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Autore: HIMsteRoxy    22/10/2017    0 recensioni
MYCROFT X MR. CRAYHILL ~ MARK GATISS X IAN HALLARD
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La pioggia scorreva lungo le vetrate opache del soggiorno e le luci ad intermittenza dei fari delle auto risplendevano fiocamente nel pomeriggio plumbeo. Il ticchettio della pioggia copriva ogni singolo rumore e mi offriva un piacevolissimo e allettante sottofondo. Era una buona compagna e rendeva la solitudine meno deprimente.
Non mi ero mai reso davvero conto di quanto fosse cupa tale solitudine e di quanto io ne fossi succube. Per me c’era sempre stata quella solitudine: l’unica cosa che riempiva le mie giornate e che reputavo la cosa più preziosa che avessi mai avuto. In realtà mi era sempre piaciuta ed era la scusa ideale per non dover essere costretto a mischiarmi tra la gente e restare a casa a pensare, a riflettere, ad immaginare. Non c’era nessun’altra cosa che avrei voluto fare in quei particolari momenti, che dedicavo soltanto a me stesso.
Adesso però tale solitudine iniziava a starmi stretta. Non ne capivo il motivo – o forse mi ostinavo a non volerlo sapere – ma era ovvio che qualcosa stava cambiando, ed io non mi sentivo assolutamente pronto ad affrontare il futuro; ciò che non potevo programmare nei minimi dettagli.
La consapevolezza, però, di voler avere accanto qualcuno che mi apprezzasse veramente per ciò che ero, il voler a tutti i costi cambiare per piacere all’altro, mi avevano portato a fare un passo in avanti, oltre quel confine invisibile che mi ero imposto, e mi ero così ritrovato sperduto in una terra sconosciuta, dove uno spesso strato di nebbia faceva sì che rimanessi fermo, proprio in quel punto, e non compissi alcun passo in avanti, né uno indietro. Era una situazione di stallo, in cui mi sentivo così a disagio e non sapevo cosa fare, quale strada prendere o quale percorso seguire.
Nel frattempo il cambiamento era già in atto: la mia mente era stata corrotta da nuovi pensieri, nuove idee e da nuove voglie. Il nuovo era tutt’attorno a me e, come un bambino curioso, una parte di me coltivava quella brama di scoprire cose nuove, anche se diffidente continuavo a tentennare, prima di buttarmici a capofitto.
Era tutto davvero complicato e solo io potevo sbrogliare la matassa dei fili che si erano ingarbugliati attorno al mio cuore e alla mia mente. La mia anima era rinchiusa dentro una gabbia e cercava in tutti i modi di liberarsi da quelle sbarre e di spiccare il volo, verso l’ignoto. Al tempo stesso preferiva quella prigione dove mi sentivo sicuro e protetto.
Cosa avrei dovuto fare, quindi? Spiccare il volo o rimanere nella mia gabbia, dove niente mi sarebbe potuto accadere?
Eppure non volevo che io e Ian litigassimo di nuovo, non ora. Non dopo che mi ero reso conto di ciò che provavo, malgrado le mie idee e la mia rigidità. Non dopo quel bacio, a cui io avevo partecipato e a cui non mi ero tirato indietro per una volta. Ne ero rimasto succube e mi ero stupito di ciò che era successo, anzi di ciò che non era successo. La mia reazione era stata così normale. In quel momento la mia mente si era liberata di qualsiasi pensiero, non mi aveva tormentato dicendomi che stavo sbagliando. In quello stesso attimo mi ero sorpreso anche di me stesso – soprattutto di me stesso!! – e di quel lato così recondito e segreto.
Chi era l’altro? Era davvero così diverso da me? Si trattava del mio lato opposto? O era solo una sfaccettatura?
Tali domande non avevano però ricevuto delle appropriate risposte, perché non ne avevo. Io, Mycroft Holmes, avrei avuto risposte per i quesiti più difficili, facendo a gara anche con Sherlock, ma non per un problema del genere. Le risposte di tale quesito mi erano del tutto sconosciute.
Come avrebbe voluto Ian, mi ero lasciato andare ed era stato così bello. Mi ero sentito sollevato da ogni responsabilità, come se improvvisamente tutti i problemi del mondo fossero svaniti e avessero lasciato il posto alla pace assoluta. In quel momento niente esisteva all’infuori di noi. Era stato un momento unico e speciale, in cui avevo provato emozioni talmente forti, che non avevo avuto più la forza di controbattere o di criticare ogni singolo dettaglio fuori posto.
Era come se fossi rinato, come se fossi diventato una persona nuova e questo non mi aveva creato nessun problema. Tutto sembrava essere così semplice e naturale ed era proprio questo che mi mancava: l’essere naturale e spontaneo. Aveva ragione Ian; ero troppo controllato, troppo rigido, mai veramente rilassato.
La spontaneità era una caratteristica che non mi era mai appartenuta veramente; mi ero sempre sentito a disagio quando provavo, anche solo per un minuto, a rilassarmi. Era come se mi mancasse qualcosa, il controllo – appunto! – della situazione, e che da un momento all’altro potesse succedere qualcosa di sgradevole a cui non ero affatto pronto. Odiavo questa sensazione, la trovavo ripugnante. Il non sapere riusciva a mandarmi in tilt e le varie situazioni in cui non ero padrone mi terrorizzavano.
L’amore, tutto ciò che ruotava sul piano sentimentale ed emotivo, era una di queste – un argomento a me prettamente sconosciuto, che quasi aborrivo.
Quel bacio, i sentimenti che avevo provato, tutto questo insieme mi aveva stravolto la vita – no, non sto esagerando – e in cui mi sentivo totalmente estraneo. Eppure, me ne accorgevo, il mondo continuava a girare sulla sua orbita, la gente riprendeva la propria vita, il sole continuava a sorgere e a tramontare, come se niente fosse successo. Non erano questi i problemi che avrebbero fermato il mondo, semmai fosse stato veramente possibile. Anzi la gente li riponeva nella loro routine quotidiana e quasi perdevano la propria essenza con il ripetersi dei giorni e la mancanza di stimoli.
Adesso però la mia concezione riguardo l’amore stava gradualmente cambiando, o almeno doveva assolutamente cambiare. Ripensai alle ultime parole di Ian. Ebbene, si aspettava qualcosa di più, come giusto che fosse. Non sapevo da che parte cominciare, ma mi sentivo in debito con lui. Non volevo che ritornassimo al punto di partenza, così iniziai a riflettere sull’idea di invitarlo a casa per un semplice tè. Niente di complicato, in realtà.
Rifletterci su, sì, perché prima di tutto dovevo abituarmi ad un’idea simile. Sarebbe stato, continuavo a ripetermi, un semplice invito. Niente di che. Come inizio sarebbe andato bene e non avrebbe implicato troppi sforzi da parte mia.
Così, mentre ancora il temporale imperversava su Londra, presi la decisione finale e lo chiamai. Era la cosa giusta da fare, mi ripetei mentalmente, mentre aspettavo che rispondesse al telefono.
  
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