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Autore: Losiliel    22/10/2017    3 recensioni
A Formenos, Maedhros scrive a Nerdanel la sua ultima lettera, che resterà incompiuta e sepolta sotto le macerie della fortezza.
Genere: Malinconico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Fëanor, Figli di Fëanor, Finwë, Maedhros, Nerdanel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Los Tales'
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Un'ultima cosa

 

 

 

Madre carissima,

 

ho ricevuto la tua lettera diversi giorni fa, ma soltanto ora trovo il tempo per risponderti. In mia difesa posso solo dire che l’invito che Manwë ha imposto a papà ci ha colti tutti di sorpresa, e che i preparativi per la sua partenza hanno richiesto la mia completa attenzione. Ti chiedo scusa, so che stai in pensiero se non ricevi notizie da noi.

Dunque, comincio subito col rassicurarti.

La preoccupazione che hai espresso quando hai saputo che papà avrebbe lasciato Formenos per qualche giorno, cioè che in sua assenza avremmo finito per “azzannarci a vicenda”, confinati come siamo a vivere tra queste quattro mura, devo riconoscere che non era del tutto infondata. Io stesso pensavo che senza di lui avrei dovuto passare il tempo a dirimere questioni tra i miei fratelli.

Tuttavia, ti sorprenderà sapere che dopo qualche scontro, nemmeno troppo duro, abbiamo raggiunto un equilibrio, ed ora siamo perfettamente in grado di convivere in maniera civile.

Ciò che invece non ti sorprenderà sapere è in che modo è stato ottenuto questo insperato risultato: evitando il più possibile di imbatterci l’uno nell’altro!

Da quando papà è partito, infatti, Atarinkë esce dalla fucina solo per mangiare (e, a volte, nemmeno per quello), Carnistir si è barricato in laboratorio per dedicarsi a un progetto – dice lui – di “importanza fondamentale”, e Tyelkormo, che spesso stava fuori dalla fortezza già prima, ora girovaga tutto il giorno per le colline qui intorno, con la scusa di – parole sue – “pattugliare il perimetro”.

Spesso si porta dietro i ragazzi, sostenendo che fa bene agli Ambarussa svagarsi un po’. Dice che hanno dovuto affrontare così tanti cambiamenti in così pochi anni, che se fosse capitato a lui alla loro età sarebbe impazzito.

A questo proposito, non ho dimenticato ciò che mi hai scritto sul piccolo, che sospetti ci sia qualcosa che lo turba profondamente (più di quanto possa essere giustificato dagli attuali avvenimenti) e spero di avere al più presto la possibilità di verificarlo.

Non sarà facile, però, perché papà mi ha lasciato al comando, e il mio tempo libero è molto limitato, già mi sembra incredibile essere riuscito a ricavarne a sufficienza per scriverti. Per fortuna posso sempre contare su Makalaurë, che è costantemente al mio fianco, e sul nonno, che non esita a darmi consigli ogni volta che ne abbia bisogno.

Ora che ti parlo del nonno, mi accorgo che forse la persona che più risente di questa lontananza è proprio lui. Da quando papà ha lasciato la fortezza, si è fatto più taciturno e spesso lo trovo in cima alle mura, con lo sguardo perso a sud, a scrutare l’orizzonte.

In ogni caso, puoi stare tranquilla, non corriamo il pericolo di far male a noi stessi, né alle persone che sono qui con noi, alle quali so che tu sei rimasta molto legata anche dopo averci lasciato. Ti avevo mai detto che incrociavo Calwen, ogni tanto, sulla strada di casa tua, quando venivo a trovarti? Se non l’ho fatto è perché non ci vedo nulla di strano: lei, Velmo e tutti gli altri, sono al nostro servizio da talmente tanto tempo che si possono considerare parte della famiglia, e lo dimostra il fatto che sono qui a Formenos, ora, ad occuparsi di noi come hanno sempre fatto, nonostante le rinunce che l’esilio comporta, e la fatica ad adattarsi a uno stile di vita recluso.

Credimi se ti dico che, molto spesso, sono proprio loro a rendere queste lunghe giornate più sopportabili; loro e i loro bambini, che sembrano aver preso questo soggiorno forzato come una vacanza, e creano un allegro scompiglio in un ambiente troppo spesso cupo.

Ricorderai di certo il piccolo Nórimo, quel terremoto ambulante che tu descrivevi come “appena un po’ esuberante”, forse paragonandolo a qualcuno dei miei fratelli più vivaci. Ora è un ragazzino a confronto del quale Tyelkormo si sarebbe potuto definire tranquillo: non passa giorno senza che combini qualche guaio!

Questa mattina l’ho scoperto mentre si intrufolava nel laboratorio e ho temuto il peggio. Invece – immagina la sorpresa – quando ho controllato se andava tutto bene, dato che non avevo sentito urla provenire dall’interno, l’ho trovato in piedi, serio e concentrato, che passava gli attrezzi a Carnistir, mentre lui gliene insegnava il nome e gli mostrava a cosa servissero.

Il piccolo lo ascoltava a bocca aperta, già tutto bianco di polvere! Ti ricorda qualcuno? A me sembra ieri quando Carnistir era al posto suo, ed eri tu a insegnargli.

E ancora più straordinario è il cambiamento avvenuto nella sorellina! Ti avevo raccontato di quanto fosse spaventata da Huan, e dell’impegno di Tyelkormo per farle capire che non avrebbe avuto nulla da temere da quel cane dalla taglia smisurata. Ebbene, i suoi sforzi hanno avuto finalmente successo! Troppo successo, si direbbe. Perché adesso la piccola non vuol più scendere dalla groppa di quel povero animale e, quando Tyelko lo vuole con sé, deve prima inventarsi qualche stratagemma per sottrarglielo! 

 

Ma sto divagando, e riesco a immaginare il tuo sorriso ironico mentre dalle tue labbra sfugge un commento: “Sei sempre stato bravo, Maitimo, a girare attorno alle cose, ma farlo per lettera è un comportamento sleale!”

So cosa ti preme sapere, sono già diverse volte che ne fai cenno nelle tue lettere, e nell’ultima me l’hai chiesto esplicitamente: ti è giunta voce della notizia portata dal messaggero che qualche tempo fa il nonno ha mandato a Valmar, e mi chiedi di raccontarti come siano andate le cose.

Non c’è molto da raccontare, in verità, io non ero lì quando Melkor si è presentato davanti al nostro cancello.

Velmo, che era di guardia, è corso a chiamarmi appena dopo aver disposto gli arcieri sulle mura in difesa di papà, che lo attendeva sulla soglia, ma io sono arrivato in tempo solo per assistere all’ultima parte della conversazione tra loro.

Forse è stato meglio così, perché non so se sarei riuscito a sopportarne di più.

Non ti puoi immaginare, madre, il potere che emanava da quell’essere, la terribile forza di persuasione insita nelle parole che ha rivolto a papà. Io stesso, che li guardavo da lontano, che non ero nemmeno il bersaglio diretto del suo incantesimo (non saprei definirlo in altro modo), mi sentivo pervaso dal bruciante desiderio di assecondarlo.

Nessuno – ti assicuro – nessuno avrebbe avuto la forza di opporsi ai suoi argomenti. 

E invece, sai cos’ha fatto papà? L’ha cacciato! L’ha insultato, persino! Riesci a crederlo?

Ora ti vedo sorridere, mentre esclami: “ti garantisco, Maitimo, che non mi riesce affatto difficile immaginare Fëanáro che insulta qualcuno!”

Ma io, lo ammetto, nell’assistere a quella scena sono stato sopraffatto dall’orgoglio e dall’amore per mio padre.

So che tu mi metteresti in guardia contro questi sentimenti, perché l’hai molto amato e hai molto sofferto, ma io non posso fare a meno di provarli. Ci sono momenti in cui lo guardo e tutto quello che riesco a vedere è la sua grandezza. L’errore che rimprovero ad Atarinkë – la venerazione – temo che si annidi anche nel mio cuore. Me ne vergogno, e forse è per questo che ho evitato di raccontarti dell’episodio nelle altre mie lettere. Mi riesce difficile ammettere questa debolezza, soprattutto con te, che di lui sei sempre riuscita a vedere ogni aspetto.

Inoltre, non volevo impensierirti inutilmente. In fin dei conti, il pericolo è passato! Manwë ha risposto al nonno, e lo ha informato che Melkor è stato visto dirigersi verso nord, e lasciare Valinor.

 

Sì, madre, il pericolo è passato, e la nostra vita qui, a parte i pochi aneddoti che ti ho raccontato, procede lenta e noiosa. Mancano ancora sette lunghi anni alla fine di questo esilio, e spesso mi trovo a sperare che passino più veloci di quelli già trascorsi. Ma poi il pensiero del distacco, quello vero, quello definitivo, arriva a turbare il mio animo e mi diventa difficile capire cosa desideri veramente.

Ormai è deciso: la nostra partenza per Endórë non seguirà di molto il rientro a Tirion.

I tempi sono maturi. I nostri contatti in città ci riferiscono che il numero di persone pronte a seguirci quando sarà il momento di lasciare Aman è aumentato a dismisura in questi pochi anni.

Papà aveva ragione: l’esilio ci ha favorito! È stato interpretato come un’intromissione illecita dei Valar nel dirimere le nostre contese, e ha portato dalla nostra parte molti indecisi. Lui, dal canto suo, non è rimasto in ozio e ha fatto in modo che certe voci continuassero a circolare anche in sua assenza. Le avrai sentite tu stessa, se ancora frequenti le piazze di Tirion, e se non le hai sentite le puoi immaginare, sono quelle con cui fomentava il dissenso anche quando tu eri ancora con noi: “i Valar non hanno più niente da insegnarci… ci tengono in una gabbia d'oro come fossimo animali da compagnia… ci precludono la grandezza...”

Parole ben scelte, che riuscirebbero a convincere anche me, se già non la pensassi come lui.

E non si tratta più solo di parole, anche i preparativi sono a buon punto. Armi e armature sono state forgiate da poter bastare per tutti coloro che vorranno seguirci, provviste vanno accumulandosi in magazzini adibiti allo scopo, i migliori destrieri vengono selezionati nelle fattorie, e le persone che hanno scelto di partire si stanno organizzando in piccoli gruppi, ognuno dei quali fa riferimento a un capitano di nostra fiducia.

L’unica cosa che ancora mi preoccupa è la disponibilità delle navi. Non conosciamo molto della nostra meta, ma una cosa la sappiamo: si trova al di là del mare e non c’è altro modo per raggiungerla se non con delle imbarcazioni. Papà sostiene che Re Olwë ci fornirà una flotta quando verrà il momento, che non potrà sottrarsi al debito di amicizia nei confronti del nostro popolo e della nostra casata in particolare, e che, se questo non dovesse bastare, l’intercessione del nonno sarà decisiva.

Io non ne sono così sicuro. Se avesse incaricato me di occuparmi della faccenda, avrei predisposto le cose in anticipo, mi sarei accertato di avere il supporto di uno degli Arafinwion, o dello stesso zio. Ricordo che l’ultima volta che ne abbiamo parlato, Artanis sembrava favorevole alla partenza, e sai quanto lui sia propenso ad ascoltare la figlia.

Ma papà – lo conosci – non ammetterebbe mai di aver bisogno dell’aiuto di suo fratello! E quando provo ad accennargli le mie perplessità, si giustifica dicendo che se ci scoprissimo troppo presto rischieremmo di perdere il comando della spedizione, che, come sai, si basa molto sul forzare gli eventi al momento giusto per spingere la nostra gente ad acclamare papà come condottiero. “Premedita ogni cosa, ma fingiti sorpreso quando accade”… le sue tipiche affermazioni, madre, inutile che le ripeta proprio a te.

Ricordo che una volta sorridevi a queste sue uscite, e le commentavi con parole argute, che alle orecchie dei tuoi figli suonavano quasi troppo azzardate. Come vorrei che tu fossi qui anche ora, con la tua affilata ironia a mantenere le cose nella giusta prospettiva! Da quando te ne sei andata, è forse questo che è mancato di più in casa nostra: uno sguardo sulla realtà da un punto di vista differente.

 

Ma ora basta con la politica! Mi chiedi di cosa parla Carnistir quando ti scrive che anche qui ha trovato un modo per “incrementare le sue sostanze”. Riconosco il motivo della tua domanda: vuoi introdurre un argomento più leggero nelle nostre conversazioni che, da quando siamo costretti quassù, non sono più divertenti resoconti delle folli giornate dei tuoi figli, ma speculazioni malinconiche su un futuro incerto come non lo è mai stato. Non ti biasimo, dopotutto è quello che tento di fare anch’io quando ti parlo delle marachelle dei bambini di Formenos.

Purtroppo però, anche un argomento così leggero, richiede una premessa che leggera non è.

Ricordi Nirwë, il nostro “maestro d’armi”, come lo chiama papà? Ti avevo già parlato di lui, e di come fosse stato scelto perché è un Nato all’Est, che in Endórë era conosciuto per essere uno dei migliori Cacciatori. Finora, il suo compito è stato quello di prepararci al combattimento, descrivendoci le creature ostili con cui ha avuto a che fare, e insegnandoci come affrontarle.

Ma da quando siamo qui, gli allenamenti sono cambiati. Nirwë sostiene che dobbiamo essere pronti anche per affrontare i nostri simili. È un pensiero terribile, lo so, ma non assurdo quanto potrebbe sembrare; la verità è che non sappiamo nulla di ciò che è successo in Endórë da quando il nonno e il suo seguito hanno abbandonato quella terra. Nirwë ci ha parlato di persone scomparse che non facevano quasi mai ritorno, ma, se lo facevano, vagavano senza meta in preda al delirio e vaneggiavano di prigioni. Questo lascia presupporre la presenza di un nemico organizzato e quindi in grado, in potenza, di dar vita a un esercito, fosse pure di schiavi.

Nirwë reputa dunque indispensabile che noi impariamo a combattere un avversario in forma umana, che brandisca un’arma. Così ora ci alleniamo a coppie, uno contro l’altro, con spade di legno.

Dovresti vederci, madre, a fine giornata, tutti pesti e doloranti! Posso sentire come se fossi qui al mio fianco i tuoi commenti sarcastici sulla “straordinaria fortuna” che ti è stata concessa nell’avere avuto solo figli maschi!

L’aspetto positivo di tutto questo, se vogliamo trovarne uno, è che è un buon metodo per sfogare la tensione e smussare gli attriti che ci sono tra di noi. E, soprattutto, è un’occasione per liberarsi la testa dai pensieri che ci assillano, perché l’attenzione richiesta dal compito assorbe ogni nostra risorsa fisica e mentale.

Ebbene, in tale contesto, Carnistir non si è lasciato sfuggire l’opportunità di mettere su un giro di scommesse sui risultati degli scontri (e di guadagnarci, pure)!

Immagino che ti starai chiedendo cosa ci sia di strano, considerato che stiamo parlando di uno che, prima ancora di imparare a leggere, era riuscito a convincere Tyelko a scambiare il suo arco con una manciata di sassolini colorati (e non venirmi a dire che erano colorati bene… hai sempre avuto un debole per il tuo quarto figlio!).

Infatti l’unica cosa che davvero mi sorprende è come Carnistir riesca a prevedere chi vincerà, dato che siamo ancora tutti più o meno allo stesso livello. O meglio, dato che gli unici scontri dal risultato prevedibile, come potrai immaginare, sono quelli in cui è coinvolto Tyelkormo, che ci surclassa tutti con la sua forza fuori dal comune, e quel qualcosa in più che gli deriva dal suo addestramento come Cacciatore. Nemmeno Makalaurë, che sta rivelando un’insospettabile predisposizione per il combattimento, è mai riuscito a sconfiggerlo.

 

L’accenno a Makalaurë mi ha fatto venire in mente un episodio che mi ero ripromesso di raccontarti. Ti dicevo nella scorsa lettera che mio fratello ha abbandonato lo studio degli strumenti, ma che qualche volta lo si sente ancora cantare. Proprio l’altro giorno l’ho trovato nel piazzale sul retro della fortezza che insegnava una canzone ai figli di Calwen. Si trattava di quella vecchia ballata dal ritmo sostenuto, la ricorderai anche tu: Sotto le stelle lucenti.

E prima che tu ti faccia idee sbagliate, sappi che mi riferisco alla versione originale, non a quella che ti cantava Findekáno quando facevate quella sceneggiata in cui tu ti fingevi scandalizzata, e lui ti prometteva di smettere solo se lo avessi invitato a fermarsi per cena!

Ma lasciamo certi ricordi nel passato, dove non rischiano di ferire nessuno, e torniamo al mio racconto: quei due ragazzini si divertivano come pazzi, con mio fratello che cercava di farli cantare a due voci, e loro che finivano sempre per sovrapporsi!

Appena si è accorto della mia presenza, però, Makalaurë ha smesso, come se non volesse farsi sorprendere in un’attività così inutile. Ma proprio in quell’istante è arrivato Tyelkormo, che ha ripreso la canzone a squarciagola nel punto in cui lui si era interrotto, e gli Ambarussa, che lo seguivano, si sono uniti a lui. Figurati, ai gemelli non pareva vero di avere una scusa per fare chiasso!

A quel punto Carnistir è uscito dal laboratorio con aria furibonda, ma non ha fatto in tempo a urlare contro nessuno perché, appena l’ha visto, Tyelko l’ha preso sottobraccio e l’ha costretto ad aggiungersi al loro coro sguaiato.

Allora anche Makalaurë si è arreso e, dato che non sopporta che una canzone, anche la più banale, venga rovinata, ha iniziato lui personalmente a fare la seconda voce. E questo è stato il segnale per far rientrare tutti nei ranghi e costringerli a dare il meglio di loro stessi.

Avresti dovuto sentirli! Con Tyelkormo e Carnistir che trascinavano gli altri sulla melodia principale, il gruppetto ha finito per cantare così bene, che molti hanno interrotto le loro attività e sono usciti in cortile per ascoltarli.

Ad un tratto – non ci crederai – mi sono accorto che c’era Atarinkë, appoggiato al muro, poco distante, con ancora il grembiule addosso e il viso sporco di fuliggine, le braccia incrociate. Se ne stava in silenzio, con quell’aria distaccata che si sforza sempre di tenere. Chissà da quanto era lì!

Dovrei fare le veci di papà, ma non me la sono sentita di richiamarli, e ho lasciato che terminassero la canzone.

Quando è finita, gli spettatori hanno applaudito brevemente, poi hanno lanciato uno sguardo furtivo nella mia direzione e sono tornati alle loro occupazioni. Anche il gruppetto di cantanti si è sciolto così come si era formato, in un attimo. I sorrisi sono scomparsi dai loro volti e ognuno è tornato da dove era venuto senza dir nulla.

Allora Makalaurë ha congedato i piccoli con una carezza, ma mentre si chinava a baciare quelle testoline scarmigliate, il suo sguardo era fisso su di me.

Era uno sguardo di rimprovero, lo conosco bene.

“Perché lo segui?” mi domandavano i suoi occhi, così come lui me l’ha domandato mille volte con la voce. “Cosa vai cercando altrove, che questa terra non ti può dare? Se avrai una compagna, la costringerai a una vita infelice. I tuoi figli cresceranno in una terra ostile.”

Lo capisco. Il suo desiderio più grande è riunirsi alla moglie che lo attende in città, formare una famiglia e vivere in pace. Ma io – tu lo sai bene – la penso come papà, e in quanto a una compagna e a dei figli, so per certo che non ne avrò.

Non saremo mai d’accordo su questo, Makalaurë ed io. Io sono convinto che per i Noldor sia giunta l’ora di andare avanti, di verificare se siamo in grado di contare sulle nostre sole forze, di creare un mondo fatto da noi, per noi.

Non rinnego l’aiuto che i Valar hanno dato al nostro popolo; senza la loro protezione, la loro accoglienza, la loro disponibilità a condividere le conoscenze, forse vivremmo ancora in capanne nei boschi, e la nostra unica preoccupazione sarebbe quella di riuscire ad arrivare vivi al giorno successivo.

Ma adesso, tutto ciò che potevamo imparare l’abbiamo imparato, e se continuassimo a vivere sotto la loro ala, protetti come pulcini nel nido, potremmo anche creare le opere più sublimi che mai si siano viste in Arda (opere che ci vengono ammirate persino dalle Potenze), ma si può parlare di vera grandezza?

Come possiamo essere orgogliosi di noi stessi per qualcosa che abbiamo ricevuto in dono? Che non ci siamo conquistati con le nostre forze?

Madre, sono discorsi che conosci già, e che non condividi, con i quali non ti tedierò oltre.

So che tu hai già preso la tua decisione, eppure una parte di me spera ancora che tutto si sistemerà, e che verrai con noi. È una sciocchezza infantile, lo so, ed è assurdo che venga proprio da me, che da tanti anni ormai ti sono più amico che figlio. Ma proprio ora, che incombe il momento del distacco, mi rendo conto che figlio continuerò ad esserti per sempre, e dunque concedimi di fare il bambino, per un’ultima volta, e di chiederti di riconsiderare la tua posizione.

So cosa mi risponderesti, con il tuo tono gentile e razionale: “Maitimo, come puoi chiedere a me di fare ciò che tu non sei disposto a fare?”.

E avresti ragione. Come posso accusarti di aver preso una decisione irrevocabile, quando io ho fatto esattamente la stessa cosa, sebbene nella direzione opposta?

Ciò che dovrei fare, piuttosto, è confortarti, assicurandoti che tra tutti i miei fratelli sono l’unico ad avere le idee così chiare. Purtroppo non posso farlo, perché la verità è che molti di noi non hanno più dubbi. Atarinkë seguirebbe papà fin dentro nel fuoco, lo sai bene, e Carnistir ha le sue valide ragioni per partire, che tu conosci meglio di me. Tyelkormo, inutile dirlo, non si tirerà mai indietro, credo anzi che abbia già provveduto a salutare il suo maestro quando papà ha cominciato a portare allo scoperto le sue idee ribelli. Fino a poco tempo fa, avrei detto che gli Ambarussa sarebbero rimasti, ma ultimamente non ne sono più tanto sicuro.

L’unico di cui ho la certezza che non partirà è Makalaurë. Che amaro destino, il fratello che più di ogni altro vorrei avere al mio fianco è proprio quello da cui mi dovrò separare! E nonostante ciò, non farò nulla per convincerlo a seguirci, so che per lui questo distacco sarà difficile almeno quanto lo sarà per me, e non voglio farlo soffrire più del necessario. E per quanto riguarda me, non ti rattristare troppo, non è la prima volta che sono costretto a separami da una persona che amo, e ho imparato come si sopravvive.

Makalaurë resterà, te lo garantisco, qualsiasi cosa potrà dire o fare papà! Non vedo proprio cosa potrebbe accadere per spingerlo a lasciare la terra che ama, e la pace che tornerà a regnare appena ce ne saremo andati, e la luce benedetta alla quale desidera crescano i figli che tanto attende. 

Il solo conforto che posso darti, è assicurarti che non dovrai temere per noi che partiamo. Ormai non ci sono più dubbi: ovunque deciderà di andare papà, il nonno lo seguirà. Lo ha dimostrato auto-condannandosi all’esilio e l’ha ribadito rifiutando l’invito di Manwë con parole durissime, delle quali ti sarà giunta notizia (a ben pensarci, questo esilio ci ha dato talmente tante conferme, che a volte mi domando se non sia stato con premeditazione che papà ha puntato quella lama contro suo fratello).

E insieme al nonno ci saranno anche molti Nati all'Est che desiderano tornare nella loro terra d’origine, la cui esperienza ci sarà molto utile all'inizio. Poi – suvvia! – siamo Noldor, siamo bene armati, siamo tanti e siamo uniti… non saremo noi quelli che dovranno avere paura!

Rileggendo queste ultime righe, mi rendo conto di quanto false suoneranno alle tue orecchie. L'entusiasmo che dimostro, lo ammetto, è solo a tuo beneficio. La verità è che sono addolorato al pensiero di lasciare la terra in cui sono nato, e dove ho vissuto tanti momenti felici. Sono addolorato al pensiero di lasciare te, e i fratelli che decideranno di restare.

E il fatto che sia convinto di quello che sto facendo, non lo rende meno doloroso.

 

Ma la decisione è presa, e farò del mio meglio perché le cose vadano secondo i piani, in modo da rendere il tutto più agevole da affrontare – dal punto di vista logistico, se non altro. Purtroppo non sempre è possibile: questo ordine di rientrare, per esempio, non era affatto previsto.

Eppure papà sembra averlo preso come un’occasione da volgere a nostro beneficio. È partito deciso a compiere un gesto provocatorio, presentandosi al cospetto delle Potenze in abiti modesti, senza indossare alcun gioiello, per mostrare a tutti come i Valar hanno costretto a vivere il grande Fëanáro.

Inoltre è convinto che questo viaggio gli darà la possibilità di sistemare le cose con Nolofinwë. Sostiene che lo zio, resosi conto di aver perso la contesa per ottenere il favore del nonno, aspetti soltanto un gesto pubblico per accettare una riconciliazione che gli permetta di riallacciare i rapporti con noi senza sfigurare davanti alla sua gente.

Papà ha sempre avuto del fratello l’opinione di un pavido tradizionalista, ma è un giudizio che io non ho mai condiviso. Le azioni dello zio sono costantemente tese al bene del nostro popolo, ed è per questo che talvolta sembra freddo e calcolatore, ma è ingiusto confondere la prudenza con la vigliaccheria. Se c’è una cosa che mio padre non è mai riuscito a capire, è che se uno non ama far mostra dei propri sentimenti, ma preferisce dominarli e custodirli nel proprio cuore, non significa che non sia animato da grandi passioni.

In ogni caso, papà si recherà al cospetto di Manwë e concederà a Nolofinwë le scuse pubbliche che – a detta sua – il fratello desidera, convinto, come sempre, di averlo in pugno. 

Quando è partito, come sua abitudine, mi ha salutato con un abbraccio e mi ha detto: “Conto su di te”. Sono parole che sento fin dalla nascita, eppure questa volta sembravano nascondere qualcosa di più della solita raccomandazione di rito.

Mi hanno fatto venire il dubbio che ci sia qualcosa di cui non mi ha reso partecipe. Temo che intenda fare qualche pazzia. Che voglia, magari, approfittare del momento in cui Manwë gli chiederà il motivo per cui è giunto al suo cospetto senza indossare i Silmarilli, per arringare i presenti coi suoi discorsi sul fatto che i Valar esigono che rendiamo conto a loro delle nostre azioni, e sollevare la folla con la forza della sua oratoria per far precipitare le cose.

Se le cose precipitassero, madre, avremmo a stento il tempo di salutarci.

Sai già cosa vorrei dirti, tu che mi conosci meglio di chiunque altro. Eppure, vorrei avere il tempo di ripetertelo ancora una volta. Di ripeterti quanto mi addolora lasciarti. Di ripeterti che la mia scelta non è, e non è mai stata, una presa di posizione tra voi due.

Di ricordarti che ogni istante passato con te, l’affetto che da te ho ricevuto, tutto ciò che mi hai insegnato, lo conserverò nel cuore come il più prezioso dei tesori, e mi sarà indispensabile per affrontare i giorni che verranno.

 

Perdonami! Mi sono fatto assalire da pensieri cupi.

È così facile, quando lui non è accanto a noi. Senza la sua forza, la sua determinazione, le sue certezze, a volte penso che siamo come gusci vuoti. Dopotutto, quando stai accanto al fuoco, non puoi che nutrirti del suo calore.

Ma ora basta, fa’ conto che non abbia detto nulla! L’esilio presto finirà, e noi avremo modo di sistemare le cose prima di prendere le decisioni finali, e se separazione dovrà esserci, ci saluteremo come conviene a una madre e a un figlio quando arriva il momento per quest’ultimo di andare per la sua strada.

E le parole che mi hai detto quando hai lasciato la nostra casa, io le ripeterò a te, quando ci abbracceremo per l’ultima volta: è il mio corpo quello che vedi partire, il mio spirito non ti abbandonerà mai.

 

Eppure, se le mie previsioni si dimostrassero errate, e gli eventi precipitassero davvero…

Madre, c’è un'ultima cosa

 

 

– FINE –

 





 

Grazie per aver letto!!
Seguono note finali, headcanon e bonus track (parecchia roba, insomma, sentitevi liberi di ignorarla).

 

 

Note finali

01
Chi ha letto Calano le Tenebre, avrà senz’altro notato qualche differenza tra questo testo e le poche frasi lette da Finwë in camera di Maedhros. Non ho scuse: ammetto di essermi presa qualche libertà.  

02
Corrispondenza dei nomi Quenya - Sindarin
Atarinkë - Curufin
Carnistir - Caranthir
Tyelkormo (Tyelko) - Celegorm
Ambarussa - Amras e Amrod
Makalaurë - Maglor
Maitimo - Maedhros
Fëanáro - Fëanor
Arafinwion - figlio di Arafinwë, cioè di Finarfin
Artanis - Galadriel
Nolofinwë - Fingolfin

03
Calwen, Velmo, Nirwë e Nórimo sono personaggi di mia invenzione (nota per Melianar: perdonami se non ti ho consultata, ma tra poco avrò bisogno del tuo aiuto per così tanti nomi che non me la sono sentita di disturbarti per così poco).

04
Quando Maedhros accenna ai debiti dei Teleri nei confronti dei Noldor, si riferisce al momento in cui la gente di Olwë è approdata sulle coste di Aman.
Da Il Silmarillion, capitolo V: “Molti gioielli diedero loro i Noldor, opali, diamanti e pallidi cristalli, che essi sparsero sulle rive e gettarono nelle lagune”.
Da HoME vol. 10, The Annals of Aman: “1162 In this year Olwë lord of the Teleri, with the aid of Finwë and the Noldor, began the building of Alqualondë.”
Quest’ultimo concetto viene anche sottolineato da Fëanor nel suo ‘pacatissimo’ discorso a Olwë: "In capanne sulle spiagge ancora dimorereste, non avessero i Noldor costruito il vostro porto e faticato sulle vostre mura” (Silmarillion - capitolo IX)
Inutile precisare che con questo non voglio affatto dire che i Noldor avessero diritto ad avere in dono/prestito le navi dei Teleri, solo che non era così assurdo il fatto che se lo aspettassero.

05
L’arrivo degli Orchi nel Beleriand è datato 1320 Y.T. (HoME vol. 10 - The Annals of Aman), cioè molto dopo la partenza delle tre stirpi di Eldar dalla Terra di Mezzo.
Non era, quindi, scontato che i Noldor di ritorno in Endórë avrebbero dovuto affrontare avversari armati. Ma da come Tolkien descrive la prima battaglia di Fëanor e del suo seguito (la Dagor-nuin-Giliath), non sembra che fossero impreparati. Voglio dire, oltre all’essere dotati di armi, cosa risaputa, sembra che fossero anche piuttosto abili nel maneggiarle (“I Noldor, pur inferiori di numero e colti alla sprovvista, ben presto ne uscirono vittoriosi”, o anche: “di tutte le armate da lui [Morgoth] apprestate per la conquista del Beleriand, non tornò che un pugno di superstiti”, Il Silmarillion - capitolo XIII).
In questo racconto ho ipotizzato che si fossero allenati sulla base di una loro intuizione, ma può anche darsi che qualche Vala o Maia che frequentava la Terra di Mezzo, facesse trapelare notizie di ciò che vi accadeva.

06
Per la cronaca, credo che Maedhros si sbagli di brutto quando dice la sua opinione su ciò che il padre pensa di Nolofinwë.

 

Headcanon per chi desiderasse conoscerli

Due cose io credo sull’argomento “partenza da Aman”.

Primo, che un certo numero di Noldor non fosse completamente soddisfatto della sua vita in Aman già da prima che Melkor cominciasse ad ammorbare tutti con le sue bugie. Tolkien dice, a proposito di Melkor, che i Vanyar non gli prestavano attenzione perché erano felici, e questo, a mio parere, significa che chi, invece, era propenso ad ascoltarlo, non fosse del tutto felice.
(“I Vanyar invero lo tenevano in gran sospetto, poiché essi dimoravano alla luce degli Alberi ed erano contenti”, Il Silmarillion - capitolo VI)

Secondo, che la cosiddetta “fuga dei Noldor” non sia stato un gesto avvenuto sotto l’impulso del momento, cioè della distruzione degli Alberi e dell’uccisione di Finwë, ma fosse stato a lungo premeditato da Fëanor e che quei due tragici eventi imprevisti abbiano fatto precipitare le cose.
(“Ché Fëanor cominciò adesso a parlare apertamente di ribellione contro i Valar, proclamando ad alta voce la propria intenzione di andarsene da Valinor, e che avrebbe liberato i Noldor dal servaggio, se avessero voluto seguirlo”, Il Silmarillion - capitolo VII)

Inoltre, nell’ottica di un piano premeditato per lasciare Aman, reputo possibile che Fëanor, per ottenere le navi da Olwë, pensasse prima di tutto di far intercedere suo padre (cosa poi rivelatasi impossibile per ovvie ragioni).
Questa affermazione si basa su un altro mio hc, cioè che Fëanor avesse la certezza che Finwë sarebbe partito con lui. Se avesse avuto ragione o torto, lo poteva sapere soltanto Finwë, ma è fuor di dubbio che quest’ultimo aveva dato chiari segnali di voler seguire il figlio ovunque.
Oltre ad aver scelto di sua spontanea volontà di abbandonare la guida del suo popolo per seguire Fëanor in esilio a Formenos, quando è stato chiamato da Manwë a partecipare alla festa riconciliatrice, Finwë ha rifiutato dicendo: “While the ban lasts upon Fëanor my son, that he may not go to Túna, I hold myself unkinged, and will not meet my people, nor those that rule in my stead” (HoME vol 10 - The Annals of Aman).
Mi sembra chiaro che se Fëanor lo dichiari pubblicamente “mio figlio” (my son) e Fingolfin lo chiami “quelli” (those), Fëanor non può che pensare di averlo in pugno.

 

Bonus track (ovvero: se siete arrivati fin qui vi meritate di sapere come Maedhros avrebbe voluto terminare la lettera)
[WARNING: slash implicito]

 

Madre, c’è un’ultima cosa

e credo non ti sorprenderà sapere che si tratta di Findekáno.

Una volta mi hai chiesto di raccontarti il vero motivo che ha portato al nostro allontanamento, e in più occasioni ho notato che ti trattenevi per non cominciare un discorso che pensavi mi fosse sgradito, o che avrebbe potuto mettermi in imbarazzo.

Ti risponderò adesso, come non ho fatto allora, in modo sincero, perché temo di non avere il tempo per rimediare a un errore di cui mi pento ogni giorno di più.

Sono stato io ad allontanarmi da lui.

Ho scoperto di nutrire nei suoi confronti dei sentimenti inappropriati. Sentimenti che sarebbero giusti, e auspicabili, se provati per una fanciulla, non certo per un amico, che è mio parente per giunta, e che ho visto crescere. 

Sentimenti che, se fossero venuti alla luce, non avrebbero lasciato a Findekáno altra scelta se non quella di vergognarsi di me e di porre fine alla nostra amicizia.

Così credevo allora, quando ho deciso che l’unica via possibile per evitare che questo accadesse, fosse allontanarmi da lui. Quando sono stato talmente stupido da non capire che, così facendo, gli avrei inflitto un dolore lo stesso, senza però dargli la possibilità di comprenderne il motivo.

Ma adesso, che il futuro si fa incerto, questa decisione grava sul mio cuore e vorrei che lui conoscesse la verità, anche a costo di rovinare la mia immagine ai suoi occhi ancor più di quanto già non sia.

Avevo pensato di scrivergli, ma temo che l’arrivo di una lettera da parte di un Fëanárion susciti troppe domande in casa di Nolofinwë, se non addirittura che il suo contenuto venga sottoposto a un controllo prima di raggiungere il destinatario. Preferisco dunque affidare a te le mie parole.

Ti prego, se non lo reputi un compito che va oltre ciò che mi è concesso chiederti, fa’ sapere a Findekáno che mi dispiace per ciò che ho fatto. Digli che non è stato perché ho smesso di volergli bene che l’ho tenuto a distanza, ma proprio per il motivo opposto: perché ho capito di amarlo di un amore che non avevo mai sperimentato prima, e ho avuto paura.

Non cerco il perdono per ciò che ho fatto, né tantomeno la comprensione per ciò che provo. Il primo, non lo merito, e per quanto riguarda la seconda, non ho il diritto di chiederla, perché nemmeno io so darmi delle risposte.

Voglio solo che sappia che non è stata colpa sua. E che se è vero, come dicono, che la mia vita durerà quanto quella di Arda stessa, non sarà comunque lunga abbastanza da affievolire il ricordo della nostra amicizia e di ciò che essa ha significato per me.

Ora ti lascio, madre, perché so che se rileggessi queste ultime righe, straccerei il foglio come ho già fatto mille altre volte, pieno di vergogna, e di dubbi su ciò che sono e sul significato dei sentimenti che non posso fare a meno di provare.

Forse, quando ci rivedremo, avrò il coraggio di parlartene di persona. 

 

Con tutto il mio affetto,

Maitimo

 

 

  
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