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Autore: Nadja_Villain    16/10/2017    0 recensioni
Astrid non è un'eroina e non si aspetta che gli altri la acclamino come tale. Dopo la sua cattura, si troverà a scegliere tra due prigionie differenti: una gabbia in vibranio in fondo all'oceano o unirsi agli Avengers, sotto contratto vincolante. Una sola potrà costituire un'occasione per riscattarsi. Tra i battibecchi col Capitano e le esortazioni ambigue di Tony Stark, dovrà fare i conti con la minaccia di un sadico Dio degli Inganni, una coscienza ipercritica e le falle di un'infanzia dissacrata.
▸ Ambientazione e contesto:
Post battaglia di New York: Loki è fuggito senza lasciare tracce di sé. La Stark Tower si è tramutata nella dimora degli Avengers.
Post "Iron Man 3" - pre "Capitain America: The Winter Soldier"
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Spazio autrice introduttivo:

Alcuni capitoli riportano più titoli separati da “/” perché ho deciso di accoppare quelli corti e conseguenti tra loro per rendere la narrazione più scorrevole (su Wattpad i capitoli sono molto corti perché, essendo la prima storia che ho iniziato a scrivere, non sapevo se ci fosse una media di lunghezza adatta da mantenere). Altre volte invece ho deciso di mantenere un solo titolo, perché semplicemente mi sembrava che abbracciasse meglio il tema.

La storia sarà divisa in varie parti che corrispondono alle fasi in cui si sviluppa la vicenda.

 
Se vi piace ciò che scrivo mi trovate anche su Wattpad col nome di @Nadja-Villain :)
 

Ringrazio anticipatamente chiunque abbia deciso di spendere il proprio tempo leggendo questa storia


*.+ B U O N A  L E T T U R A  ! +.*

 
Nadja Villain
 


*




Neve e Cenere | Marvel

Parte prima

1 . I colori della libertà


Un manto di luce fredda l'accolse aggressiva. Strizzò gli occhi dolenti, mentre provava ad assemblare i pezzi di ciò che ricordava. Alzò il braccio verso il viso, ma quello rimase a mezz'aria, in parte bloccato dal bracciale metallico, in parte era causa un'ubriachezza generale che rendeva pesanti e faticosi anche i pensieri: il sedativo aveva fatto il suo effetto. Poggiò la testa sullo schienale e si perse nel buio che la circondava. Non dovette attendere molto prima di scorgere un volto umano: un uomo sulla quarantina, rigorosamente vestito in giacca e cravatta, avanzò entrando da una porta che non riuscì a mettere a fuoco. Si sedette compostamente di fronte a lei. Poggiò sul tavolo un faldone alto. Astrid fissò la prima facciata e le parve così buffo che il suo nome apparisse sull'intestazione di un documento governativo. Eppure ripensandoci, non era poi così buffo.

-Buona sera, signorina Sullivan.

-A lei... - rispose Astrid con tono sarcastico, la voce impastata, ancora sonnolente.

-Come si sente?

-Pronta all'attacco. - Sollevò mollemente le braccia. Non vede?

L'altro sorrise, compiaciuto.

-Ne ero certo.

-Lei conosce il mio nome. Io non conosco il suo. - Puntualizzò lei, come se le interessasse davvero.

-Oh, mi perdoni, che maleducato!

L'uomo sfilò il distintivo dalla tasca interna della giacca: accanto alla fototessera, una lucente placca timbrata dal governo, raffigurante una maestosa aquila stilizzata. Sotto era stampato a lettere cubitali l'acronimo "S.H.I.E.L.D.".

-Sono l'agente Phil Coulson - continuò, tutto orgoglioso - della Strategic Homeland Intervention, Enforcement and Logistics Division.

-Nome carino...

-Siamo un'associazione antiterroristica che si occupa di casi come il suo.

-E come sarebbe il mio caso?

-Speciale, signorina Sullivan. - Si sistemò sulla sedia. Intrecciò le dita sul piano del tavolo, avanzando i gomiti. La luce gli illuminò il volto. - Vede, il governo è a piena conoscenza di esseri con doti sovrannaturali, ma non intende che essi diventino una minaccia per i cittadini. Mi spiego?

-Sono in carcere adesso? - Chiese lei ruotando le cornee verso l'alto.

-Non ancora. Siamo intervenuti prontamente per darle una... seconda chance, per così dire.

-Mi chiedo da dove venga tutta questa benevolenza.

-Interesse, ovviamente. Vorremmo proporle un accordo. Il nostro obiettivo è valorizzare le sue potenzialità. Renderle utili all'umanità. Rendere lei utile all'umanità.

-Porterò la pace nel mondo e vi prenderete tutto il merito?

-Qualcosa di più modesto, ma il concetto è quello.

-Perché siete convinti che accetterò e che seguirò ogni vostro ordine alla lettera? - L'agente la studiava con una calma irreale, impassibile. Astrid si allungò in avanti, cercando la sfida. - E se mi ribellassi? Se scappassi? Magari intromettendo altre persone innocenti...

Coulson aprì il raccoglitore, sfogliò parecchie pagine. Staccò una ridotta cartella dai ganci. Girò il documento sotto gli occhi della trattenuta, per mostrarle un volto che conosceva bene.

-Jeremy Anthony Gus. Imprenditore e proprietario del Fast & Glourious Bar, fast food in cui lei lavorava e luogo del delitto. Un semplice uomo d'affari, come lo dipingerebbero in molti. In realtà è stato più volte trovato con le mani nel sacco in circostanze poco pulite. Rapporti evasivi con la finanza. Agganci con la mafia. Una lista di crimini e delitti insabbiati. Non proprio una persona innocente. Dovrebbe saperlo meglio di me. Comunque, a parte i dettagli del suo caso, signorina Sullivan, siamo sinceri: non credo che voglia perdere gli anni migliori della sua vita rinchiusa in una cella d'isolamento del carcere di massima sicurezza sotto il Pacifico, per un unico caso che la incrimina, quando di contro ce ne sono molti altri che la onorano.

-Conoscete il nome, il mio passato, le mie ambizioni... Da quando mi stavate spiando?

-Ci tenevamo informati sui suoi movimenti. Ci piace chiamarla precauzione.

L'agente non pareva piegare il suo entusiasmo nemmeno di fronte all'evidenza di un errore.

-Continuo a credere di non essere la persona che cercate.

-Io continuo ad esserne certo ogni secondo di più. Mi creda, ho colloquiato con molte tipologie di criminali. So riconoscerne uno al primo sguardo.

-E io a quale tipologia appartengo?

-A nessuna di esse.

Un sorriso molesto ricamò l'affermazione, come una componente fondamentale per un efficace processo di persuasione. L'uomo allungò un plico di fogli spillato all'angolo e una penna. Poi si alzò in piedi, sistemandosi un bottone della giacca.

-Ha tempo per rifletterci. Quando sarà convinta, mi faccia un fischio.

-Aspetti... - Bofonchiò Astrid. Non era sicura di quello che stesse facendo, ma non avrebbe peggiorato la sua situazione. Sfogliò le pagine, lesse brevemente qualche riga. - Qual è la scadenza?

-Finchè sarà necessario.

-Alla fine potrò tornare a casa?

-Se seguirà le indicazioni.

Astrid prese un respiro profondo. Bacchettò con la penna sul tavolo, mentre cercava di immaginare come sarebbe stata la sua nuova vita fuori di lì. Scattò il bottone sulla cima, scrisse rapidamente il suo nome, sull'ultima linea in basso a sinistra nell'ultima pagina. Gettò tutto sul tavolo quasi come se avesse fatto un lavoro controvoglia. Coulson spalancò un sorriso soddisfatto.

-Saggia decisione, signorina Sullivan. Benvenuta nel Progetto Avengers.
***

L'ascensore corse rapidamente per la verticale. Astrid scorse il suo riflesso sul vetro, le occhiaie scure che le segnavano il volto. Non era affatto stanca, ma ripensava alla sonnolenza che l'aveva rallentata per ore dopo essere stata rilasciata. Si era stupita per quanto una firma su un foglio di carta avesse potuto renderla libera e schiava allo stesso tempo e quanto quella parola, "libertà", suonasse così differente ora, da come la ricordasse.
Si svestì, seminando i vestiti per casa. L'acqua della doccia sembrò appena più fredda del solito. A quanto pare la disforia giocava bene il suo ruolo. Rimestò la sequenza degli eventi col pensiero, mentre l'acqua sgorgava e scendeva sul suo corpo come dita leggere in un massaggio.
Le pungolava l'orgoglio l'idea che la sua vita fosse stata sotto l'occhio di un falco per tutto quel tempo e lei non se ne fosse nemmeno posta il dubbio. E adesso ancora di più, non sarebbe riuscita a controllare niente della sua vita. Non le apparteneva più nemmeno quell'illusione remota che le desse la sicurezza di un normale cittadino a casa nella propria città. E tutta quell'insensata ostentazione, tutte quelle moine... Troppe parole e discorsi ben costruiti che parevano star lì solo per abbellire una certa torbidezza di fondo.
Cosa sarebbe diventata adesso? Un'arma umana? Un soldatino diligente, una marionetta nelle mani di qualche pallone gonfiato intenzionato a perseguire i propri interessi? Tuttavia, manipolazione o meno, era costretta ad ammetterlo: era stata l'alternativa meno peggiore. Avrebbe fatto buon viso a cattivo gioco finché le avrebbe giovato.

Strizzò i capelli bagnati da cui colò acqua grigia, sporca di cenere, che macchiò la vasca. Si chiese se tutto quel trambusto l'avrebbe portata a fare qualcosa di buono. Si mise a ridere. Magari l'avrebbero trasformata in uno di quei super eroi con una ridicola tutina sgargiante, riempiendole la bocca di inconcludenti frasi poetiche.
Cambiò idea. Era questo che temeva di più. Avrebbe dovuto trattare, prima di firmare quello stupido documento. Che idiota! Samantha non avrebbe mai permesso che si mettesse in ridicolo.
Samantha...

Quel nome le rimbombò in testa come il rintocco di una campana. Come lo schiocco secco del tubetto, quando Samantha stappava il suo inseparabile rossetto. Ripassava la forma delle labbra e il rosso pervinca pareva accendersi ancora di più in contrasto con la pelle di madreperla. E Astrid rimaneva a spiarla, sulla soglia della porta, appesa tra l'indecisione di rubarle un altro istante di vanità personale o di rompere l'incantesimo. Avrebbe dovuto farlo quella sera. Avrebbe dovuto bussare, dirle di non andare, chiederle di rimanere. Avrebbe voluto vedere le sue labbra rosse incurvarsi in un ultimo eterno sorriso.

Chiuse gli occhi per farlo apparire nel buio: un fiore bianco e rosso in uno sfondo nero, come l'oblio. Affondò la testa nel getto d'acqua per lavarsi dal senso di colpa. E d'un tratto non ebbe più dubbi. Ne era certa: ne era valsa la pena. La vendetta era valsa la sua libertà.
   
 
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