Libri > Ivanhoe
Segui la storia  |       
Autore: lucille94    19/10/2017    0 recensioni
Bois-Guilbert è a terra, immobile, nel fango di Templestowe. Ma non è ancora la fine...
Il mio vuole essere un sequel di Ivanhoe incentrato sulle vicende di Rebecca (e Bois-Guilbert) dopo il duello a Templestowe. Perché non dare una seconda possibilità a questi due inguaribili orgogliosi? E' quello che intendo fare! Perciò, dopo Templestowe seguiranno altre avventure... Perché Bois-Guilbert non è affatto morto. E Rebecca dovrà farsene una ragione.
Genere: Avventura, Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Bois-Guilbert si issò sulle braccia e puntò le ginocchia contro il materasso per darsi lo slancio e rialzarsi. Era ormai sorto il sole e dalle finestre entrava la tenue luce dell’alba. Rebecca era sotto di lui, gli occhi chiusi e un’espressione di piacevole sfinimento sul viso. Respirava profondamente e il suo petto si alzava e si abbassava con ritmo regolare.
«Riposa, ora...» le disse in un soffio e lei gli sorrise, stiracchiando il corpo illanguidito. Non la infastidiva più l’idea che la vedesse così, nuda. E lui provava nei suoi confronti un attaccamento diverso, non meno ardente, non meno rispettoso... Semplicemente diverso.
Si alzò, rimboccandole addosso le lenzuola, come a custodirla da sguardi indiscreti. Quindi sollevò da terra la camicia da notte che era scivolata giù dal letto, raccattò poi i propri vestiti e li indossò nuovamente, preparandosi a raggiungere Robert e John che gli avevano dato appuntamento per una passeggiata a cavallo quella mattina. Gli dispiaceva lasciarla sola, ma d’altro canto se non l’avesse fatto sarebbe stato capace di assaltarla ancora, tanta era la passione che tuttora lo animava. Non rinunciò, comunque, visto l’anticipo sull’orario della messa, a sedere sull’orlo del letto per guardarla. Solo il volto, il collo, le spalle e una mano restavano scoperte; la bellezza naturale di quel volto, di quel corpo... e pensare che fosse sua, solo sua e di nessun altro... Per un momento, Bois-Guilbert si rese conto di essere un uomo veramente fortunato. L’amava, l’amava alla follia, e si era consacrato unicamente a lei. Suo e di nessun’altra donna; erano legati da un vincolo infrangibile ed esclusivo. Qualcosa a cui Bois-Guilbert non era affatto abituato, ma che avrebbe tollerato volentieri. D’altro canto, come poteva dire di possedere, quando non possedeva più nemmeno se stesso?
Più la contemplava, più desiderava che quel momento, quella mattina, la prima del loro matrimonio, non finisse mai. Aveva ancora addosso le sensazioni fisiche ed emotive migliori. Il suo corpo era turbato da grande affetto e la sua anima era calma, stabile e devota. Non avrebbe potuto trovarsi in condizioni più invidiabili.
Rebecca volse il viso nella sua direzione e socchiuse gli occhi alla pallida luce del sole nascente.
«Restate qui – bisbigliò, afferrandogli teneramente un braccio – Vi prego, non andate via»
Bois-Guilbert, vinto, si coricò accanto a lei e la baciò. Un bacio lungo e appassionato, che placò per un attimo i suoi capricci.
«Devo andare – le rammentò poi – O il re si pentirà di avermi dato in moglie una fanciulla ebrea che mi distoglie dai miei doveri di cristiano»
Rebecca rise e ribatté: «Anche i re commettono errori, ma per non incorrere nelle sue ire vi lascio andare. Promettetemi di tornare appena potrete»
«Lo prometto. E farò di più: ti prometto che la notte ventura non dormirai più della passata»
Rebecca rise di nuovo e si strinse contro di lui, poi lo lasciò andare e si accoccolò tra le lenzuola.
Bois-Guilbert abbandonò la stanza a malincuore; più volte si voltò a guardare la porta chiusa, risentendo sotto le dita la pelle vellutata dei suoi fianchi o la consistenza setosa dei suoi capelli, e sulle labbra la morbidezza delle sue guance.
Assistette alla messa concentrandosi il più possibile per salvaguardare uno spazio della propria mente alle cose sacre, impedendo ai ricordi della notte di assalirlo e distoglierlo. Fu una lotta dura contro i sensi, ma alla fine avrebbe potuto dirsi soddisfatto. All’uscita dalla piccola chiesa del castello incontrò Robert di Huntingdon, in tenuta da cavalcata. Il vino della sera prima non gli aveva guastato il sonno, mentre John, che sopraggiunse poco dopo, aveva un’aria piuttosto rintronata. Non appena vide il fuorilegge, Bois-Guilbert ammiccò ed alzò tre dita; l’altro assunse un’espressione maliziosa e gli sorrise. Per non apparire invadente decise di lasciare al novello sposo la libertà di raccontargli ciò che voleva, senza incalzarlo con le domande. E Bois-Guilbert, nonostante le reticenze, gli fece intendere di essere quanto più appagato possibile. L’attesa era stata lunga, ma una sola notte aveva ripagato le privazioni di mesi: non si pentiva certo di aver aspettato.


Rebecca udì lo schiocco della porta; tirò a sé le lenzuola, fin sul naso, e respirò il profumo che vi era rimasto intrappolato. Poi si rigirò, si distese a pancia in giù e sprofondò il viso nel cuscino su cui lui aveva dormito. Come un sogno, riviveva nel dormiveglia tutti gli avvenimenti della notte passata. Non li riviveva come ricordi, ma come sensazioni: per prima, il delicato scorrere della camicia contro la pelle, poi il fresco contatto con l’aria, le carezze. E i baci, come dimenticarli? L’aveva ricoperta di baci, baci in ogni dove, su tutto il corpo. L’aveva lasciato fare, fremendo di piacere. Aveva un leggero timore, un senso di fragilità mescolata a ingenuità, a non saper cosa fare, cosa dire. Lui era molto più disinvolto, benché – le era parso – le avesse usato una delicatezza particolare. Era come – ma anche questa era una sua impressione – se fosse stata anche per lui un’esperienza nuova, mai provata. Come se non avesse mai giaciuto con altre donne e in quel momento si vedesse a violare un segreto pieno di fascino. Risentiva, impresse nella memoria, le dolci parole francesi che aveva sussurrato per farla rilassare, e tutti i sospiri che avevano esalato insieme.
La seconda volta: il sonno non era profondo e, di tanto in tanto, udiva un gufo lanciare il cupo richiamo nella notte. A un tratto aveva sospirato un po’ più forte e lui si era mosso.
“Rebecca?”
“Siete sveglio?” aveva domandato, cercando di scorgerlo nell’oscurità. Lui aveva strisciato sul materasso e le aveva cinto la vita con il braccio. Pian piano si erano disposti uno contro l’altro, lei l’aveva abbracciato e, nel tempestarsi vicendevolmente di baci, erano finiti con l’amarsi di nuovo, senza più timori né freni.
Poi, storditi, si erano riaddormentati mano nella mano uno accanto all’altra. Un sonno ben più profondo del precedente, che andò scemando via via che il giorno si avvicinava. In un batter d’occhio era quasi l’aurora, un gallo aveva già cantato. Lui l’aveva sfiorata lungo il fianco e la coscia sinistra e lei aveva socchiuso appena gli occhi, pensando fosse già mattino. Quando l’aveva vista sveglia, lui si era avvicinato, sottomettendola a sé.
“Di nuovo?” aveva bisbigliato lei, stropicciandosi gli occhi. Lui, nella penombra, si era chinato a baciarle il collo, poi, rialzatosi, aveva sussurrato: “Vedrai, amore mio, vedrai”
Aveva avuto ragione: la terza volta era stata la migliore. Forse perché la nuova luce donava una profondità diversa al loro amore, forse perché l’idea dell’imminente separazione caricava il singolo istante di aspettative, forse perché, dopo il riposo, i sensi assaporavano l’unione con rinnovata curiosità.
Non seppe rispondersi, Rebecca: aprì gli occhi decidendo di darsi un’occhiata, la prima dalla sera precedente. Non trovò nulla di strano, nulla di anomalo. A uno sguardo superficiale era tale e quale la sera prima; eppure, avvertiva un cambiamento che, per certi versi, la spaventava. No, non sarebbe più stata com’era. Era anzi irrimediabilmente un’altra persona, una sconosciuta con nuove emozioni, nuove sensazioni, nuovi pensieri... avrebbe dovuto imparare a conoscersi, a riconoscersi.
“Rebecca de Bois-Guilbert” pensò, mordendosi le labbra. Che bel suono, che bel concetto! E pensare che solo cinque mesi prima...
Sangue. Sangue e nient’altro, questo era stato cinque mesi prima, e a quel ricordo Rebecca abbassò gli occhi sul materasso. Due battaglie, due duelli, due ferite, ma quale distanza separava quelle due esperienze: ben più che cinque mesi!
Di colpo sentì l’urgenza di alzarsi e lo fece, nonostante l’intorpidimento. Trasse il telo macchiato e si assicurò che il lenzuolo sottostante non recasse tracce. La messinscena, infatti, non era ancora finita: qualche serva ebrea, una di quelle che sarebbero venute a svegliarla, avrebbe potuto denunciare la menzogna ad Abraham e ne sarebbero derivati non pochi guai. Ripiegò il telo, lo nascose per bene nella cassapanca tra i vestiti e si distese nuovamente sotto le lenzuola. Non passò molto tempo che arrivarono le sue serve, ragazzine libere e pagate, che la fecero alzare e la prepararono per mostrarsi al castello.
«Mio marito è già uscito?» domandò, orgogliosa di sfoggiare a buon diritto quel titolo.
Una serva, la più grande, rispose: «Sì, mia signora. È uscito con Robert di Huntingdon e il suo scudiero John. Le loro mogli vi aspettano nel salone per congratularsi con voi»
Rebecca sorrise mentre la porta si apriva dinanzi a lei. Il profumo dell’autunno la accolse per primo oltre la soglia.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Ivanhoe / Vai alla pagina dell'autore: lucille94