppi che potevano nascere e che promettevano il massimo impegno.
Impegno che poteva essere innegabile, ma che non dava garanzie.
Era l’ennesimo triste e grigio pomeriggio d’ottobre, quando lei, finite le lezioni e il breve pranzo, si trovò ad aprire il club.
La stanza era avvolta da un’oscurità piacevole e lei, senza badarci troppo, iniziò a leggere.
Sapeva che se lui fosse stato presente, l’avrebbe rimproverata per quella mania che poteva rovinarle la vista.
Tuttavia non le importava.
Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di vederlo tornare, anche compiere una qualche azione scellerata che poteva rivoltarsele contro.
E invece non era ancora successo nulla.
Non si era ancora abituata a quella solitudine e spesso si chiedeva come l’amico potesse  trovare quell’isolamento così piacevole ed essenziale per la sua vita.
Alcune volte si estraniava dal suo club, spalancando la finestra e fissando i ragazzi che correvano spensierati per il giardino.
Si trattava perlopiù di ragazzi di prima o seconda e in quel pomeriggio 2 figure si erano sedute su una panchina, scambiandosi qualche semplice gesto e credendo pertanto di non essere notati da nessuno.
Dawn avrebbe desiderato essere al loro posto, anche se la figura che doveva affiancarla era come avvolta dalla nebbia.
Di lui scorgeva solo un ghigno che in passato le avrebbe fatto paura, ma che in quei giorni la faceva sorridere di rimando.
Era quando fissava il panorama che si perdeva nelle sue riflessioni e spesso dopo una buona mezzora era ancora ferma come una statua.
A volte si scontrava con Zoey e il vecchio McLean per quella strana abitudine che avrebbe attirato un qualche malanno stagionale.
Quel pomeriggio, però, Dawn era persa a fissare quei giovani, troppo innamorati per aspettare di essere a casa.
Lui era molto più basso della fidanzata e sembrava anche più tranquillo e meno irrequieto.
Al contrario di lei si notava un colorito olivastro e i capelli leggermente violacei.
“Stai osservando Cody e Sierra in uno dei loro soliti pomeriggi di studio.” Ridacchiò una voce che la fece sbuffare.
“Mi chiedevo chi fosse così stupido da stare ancora qui quando può tornarsene a casa.” Mormorò Dawn, staccandosi dalla finestra e sedendosi al suo posto.
“Da quando sei così fredda?”
“Questo non ti riguarda.”
“Oh mi riguarda eccome invece.”
“Inizio a odiare questa città.” Sbottò, gettando al suolo i libri che, fino a quel giorno, aveva trattato con tanta cura.
“Non puoi ritrovarlo senza nemmeno sapere dove si sia cacciato.” La rimproverò, intuendo i suoi pensieri.
“Zoey…vattene!” Le ordinò Dawn, alzando lo sguardo e scrutandola con occhi pieni di cattiveria.
“No!”
“Vorrà dire che ti chiuderò qui dentro.”
“Da quando abbandoni il club prima che siano le 17?” Domandò Zoey, facendola sbuffare innervosita.
“Da quando nessuno ha dei problemi degni della mia attenzione.”
“Potrei sapere perché odi la nostra città?” Ricominciò la rossa, sperando che l’amica si fosse convinta a parlare.
“È piena di ricordi che vorrei solo dimenticare. Venire a scuola ogni giorno, incontrare voi e poi ritornare a casa. Cambierà mai qualcosa? Se dovessi scegliere un posto dove stare, di sicuro non sarebbe in questa città.”
“È solo questo che ti deprime Dawn?”
“La mia vita non ha più alcun senso. Una volta riuscivo a divertirmi e trovavo sempre qualcosa di nuovo da fare, ma ora tutto mi sembra uguale.”
“Scott non vorrebbe mai vederti in questo stato.” La rimproverò, sperando di risvegliarla dallo stato di trance in cui era precipitata.
“Non devi parlare di lui.”
“Se sono qui è solo per un motivo.” Replicò Zoey, avviandosi alla porta e aprendola leggermente.
“Ti sei decisa a lasciarmi in pace?” Tentò, sperando di tornare ai suoi passatempi.
Fu nel veder entrare una nuova figura che Dawn sussultò.
Sperava di starsene tranquilla e di poter ritornare a fissare il panorama, ma l’amica non era dello stesso avviso.
Zoey, comunque, temeva per quel caso.
Era stata lei stessa a convincere la ragazza che aveva dietro di sé e non voleva immaginare una mancata risoluzione.
A vantaggio di questa ipotesi aveva fatto una considerazione che non poteva ignorare: rispetto all’anno prima, quando Scott era ben presente e accoglieva i suoi ospiti con del sano cinismo, Dawn era cambiata in peggio.
Si era fatta più schiva e riservata.
Inoltre comunicava raramente, riservava ai suoi interlocutori uno sguardo stanco e senza stimoli e aveva iniziato a fare qualche manca.
Quando l’assenza di Scott e il suo pensiero diventavano insostenibili, allora se la svignava al parco e si metteva a riflettere.
Quel pomeriggio invece si sarebbe scontrata con qualcosa di nuovo.
Una questione che in qualche modo poteva restituirle un periodo di sollievo, anche se poi sarebbe nuovamente piombata nell’oblio.
“Ora che ti ho portato questo nuovo caso da risolvere, posso anche andare.” Borbottò Zoey, scambiando uno sguardo d’intesa con la nuova ospite del club e uscendo velocemente dall’aula.
“Io non ho richiesto nessun nuovo caso.” Puntualizzò Dawn, iniziando a studiare la giovane che si era fatta ingannare da Zoey.
“E quindi sarebbe questo il club del Volontariato?” Chiese la nuova ospite, studiando l’aula e accorgendosi che non rappresentava le descrizioni che erano giunte alle sue orecchie.
“Purtroppo è così.”
“Avrei bisogno di una mano.”
“Come tutti.” La sminuì Dawn, invitandola ad accendere la luce e ad accomodarsi difronte a lei.
“Io sono…”
“Sei la Presidentessa del club di Letteratura.” L’anticipò, senza darle nemmeno il tempo di finire di parlare.
“Mi conosci?”
“Ti chiami Courtney e sei la ragazza del leader della band scolastica.”
“Come sai tutte queste cose?” Domandò, facendo sospirare profondamente la biondina.
“Sei abbastanza famosa e il giornalino scolastico parla spesso di persone talentuose come te.”
“Beh…grazie.”
“Il mio non era un complimento.” Sbuffò, mentre Courtney si sedeva tranquillamente vicino a lei.
“Certo, certo.”
“Per quale motivo sei qui?” Chiese Dawn, andando dritta al sodo.
“Ho un favore da chiederti.”
“Un favore?”
“Non si tratta di un qualcosa che riguarda direttamente la scuola, anche se posso dire che ci si avvicina parecchio.”
“Il club risolve anche questioni private.” Tentò la biondina.
“Questa è a metà strada.”
“Metà riguarda te o la tua famiglia e l’altra riguarda la scuola?”
“Esattamente.” Annuì Courtney, facendo riflettere Dawn.
Quella era la prima volta che le capitava un caso a metà strada, se così poteva essere definito.
Con Carrie si trattava di una questione privata.
Anche Harold con il suo libro era una questione personale.
Solo Heather e gli sprovveduti del team del tennis riguardavano la scuola che frequentava.
“Cosa dovrei fare?”
“Per il momento vorrei che ascoltassi le mie parole.”
“Se si tratta solo d’ascoltare, hai la mia attenzione.” Sbuffò, bevendo un sorso d’acqua e girandosi completamente verso Courtney.
“Dawn hai mai saputo chi è il fondatore del mio club?” Chiese la Presidentessa in visita.
“Non mi sono mai chiesta nemmeno chi abbia fondato questo club.”
“Credevo fossi un po’ curiosa.”
“Stai sviando dal tuo problema.” Le fece notare, facendola sospirare delusa.
“Il fondatore del club di Letteratura è stato mio zio Steve.”
“E questo cosa centra con il club del Volontariato?”
“Vorrei che mi aiutassi a ricordare cosa mi disse.” Rispose, scontrandosi con lo sguardo dubbioso e confuso di Dawn.
La biondina si era chiesta come potesse sapere un qualcosa da cui era sempre stata totalmente esclusa.
Se fosse stata presente quel giorno, avrebbe capito la richiesta di Courtney, ma non avendo nulla in mano non sapeva nemmeno da dove cominciare.
Sperava soltanto che lei avesse un qualche indizio da sfruttare a suo vantaggio.
“Non ho idea di cosa tu stia dicendo.”
“Forse sono saltata subito alle conclusioni e per questo ti prego di aspettare un po’.”
“Continua.”
“Mio zio è partito per l’India quasi 2 anni fa e da allora è scomparso. Quando ero bambina, ero molto legata a lui. Lui aveva sempre molto tempo per me, rispondeva ad ogni mia curiosità, anche alla più ridicola.”
“Posso chiederti se hai idea del perché sia scomparso?” Chiese Dawn, interrompendo Courtney, la quale negò con il capo.
“Non lo so. Posso comunque dirti che venni a sapere del fatto che lui era il fondatore del club quando ero ancora all’asilo e la cosa m’incuriosì parecchio.”
“Credo sia comprensibile.”
“Un giorno gli chiesi di parlarmi di questo club, ma non mi rispose.”
“Strano.”
“È quello che ho pensato anch’io.” Borbottò Courtney.
“E poi?”
“Ho insistito fino a quando non ha ceduto, ma la sua risposta…”
“Com’era?” Chiese Dawn, fissando il volto triste e contratto dell’ospite.
“Mi fece piangere.”
“Piangere?”
“Ricordo che mio zio non cercò nemmeno di consolarmi.”
“Insolito per un uomo che voleva molto bene alla sua nipotina.” Rifletté Dawn ad alta voce.
“Questa divenne una mia ossessione e ancora oggi non riesco a trovare una risposta.”
“Una questione personale complessa.”
“Ho provato a cercare qualche indizio in giro, ma non ho trovato nulla.”
“Perché stai chiedendo aiuto a me, se nessun professore è stato in grado di darti la risposta che cercavi?”
“Perché il vostro club è grande.” Sorrise, cercando di sbilanciare la risposta di Dawn verso una direzione a lei congeniale.
“Non puoi aspettare di ricordarlo senza troppi sforzi?”
“Il passo da ricordare a dimenticare è assai breve, Dawn.”
“Non posso garantirti nulla, ma se vuoi ripresentarti tra qualche giorno, potrò informarti di ciò che ho sentito.”
“D’accordo.” Sospirò, raccogliendo la sua borsa, ringraziando Dawn che era tornata a leggere e uscendo dal club.
 
Per quasi mezzora era rimasta a leggere quelle poche righe e solo quando le parole avevano perso significato, si era staccata dal libro.
Da quel che sapeva il club di Letteratura ogni anno doveva pubblicare una sorta di annuario che finiva puntualmente in biblioteca.
Magari non era questa gran cosa, ma quello era un buon punto di partenza.
Inoltre aveva una chiacchierata da fare con il prof McLean, dato che lui stesso era stato in quegli anni un ragazzo dell’Istituto.
Con un colpo di fortuna insperato poteva venir fuori che Chris conosceva il fantomatico zio Steve.
Nonostante fosse noioso, la ragazza si ritrovò nell’immensa biblioteca.
L’ambiente era tranquillo e assai rifornito e per non perdere ulteriore tempo si avvalse dell’aiuto di una delle bibliotecarie.
Quella dannata le aveva aperto un mondo davanti.
Due interi scaffali occupati da pubblicazioni del club di Letteratura e di vecchie attività chiuse per mancanza di fondi o per l’assenza di nuovi membri.
“Fantastico.” Si ritrovò a borbottare, sfogliando uno dei volumi intermedi e leggendo distrattamente le pagine.
Da quel che sapeva, Steve era stato l’ideatore di quel gruppo e, quindi, doveva aver partecipato quanto meno ai primi 2-3 volumi.
Raccolse il primo e vi notò un disegno insolito che la incuriosì parecchio.
In fondo alla pubblicazione poté leggere la firma dei membri e tra questo vi era il cognome in comune con quello di Courtney.
Inoltre in ultima, in piccolo, vi era anche McLean, segno che il vecchio Chris aveva partecipato a quell’attività.
Dal secondo volume in poi, però, Steve era scomparso.
Dawn non poteva credere che il fondatore avesse partecipato solo durante l’ultimo anno o che avesse deciso di rinunciare ad una sua stessa idea.
Seppur in misura minore aveva aggiunto anche l’espulsione alla lista delle possibilità.
Un gesto di quelle portate avrebbe stroncato la sua partecipazione ed ecco spiegato il motivo per cui, dal secondo volume, lui era stato gettato nel dimenticatoio.
Inoltre non vi era nemmeno una citazione a suo riguardo e forse questo era un indizio in più per quella sua prima teoria.
Convinta che non vi fosse null’altro da fare in quel pomeriggio, Dawn raccolse i primi 5 volumi e ripose in ordine quelli che aveva sfogliato con svogliatezza.
Firmata una scheda e promesso di restituirli in 2 settimane, s’incamminò verso casa con il chiaro intento di studiarli con maggiore attenzione.
Giunta dinanzi alla sua scrivania, provò a fare mente locale e a tracciare un senso logico, ma Courtney la chiamò nuovamente.
“So che è tardi, ma mia madre mi ha detto che in quegli anni è successo qualcosa di strano al festival.”
“Qualcosa di strano?”
“Lei dice che è stato un anno complicato, anche se fatica a ricordare il perché.”
“Interessante.”
“C’è altro che posso fare per aiutarti, Dawn?”
“Appena ricordi qualcosa mandami pure un messaggio e ti prego di perdonarmi, ma sarebbe meglio se c’incontrassimo venerdì.” Tentò la biondina, mentre Courtney prometteva che si sarebbe impegnata al massimo.
 
Dalle pubblicazioni che aveva ricevuto, Dawn aveva notato che erano riportate anche delle note di biasimo e degli accenni ad avvenimenti violenti.
Innanzitutto si parlava di opposizioni tra professori e studenti.
Di alcuni ragazzi che avevano rischiato e che per poco non erano finiti sulla graticola.
Di una situazione inconciliabile.
Di quanto il Preside, predecessore di quello attuale, fosse furibondo.
Di quanto gli studenti si fossero comportati come delle bestie e di altre argomentazioni più o meno rilevanti che erano finite sul quaderno degli appunti di Dawn.
C’era tanta carne al fuoco.
Tanta confusione sia nella sua testa che sulla carta stampata e una risposta impossibile da trovare dopo così tanti anni.
Eppure quelli erano degli indizi.
Prove inconfutabili che qualcosa era accaduto e che Steve era intervenuto per riporvi rimedio.
E poi vi era l’illustrazione.
Il disegno del primo volume che lasciava di sasso chiunque e una frase enigmatica che lasciava presagire a qualche situazione estrema.
“Non è ciò che sembra.”
In un titolo così difficile si nascondeva l’intera soluzione e di questo ne era abbastanza convinta.
Tuttavia mancava il motivo vero e proprio.
Steve si era battuto per un festival più lungo rispetto ai 2 giorni canonici e aveva ottenuto il consenso del corpo docente.
Certo era stata un’assemblea difficile, ma ne era valsa la pena, dato che aveva ottenuto ciò che tutti volevano.
Ora però nasceva il dubbio.
Finito il festival, Steve era stato dimenticato.
Di spontanea volontà o erano stati costretti a dimenticarlo?
Dalle pubblicazioni sporgeva l’idea che fosse stato costretto ad andarsene.
Da persona comune a fantasma.
Dawn, stanca di quella rappresentazione, staccò gli occhi dai volumi.
Per un breve attimo si posizionò vicino alla finestra per fissare il Sole che tendeva a tramontare e poi verso la natura che si stendeva nel parco vicino casa.
Dopo aver osservato i bambini giocare e divertirsi, si ricordò dell’amico che era scappato e senza volerlo si voltò verso la mensola.
Su di essa era adagiata la foto che avevano scattato l’ultimo giorno di scuola e quell’immagine la colpì all’improvviso.
“Che stupida.”
Se ne era dimenticata: la palestra.
La soluzione era sempre stata lì a portata di mano e lei l’aveva sempre ignorata.
Ecco di cosa parlava la madre di Courtney quando diceva che era accaduto qualcosa di strano.
Ora aveva tutte le carte in regola per risolvere il problema dello zio di Courtney e poteva avere un confronto anche con il prof McLean.
 
Quel tanto atteso venerdì era giunto, ma quando la diretta interessata aveva aperto la porta, oltre a Dawn vi aveva trovato il professore.
“Cosa ci fa lui qui?” Chiese subito.
“Ci aiuterà a chiarire la faccenda.”
“Dawn mi ha raccontato cosa vuoi sapere e se possibile voglio esservi d’aiuto.” Tentò l’uomo, facendo annuire la ragazza.
“So con certezza che tuo zio Steve è stato espulso dopo il festival.”
“Come?”
“In quegli anni il consiglio studentesco era convinto che 2 soli giorni per il festival non fossero sufficienti e pertanto lottarono a lungo con i professori per ottenere qualche giorno in più.”
“E mio zio cosa centra?” Chiese la ragazza.
“Il consiglio lo aveva scelto come supervisore e aveva garantito per tutti. Tuttavia i professori non volevano accettare la proposta e il corpo studentesco li hai ricattati con la minaccia di scioperi e di occupazioni dell’Istituto.”
“Ma questo…”
“Secondo i giornali  della biblioteca sembra che i docenti fossero terrorizzati all’idea di appoggiare gli allievi.”
“Non capisco il perché sia stato espulso dopo il festival, se le manifestazioni sono cominciate 3 mesi prima.” Tentò Courtney, facendo sorridere Dawn.
“Me lo sono chiesta anch’io, ma poi ho studiato la storia della scuola.”
“E?” Chiese l’ospite.
“Secondo te perché la palestra sembra più vecchia rispetto alla scuola?”
“Non lo so.”
“La scuola è stata rimodernata circa 8 anni fa, ma la palestra non è stata toccata perché era stata ricostruita da poco.”
“Da poco?” Domandò Courtney, facendo annuire il professore che seguiva quel discorso senza nemmeno perdersi una parola.
“L’anno della manifestazione e dell’espulsione di tuo zio il festival si celebrò nella palestra esterna.”
“Non lo sapevo.”
“Era una tradizione e quando tua madre ti ha raccontato di qualcosa di strano…beh devi sapere che riguardava proprio la palestra.”
“Perché?”
“Tuo zio è stato espulso perché, durante l’ultima notte, la palestra era andata a fuoco e qualcuno gli scaricò la colpa. Un atto così grave e orribile convinse i docenti a prendere misure drastiche.”
“Come?”
“Accorciarono la lunghezza del festival, cacciarono tuo zio, ma non lo denunciarono. Preferirono allontanare l’artefice dei loro guai, anche se ignoravano il fatto che Steve fosse solo un pupazzo nelle mani di studenti più influenti.”
“Non capisco.”
“Nel giornale si parlava di uno comune che non diventa un eroe. Lui era solo il burattino di qualcun altro che non si è preso la colpa.”
“Impossibile.” Tentò Courtney, mentre il professore annuiva mestamente.
“Gli altri studenti, ottenuto ciò che volevano, non manifestarono. Avevano conquistato ciò che si erano prefissati d’ottenere e poi una loro opposizione sarebbe stata poco benvista dalla società.”
“Infami.”
“Il Preside era pronto a rispondere con una denuncia e i ragazzi furono costretti a lasciare tuo zio in pasto ai professori.”
“Lui…” Borbottò Courtney, prima d’essere interrotta nuovamente.
“Aveva intuito in quale guaio si era cacciato. Sapeva che nessuno si sarebbe buttato nel fuoco per salvarlo da accuse tanto infamanti e, piuttosto di rovinare il clima scolastico, si è sacrificato per il bene comune.”
“Maledetti.”
“A quel tempo eravamo terrorizzati, ma lui ci aveva garantito che gli andava bene così. Se le famiglie avessero saputo ciò, probabilmente sarebbe venuto fuori il finimondo.” Borbottò dispiaciuto Chris, mentre qualche lacrima gli rigava il volto.
“Non è diventato un eroe, perché lui ha scelto di farsi espellere di sua spontanea volontà con una speranza che l’ha tradito.”
“Di che parli, Dawn?”
“Continuo io o pensa di farcela, prof?” Chiese la biondina, rivolgendosi all’uomo, mentre questi negava con il capo.
“Non saprei che dire.”
“Tuo zio, Courtney, è stato espulso perché è stato usato come capro espiatorio. I professori non avevano prove contro di lui, ma un fuoco non si accende senza la presenza di qualcuno.”
“Ma se…”
“Non aveva colpe, ma è rimasto comunque in silenzio.”
“Zio Steve.”
“Lui è stato costretto ad andarsene e questo è il motivo di questa rappresentazione.” Spiegò Dawn, spingendo verso Courtney la copertina del primo volume.
C’aveva impiegato un po’ per capire il motivo d’inserire degli animali, ma poi c’era arrivata.
Sul davanti vi era un cane che sbranava un coniglio, mentre, in disparte, altri conigli assistevano alla scena senza intervenire.
Quell’immagine era un paragone calzante.
Il coniglio lasciato in pasto era lo zio di Courtney, mentre il cane rappresentava il corpo formato dai professori.
Inutile spiegare chi fossero gli altri conigli in fondo, dato che era ovvio che fossero tutti gli studenti che non avevano mosso un dito.
“Mi sono pentito di questa cosa ed è per questo che sono diventato professore.” Ammise Chris, allontanando l’illustrazione che conosceva bene.
Per quasi 2 mesi da quando Steve era stato cacciato, quell’immagine raccapricciante gli disturbava il sonno.
Solo grazie a delle terapie, all’ipnosi e ad alcune pillole naturali concilianti il riposo, aveva superato quell’ossessione.
“Come?” Chiese Courtney.
“Non voglio che simili episodi si verifichino di nuovo e per questo aiuterò gli studenti a trovare la loro via.”
“Lei…”
“So benissimo che abbiamo sbagliato, che le nostre scuse non saranno mai sufficienti per rialzare il nome di una famiglia ingiustamente lasciata nel fango e che non potrò fare nulla per non sentirmi più un codardo.”
“Mi dispiace Courtney, ma questa è la fine della storia.” Borbottò Dawn, mentre la diretta interessata, raccolte le sue cose, era uscita senza ringraziare nessuno.
Dawn e Chris capivano il suo stato d’animo.
Ciò che credeva limpido e privo di crepe aveva mostrato il suo lato più malvagio e subdolo.
La scuola nella quale aveva molti amici, un fidanzato meraviglioso e che aveva coltivato le sue passioni, le aveva appena dato una severa lezione.
Anche l’elemento reputato più corretto nasconde degli aspetti più sottili.
Sorpresa che le sue sicurezze avessero appena tradito la sua fiducia e quella dello zio, era uscita barcollando.
La medesima fuga che Chris abbozzò qualche minuto più tardi, avvertendo una tensione esagerata.
Rimasta sola, Dawn si rialzò, tornando a fissare il panorama grigio e infelice che si stendeva pietosamente davanti a lei.  
Nella testa ancora quell’immagine raccapricciante e senza volerlo una connessione orribile con ciò che Scott aveva vissuto.
Allo stesso modo anche lui era stato abbandonato alle fauci del suo destino.




Angolo autore:

E Courtney fa la sua trionfale comparsa.

Ryuk: Prima o poi anche lei doveva apparire.

E oltre alla fissata con gli avvocati, abbiamo notato Sierra e Cody che sono due new entry dell'ultima ora.
Fino a ieri non li avevo manco calcolati.

Ryuk: Come non era prevista la presenza di Zoey in questo capitolo.

Difficilmente qualcuno di voi conoscerà questo caso, ma è abbastanza simile a quello presente in Hyouka (spero si scriva così).
È una light novel carina (non è il mio genere, ma alcune parti sono ben fatte).

Ryuk: Se qualcuno è interessato, gli dia pure un'occhiata.

E come mi succede raramente, questa sera capitolo very long.
Alla prossima!
   
 
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