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Autore: mirianacantali__    23/10/2017    3 recensioni
"Perché noi siamo come la notte, così intensa, buia, paurosa. Ma quando è illuminata dalla luna... beh in quel caso è tutt'altra cosa. Siamo così sbagliati che i nostri difetti, insieme, si annullano. E non importa il blu dei miei capelli o quello biondo dei tuoi, non importa se le stelle questa sera non si vedono, perché adesso siamo noi ad illuminare questa notte tenebrosa."
Genere: Drammatico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Il mese di gennaio, quello che ci avevano dato a disposizione per organizzarci, passò così velocemente che quasi non me ne resi conto.

Era il 2 febbraio quando, sia io che Paige, fummo presentate alle nuove famiglie.
Non accettai subito l'idea di non vivere più con lei, ma dopotutto stavamo nella stessa città e nella stessa scuola, avrei potuto vederla quando avrei voluto.

"Ragazze prendete tutte le vostre cose e dirigetevi nel salone principale, lì troverete i vostri nuovi tutori. Mi raccomando niente sciocchezze; ne vale il vostro futuro." si congedò la segretaria dell'istituto.
"Stia tranquilla" rispondemmo in coro come se fosse una cosa normale.
Presi le mie valige e il mio zaino con nonchalance e mi diressi insieme a Paige nel luogo in cui ci stavano aspettando.

Quando mi vide, il signor Spencer mi venne incontro seguito da due adulti, un uomo e una donna e un ragazzo.

Lui, con il suo vestito elegante e la sua cravatta,dava l'idea di un signore colto e benestante, forse era un noto avvocato o un ricco imprenditore. Mi sembrava appartenere alla categoria di coloro che andavano sempre di fretta, correndo da un ufficio all'altro con la ventiquattrore sotto braccio. La donna che scoprì successivamente essere la moglie era elegante e raffinata, avvolta dal suo abito in seta e i suoi tacchi alti, con uno chignon perfetto e lineamenti dolci. 

Tutto il contrario di me; jeans neri strappati, maglia che lasciava scoperta la mia pancia piatta, coda alta disordinata e espressione scocciata in volto.

Insomma, sono sicura che la loro prima impressione su di me non fu delle migliori.

"Ciao Kayla, noi siamo John e Susy Adams; da oggi vivrai con noi" mi informò l'uomo cordialmente. 
"Si, ci divertiremo un mondo insieme, mi piace tantissimo cucinare. Ho delle ricette fantastiche per alcuni dolci. Ti piacciono? O forse preferisci il giardinaggio? Tranquilla ci occuperemo anche di quello. Oh come sono felice!" esclamò la signora Susy prendendomi a braccetto. Sembrava una ragazzina esuberante al primo appuntamento.

'Oddio ma questa cosa vuole da me' pensai. 
Kayla cerca di stare calma, ascolta me che sono la tua parte razionale.
Decisi, per una volta in vita mia, di dare ascolto alla mia coscienza e forzai un sorriso.

"Cara, non iniziare ad assillarla già da ora" la riproverò il marito.
"Ehi ma io non sto stressando proprio nessuno, vero? Diglielo anche tu tesoro" si girò verso di me con un broncio sulle labbra. 

Mi lasciai scappare una piccola risata. John non era freddo e distaccato e Susy non era una viziata e fanatica donna di alto rango come poteva sembrare in apparenza
In fondo, ma proprio molto in fondo, mi stavano un pizzico simpatici.
Poi fu il turno del figlio che si presentò dicendomi di chiamarsi Austin ed avere la mia età.

Dopo aver salutato tutti e aver rassicurato Paige dicendole che ci saremmo viste il giorno seguente a scuola, ci avviammo verso quella che da quel momento in poi sarebbe stata la mia nuova casa. 
Durante tutto il viaggio in auto la signora Susy non aveva chiuso bocca nemmeno per un istante.
Ha una parlantina assurda, mi verrà il mal di testa.

Quando abbandonai i miei discorsi mentali per tornare alla realtà, mi trovai di fronte una villa immensa e con un altrettanto grande giardino.
Già mi immagianai seduta sul prato immersa nella lettura di un giallo e involontariamente sorrisi.

Forse non sarà poi così male.

L'interno era ancora meglio, da lasciarti senza parole. Varcata la soglia, mi trovai davanti un salotto dai colori moderni, con divani e poltrone in pelle, una TV al plasma e piante sparse. 
Sulla destra invece si accedeva alla cucina/sala da pranzo dalle dimensioni enormi ed infine sulla sinistra vi erano le scale.

La stanza più bella fu però la mia camera da letto, al piano superiore.
Il letto ad una piazza e mezza saltava subito agli occhi, di fronte vi era una scrivania su cui era appoggiato un computer e una cabina armadio piena di abiti che però non avrei mai usato. 
Non erano nel mio stile. 
Ciò che più mi affascinava era la libreria grigia stracolma di libri di ogni genere e di dvd.
Le pareti invece erano bianche, poi scoprì che i signori Adams volevano fossi io a ridipingerle a mio piacimento. 

Quando finì di disfare i bagagli era ormai sera; non scesi per la cena.

Sentivo la testa pesante a causa dei troppi pensieri che non riuscivo a scacciare.

Le domande erano innumerevoli. 
Ma quella che più premeva era una sola.

Cosa aveva ancora in servo per me Il destino?

Mi addormentati così, con l'intenzione di cercare qualche risposta, ma troppo stanca per riuscirci davvero.

••• 

La mattina seguente mi svegliai presto, in preda all'ansia per il mio primo giorno di scuola al di fuori dell'orfanotrofio.
Feci una doccia veloce, senza lavare i capelli ed indossai i miei soliti jeans strettissimi, un maglioncino enorme per ripararmi dal freddo pungente di febbraio e le mie adorate converse.
Poi sciolsi i capelli, li accarezzai lentamente e ricordo ancora quanta nostalgia e sensi sensi di colpa mi provocarono.
E giuro, io ci ho provato a lasciarli sciolti, ma tutto quel blu stonava con il mio abbigliamento e in generale con me stessa.
Io non ero la solita ragazza ribelle che cercavo di dimostrare, ma era necessario per me crederlo e farlo credere agli altri.

Quando fui pronta, scesi di sotto dove trovai l'allegra famigliola intenta a fare colazione.
Quasi avevo dimenticato di vivere con altre persone. 
"Allora Kayla ti piace la tua stanza? Abbiamo notato che ieri non sei scesa per la cena" mi disse Austin con un sorriso furbo sul volto non appena mi sedetti a tavola. Lo fulminai non lo sguardo.
Avevo la vaga impressione che gli piacesse vedermi imbarazzata o farmi fare figure orribili davanti ai genitori.
"Si scusatemi, ero molto stanca e mi sono addormentata."

Dopo questo aneddoto sconveniente, mi ritrovai seduta sulla sua moto, cercando di evitare in tutti i modi di avere una presa salda sui ferri posteriori.
"Puoi anche tenerti a me, non ti magio mica." Mi disse mentre un ciuffo di capelli castani fuoriusciva dal suo casco.
"Sto benissimo così" mentii spudoratamente, al che il ragazzo davanti a me scoppiò in una risata che fece ridere anche me.
   
 
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