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Autore: Myra11    18/10/2017    2 recensioni
Questo racconto è ambientato in un ipotetico futuro, dove Magnus si ritrova nell’Istituto di New York, dove Isabelle ha avuto dei figli, e dove i suoi figli hanno altri figli xD
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alec Lightwood, Izzy Lightwood, Magnus Bane
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Will you still love me when i’m no longer Young and Beautiful?
 
Magnus tamburellò distrattamente la dita sul bracciolo della poltrona, osservando i riflessi che le stregaluci strappavano ai suoi anelli.
Quello che brillava di più era all’anulare sinistro, un semplice cerchio d’oro bianco con un minuscolo zaffiro incastonato al centro, ed era anche quello a cui lo stregone teneva di più. Non perché fosse costato tanto o fosse decisamente pregiato, ma per il suo enorme significato emotivo.
 
«Sei pazzo.» Affermò, osservando la coppia di anelli che scintillavano contro il fodero di velluto nero della scatola.
Lui sorrise. «Non mi piace avere molti soldi, ma quando li ho li spendo con grande stile.»
Il ragazzo si lasciò sfuggire una risatina nervosa. «Il bianco è il colore del lutto per i Nephilim.»
«Lo so, ma per i mondani è il colore della purezza e della fedeltà.»
Il cacciatore l’aveva guardato negli occhi per qualche istante, arrossendo lievemente, poi gli aveva teso la mano sinistra.
Mentre infilava l’anello al dito del Nephilim Magnus si sentì come se tutti i suoi secoli di vita l’avessero condotto a quel preciso momento.
 
«Chiedo scusa per il ritardo, signor Bane.»
La donna che entrò doveva essere sulla quarantina, e nonostante questo aveva un fisico che avrebbe fatto invidia a molte modelle mondane.
Magnus si alzò per salutarla con un breve inchino, e la intravide sgranare gli occhi: un uomo che dimostrava meno di vent’anni e s’inchinava davanti a te come se fosse uscito dall’Ottocento era di certo uno spettacolo insolito, ma per lui quel gesto era ormai diventato abituale.
«Non si preoccupi signora Lightwood, non sono arrivato da molto.»
Signora Theresa Lightwood, pensò Magnus. Al fato piaceva scherzare.
«Allora, signora, come mai mi ha fatto chiamare?» Domandò il Nascosto con una lieve nota di curiosità. Era famoso per l’aiuto che aveva fornito ai cacciatori di demoni nel corso dei secoli, ma i suoi servigi rimanevano comunque costosi e non molti se ne servivano alla leggera.
Prima che la donna potesse rispondere Magnus sentì dei passi e il suo passato entrò dalla porta.
 
Aveva aperto quasi svogliatamente, ma il ragazzo gli era saltato subito all’occhio.
Non era soltanto la sua somiglianza con Will, o il fatto che fosse, almeno fisicamente, il suo ideale di ragazzo. Erano stati i piccoli dettagli, come il fatto che non l’avesse mai guardato dritto negli occhi ma che continuasse a studiarlo quando era girato. O il fatto che fosse arrossito quando l’aveva definito il motivo che permetteva ai suoi amici di rimanere.
Quando, dopo che aveva raccontato la sua storia, lui l’aveva finalmente guardato in faccia e aveva mormorato “non si può scegliere come nascere”, Magnus aveva capito che la sua secolare ricerca del vero amore era finita.
«Scusa l’intrusione mamma, i gemelli si sono di nuovo fatti male con la tua frusta.»
Il ragazzo, notò Magnus, doveva avere circa diciotto anni, ma aveva lineamenti così fini che sarebbe stato difficile definirlo con esattezza.
«Oh per l’Angelo.» Theresa si voltò verso di lui. «Mi perdoni signor Bane. Sono i miei figli minori, devo andare ad occuparmi di loro. La lascio con mio figlio.»
Con questo breve congedo la donna se ne andò, e lo stregone poté studiare meglio il ragazzo che aveva davanti. Capelli neri e occhi azzurro cielo, un fisico snello e ben modellato, le rune scintillanti sulla pelle.
«Allora…il tuo nome è…?» Magnus si risedette sulla poltrona e accavallò le gambe sorridendo lievemente nel notare che il giovane seguiva con attenzione i suoi movimenti.
«Alexander Lightwood.»
Il sorriso di Magnus si smorzò, e lui strinse violentemente le mani sui braccioli. I Nephilim avevano un pessimo senso dell’umorismo.
 
Magnus era rimasto seduto su quel letto per così tanto tempo che non si sentiva più le gambe, ma sarebbe rimasto volentieri per sempre su quel materasso ad osservare l’uomo che aveva davanti se gli fosse stato concesso.
Avrebbe cristallizzato quel momento in eterno, se ciò avesse significato non doversi separare da lui. Lo guardò mentre apriva gli occhi, e quando le palpebre si alzarono abbastanza per rivelarne il colore lui sentì lo stesso tuffo al cuore di quando l’aveva visto per la prima volta.
Gli occhi di Alexander erano ancora dello stesso, stupefacente azzurro che l’aveva conquistato, senza la minima traccia degli anni che segnavano il suo corpo.
 
«Alexander…» Magnus mormorò il nome che non pronunciava da quasi quarant’anni.
Aveva un suono dolce, ma il dolore era ancora troppo fresco nella sua memoria per poterlo dire senza sentimenti; il suo cuore sembrò incrinarsi, come se volessi frantumarsi in pezzi da un momento all’altro, così si costrinse a sorridere al ragazzo che lo osservava.
«Stai bene?» Gli domandò il Nephilim, corrucciandosi lievemente.
È diverso da Alexander, cercò di convincersi lo stregone.
«Si, certo. Hai preso il nome da uno dei tuoi antenati?»
Aveva i capelli più corti, gli occhi meno azzurri.
«Non è esattamente un antenato…Alexander era il nome del fratello di mia nonna, è morto prima che io nascessi.» Mormorò mestamente, come se sentisse la mancanza di quel parente che non aveva mai conosciuto.
Non era poi così diverso.
 
«Magnus…» La voce debole di Alexander lo ferì come una lama, ma gli sorrise comunque.
«Ciao Alexander.»
«Dopo tutti questi anni…» L’uomo tossì brevemente, poi riprese a parlare. «…ancora sei l’unico a non chiamarmi Alec.»
Magnus si sforzò di continuare a sorridere, gli occhi che bruciavano nel tentativo di fermare le lacrime. Quante volte si era trovato in una situazione simile?
«Dopo tutti questi anni dovresti aver imparato che non sono come gli altri.»
«Già. Magnus…»
Lo stregone aveva allungato una mano per prendere quella del compagno, sentendo la pelle ruvida contro la sua che sarebbe rimasta per sempre morbida.
 
«Tua nonna si chiama Isabelle?» Domandò lo stregone, sentendo lo stesso peso che gli opprimeva il petto quando pensava al periodo migliore della sua vita e alla persona che l’aveva reso tale.
Alexander inarcò un sopracciglio. «Sì. Aspetta…tu sei quel Magnus Bane?»
Il tono del ragazzo non lasciava spazio a fraintendimenti, così annuì brevemente. «Sono io.»
«Aspetta qui!» Il cacciatore uscì di corsa dalla stanza e Magnus rimase da solo nell’imponenza silenziosa della sala e il luccichio dell’anello attirò nuovamente la sua attenzione.
Doveva aspettarsi che si sarebbe trovato davanti una copia di Alexander prima o poi. Prima di lui c’erano state persone che gli somigliavano, e ce ne sarebbero state anche dopo.
Axel, Will, tutti loro avevano condotto agli anni con Alexander.
Erano semplicemente stati un’anteprima di cosa lo aspettava in futuro, e lui lo capiva solo ora.
Ancora una volta i portoni si spalancarono e il cuore di Magnus ebbe un altro tuffo.
 
«È un bel modo per andarsene.» Aveva sussurrato l’uomo, la voce sempre più debole e gli occhi più stanchi.
Magnus ricordò quando la sua stretta era forte e impetuosa, come lui si sentisse incredibilmente felice quando quelle braccia ricoperte di rune lo stringevano, quando sembrava che avessero tutto il tempo del mondo. «No, non è vero. È troppo presto.»
Era stato in quel momento che lo stregone aveva ceduto, lasciando che le lacrime gli scorressero lungo le guance per andare ad infrangersi contro la pelle rugosa del cacciatore.
«Magnus, non piangere.»
Alzò lo sguardo, incontrando quello azzurro di Alexander, e si sforzò di sorridergli, ma non fu convincente, perché il Nephilim accennò un sorriso e scosse piano la testa.
«Magnus, ti prego. Io sono felice.»
Il Nascosto deglutì a fatica. «E io dovrò vivere per sempre senza di te.»
Alec aveva socchiuso gli occhi mestamente. «Troverai qualcun altro, e sarai di nuovo felice.»
«Non è vero, lo sai.» Magnus tornò a guardarlo negli occhi, stringendogli la mano.
«Ti ricorderai di me?» Domandò Alexander perdendosi un’ultima volta nelle iridi feline del compagno.
«Sempre.»
 
«Isabelle…» L’avrebbe riconosciuta ovunque, lei con la sua camminata ancora fiera e orgogliosa nonostante fosse ormai anziana, i suoi occhi decisi e l’espressione sicura.
«Magnus.» Il viso della donna si aprì in un sorriso, e andò a salutare il Nascosto con un abbraccio caloroso, sinceramente lieta di vederlo.
Magnus ricambiò il gesto e poi lanciò un’occhiata alle spalle dell’amica. «Non sapevo che avessi un nipote.»
Isabelle si voltò verso il ragazzo che li osservava silenzioso, poi tornò a guardare lo stregone, che lesse nei suoi occhi la consapevolezza della conoscenza di cosa stava provando in quel momento.
«Andiamo a farci due passi, ti va?» Gli domandò e, senza aspettare risposta superò il nipote e s’incamminò lungo i corridoi.
Magnus la affiancò poco dopo, guardando un’ultima volta Alexander. I suoi occhi azzurri lo seguirono per la stanza, piantandosi su di lui come lame finché i portoni non li separarono.
«Mi dispiace, non prevedevo che tu lo incontrassi.»
«Non importa. È solo che…non me l’aspettavo. Cioè, sapevo che prima o poi mi sarei trovato davanti qualcuno di simile a lui – è già successo- ma non pensavo così presto.»
Magnus abbassò lo sguardo su Isabelle che, nonostante fosse adulta e portasse ancora le zeppe, rimaneva più bassa di lui, e osservò i suoi occhi scuri. Non avrebbe voluto aprire così il proprio cuore, ma non era riuscito a trattenersi.
Alzò lo sguardo mentre le porte del salotto si aprivano nuovamente e Alexander Lightwood ne usciva a passo deciso, diretto verso di loro.
«Magnus…Porti ancora l’anello…» Notò la donna abbassando lo sguardo.
Magnus ne osservò la camminata fiera e gli occhi brillanti mentre li superava salutandoli con un cenno, poi sospirò lievemente.
La mano rugosa di Isabelle che si stringeva sulla sua lo riportò indietro nel tempo.
«Sempre.»
  
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