Era
solo un ragazzo. Pieno di dubbi e paure come chiunque altro.
Mortale.
Dall'alto
della rupe, il vento soffiava più forte.
Eppure
respirare non era mai facile. Lo spadone reale pesava enormemente
sulle sue spalle, insieme alle richieste, insieme al suo destino.
Se
solo tutti fossero riusciti a capire che era solo un ragazzo, non
esclusivamente l'eroe di Hyrule.
Scrocchiò
appena il collo e poi spiccò il salto nel vuoto, godendosi
quel
fugace capitombolo nello stomaco prima di aprire la paravela e
ingabbiare il vento secondo i suoi desideri, libero di librarsi a
piacere, o almeno fino a quando le forze lo avessero sorretto.
Il
boblin di guardia era girato di spalle, troppo facile.
Tirò
fuori l'arco, fulmineo, e tutto sembrò rallentare mentre
prendeva la
mira, dritto contro la sua testaccia rossa: la freccia fendette
l'aria senza sforzo e lo trapassò da parte a parte, sbalzato
a terra
senza poter esalare un suono, ben prima che potesse riprendere la
paravela e frenare la caduta verso il vuoto.
E
uno era andato.
Le
spalle gli dolevano da morire, ma prima di atterrare doveva occuparsi
dell'altra guardia, in una torretta poco distante. Stava guardando
verso la postazione del suo compagno scomparso con sospetto
crescente, doveva silenziarlo prima che fosse troppo tardi: di nuovo,
l'arco apparve nelle sue mani con rapidità e con le poche
energie
rimaste scoccò una freccia elettrica, ormai a pochi metri
dal suolo.
Atterrò
in mezzo al campo nemico, nelle orecchie il lieve grugnito di dolore
del boblin elettrizzato a morte.
C'erano
ancora due lizalfos, un boblin blu, uno nero e uno argentato e infine
un grosso grublin blu, alto almeno il doppio di lui.
Non
che ci volesse molto ad essere più alti di lui, Link
pensò con una
smorfia amara.
Mise
via la paravela e sfilò lo spadone a due mani, prendendo di
sorpresa
un lizalfos e un boblin, i più vicini: roteò
l'arma con la torsione
del busto e li colpì allo stomaco, di netto, la sorpresa nei
loro
occhi rimpiazzata in fretta dal dolore; approfittando del vantaggio,
Link vibrò un altro colpo alle loro teste, in rapida
successione,
uccidendoli all'istante.
Il
grido del grublin fece tremare la terra sotto i suoi piedi.
Era
stato ovviamente scoperto.
Era
solo un ragazzo, dopotutto, non era infallibile.
Li
vide correre tutti verso le armi lasciate incautamente a terra, poco
distante; l'arco era già nelle sue mani e una freccia
esplosiva
incoccata nella corda, un occhio già chiuso per prendere la
mira:
l'armamentario esplose in ogni direzione con scintille infuocate e
schegge impazzite.
I
mostri urlarono, contro il fuoco che si era sprigionato, contro lui.
Eppure
non sembrarono pensare affatto alla fuga. Non ci pensavano mai,
nemmeno quando potevano salvarsi.
Il
boblin nero iniziò a lanciargli contro i sassi che riusciva
a
trovare lì intorno, mentre quello d'argento era armato con
una spada
da soldato, l'unica arma salvata alla detonazione insieme alla grande
dragoclava del grublin, che ora aveva anche l'aggiunta di essere
infuocata, alla sua pericolosità iniziale.
Link
sospirò forte, una grande rabbia che gli ribolliva dentro.
Non
era mai facile, niente era mai facile.
Cambiò
l'arma con una spada da cavaliere, al braccio sinistro uno scudo
lizal d'acciaio rubato ad un altro campo nemico, dopo un'altra lotta
di cui non ricordava alcun dettaglio, se non la stessa rabbia che
scemava solo dopo essere rimasto l'ultimo in piedi, circondato dai
resti dei suoi avversari.
Era
solo un ragazzo, dopotutto, non un santo.
Il
suo primo obiettivo sarebbe stato il lizalfos, razza di pericolosi e
infidi bastardi.
Si
gettò a testa bassa contro quello rimasto, che saltava in
tutte le
direzioni rendendogli difficile centrarlo, mentre gli sparava contro
getti d'acqua, sperò fortemente che fosse acqua, dalla sua
bocca:
parò con lo scudo e attese il momento di colpirlo.
Alle
sue spalle sentiva i passi pesanti del grublin e i tocchi sordi dei
sassi che evitava spostandosi a destra e a sinistra, in una corsa a
zigzag.
Saltò
e librò la spada sulla testa con un solo movimento fluido,
calando
la sua lama affilata sul corno nel mezzo della fronte: il rettile
cadde al suolo con un verso stridulo, in un istante.
Il
colpo di clava lo colpì in quel momento in mezzo alle
scapole con
una forza disumana e Link si diede dello stupido per non aver reagito
prima, per non essersi portato fuori dalla traiettoria quando sapeva
che dovesse essere solo qualche passo dietro di lui.
La
pelle bruciava, per le fiamme e la contusione, e il respiro si
fermò
in gola, mentre ruzzolava al suolo, le imprecazioni strette tra i
denti.
Era
solo un ragazzo. Fatto di carne e sangue, sotto le sue pesanti eppure
fragili armature.
Rantolò
un attimo al suolo, quando finalmente si fermò contro un
masso.
Ma
i passi pesanti si riavvicinavano.
Si
rimise in piedi a fatica, stringendo l'elsa della spada che non aveva
lasciato andare, nemmeno nel dolore, e si voltò per valutare
il
grublin, che sventolava la clava nella sua direzione, la lingua
penzoloni dal muso stupido.
Prese
l'arco e una freccia esplosiva e tirò rapidamente la corda
nonostante la fatica, mirando nel mezzo della sua faccia,
più
velocemente possibile: il grublin era ancora lontano, ma non
così
tanto perché fosse a distanza di sicurezza e l'esplosione
colpì
anche lui, sbalzandolo all'indietro.
Strinse
i denti, il cuore pulsava forte contro le costole doloranti, e
cercò
di spronare il suo corpo a reagire; non poteva ancora mollare.
Era
solo un ragazzo, un giorno sarebbe crollato senza forze per
rialzarsi, lo sapeva, ma non era ancora arrivato quel momento.
L'odore
acre del grublin avvolto dalle fiamme gli arrivò al naso,
prima di
alzarsi e vederlo al suolo, nel mezzo dell'incendio che consumava
l'erba secca sotto i loro piedi.
Il
boblin argentato si gettò su di lui, oscillando senza grazia
o
tecnica la corta spada nella mano, un piccolo scudo arrugginito per
pararsi dai suoi colpi, mentre il boblin nero al suo fianco lo
assisteva lanciando sassi, un passo appena dietro il suo compagno.
Link
cambiò di nuovo arma, una portata maggiore era quello che
gli
serviva in quel momento, e le sue mani si strinsero su una forca
lizalfos a doppia punta, affilata e micidiale; spazzare via lo scudo
fu semplice e con un altro sventolio circolare anche la spada
volò dalla presa dell'avversario, lasciandolo inerme alla
sua mercé:
poche stoccate in rapida successione e anche lui crollò al
suolo.
Rimaneva
solo il boblin nero.
Lo
avrebbe lasciato andare. Se avesse cercato di scappare, e fosse
dipeso da lui, lo avrebbe lasciato scappare, non gli avrebbe dato la
caccia.
Era
stufo di continuare a combattere, era stufo di uccidere.
Era
solo un ragazzo, c'era altro dentro di lui oltre all'istinto di
combattere.
Ma
il boblin non diede segno di voler fuggire e Link un po' ne fu grato,
perché eliminarli tutti era stata la richiesta specifica, e
ormai
non aveva senso tirarsi indietro e lasciare le cose a metà,
solo per
uno stupido moto di pena.
Lo
finì con un paio di colpi secchi, senza esitazione
né grazia,
resistendo ai muscoli doloranti e alle fitte di dolore del corpo.
Dopo,
rimase solo in mezzo alla distruzione e al caos che lui stesso aveva
creato, tra le fiamme e l'odore di morte, e un silenzio spaventoso,
resistendo a fatica all'impulso di vomitare.
Un
altro hyruliano pretenzioso sarebbe stato soddisfatto del risultato,
si sarebbe sperticato in lodi e gli avrebbe dato una ricompensa per
il suo servizio, salvo poi chiedere qualcosa di più grosso
quando
fosse stato di nuovo nei paraggi.
Ma
lui sarebbe rimasto comunque un assassino.
Uno
sterminatore.
Ed
era così stanco, incredibilmente stanco, per uno che aveva
dormito
per cento anni.
Raccolse
con lentezza le armi che potevano servirgli e i tesori accumulati dai
boblin, prima di sgombrare il campo, zoppicando verso la nuova
richiesta, verso il compito successivo, le spalle sempre più
tese e
curve sotto responsabilità sempre maggiori, sempre
più numerose,
finché non avesse distrutto la Calamità Ganon o
fosse perito
provandoci.
Era
solo un ragazzo, ma nessuno, in tutta Hyrule, sembrava rendersene
conto.
Note:
Salve, sono Switch, nuova in questo fandom, ma vecchia autrice.
Amo
i giochi di Zelda da tanto, ma non avevo mai pensato di scriverci
sopra, almeno finché non ho giocato a Breath of the Wild e
il mio
cuore è imploso. Così tante cose da esplorare e
immaginare.
Amo
BOTW. Ho scritto qualche OS e ne avrei altre mille in mente.
Ovviamente,
si basano sulla mia esperienza di gioco, come io mi approccio, come
io penso mentre gioco.
Questa l'ho scritta col sottofondo di “Human” di Rag'n'bone.
Appena pubblicato andrò a combattere contro la Calamità Ganon, che Hylia vegli su di me!
Abbraccio!