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Autore: Hermlani    17/10/2017    1 recensioni
Partendo dal presupposto che Stephen Moffat e Mark Gatiss sono dei grandissimi malandrini, voglio provare a raccontare le scene che loro bellamente tagliano nella serie TV. Cercherò di ricostruire il rapporto di Sherlock e John seguendo gli avvenimenti della trama principale. Si tratta quindi di missing moments con un taglio fortemente Johnlock. Attenzione agli spoiler per chi non avesse visto tutte le stagioni...lettori avvisati mezzi salvati!
Genere: Avventura, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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WARNING: nel presente capitolo è presente una scena piuttosto esplicita...a voi la decisione se saltarla o meno...buona lettura!






I clienti erano finalmente tornati a Baker Street. Purtroppo nessuno dei casi sembrava troppo interessante, quantomeno non per Sherlock che trattava tutti i clienti con una certa sufficienza. Se ne stava seduto sulla sua poltrona con il telefono in mano mentre quegli idioti gli esponevano i loro piccoli problemucci da quattro soldi. Sembrava che neanche li ascoltasse. Cosa che in effetti non faceva dato che gli bastava una veloce occhiata per capire i loro problemi e relative soluzioni.
Sherlock aveva altro a cui pensare. La sera prima aveva iniziato a scambiarsi messaggi con John. Messaggi stupidi che prima non avrebbe neanche letto. Ora invece gli sembravano la cosa più importante del mondo.

(11:48) Cosa fai? SH

(11:50) Ho appena visitato un caso di emorroidi infettate e purulente. Penso che andrò a vomitare.

(11:50) Sicuro di aver scelto il lavoro giusto? SH

(11:52) Vorrei solo che non tutti i miei pazienti avessero malattie così schifose.

(11:53) Cosa fai dopo? SH

(11:54) In pausa pranzo vado a far la spesa. A casa stanno finendo i pannolini.

(11:54) Noioso. SH

(11:55) Intendevo più tardi, dopo il lavoro. SH

(11:57) Non so…vuoi che ci vediamo?

(11:58) Mi stai chiedendo di uscire dottor Watson? SH

(11:59) Bè sì. Se ti va.

(12:02) Certo, Angelo sarà contento. SH

(12:03) Angelo?

(12:05) Sì John, per la cena. Mangiamo da Angelo io, te e Rosie. SH

(12:06) Non far storie per la candela questa volta. SH

 
*

L’atmosfera a cena era stata piuttosto imbarazzata e silenziosa. Fortunatamente con i due c’era la piccola Rosie che adorava pacioccare con il cibo, pappa al pomodoro per l’esattezza. Era terribilmente buffa con il vestitino che aveva scelto per lei suo padre macchiato di pomodoro, il sorriso da cui comparivano i primi dentini, le guance piene e rosse di una bimba sana e i riccioli biondi che le contornavano il viso.

Anche Sherlock più che mangiare stava giocando con il cibo. Il dottore capì che era pensieroso e che avrebbe dovuto dire qualcosa per alleggerire l’atmosfera ma ogni volta che apriva bocca le parole si bloccavano, non volevano proprio uscire… “Quindi stiamo insieme?” “Stiamo facendo sul serio?” “Sei sicuro?”…tutte quelle domande gli sembravano un po’ strane e pure indelicate. John era sicuro che Sherlock provasse forti sentimenti nei suoi confronti, ormai ne aveva la certezza, ma era così inesperto e insicuro nel campo di relazioni amorose che la cosa gli metteva un po’ d’ansia. Per nasconderla tentò di imboccare Rosie che per tutta risposta girò la testa dall’altra parte.

-Posso provare io?- chiese Sherlock

John lo guardò con aria di sfida “Accomodati se credi di far meglio”.

Sherlock prese il cucchiaio in mano e lo fece volare come un aeroplano davanti alla bocca della bambina che cercò di catturarlo  e, riuscendoci,  mangiò il suo primo boccone in tutta la serata. Felice per la sua impresa Rosie batté le mani e pronunciò una delle poche parole che conosceva. “Papà”. Solo che questa volta lo aveva detto rivolta a Sherlock.

Il detective alzò lo sguardo verso John che lo guardava sorridendo. Aveva capito che se il moro era insicuro doveva essere lui a prendere l’iniziativa, così come aveva fatto Rosie.

-Voglio che stiamo insieme sul serio tu ed io. Ti amo Sherlock Holmes. Non ti lascerò più.-

Sherlock arrossì lievemente e sorrise.

-Venite a Baker Street dopo cena?-

 
*

A Baker Street Rosie iniziò a giocare per terra con una lente di ingrandimento portandosela alla bocca. John si versò un bicchiere di Whisky e si sedette sorridente sulla poltrona con Sherlock di fronte a lui che lo guardava serio.

-Tutto a posto?- gli chiese.

-Sì.- rispose un po’ dubbioso –è solo che tutto questo è nuovo…è strano.-

-Strano in senso negativo?- John iniziò ad essere un po’ preoccupato.

-No, potrebbe anche piacermi.- il volto del compagno di fronte tornò ad essere rilassato –Solo prometti di dirmelo se faccio qualcosa di sbagliato, ok?-

-Lo prometto.- sorrise John –Ma non voglio che tu cambi. Sei perfetto così come sei…e Rosie ti adora.-

Intanto la bambina stava faticando a tenere gli occhi aperti continuando a giocare.

-Dovremmo andare.- disse John.

-No, perché? Lei è stanca e noi…rimanete.- gli si era leggermente rotta la voce dall’imbarazzo –Lei potrebbe dormire di sopra, c’è ancora il lettino che avevate portato qui…e tu…-

John gli lanciò un’occhiata maliziosa. Il pomeriggio precedente non avevano avuto che un assaggio di ciò che poteva essere tra loro e non vedeva l’ora di provare il resto.

-Rosie, vieni, andiamo a fare la nanna?-

Ma la piccola scoppiò a piangere appena John la prese in braccio.

-Lascia, la metto a letto io.-

Sherlock la cullò e la bambina si tranquillizzò subito. Diceva che aveva semplicemente trovato il ritmo giusto per conciliare il suo sonno ma era una cosa che riusciva solo a lui. Dopo poco Rosie già dormiva tra le sue braccia. John era estasiato da quella vista. Dopotutto avrebbero potuto avere comunque un po’ di tempo insieme lui, Sherlock e Rosie.

 
*

Quando Sherlock scese, non trovando il compagno nel salotto, entrò in camera sua trovandosi davanti lo spettacolo di John in boxer sul letto che lo aspettava. Sherlock si tolse il vestito che aveva addosso e si rannicchiò vicino a lui. John gli baciò i capelli.

-Sono felice che tu sia qui.- gli disse Sherlock appoggiato sui suoi pettorali.

-Sono felice di esserci.-

John gli alzò il volto con una mano e lo baciò. Fu un bacio lento e passionale. Si assaporarono nuovamente come se fosse la cosa più importante del mondo. Non si staccarono neanche quando Sherlock si mise a cavalcioni sopra il compagno. Si mossero, uno sull’altro, pelle contro pelle, ossa contro ossa. I loro corpi erano perfetti insieme. La giusta temperatura, la giusta ruvidità, il giusto odore. Le loro erezioni si toccavano attraverso i boxer e si sfregavano dando ai due un po’ di piacere ma non abbastanza. Andarono avanti per minuti interminabili prima di levare i boxer e liberare il calore della carne. John prese a baciare con esperienza il collo del compagno più alto, allungando le mani e aggrappandosi ai un glutei sodi e rotondi di Sherlock. Gli dettò il ritmo secondo cui muoversi e, mentre con una mano allargò lo spazio tra le natiche, con l’altra arrivò a toccargli l’apertura. Sherlock emise un gemito strozzato mentre l’altro disegnava dei piccoli cerchi intorno all’ano.

John, con un colpo di reni, invertì le posizioni. Da sopra era molto più semplice stuzzicare l’apertura del compagno. Lui aveva allungato un braccio verso un comodino e ne tirò fuori del lubrificante. Chissà quando lo aveva comprato. John ne mise un po’ proprio sulla carne di Sherlock regalandogli un brivido. Introdusse un dito. Prima la punta. I muscoli del moro si strinsero per poi lasciarlo entrare e muoversi dentro di lui. Con il secondo dito andò meglio. Sherlock voleva sentire di più. Prese entrambe le erezioni con una mano e le masturbò insieme. John reagì affondando le dita senza controllo. Entrambi stavano emettendo versi incontrollati di piacere.

-John, ti voglio dentro.-

Lui rischiò di impazzire ma si sforzò di mantenere un briciolo di controllo. Mise una buona dose di lubrificante sulla sua erezione e si posizionò contro l’apertura ben allargata di Sherlock. Spinse con il bacino. Sherlock urlò e si aggrappò alle lenzuola. John stette fermo.

-Se non vuoi non dobbiamo…- disse John.

-Shhhh, ho detto che voglio.-

-Ok…ok..-

John prese l’erezione di Sherlock in mano masturbandolo e facendogli rilassare i muscoli dello sfintere che si allargarono. L’ex militare riprese a muoversi, controllando le sue spinte, facendo attenzione a fare con calma. Sherlock, le cui lunghe gambe lo tenevano stretto, era incredibilmente caldo e stretto, in vita sua non aveva mai provato niente del genere. Pian piano vide l’espressione di Sherlock mutare da dolore a piacere. Gli affondi divennero più precisi e secchi. Era un dottore, sapeva com’era fatto il corpo umano e sapeva dov’era il punto che poteva portare Sherlock all’apice. Lo colpì, una, due, tre volte. Sherlock stava gemendo come una ragazzina e John lo trovò meraviglioso. Venne sporcando il ventre di entrambi e i suoi muscoli tornarono a contrarsi a ritmo. Il calore e le scosse di piacere che sentiva nel corpo dell’altro furono troppo per John che si svuotò al suo interno.

Sfinito si accasciò sul corpo del compagno più alto. Si addormentarono così, abbracciati e completamente persi uno dell’altro.

 
*

-Ehi Sherlock, svegliati.-

-Uhmmm.-

La notte appena passata era stata impegnativa per entrambi ma John da bravo soldato si era svegliato presto, si era preparato per andare a lavoro e aveva preparato la bambina per il nido. Stava cercando di svegliare Sherlock prima di uscire di casa.

-Io devo portare Rosie al nido e poi vado a lavoro.- il detective finalmente aveva alzato la testa dal cuscino –In pausa pranzo devo andare dalla terapista, poi torno a lavoro ma stacco presto che alle cinque devo prendere Rosie…noi ci vediamo dopo?-

-mm mm.- acconsentì Sherlock.

Era bellissimo con i capelli tutti in disordine e l’aria assonnata. John lo baciò veloce sulla bocca, come se lo facesse da secoli e uscì.

Solo dopo un paio d’ore Sherlock si alzò e si vestì per accogliere i clienti che avevano formato una piccola coda ordinata al suo portone. Sarebbe stata una buona giornata.

Davvero ottima se non avesse trovato il biglietto di Faith Smith.

Un’intuizione istantanea gli oltrepassò il cervello. Come aveva fatto a non accorgersene? Lui che pensava di essere il re del travestimento si era fatto ingannare da un bastone e da un paio di occhiali.

La finta Faith Smith e la terapista di John erano la stessa persona. Come se non bastasse c’era l’inconfondibile firma di Moriarty su quel dannatissimo biglietto.

John era in pericolo.

 
*

John si svegliò a causa delle violente scosse alla spalla. Fu un brusco risveglio. Si ritrovò davanti la faccia di Sherlock preoccupata. La testa gli faceva un gran male. D’istinto si portò una mano alla fronte, dove il dolore era più acuto e ne estrasse una specie di ago.

-Sei solo stato sedato. Non ti voleva fare davvero male.- lo aiutò a mettersi seduto –Ti ha detto chi era? Ti ha lasciato un messaggio per me?-

In quanto a tatto Sherlock non era affatto migliorato. Quella stronza gli aveva appena puntato una pistola alla testa e lui era lì a riempirlo di domande.

-Quanto ho dormito?- chiese al posto di rispondere. La voce gli uscì un po’ rauca ma lui non si sentiva particolarmente intontito.

-Poco più di mezz’ora. Ora mi vuoi dire se ti ha detto qualcosa?-

-Mi ha appena sparato Sherlock! Fammi riprendere un attimo!-

-Era solo tranquillante. E io sono arrivato appena ho capito che eri in pericolo.-

-Come?-

-In realtà non so come ho fatto a non capirlo prima…bè sì forse lo so, ero stra fatto quando sono venuto qui l’altra volta.- disse, parlando velocemente come se volesse sorvolare su quel fatto. -Ho ritrovato l’appunto di Faith. Ho ricordato il suo viso e ho capito che si spacciava anche per la tua terapista.-

-Era anche la ragazza con cui mi scambiavo messaggi…-

-Non vuoi sapere perché ci ha presi di mira?- chiese Sherlock con un mezzo sorriso. Gli piaceva fare sfoggio delle proprie capacità.

-In realtà penso di saperlo.-

-Ti ha detto che è una seguace di Moriarty?- era un po’ contraddetto, la delusione di non stupire John si poteva leggere sul suo volto.

-Per sapere chi è davvero dovremmo parlarne con tuo fratello.-

-Mycroft? Che centra lui?- Sherlock era sempre più indispettito.

-Perché se ho capito bene ha tenuto nascosta tua sorella per tutto questo tempo.- la faccia del detective passò da seccata a perplessa in un battito di ciglia -Dice di chiamarsi Eurus…il vento dell’Est.-

Sherlock rimase in silenzio per un lasso di tempo indefinibile mentre le sue sinapsi lavoravano ai mille all’ora cercando di ricordarsi della suddetta sorella.

-Quel bastardo.- fu la sua sentenza infine.

-Già-

John era riuscito a rimettersi in piedi e Sherlock lo stava guidando all’uscita dell’abitazione dove ad attenderli c’era un taxi.

-Hai chiamato la polizia? Ci sono i proprietari di casa in un sacco nel locale caldaia.-

-Non sei bravo in queste cose eh? No che non chiamo la polizia, non con tutte le tracce che abbiamo lasciato in quella casa…e se lei è davvero chi dici non ne avrà lasciate…-

Entrarono sul taxi diretti a Baker Street.

-E ora?- chiese John.

-Studiamo un modo per farci dire la verità da mio fratello.-

-Forse un modo c’è.- disse il dottore sorridendo
   
 
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