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Autore: MaryFangirl    24/10/2017    3 recensioni
Cosa succede dopo il matrimonio fallito? Akane decide che potrebbe aver bisogno di apportare alcuni cambiamenti e Ranma finalmente inizia a prendere una posizione.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Dov'è andata?" chiese Ranma, in qualche modo impanicato.
"Non lo so, se n'è andata" rispose Taro alzando le spalle.
"Dannazione, Ranma! Cosa mi hai fatto?" gridò Ryoga guardando Ranma e Taro che parlavano. Odiava essere ignorato.
"Niente, stupido suino! Stai zitto!"
"Chi stai chiamando stupido suino?!"
"Beh, vi lascio al vostro piccolo bisticcio da innamorati, ho di meglio da fare" li interruppe Taro roteando gli occhi. Si rese conto che il combattimento non sarebbe continuato e decise che avrebbe cercato di stare un po' con Nabiki prima della fine dell'ora di pranzo, ma fu fermato da Ranma.
"Aspetta! Perché ci ha bagnati?" chiese il ragazzo col codino. Stava cercando di capire cosa fosse successo, Akane ricorreva raramente alla sua maledizione a meno che lui non facesse qualcosa per provocarla ma non aveva fatto altro che battersi con Ryoga e lei li aveva visti lottare così spesso da non esserne infastidita. Non sapeva nemmeno che fosse andata a vederli.
"Di che diamine stai parlando? Chi ci ha bagnati?" chiese Ryoga, irritato nel non sapere cosa stesse succedendo. Avrebbe sfogate tale irritazione su chiunque avesse deciso di attivare la sua maledizione senza ragione. Taro sospirò quando si rese conto che avrebbe dovuto iniziare a spiegare, altrimenti sarebbe stato costretto a ripetersi più volte. Poteva semplicemente andarsene ma capì che lo avrebbero tartassato fino a ricevere risposta. Sapeva per esperienza che erano entrambi tanto testardi quanto seccanti.
"Akane. Era vicino a me, improvvisamente vi ha bagnati e poi se n'è andata. Non so dove" disse guardando Ranma, "e non ho idea del perché abbia deciso di bagnarvi"
"No. Non poteva! Non lo sapeva!" gridò Ryoga sconvolto, la voce arrabbiata quando aggiunse, "Sei stato tu! Gliel'hai detto tu, vero Ranma?!" indicò il ragazzo col codino con fare accusatorio. Taro rivolse la sua attenzione ai due, sperando che, dopotutto, il combattimento sarebbe proseguito. Entrambi gli artisti marziali si erano alzati velocemente, Ryoga tenendosi i vestiti davanti per cercare di salvaguardare la poca dignità che gli era rimasta.
"Non gliel'ho detto io! Non ho idea di come l'abbia scoperto!"
"Devi essere stato tu! Hai sempre odiato il modo in cui trattava P-chan!"
"Te l'ho detto, non sono stato io!"
Ascoltando la loro conversazione, Taro finalmente capì su cosa stessero litigando fa su sorpreso nel capire che Akane non sapeva della maledizione di Ryoga.
"Gliel'ho detto io, idioti!"
Le due teste scattarono verso di lui, fulminandolo con tanta rabbia che avrebbe rabbrividito per la paura se fosse stato un altro uomo.
"Perché diamine l'hai fatto?" gli gridò Ranma in faccia. Era un bersaglio conveniente per le sue emozioni attualmente in tumulto.
"Come cazzo potevo sapere che non lo sapesse? Perché diamine glielo stavate nascondendo, poi?" chiese Taro.
Ranma si scostò e buttò fuori, "Non ha importanza!" Frustrato, il ragazzo col codino si passò la mano fra i capelli e iniziò a vagare avanti e indietro. Era una bugia. Sapeva che aveva importanza, ne avrebbe avuta molta per Akane.
"Devo...devo trovarla" borbottò tra sé. Sollevò lo sguardo e vide Taro che lo stava fulminando, ma non aveva tempo di badare a lui. Aveva davvero bisogno di trovare Akane e di spiegarle. Avrebbe portato Ryoga con sé, le avrebbero spiegato tutto sperando che non si arrabbiasse troppo per il fatto che le avessero mentito. Si voltò verso il ragazzo con le zanne per spiegargli il piano ma era sparito.
"Dov'è andato?"
"Che diavolo ne so?" grugnì Taro prima di voltarsi e andarsene. Non era un dannato banco informazioni! Si incazzò ancora di più quando realizzò che l'ora di pranzo era finita e non avrebbe affatto visto Nabiki. Ranma capì in fretta che Ryoga doveva essersi messo sulle tracce di Akane e imprecò tra sé prima di mettersi in marcia. Doveva trovarla per primo. Il ragazzo col codino non aveva idea di cosa quell'idiota senza senso dell'orientamento avrebbe detto ad Akane se l'avesse trovata per primo, ma Ranma suppose che in alcun caso sarebbe stato qualcosa di buono.


Quando Taro le aveva detto della maledizione, non ci aveva creduto. Ma una parte di lei le aveva suggerito che Taro aveva ragione, non avrebbe mentito su una cosa del genere. Ma aveva dovuto vederlo con i propri occhi. Quindi aveva afferrato una canna per innaffiare e li aveva bagnati entrambi. Quando aveva visto la trasformazione, la sua mente le era parsa ghiacciarsi, sconvolta per l'informazione che i suoi occhi le stavano trasmettendo, mentre il suo cervello ancora negava che una cosa simile potesse essere possibile. Prima di rendersene conto, si era allontanata dalla scena e si era messa a correre. Senza una destinazione in mente, si era messa soltanto a correre e aveva continuato a farlo. Aveva avuto bisogno di andarsene. Il suo corpo l'aveva guidata automaticamente al parco, un luogo in cui si sentiva sicura. Era collassata su una panchina sotto il suo albero preferito. 
Aveva il respiro grosso, più per il tumulto emotivo che per la corsa frenetica. Tentò di ignorare il forte dolore al petto mentre pensava e ripensava a ciò che aveva appena appreso.
Ryoga era P-chan.
P-chan era Ryoga.
Per quanto quelle due frasi continuassero a ripetersi nella sua testa, non riusciva a capacitarsene.
All'inizio pensò che dovesse esserci un errore. Doveva esserci. Perfino dopo aver visto la trasformazione con i propri occhi, ora tentava di ragionare. Forse, soltanto forse, aveva visto male. Magari le era sfuggita la caduta di Ryoga da qualche parte e P-chan era comparso.
Tuttavia, capì immediatamente di avere torto. Aveva visto le trasformazioni di Jusenkyo troppo spesso per non riconoscerne una. Inoltre, Taro le aveva detto della maledizione e lui era un sacco di cose, ma non un bugiardo. Ma, forse quella maledizione era nuova! Ryoga si perdeva un sacco ed era plausibile che fosse finito in Cina dall'ultima volta in cui lo aveva visto, per poi finire a Jusenkyo, finendo in una delle sorgenti. Poteva facilmente essere andata così.
Sì, doveva essere andata così!
Se non...
Se non fosse stato per la bandana. Sia Ryoga che P-chan avevano la stessa bandana gialla e nera. Come aveva fatto a non accorgersene prima? L'aveva vista sul suo animaletto così tante volte ma non le era mai scattata nessuna idea. Non riusciva a capire. Perché non si era mai chiesta perché P-chan avesse sempre quella bandana? Come aveva potuto non capire che era esattamente come quella di Ryoga?
Ma perché avrebbe dovuto capirlo, dato che aveva visto Ryoga bagnarsi! Ricordava chiaramente di aver visto Ryoga nel laghetto del suo giardino insieme a Ranma, quest'ultimo nella sua forma femminile. Ma ricordi di Ranma che continuava con frustrazione a bagnare Ryoga durante quell'incidente le vennero in mente, insieme ai ricordi di ciò che era accaduto successivamente. Tutti si erano ritrovati al parco acquatico, dove lei era andata per il suo 'appuntamento' con Ryoga. Per tutto il tempo Ranma e Shan Pu avevano inseguito il sapone impermeabile. In quel momento era stata sollevata soltanto di essere sfuggita agli abbracci più che entusiastici di Ryoga da non aver pensato due volte al fatto che fosse scomparso. Non si era mai domandata perché aveva avuto il sapone impermeabile. Aveva soltanto pensato che si fosse perso...e P-chan si era presentato poco dopo.
Era una cosa che P-chan faceva spesso. Presentarsi in posti casuali, posti in cui non sarebbe stato in grado di andare. Come aveva fatto un maialino nero a ritrovarsi nelle foreste di Ryugenzawa? Come aveva fatto un maialino indifeso a sopravvivere in un luogo con animali che avevano dimensioni mostruose? Come aveva fatto a presentarsi nella foresta mentre lei era posseduta dallo spirito della bambola? I maiali erano intelligenti, lo sapevano tutti. Ma per quanto lo fossero, come aveva fatto lui a capire che lei aveva bisogno di aiuto mentre era intrappolata nella bambola? Com'era possibile che sembrasse sempre capire i suoi sentimenti quando gli parlava? A volte aveva avuto la sensazione che il suo piccolo P-chan potesse sentire e pensare come un umano, ora finalmente capiva quanto avesse avuto ragione. Fu allora che accettò la dolorosa verità.


Doveva trovarla. Doveva spiegare. Doveva scusarsi.
Non avrebbe mai voluto che una cosa del genere accadesse ma era sempre esistita la possibilità. Era stato così fortunato fino ad allora per il fatto che la sua maledizione non le fosse mai stata rivelata. C'erano state così tante volte in cui sarebbe potuto accadere accidentalmente e non era successo, e ogni volta che era riuscito a scampare alla scoperta, era stato grato. Aveva scioccamente pensato di poter trovare una cura per poi seppellire per sempre quel segreto. Non aveva mai avuto intenzione di raggirarla. All'inizio era rimasto insieme a lei soltanto perché la cosa irritava Ranma. Amava vedere il ragazzo col codino ingelosirsi quando Akane riempiva il suo 'animaletto' di attenzioni. Poi le cose erano cambiate quando aveva cominciato a dimostrargli affetto. Giocando con lui. Abbracciandolo. Confidandosi. Proteggendolo. Era stata la prima persona dopo molto tempo a curarsi di lui. Certo, lei era convinta che lui fosse il suo animaletto ma per lui non aveva avuto importanza. Era così bello avere qualcuno che lo amasse.
E in cambio, lui l'aveva amata. Come aveva potuto non farlo una volta capito che bella persona era? Non aveva potuto vedere altro che la sua bontà, c'erano volte in cui poteva giurare di averle visto l'aureola. Perfino quando era in forma umana, lei lo trattava bene. Lo difendeva, tentava di proteggerlo. Ignorò il pensiero che lei lo faceva soltanto perché pensava che lui fosse più debole di Ranma. Ranma, che non vedeva mai quanto era meravigliosa. Ranma, che non l'apprezzava mai. Ranma, che non aveva idea di quanto era fortunato ad averla come fidanzata. Se lei fosse stata sua, l'avrebbe trattata bene. Non l'avrebbe tradita. Non l'avrebbe insultata. L'avrebbe protetta. Le avrebbe detto quanto era bella. L'avrebbe trattata come l'angelo che lui era sicuro che lei fosse.
Spinse via quei pensieri, o ci tentò come meglio poteva. Dal matrimonio fallito, aveva cercato di arrendersi, ma lei era come una droga da cui era difficile staccarsi e a volte si distraeva in pensieri rivolti unicamente a lei. Aveva Akari, adesso, e lei era meravigliosamente dolce, bellissima e gentile. Soprattutto, conosceva la sua maledizione e addirittura le piaceva. Ma Akane sarebbe sempre stata il suo primo amore. Perfino dopo essersi finalmente arreso, lei avrebbe avuto sempre un posto speciale nel suo cuore. Con la mente che vorticava, scoprì di essersi perso, non che avesse capito dove stesse andando. Se si fosse concentrato, non ci sarebbero state differenze. Imprecò e corse verso il parco. Rallentò e pregò di non aver per sbaglio lasciato la città. Voltando a sinistra, colse visione di una figura che avrebbe riconosciuto ovunque. In qualche modo, nonostante la sua sfortuna, aveva trovato Akane. Si fermò e chiuse gli occhi, per una volta grato alla sventura che lo teneva sempre lontano dal suo obiettivo, la casa dei Tendo. Aprì gli occhi e si concesse un momento per guardarla. Era passato tanto tempo da quando l'aveva vista e si rese conto di quanto quella visione gli fosse mancata. Era bellissima come si ricordava. Così rapito, gli ci volle un momento per capire che lei sembrava...confusa e triste. Le spalle erano basse, il capo chino, le sopracciglia corrugate e concentrate. Fu allora che si ricordò perché la stava cercando. Si ricordò che la sua espressione era stata causata da lui. Deglutì pesantemente.
Le si avvicinò lentamente, e quando fu a pochi passi di distanza, disse con titubanza, "Akane?"
Lei sollevò il capo di scatto e lui rimase bloccato dal suo sguardo. Come P-chan, era stato suo confidente e conosceva il suo umore e le sue espressioni. Non aveva mai visto il suo viso così pieno di dolore e di fiducia tradita prima di allora, e sentì il proprio cuore stare male. Un momento dopo i suoi occhi si fecero duri e gli parlò con un tono che non le aveva mai sentito.
"Ciao, P-chan" disse, ringhiando la seconda parola.
Lui si fece piccolo.
"Mi---mi dispiace, Akane. Non è...non è come sembra"
Lei strinse gli occhi e disse, "Ah no? Non hai finto di essere il mio animaletto? Non mi menti fin da quando ci siamo conosciuti?"
"No...sì...non volevo..." balbettò prima di gettare le mani in aria e di gridare per la frustrazione, "È stata tutta colpa di Ranma!"
Il commento la fece sussultare. Ranma lo sapeva. Era ovvio che lo sapesse. Era giunta a quella conclusione quando Ryoga l'aveva trovata. E ora, sembrava che quel maiale glielo stesse sbattendo in faccia. Mise da parte il dolore. Avrebbe gestito Ranma più tardi, ma per ora doveva pensare a Ryoga.
"E in che modo è colpa sua?"
"Quando non si è presentato al combattimento, mi sono messo a cercarlo, seguendolo fino in Cina. Ero in bilico su una sporgenza e mi stavo guardando intorno quando un panda e una ragazza con i capelli rossi sono arrivati, facendomi cadere dalla rupe! Sono caduto in una delle sorgenti e ne sono uscito come un maiale! Non sai quante volte ho rischiato di essere mangiato a causa di questa dannata maledizione! È stata tutta colpa sua se ero in Cina, poi ho scoperto che era stato lui a farmi cadere! Niente di tutto questo sarebbe successo se si fosse presentato per quel dannato combattimento!"
-Questo spiega molto- pensò Akane. Quando Ryoga si era presentato a Nerima, era molto arrabbiato con Ranma ma tale ira era sempre parsa spropositata per essere dovuta a una faida dei panini, ma lei non aveva mai capito di cosa si trattasse. Ora aveva senso.
"Quando hai scoperto che era stato Ranma a farti cadere?"
"La prima sera in cui sono venuto a casa tua. Stavo cercando di battermi con Ranma, sono stato colpito da un manubrio da ginnastica e mi sono ritrovato trasformato...in qualche modo sono finito a casa tua e quando hai detto a Ranma di..." Ryoga si schiarì la gola, "di farmi il bagno, mi sono ritrasformato. Mi ha detto dov'ero mentre eravamo in bagno"
Akane chiuse gli occhi mentre il suo cuore faceva un doloroso tonfo nel suo petto dovuto a quelle parole. Ranma lo sapeva fin dal primo momento in cui lei aveva deciso di tenere P-chan come animale domestico e aveva mantenuto il segreto per tutto il tempo. Perché? Perché glielo aveva tenuto nascosto?!
"Sono rimasto con te solo perché sembrava far arrabbiare Ranma! Non volevo rimanere in casa tua come animale domestico, sono sincero"
"Ma hai deciso di fingere di esserlo per far arrabbiare Ranma?" scattò lei.
"NO! No! Non è andata così. Tu eri così...buona con me. Ti prendevi cura di me. Mi sono innamorato di te"
Akane spalancò gli occhi per la sorpresa.
Amore? Ryoga l'amava? Ryoga era innamorato di lei? Come aveva fatto a non capirlo? Aveva pensato che, magari, avesse una cotta per lei, ma amore?
Sentendosi imbarazzato per quell'ammissione, Ryoga proseguì velocemente, "E Ranma sapeva come mi sentivo! Se n'è approfittato per tormentarmi durante i combattimenti! Lo sapeva e continuava a chiamarmi P-chan di fronte a te, soltanto per distrarmi!"
Tutte le nuove informazioni che le vorticavano in testa le facevano venire un sacco di domande. Ma ce n'era una che si ripeteva più delle altre.
"Perché Ranma non mi ha detto della tua maledizione?"
"Non...non so perché. Non so perché mi abbia aiutato a tenerti nascosta la verità. Forse per poter continuare a tartassarmi. Sapeva che non potevo sopportare la possibilità che te lo dicesse. Ranma userebbe qualsiasi vantaggio in un combattimento!"
Il ricordo di Ranma che afferrava Ryoga poco prima di cadere in una fontana per poi stuzzicarlo le balenò in mente. Akane avvertì un'altra stilettata dolorosa al petto. Non solo Ranma conosceva quel segreto fin dall'inizio – e non gliel'aveva detto – ma aveva attivamente aiutato Ryoga a mantenerlo. L'aveva ingannata di proposito per anni.
Ma altri ricordi vennero a galla. Del suo amato maialino che mordeva Ranma. A quel tempo aveva pensato che Ranma aveva tormentato il suo animaletto ma ora si chiedeva se Ryoga lo avesse morso soltanto per irritarlo. Indirizzando la rabbia verso il ragazzo che aveva di fronte, chiese, "E non hai mai usato la tua maledizione per adescarlo? Non hai mai dato vita a una lotta quando eri P-chan per farlo finire nei guai?"
"No!" vedendo i suoi occhi stringersi per la collera, corresse la risposta. "Forse?" disse sollevando le spalle. "Mi dispiace. Mi dispiace di non averti mai detto della maledizione. Ma avevo paura. Pensavo che avresti riso di me e io...tenevo troppo a te"
Akane fece una smorfia e disse scettica, "Tenevi a me"
"Sì! Ho fatto del mio meglio per starti accanto. Per proteggerti, anche quando ero trasformato!"
Lei rise, senza umorismo. "Proteggermi? Proteggermi da cosa?"
"Da Ranma! Ti ha sempre trattata male! Ti ha sempre provocato! È sempre andato in giro con le altre ragazze! Ti ha preso in giro!"
"Non si tratta di lui! Si tratta di te! Di quello che hai fatto tu! È da te che avrei dovuto essere protetta! Tu, ti sei approfittato del tuo status di mio animale domestico per avvicinarti a me. Per infilarti nel mio letto!" si fermò e strinse gli occhi. "Dimmi, era bello strofinarti contro di me? Ti piaceva quando ti stringevo al petto? Ti sei masturbato pensandoci?" chiese lei beffarda.
"No, non era così. Voglio dire, sì, era bello, ma non come pensi tu. Mi piaceva quell'affetto"
Akane continuò a fissarlo e lui iniziò a sudare. Voleva davvero credere alle proprie parole. Nella sua mente, era lui il bravo ragazzo, l'eroe. Ma anche se ogni tanto aveva il corpo di un maiale, era al 100% un ragazzo adolescente. E Akane, per lui Akane era la perfezione. Come poteva non essergli piaciuto essere stretto contro il suo seno pieno e sodo? O infilarsi con lei sotto le coperte, circondato dal suo meraviglioso e dolce profumo? E sentire le sue labbra poggiate sulla testa? Ammise a se stesso quello che aveva a lungo tentato di negare. Soltanto il ricordo lo fece accaldare, facendolo arrossire in volto. Ciò portò ad Akane a guardarlo storto.
"Per qualche ragione, non ti credo"
Ryoga la guardò con occhi feriti, incapace di difendersi.
"Sai qual è la cosa peggiore? Pensavo che fossi mio amico. Mi fidavo di te. Sapevo che tu e Ranma non andavate d'accordo e ti ho difeso" Akane chiuse gli occhi per trattenere le lacrime che minacciavano di scendere. Non si sarebbe messa in imbarazzo piangendo. Non l'avrebbe fatto. 
"Akane, non so cos'altro dire. Mi dispiace. Davvero. Non ho mai voluto ferirti"
"Beh, quello che volevi non ha importanza perché mi hai ferita" Akane fece un profondo respiro e guardò Ryoga dritto negli occhi. "Non ti perdono e non voglio rivederti mai più"
La ragazza osservò il capo di lui crollare, le spalle abbassarsi e l'aura diventare nera. Sapeva che, volontariamente o no, Ryoga sarebbe esploso con lo Shishi Hokodan. Non sapeva quanto fosse negativo, ma se lui l'amava come diceva, avrebbe provocato un sacco di danni. Gli si avvicinò e lo afferrò per il braccio con entrambe le mani prima di girare in modo da stargli davanti e di lanciarlo per farlo finire nel laghetto. Si avvicinò al bordo della pozza, abbassandosi e aspettando. P-chan sbucò, le sue gambette si muovevano selvaggiamente tentando di tornare verso il margine, il suono delle sue grida si mescolava con quello dell'acqua. Si abbassò e lo afferrò per la bandana, portandolo all'altezza degli occhi. Osservò per bene il suo 'animaletto'. Il corpicino rotondo e morbido che l'aveva confortata. Le piccole orecchie che avevano ascoltato i suoi problemi. La parte posteriore del collo che a lei piaceva grattare per farlo squittire deliziato. E gli occhi. Gli occhi, che erano sempre parsi così comprensivi. Ma ora li riconosceva come troppo umani. Incapace di guardarlo ulteriormente, fece un passo indietro e portò il braccio a formare un ampio cerchio, facendo partire il maialino gettandolo via. Osservò Ryoga volare via e sparire nel nulla, fino a essere un puntino all'orizzonte. Fu allora che disse addio al suo P-chan. Addio al suo fedele animaletto e confidente. Si asciugò l'unica lacrima che aveva oltrepassato la sua barriera.


Ranma stava correndo per tutta Nerima, agitato. Ancora non aveva trovato la sua fidanzata e la stava cercando fin da quando aveva lasciato la scuola. Era andato a casa, poi al parco, poi a scuola, e a questo punto non capiva più dove stava andando, sapeva solo di doversi muore. Era più frustrato di non trovare Akane che di come doveva sentirsi.
-Dove diamine è?- pensò con un ringhio. Si fermò. Voleva solo trovarla, era troppo da chiedere? Ma correre in giro senza meta non lo avrebbe aiutato. Si passò le mani sul volto e si rese conto che non aveva idea di dove cercare. Aspettare non era mai stato il suo punto forte, specialmente quando si trattava di Akane e lui doveva fare qualcosa. L'avrebbe trovata, avrebbe spiegato e si sarebbe scusato. Probabilmente lei lo avrebbe picchiato, gridandogli addosso per un po'. Sussultò al pensiero; non era una cosa che bramava. Ma Ranma Saotome affrontava i suoi problemi in modo diretto. Anche se si trattava della sua fidanzata arrabbiata, potenzialmente in grado di torcere il suo corpo come un brezel. Quando avesse dato sfogo alle sue frustrazioni, probabilmente sarebbe rimasta in collera ma lo avrebbe perdonato. Era una delle cose che aveva imparato in quegli anni, Akane si scaldava in fretta e altrettanto in fretta perdonava. Quindi era meglio trovarla e farla finita, un po' come strapparsi rapidamente un cerotto. Avrebbe fatto male ma poi sarebbe finita. Decise di tornare a casa, sperando di trovarla lì. Quando entrò, udì il familiare rumore dei mattoni che venivano polverizzati dal dojo. Sospirò di sollievo per averla finalmente trovata e allo stesso tempo s'irrigidì, sapendo che si metteva a spaccare mattoni soltanto quando era davvero arrabbiata. Sbirciò all'interno delle porte aperte e la trovò sistemare un'altra pila di mattoni, e non gli sfuggì quella che aveva già frantumato attorno a lei. La osservò silenziosamente, non sapendo come approcciarsi.
"So che sei lì, Ranma" disse lei, sempre rivolgendogli la schiena. Era diventata triste, incredibilmente triste dopo il confronto con Ryoga. Ma la tristezza era durata solo brevemente prima che si facesse spazio la rabbia. Ma l'aveva accettata, la rabbia era un sentimento che le era molto più familiare. Quindi vi si era aggrappata il più possibile, sapendo che la tristezza sarebbe tornata presto e avrebbe dovuto averci a che fare, che fosse pronta o meno. Insieme alla rabbia, si era presentata la schiacciante necessità di colpire qualcosa. Qualunque cosa. Quindi era tornata a casa, era saltata in camera sua attraverso la finestra, evitando la famiglia che non si era sentita di incontrare. Si era cambiata velocemente, era tornata fuori e si era diretta subito al dojo. Sapeva che nessuno l'avrebbe disturbata lì, Ranma era l'unica altra persona che usava il dojo regolarmente. Aveva distrutto soltanto qualche pila di mattoni di cemento quando aveva avuto la sensazione di essere osservata. Durante l'ultima settimana, si era così tanto abituata alla presenza di Ranma da poterlo avvertire senza doversi voltare. Si era ricomposta prima di parlare, per poi finalmente voltarsi a guardarlo.
Lui era lì con aria imbarazzata, a guardarla. Sembrava addolorato e a disagio e una maligna parte di Akane ne era contenta. Forse era meschino da parte sua ma non le importava. Le ci volle tutta la propria forza per rimanere calma. Dopo la questione di Nabiki che le aveva mentito sull'appuntamento di Ranma e Ukyo, si era ripromessa che avrebbe sempre ascoltato Ranma. Che gli avrebbe dato la possibilità di spiegarsi prima di saltare alle conclusioni. E c'erano un sacco di pensieri che le frullavano in testa. Ranma attese, aspettandosi un'esplosione della rabbia di lei ma fu accolto soltanto dal suo sguardo d'acciaio. La guardò negli occhi e non riuscì a leggerli. Non avevano nulla del calore a cui si era abituato nell'ultima settimana. Era così nervoso da non notare quanto fosse serrata la sua mascella e come le sue nocche fossero bianche da quanto teneva serrate le mani. Si schiarì la gola, sperando di trovare la voce.
"Mi dispiace"
"Per?"
"Mi dispiace che tu l'abbia scoperto così"
"Come avrei dovuto scoprirlo?"
"A-avrei dovuto dirtelo io. Ma devi capire, avevo una ragione!"
Akane lo guardò, aspettando che continuasse. Stava stringendo i denti così tanto che la mascella iniziò a dolerle ma era determinata a sentirlo. Voleva, aveva bisogno di sentire tutto. 
Quando la fidanzata lo guardò senza battere ciglio, Ranma iniziò a sudare. Non sapeva davvero cosa fare. Perché era così calma? Perché se ne stava lì ferma? Capì di non poter stare a meditare perché lei aspettava ancora una sua risposta.
"È stata colpa mia se Ryoga ha subito la maledizione. Ricordi quella sera in cui si presentò per lottare con me? Mi accorsi che doveva essere stato vittima della maledizione di Jusenkyo e quando trovai il cane dei vicini, pensai che fosse Ryoga. Promisi di mantenere il segreto. Anche se avevo fatto la promessa al cane, l'avevo fatta sul serio e avevo intenzione mantenerla. Quando mi chiedesti di fare il bagno al maialino che avevi trovato, scoprii che era Ryoga. Mi disse che una ragazza dai capelli rossi lo aveva fatto cadere dalla rupe mentre inseguiva un panda...mi sentii  in colpa per essere parzialmente colpevole della sua maledizione...beh, non potevo rompere la promessa, no?"
"Mi ricordo di quella sera, me la ricordo chiaramente", Akane non disse che ricordava tutte le volte che avevano trascorso insieme dato che ci pensava spesso in seguito. "Quando ti dissi che avrei tenuto Ryoga come animale domestico, diventasti davvero geloso. Allora non lo capii..." lasciò in sospeso la frase mentre i suoi pensieri si mescolavano. Aveva sempre pensato che fosse importante mantenere la propria parola e le piaceva che Ranma tentasse sempre di farlo. Era così diverso da suo padre, in quel senso, che lo rispettava. Davvero. Quando una persona dava la sua parola, questa doveva avere un significato.
"Capisco che volessi mantenere la promessa. Ma se la tua promessa era quella di non dire il suo segreto, perché lo hai aiutato a nasconderlo da me?"
"Cosa? Non capisco che intendi"
Lei strinse gli occhi e disse rabbiosamente, "Oh, penso di sì. Ci sono state delle volte in cui Ryoga sarebbe caduto nell'acqua di fronte a me ma tu l'hai aiutato. L'hai aiutato! Perché?"
"Io..."
Akane chiuse gli occhi e scosse il capo quando divenne evidente che non aveva risposta. O almeno, nessuna risposta che era disposto a fornire.
"Chi altro lo sapeva?"
"Cosa?"
"Chi altro sapeva della maledizione di Ryoga?" sbottò.
"Tutti quelli colpiti dalla maledizione di Jusenkyo sanno gli uni degli altri. Quindi Mousse, Taro..."
"Shan Pu lo sapeva?" chiese.
Confuso sul perché avesse importanza, lui disse, "Sì, lo sapeva. Anche Cologne"
"Shan Pu lo sapeva" affermò lei senza vigore. Akane emise una risata priva di umorismo e iniziò a camminare mentre la sua mente correva e capì quali implicazioni ci fossero state. Tante cose erano così ovvie ora che sapeva la verità. Iniziò a parlare, più con se stessa che con lui. "Ho sempre pensato che fosse lei, così ossessionata con te e con l'idea di adempiere a quello stupido bacio del matrimonio. Dopo l'incidente della spilla, non potevo biasimarla per essersi aggrappata all'idea che l'avresti scelta. Non per come l'avevi inseguita in quel frangente. Ma c'era di più. Non penso mi abbia mai vista come una reale minaccia, né abbia pensato che tu abbia visto in me più che un obbligo. Perché se davvero avessi tenuto a me, se davvero mi avessi am...voluto, allora non avresti mantenuto il segreto sulla maledizione di Ryoga. Se avessi tenuto a me, non gli avresti permesso di usarmi in quel modo"
Ranma la fissò, sconvolto. Non aveva mai considerato la possibilità che la sua mancanza di azione sarebbe stata vista come mancanza di interesse. Non aveva mai capito perché Shan Pu o Cologne non gli avessero impedito di mantenere il segreto della maledizione di Ryoga. Ma era grato per quello. 
"Ukyo lo sapeva?"
"Ukyo? Io..." si fermò, dovendoci realmente pensare. Non le aveva confidato il segreto ma non significava che non lo avesse scoperto da qualcun altro. "No, non penso"
Akane gli voltò le spalle. Quel semplice gesto lo fece sentire completamente chiuso fuori. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma non uscì nulla. Cosa c'era da dire? Ma doveva farlo. Sentiva che la stava perdendo. Doveva fare qualcosa, dire qualcosa per farle capire i propri sentimenti. 
"Akane, non ho mai voluto ferirti. Mi dispiace! Devi sapere cosa provo per te. Devi sapere che io...che io...ti a..."
Lei alzò di scatto la testa, gli occhi sbarrati, voltandosi verso di lui. "Smettila! Smettila prima di dire altro"
Ranma sussultò al suo tono e la fissò, basito. Finalmente le stava per dire i suoi sentimenti e lei non voleva sentirlo. No, non poteva essere vero. Forse non aveva capito cosa stava per dire. Aveva bisogno che lei capisse. Fece per prenderle la mano e si sorprese quando lei si allontanò, mettendo le mani in avanti indicandogli di stare alla larga. Lui si accigliò e fu colto da confusione e dolore. Si era abituato così tanto al poterla toccare durante quella settimana. Che si trattasse di un bacio, di un abbraccio o soltanto di tenerle la mano. Era sorprendente quanto rapidamente si fosse abituato a poter semplicemente allungarsi per toccarla. La semplice intimità del contatto tra loro significava molto per lui. E ora lei lo rifiutava. Lo respingeva.
"Devo...devo pensare"
Senza un'altra parola, Akane uscì dal dojo.


Quando la famiglia si radunò per cena, fu ovvio a tutti che c'era qualcosa che non andava tra Ranma e Akane. Avevano tanto apprezzato un'intera settimana senza litigi, esplosioni emotive e caos. Era stata una settimana adorabile ma tutti sapevano che era stata troppo bella per durare. Soun sospirò pesantemente tra sé. Aveva pensato che finalmente la coppia sembrasse aver trovato una sorta di comprensione. Anche se non avevano fatto alcun annuncio sul cambiamento nella loro relazione, per lui era abbastanza ovvio che qualcosa era diverso fra loro. Sperava che, nonostante non fossero disposti a sposarsi, finalmente avessero accettato il fidanzamento e che finalmente avrebbero smesso di opporvi resistenza. 
La tensione emanata dalla coppia era preoccupante per Nodoka, che aveva apprezzato il loro atteggiamento discreto durante quell'ultima settimana. Non le erano sfuggite le occhiate che si erano lanciati pensando di non essere visti. O i piccoli sorrisi causati da quegli sguardi che nessuno dei due era in grado di nascondere. Allo stesso modo, non le sfuggivano le posture rigide dei due in quel momento. Akane aveva a malapena mangiato un boccone e Ranma continuava a lanciare occhiate preoccupate verso di lei. Nonostante fosse una presenza relativamente nuova alle dinamiche della tavola, Nodoka sapeva che il resto della famiglia rimaneva in silenzio perché nessuno era sicuro di come gestire il rumoroso silenzio che giungeva dai due. Pensava che nessuno volesse provocare danni collaterali nel parlare, toccando inavvertitamente un punto dolente, visto che nessuno sapeva perché avessero litigato, e non c'era alcun dubbio che lo avessero fatto. Ma il silenzio e la tensione iniziavano ad essere opprimenti, quindi si schiarì la gola e tentò di coinvolgerli nella conversazione. 
"Ranma, com'è stata la tua giornata oggi?"
"Uhm, è stata...uhm. Okay" 
Fu scoraggiata nel vedere che suo figlio sollevò a malapena il capo per rispondere, tornando a rivolgersi alla sua scodella. Delusa ma imperterrita, tentò con un approccio differente.
"Akane, com'è andata a scuola?"
La ragazza sollevò lo sguardo nel sentire il proprio nome e scosse appena il capo come tentasse di schiarirsi le idee.
"Scusa, zietta, non ho sentito. Cos'hai detto?"
"Com'è andata a scuola, cara?"
"A scuola? Oh, bene"
Akane rivolse a Nodoka un lieve sorriso. Accanto a lei, sentì Ranma irrigidirsi.
"Ho ricevuto il compito di storia, ho preso una A. Abbiamo imparato una nuova equazione durante l'ora di matematica, era abbastanza difficile, ma penso di averla capita. Abbiamo di nuovo giocato a softball durante educazione fisica e la mia squadra ha visto"
Si guardò intorno, poi con voce disinvolta aggiunse, come se lo avesse appena ricordato, "Oh, e ho scoperto che Ryoga è vittima di una maledizione di Jusenkyo che lo trasforma in un porcellino nero, e senza saperlo l'ho adottato tenendolo come il mio animaletto domestico P-chan per quasi due anni"
Fu improvvisamente avvolta da un completo silenzio, perfino Genma smise di mangiare. Si guardò attorno e vide gli sguardi sconvolti di Nodoka, Kasumi e Nabiki. Avvertì un lieve sollievo nel vedere Nabiki onestamente sorpresa dopo quell'informazione. Si era chiesta se qualcun altro della famiglia sapesse il segreto e aveva temuto l'idea che la sorella ne fosse al corrente. Non si sarebbe stupita nello scoprire che Nabiki le aveva tenuta nascosta quella verità. Ma dopo quanto successo tra loro qualche settimana prima, si erano avvicinate e non voleva pensare che sua sorella avrebbe mantenuto un tale segreto con lei. Guardò suo padre e il poco sollievo che aveva avvertito per Nabiki si smarrì completamente quando vide il senso di colpa sul suo viso. Lo stomaco si perse da qualche parte quando lo vide scambiare un'occhiata con Genma. Chiuse gli occhi e fece un profondo, tremulo respiro. Akane sapeva che il signor Saotome conosceva la maledizione, glielo aveva detto Ranma. Non era sorpresa che il patriarca dei Saotome avesse mantenuto il segreto perché la sua morale era vaga e il suo obiettivo principale era sempre stato quello di unire le scuole. Un obiettivo che condivideva con suo padre. I due migliori amici erano pappa e ciccia, un'analogia appropriata visto che avevano perfino rubato insieme* in passato. Avevano complottato e pianificato di far sposare i loro figli e Akane aveva cominciato a chiedersi se anche suo padre sapesse della maledizione. Aveva ritenuto impossibile che la trattasse così, sarebbe stato crudele fare una cosa del genere alla propria figlia. Ma ora sapeva di essersi sbagliata.
"Oh, papà. Tu lo sapevi, vero?" chiese con una vocina.
Lo shock sparì dai volti di Kasumi e Nabiki mentre si voltavano verso il padre. Il viso di Kasumi mostrava tristezza e delusione quando disse, "Oh, papà. Come hai potuto?"
Accanto a lei, Nabiki sembrava furiosa. "Hai sempre saputo che P-chan era Ryoga e non ce l'hai detto? Akane l'ha tenuto nella sua stanza. Ha dormito con lei nel suo letto! Come hai potuto permettere che accadesse?"
"Io...io non...voglio dire, il ragazzo non ha fatto alcun male! Era un maialino, in nome del cielo. Era impossibile che si approfittasse di lei in quel modo!"
Nabiki lo fissò incredula e disse, "Non puoi essere serio. Era sempre in camera sua. Probabilmente era presente mentre si cambiava! A osservarla! Quel MAIALE magari l'ha seguita fino in bagno! Non c'era bisogno che la toccasse per violarla!" i suoi occhi erano fiammeggianti e il petto era ansante. Come poteva suo padre essere così stupido? 
Soun sussultò al tono e all'accusa. Ma impallidì quando pensò a quanto aveva detto. Non ci aveva mai pensato.
"Papà, perché hai mantenuto il segreto?" chiese Kasumi con calma, le sopracciglia aggrottate per l'afflizione.
"Beh...il ragazzo, cioè il maiale, è entrato mentre stavo facendo il bagno ed è saltato nella vasca. Sono rimasto sconvolto quando Ryoga è sbucato improvvisamente, uscendo dal bagno come se niente fosse! Non sapevo cosa fare"
Soun si accese una sigaretta con mano tremante mentre proseguiva la sua spiegazione. Si perse completamente Genma che tentava di indicargli qualcosa con gli occhi. Fece un lungo tiro ed esalò una scia di fumo prima di continuare. "Dopo il bagno, sono andato da Saotome e abbiamo pensato entrambi di tenere per noi l'informazione visto che Ranma sembrava ingelosirsi quando P-chan era..."
Soun si interruppe rendendosi conto che Nabiki e Kasumi lo stavano fulminando. Kasumi, addirittura! Guardò Nodoka e la vide rivolgere a Genma un'occhiata piuttosto pericolosa. Deglutì, abbassando le spalle per via degli sguardi provenienti dalle figlie più grandi.
"Papà, come hai potuto?" ripeté Kasumi, il tono colmo di delusione. Si azzardò a guardare Akane e quello che vide nei suoi occhi gli spezzò il cuore. Sembrava così ferita. Così amareggiata.
"Akane..."
Lei volse la testa, si alzò e uscì dalla stanza senza proferire parola.
 

*In italiano non rende molto, in inglese l'espressione è 'as thick as thieves', e 'thieves' significa effettivamente 'ladri', ma è una frase fatta che letteralmente non ha senso e che per forza di cose dev'essere adattata.

  
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