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Autore: JoJCho    19/10/2017    0 recensioni
Questa breve one shot si inserisce alla fine della serie Tv canadese, dopo la puntata 3x10. Spero vi piaccia.
«Uccidimi, Cesare.» sussurrò, le lacrime iniziarono a solcarle il viso. «Il mio posto è qui, in questo letto. Devo morire con mio marito. Uccidimi…» Il fratello tornò a fissarla negli occhi, le loro labbra si sfioravano, come sempre, separate solamente da un soffio d’aria.
«Il tuo posto è accanto a me, Lucrezia.» Premette forte le labbra sulle sue e poi si alzò. «E finché io vivrò, tu non morirai.»
Genere: Drammatico, Erotico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cesare Borgia, Lucrezia Borgia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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«Non laverò mai via questo sangue.»
Cesare le passava un panno umido sul viso dove il sangue di Alfonso aveva sporcato la sua pelle diafana.

«Lo farò io. Sarai nuda, pulita e di nuovo serena. E mia.» Sfiorò con le labbra il contorno del suo viso, baciandole la tempia e le guance, poi sprofondò sul collo. Il corpo di Lucrezia si inarcò involontariamente per offrirsi al fratello. Sospirarono entrambi. Cesare posava baci leggeri sulla sua pelle impregnata di sangue.

«Uccidimi, Cesare.» sussurrò, le lacrime iniziarono a solcarle il viso. «Il mio posto è qui, in questo letto. Devo morire con mio marito. Uccidimi…» Il fratello tornò a fissarla negli occhi, le loro labbra si sfioravano, come sempre, separate solamente da un soffio d’aria.

«Il tuo posto è accanto a me, Lucrezia.» Premette forte le labbra sulle sue e poi si alzò. «E finché io vivrò, tu non morirai.»

Lucrezia fluttuava alla deriva sul letto chiazzato di sangue, non si sentiva più le membra e avrebbe voluto che Cesare non la lasciasse, sporca e colpevole, accanto al crimine che avevano commesso. Lo sentì chiamare la servitù, le guardie e il medico. Ordinò di ripulire la stanza, il letto, il cadavere. Fece preparare un’altra camera, un bagno caldo, abiti puliti. Lo sentì riferire che Alfonso ubriaco l’aveva sfidato a duello ed era caduto sulla sua spada. Era morto, bisognava avvertire immediatamente il Santo Padre. Bugie, ecco di cosa si nutre la nostra famiglia, di bugie, pensò Lucrezia. Bugie e sangue.

Si sentì trascinare via e non ebbe forza di ribellarsi. Non aveva più l’energia di fare niente.

Le braccia tra cui stava erano quelle di suo fratello. Lo sentiva respirare al suo orecchio e pronunciare parole di conforto.

Nella stanza accanto erano soli, Cesare la posò a terra, ma lei non si reggeva sulle gambe, allora la fece sedere sul letto e con delicatezza le tolse le scarpe, le sfilò il vestito. Lei sembrava una bambola. Stava immobile, lo sguardo fisso e piangeva.

«Era buono» disse a bassa voce, mentre Cesare davanti a lei le scioglieva piano i capelli, cercando di non farle male. «Mi amava. Ha detto che era pentito,» singhiozzò «era pentito di avermi amata, Cesare».

«Che uomo stupido e codardo» disse lui con il viso contorto. Solo in quel momento Lucrezia prese coscienza di essere nuda. Cesare la sollevò con cautela. E la posò dentro l’acqua calda.

Lucrezia osservò la superficie immobile e si stupì della sua limpidezza: nuda, pulita e serena. Serena? Nella sua vita sarebbe mai stata felice? Chiuse gli occhi e sprofondò un po’ di più nella vasca. Cesare prese una spugna per lavare via le incrostazioni di sporco, ma non appena la posò sulle spalle della sorella, Lucrezia lanciò un grido: «Non toccarmi!»

Qualcosa si spezzò nel viso di suo fratello, lasciò cadere le mani. «È questa la mia punizione, sorella?» Sputò quella parola, c’era sofferenza e disappunto sulle sue labbra.

«La nostra punizione.»

Cesare rimase immobile, le braccia lungo al corpo, dolore e frustrazione nello sguardo.

«Esci.»

«Non ti lascerò sola adesso. Mai più.»

«Esci, Cesare.»

Il principe uscì dalla stanza a grandi passi e non dimenticò di sbattere la porta. Le dava le spalle, ma Lucrezia sapeva che espressione aveva sul viso. Si rese conto che odiava sé stessa più per il dolore appena provocato al fratello che per l’omicidio di suo marito. Si sforzò di non pensare. Si concentrò sui suoi movimenti. Sul candore della sua pelle che strideva con l’anima peccatrice che la abitava. Prestava ascolto al rumore dell’acqua sotto le sue mani e al calore emanato dalla vasca. Avrebbe potuto morire così, scivolare lentamente nel tepore del bagno e addormentarsi per sempre. Ma c’era Giovanni, suo figlio. E Cesare. Cesare non l’avrebbe mai perdonata. Sarebbe sceso all’inferno a cercarla. E l’avrebbe riportata indietro. Uscì dall’acqua e avvolgendosi in una vestaglia cadde sul letto. Voleva solo dormire, dormire per sempre. O svegliarsi un giorno prima per evitare che ciò che era successo quella sera si ripetesse. Non far bere Alfonso, calmare Cesare, scendere prima dalle scale, non sposarsi, non nascere, non amare suo fratello. No, non sarebbe mai riuscita, nemmeno in un’altra vita, a dimenticarlo. Era una Borgia, dopotutto.

Con gli occhi chiusi si costruì attorno un mondo diverso. Lei non era la figlia del Papa, era una ragazza comune e c’era Paolo, il suo Narciso, i loro bambini, Cesare che sorrideva e cenava con loro ed era solo un fratello, un consanguineo, un parente.

Si sentì sollevare e aprì gli occhi. Cesare l’aveva ripresa fra le braccia e di nuovo il suo corpo la tradì rabbrividendo a contatto con la sua pelle calda lasciata scoperta dalla camicia. Si era cambiato e sembrava più padrone di sé. Sicuramente il corpo di Alfonso era già stato seppellito e Napoli presa dalla Francia e Lucrezia non aveva riposato nemmeno che per un istante.

«Ti ho svegliata, amore mio?» le sussurrò Cesare. Quelle mani, che le scostavano i capelli dal viso dopo averla appoggiata su un lato del letto e averla coperta, quelle mani, erano le stesse che avevano ucciso, torturato e amato chissà quanti altri. Cesare giocava a essere dio con quelle mani e quando la sfioravano le sembrava di essere davvero in paradiso. Lontana dai tradimenti e dalle guerre, dalle chiacchiere e le macchinazioni della corte vaticana.

Cesare le sistemò i capelli umidi attorno al viso e la baciò dolcemente sulla tempia, poi salì dalla parte opposta del letto e si infilò sotto le lenzuola.

«No.» replicò Lucrezia. Non avrebbe potuto farlo, nemmeno lei, una Borgia, avrebbe potuto amare il fratello quando il sangue di suo marito era appena stato lavato via dal suo corpo.

Cesare si avvicinò a lei come se non avesse proferito parola.

«Cesare!» Nonostante fosse priva di ogni energia cercò di liberarsi dalle coperte e fuggire, ma Cesare la afferrò in tempo e siccome lei continuava a dimenarsi fece peso con il suo corpo sdraiandosi su di lei.

La baciò. Come quando gli aveva chiesto se era al suo fianco, dopo che avevano realizzato che sarebbero stati separati, lei a Napoli, lui in Francia. Solo allora il suo cuore si era sollevato perché per la prima volta il fratello era stato così angosciato al pensiero di perderla che aveva fatto crollare il suo misurato autocontrollo. E quando si erano incrociati sulla strada di notte, mentre lei fuggiva da Napoli. “Cesare!” Aveva gridato il suo nome e il mondo aveva ripreso ad essere il giardino del Signore. E il loro bacio infinito.

Stavolta, però, il fratello la lasciò subito andare, asciugò rapido le sue lacrime e le si sdraiò di fianco stringendola forte a sé. I loro occhi rimanevano incatenati.

«Dormi, mia adorata. Domani ci occuperemo del mondo.»

«Spero di non svegliarmi domattina.»

«Invece ti sveglierai, amore mio, e il primo viso che vedrai appena sveglia sarà il mio.»

Era sempre incantevole Cesare quando sorrideva. Soprattutto quando sorrideva a lei. Perdeva la sua aura terrificante, il suo sguardo pieno di ombre e fantasmi e il suo cipiglio sicuro.

Lucrezia si ritrovò a sorridere tristemente di rimando. Poteva ancora sorridere quindi. Ed essere serena. Del resto lui aveva promesso che l’avrebbe resa felice. Quando si sarebbe stancato degli amori impossibili?

Si strinse a lui, posando le sue piccole mani bianche sul suo petto ampio e si lasciò avvolgere dalle sue braccia, accolse i baci che lui le lasciava tra i capelli e tra lacrime silenziose si addormentò.

«Mia, finalmente.» ripeté Cesare al buio della stanza e a sé stesso.

Solo un Borgia può amare davvero un’altra Borgia.

  
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