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Autore: Kim WinterNight    26/10/2017    4 recensioni
Scappare non è sempre simbolo di codardia. Ognuno di noi ha un motivo valido per cui vorrebbe scappare da qualcuno o qualcosa: chi per dimenticare, chi per liberare la mente, chi per accompagnare qualcun altro nella fuga, chi per uscire di casa, chi per volere di un'entità superiore...
Ma tutti, forse, lo facciamo per cercare un po' di libertà e per rendere noi stessi più forti e capaci di ricominciare a lottare.
DAL TESTO:
Una vacanza, ecco cosa mi serviva. Non riuscivo più a stare rinchiuso in casa, forse stavolta avevo esagerato. [...]
Notai una figura rannicchiata in fondo, in posizione fetale e con le braccia strette al corpo. Tremava vistosamente e teneva gli occhi serrati.
«Non vuole uscire di lì... non so più cosa fare» sospirò lei, portandosi una mano sulla fronte. [...]
«Non ti incazzare, amico. Ci tenevo solo a invitarti personalmente al mio matrimonio.»
Digrignai i denti e osservai, senza neanche vederli, gli automobilisti a bordo dei loro veicoli che mi superavano e mi evitavano per miracolo, per poi imprecare contro di me e schiacciare sul clacson con fare contrariato. [...]
«Avresti potuto chiedermelo, magari?» commentai, incrociando le braccia sul petto.
«Avresti rifiutato» si giustificò.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daron Malakian, John Dolmayan, Nuovo personaggio, Serj Tankian, Shavo Odadjian
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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ReggaeFamily

Taxi!

[Daron]




«Il taxi non arriva più?!» sbottai, mentre facevo scattare l'accendino per l'ennesima volta. Tirai una lunga boccata di fumo e lo sbuffai dal naso.

«Non capisco...» bofonchiò John, aggrottando la fronte. Osservava confuso il suo cellulare e lanciava occhiate verso il sentiero che l'auto avrebbe dovuto percorrere per arrivare allo Skye Sun Hotel.

«Eppure Dayanara l'ha chiamato di fronte a noi...» commentò Leah, guardandosi attorno spaesata.

Nonostante il sole ormai stesse scomparendo dal cielo, faceva ancora molto caldo, così Shavo si sfilò il cappellino e prese a usarlo a mo' di ventaglio, sbuffando per la troppa afa che impregnava l'aria.

«Che sfiga!» ridacchiò Bryah.

Leah alzò gli occhi al cielo e rientrò a passo di marcia nella hall dell'albergo, sicuramente intenzionata a sollecitare l'arrivo del nostro taxi.

Bryah, intanto, prese a camminare avanti e indietro con le braccia incrociate al petto; John distolse gli occhi dal cellulare e la seguì con lo sguardo. Mi parve di notare un velo di preoccupazione in quei due, doveva trattarsi di qualcosa legato al probabile incontro con il compagno della giornalista.

Shavo si affacciò nella hall e io rimasi fermo in mezzo al vialetto, con la canna di nuovo spenta e una confusione incredibile in testa.

Aver ricevuto notizie da parte di Jessica mi aveva scombussolato, non potevo certo negarlo; tuttavia stavo cercando di non pensarci troppo, nonostante mi risultasse piuttosto difficile. Ero sinceramente contrariato dal fatto che stesse riuscendo, ancora una volta, a rovinarmi la vita.

Lei e le sue stronzate su Lars, sul matrimonio con lui, sul fatto che per lei fossi davvero importante... non volevo saperne, avrei voluto evitare di risponderle, ma la conoscevo troppo bene e sapevo che avrebbe continuato a insistere.

Jessica Miller era così: andava avanti per sfinimento, uccideva la pazienza altrui a furia di tormentare il prossimo e di angosciarlo con la sua ossessiva determinazione. E avevo come l'impressione che con me non avesse ancora finito.

A distogliermi da quei pensieri fu la ricomparsa di Leah e Shavo che battibeccavano.

«Io te l'ho detto, ma tu non mi hai ascoltato!» stava dicendo lei in tono seccato.

«Scusa se volevo rendermi utile!» si giustificò lui.

Leah prese a gesticolare furiosamente. «Il tuo concetto di renderti utile significa trattare male il povero Dayanara?!» obiettò ancora la ragazza.

«Non l'ho trattato male, ho solo espresso la mia opinione... secondo me prima non aveva telefonato per prenotare il nostro taxi! Se penso una cosa non posso dirla?»

«C'è modo e modo, poveretto!»

Mi scappò un piccolo sorriso e scambiai una rapida occhiata con il batterista, il quale non si era lasciato sfuggire nulla ed esibiva una delle sue solite espressioni serie e indecifrabili. Bryah, accanto a lui, si era fermata e sorrideva appena nell'osservare la scenetta tra Leah e Shavo.

«Gli chiederò scusa più tardi... non l'ho fatto mica per offenderlo, gli ho solo detto cosa pensavo» borbottò il bassista.

Era arrivato il momento in cui si rendeva conto di aver esagerato e doveva ammetterlo a se stesso, lo conoscevo troppo bene e sapevo che presto avrebbe cominciato seriamente a sentirsi in colpa.

«Dai, Leah, lascialo in pace. Sono sicuro che Dayanara non si sia incazzato» cercai di sdrammatizzare.

«Però ha esagerato.»

Sospirai. «Sei assurda, ragazza mia.»

Leah stava per ribattere, quando John intervenne: «Il taxi sta arrivando. Ora smettetela di litigare come bambini, va bene? Fate i bravi».

Tutti ci voltammo verso l'imboccatura del vialetto e notammo un'auto bianca in avvicinamento; questa mostrava in cima un cartellino con su scritto TAXI. Eravamo già pronti a salire a bordo, quando ci rendemmo conto che la macchina in questione aveva solo quattro posti liberi.

«Scusate, ma quello è il nostro?» chiese Bryah perplessa.

«Io vado in braccio a John» sghignazzai.

«Sogna» ribatté prontamente il batterista.

«Shavo, chiedigli se è il nostro taxi!» esclamò Leah.

Il bassista si accostò all'auto, dal lato del guidatore, e cominciò a parlare con l'autista. Notai l'uomo scuotere il capo, così sospirai e mi riaccesi la canna.

«Non è per noi» ci informò Shavo, tornando rapidamente da noi.

«Cazzo» imprecai.

«Io però...» Shavo si tolse e rimise il cappellino con fare nervoso. Si guardò attorno, poi proseguì: «Mi sa che vado a scusarmi con Dayanara...»

John sospirò. «Lo sapevo.»

«Anche io» aggiunsi in tono ironico, sollevando il pollice in direzione del batterista.

«Puoi farlo anche dopo» gli consigliò Leah.

«Sei una contraddizione che deambula, Leah Moonshift!» esclamò il bassista confuso.

Intanto notai una figura femminile uscire dall'hotel. Si avvicinò a passo spedito al taxi e, poco prima di salire a bordo, si voltò a guardarci.

«Ciao» ci salutò Miriam, la bagnina che ci aveva aiutato con il pedalò.

Le indirizzai un sorrisetto enigmatico e subito distolsi lo sguardo, fissandolo altrove. Quella ragazza era davvero bella, non mi sarebbe dispiaciuto conoscerla meglio sotto diversi punti di vista.

«Ciao Miriam!» gridò Leah con entusiasmo.

La bagnina salì a bordo del taxi e l'auto ripartì immediatamente. Rimanemmo ancora una volta in attesa.

«Siamo proprio una banda di sfigati. Avremmo dovuto specificare al tassista che siamo delle celebrità» blaterai.

«Celebrità?! Quali celebrità?!» scherzò Bryah, fingendo di prendere in mano un'immaginaria macchina fotografica.

«Scherza, scherza... tanto...» stava dicendo Shavo, quando a un certo punto qualcuno ci interruppe.

«Ecco, questa sì che si chiama gran bella botta di culo!» esclamò una voce maschile.

Mi voltai verso l'ingresso dell'albergo e mi ritrovai di fronte una ragazzino che doveva avere circa diciotto anni; aveva dei capelli lunghi e ribelli ed era vestito completamente di nero. Sfoggiava una felpa degli Slayer che mi metteva caldo solo a guardarla e ci puntava con lo sguardo neanche fossimo insetti da studiare al microscopio.

«Ecco, appunto, volevo dire proprio questo...» borbottò il bassista in tono esasperato.

«Voi siete quelli dei System, finalmente vi ho trovato tutti! L'altro giorno ho incontrato solo lui» proseguì il ragazzino, additando John.

Quest'ultimo aveva incrociato le braccia al petto e notai che stava trattenendo uno sbuffo. «Già» commentò in tono piatto.

«Quelli dei System hanno un nome, non lo sapevi, amico?» scherzò Shavo, anche se io sentivo chiaramente che non era particolarmente divertito. Lo vedevo nervoso e la cosa non mi piaceva.

«Ehi, io sono Daron, cosa ti serve?» mi feci avanti, facendo nuovamente scattare l'accendino. Feci un tiro dalla mia canna e mi accorsi che il ragazzino la stava puntando con occhi famelici. «Eh no, questa non posso dartela. Ma se vuoi posso autografarti le chiappe, eh?»

Lui sorrise appena, a disagio, poi estrasse il suo smartphone. «Mi basterebbe anche una foto» mormorò.

«Solo una foto? Ti facevo più caparbio, amico. Ti piacciono gli Slayer? Ci vanno giù pesante, vero? Già!» continuai a farneticare. Stavo cominciando a divertirmi, mi piaceva mettere a disagio i fan ridicoli come lui.

«Sì, ci puoi contare! Mi piacciono eccome!» confermò il moccioso, continuando a brandire il suo cellulare come un'arma.

«Sono contento! Allora se vuoi ti saluto il caro Tom Araya, ne sarà felicissimo» inventai sul momento, trattenendo a stento le risate. Intanto notai con la coda dell'occhio che anche per i miei amici stava divenendo difficile trattenersi dal ridere, così aggiunsi: «Dai, John! Shavo! Non fate gli orsi e mettiamoci tutti in posa per una bella foto con questo simpatico ragazzo! Com'è che ti chiami, fratello? Dai il cellulare a quella ragazza, ci pensa lei a scattare!». Feci l'occhiolino a Leah e lei annuì appena. Intuii che aveva qualcosa in mente e attesi di scoprire di cosa si trattasse.

«Mi chiamo Brandon» disse il tizio. Sembrava un po' confuso e intontito dal mio tanto parlare, ed era proprio ciò a cui volevo arrivare.

«Dai ragazzi, venite qui!» strillai verso i miei colleghi, accostandomi apposta all'orecchio di Brandon. Quest'ultimo fece un balzo indietro e imprecò tra i denti.

John e Shavo si scambiarono un'occhiata interrogativa, poi ci raggiunsero e tutti insieme ci mettemmo in posa per una foto. Io circondai le spalle del fan con un braccio e strinsi un po' troppo forte, godendomi il suo crescente disagio. Gli stava bene, mi aveva trovato in un momento poco propizio per i rapporti interpersonali.

Leah si avvicinò a lui e afferrò il cellulare, poi si allontanò di nuovo e scattò qualche foto.

Mi staccai bruscamente da Brandon e gli battei forte sulla spalla, facendo sì che si piegasse leggermente in avanti per il dolore. «Brandon, è stato un piacere. Vedi di fare il bravo, chiaro? Ci si vede in giro!».

Leah gli restituì lo smartphone e tutti lo salutammo velocemente, allontanandoci da lui.

La nostra fotografa d'eccezione ridacchiò. «Gli ho fatto proprio un bello scherzetto» disse, prendendo Shavo sottobraccio.

«Cioè?» volli sapere.

«In pratica...»

«Ragazzi!» strillò all'improvviso qualcuno. Riconobbi quella voce femminile e stridula anche senza voltarmi.

«Lakyta» sospirò Leah.

«Ma quando cazzo arriva il taxi?» si spazientì Shavo, scuotendo il capo.

«Non so, ma è strano...» disse John perplesso.

«Ragazzi, aspettate! Sentite, Day mi ha detto che sta per arrivare un taxi che vi porterà in città. Posso unirmi a voi?» ci chiese Lakyta, piazzandosi di fronte a noi per evitare che continuassimo a ignorarla.

«Cosa?! Scordatelo!» sbottò Leah, freddandola con un'occhiataccia.

«Non decidi da sola!» la fronteggiò l'altra, piantandosi le mani sui fianchi.

«Dai Leah, non fare così...» ridacchiai, accostandomi a lei e posandole una mano sulla spalla. «Non ci costa niente, giusto?»

Leah si voltò a scrutarmi con fare preoccupato. «Che cazzo dici?»

Le strinsi appena la spalla e le strizzai brevemente l'occhio. «Dico che possiamo anche essere gentili per una volta.»

Leah parve capire che avevo in mente qualcosa e che l'avrei aiutata come lei aveva aiutato me poco prima. «E va bene» concesse, per poi rivolgersi nuovamente a Lakyta.

«Allora posso unirmi a voi, perfetto. Meno male che c'è Daron, altrimenti tu ti comporteresti da acida quale sei da sempre» sputò la barista nei confronti di Leah, per poi voltarle le spalle. Prese a frugare nella sua borsa e ne estrasse un piccolo kit per il trucco con tanto di specchietto.

«Vedrai quanto ti divertirai» sghignazzai a bassa voce, dando di gomito a Leah. «E tu che hai fatto con Brandon?»

«Forse ci siamo!» esclamò Bryah, individuando un'auto in avvicinamento.

Stavolta era davvero giunto il nostro taxi, così ci avvicinammo in fretta e io feci in modo di accomodarmi sui sedili posteriori con Lakyta, pronto a divertirmi un po'.

Quando stavamo per partire, notai che Brandon stava sbraitando e abbassai il finestrino per capire cosa stesse dicendo. Ci additava con la mano destra, mentre nella sinistra stringeva convulsamente il cellulare.

«Bastardi, siete dei bastardi!» continuava a gridare.

Fischiai nella sua direzione. «Che succede, amico?»

«Che succede?! Quella cretina della vostra amica non ha scattato nessuna foto!» strillò il ragazzino.

La consapevolezza di ciò che Leah aveva combinato mi colpì, così non riuscii a trattenere le risate. «È perfetto così!» conclusi, per poi risollevare il vetro.

Tutti gli altri presero a ridere insieme a me, complimentandosi con Leah per la sua trovata. Lakyta, dal canto suo, rimase in silenzio finché non smettemmo di sghignazzare.

«Io non lo trovo divertente» commentò poi, totalmente a sproposito e senza che nessuno la interpellasse. «Come al solito è stata maleducata e antipatica, pensa te che novità!» aggiunse acida.

«Tesoro, nessuno ha chiesto il tuo parere» tagliò corto Leah, per poi cominciare a parlottare con Shavo e Bryah che occupavano i sedili davanti ai nostri.

John, come suo solito, stava intrattenendo una conversazione con il conducente. Il batterista era sempre il solito, riusciva a chiacchierare con chiunque, pur rimanendo sempre sul vago e mantenendo il suo atteggiamento pacato e al limite della timidezza.

Mi voltai completamente verso Lakyta e mi sporsi verso di lei, cercando il suo sguardo. «Ehi dolcezza, come va? I video sono ricomparsi sul tuo cellulare?» bisbigliai con ironia.

«Spiritoso» disse irritata.

«Oh andiamo, non possiamo fare pace?» le proposi, allungando una mano fino a sfiorarle un ginocchio. Indossava un vestito piuttosto corto che lasciava poco all'immaginazione, perciò non mi fu difficile far entrare in contatto la mia mano con la pelle nuda delle sue gambe.

«Fare pace con te?» si rivoltò, scacciando senza troppa convinzione le mie dita.

«Certo. Con chi altrimenti? Avanti! Ci tengo troppo» mentii spudoratamente, tornando all'attacco. Stavolta afferrai la sua mano e la strinsi con forza, costringendola ad accostarsi leggermente a me.

«Daron... piantala» mormorò senza alcuna convinzione.

«Lo vuoi anche tu, vero? Ci divertiamo un po' insieme, che ne pensi? Su, non fare la difficile. Tra pochi giorni ripartirò, non ci vedremo mai più... tu non sei triste?»

«Non direi... però...»

Sorrisi. «Oh, dai, lo so che ne hai voglia. L'altro giorno, in spiaggia, mi sono divertito solo io. Non è giusto, accidenti a me!» finsi di schernirmi, battendomi teatralmente una mano sulla fronte.

Lakyta mi fissò dubbiosa, poi si divincolò dalla mia stretta. Pensavo che si sarebbe ritratta ancora una volta, invece fece scivolare le dita sul mio petto e lo carezzò attraverso la stoffa della maglia.

«Cominciamo a ragionare» commentai, per poi scostarmi bruscamente da lei. «Ma non ora» aggiunsi secco.

Mi sistemai comodo sul sedile, dal lato opposto al suo, portai fuori i miei auricolari e li infilai alle orecchie senza neanche degnarla di un'occhiata. Li collegai al cellulare e misi su un po' di musica a caso, senza badare troppo a ciò che stavo ascoltando.

Con la coda dell'occhio notai che la ragazza non fece che fissarmi durante tutto il tragitto, mentre la sua espressione si faceva sempre più confusa e perplessa. Con lei non avevo ancora finito, il mio divertimento era appena all'inizio.


«Quanto le dobbiamo?» chiesi al tassista, quando ci fermammo nei pressi del Fyah; Kingston era piena di vita, i locali pullulavano di gente e molte persone erano a caccia di un buon posto dove cenare. Dovevano essere all'incirca le otto di sera e anch'io cominciavo ad avere una certa fame.

«Sono settantasei dollari e ventisei centesimi» disse l'uomo.

Mi frugai in tasca e sollevai lo sguardo su Lakyta. «Merda, ho lasciato il portafoglio in albergo! Ragazzi, ci pensate voi?» interrogai i miei amici. Quando incrociai il loro sguardo, strizzai leggermente l'occhio sinistro e sperai che mi reggessero il gioco.

«Io non ho abbastanza contanti e mi servono per la cena» dichiarò Bryah, fingendo di guardare dentro il suo borsellino viola.

«Shavo, dovevi portare tu la carta di credito stasera. Ce l'hai, vero?» si informò John con voce studiatamente preoccupata.

«Io?! Ma dico, sei scemo? Dovevi prenderla tu!» si rivoltò il bassista con rabbia.

«Ora non litigate, vi prego! Cerchiamo piuttosto di trovare una soluzione» finse di interloquire Leah.

«Appunto, cerchiamo una soluzione. Tu che dici, eh?» inveii contro di lei.

«Io sono a secco, mio padre non ha sganciato niente oggi. Shavo mi aveva assicurato che ci avrebbe pensato lui per stasera...»

«E allora?» fece John desolato. «Ci scusi, non ci voleva proprio questo inconveniente...»

Quasi contemporaneamente, tutti ci voltammo a guardare Lakyta. Lei si ritrasse contro il sedile, trovandosi improvvisamente al centro dell'attenzione generale.

«Ehm... Laky, tesoro, mi dispiace per prima. So che sono un disastro» cinguettò Leah. «Ma... potresti pagare tu? Non sappiamo proprio come fare.»

«Già, sul serio. Fortunatamente per il rientro posso pagare io il taxi ai ragazzi, dobbiamo giusto passare a casa mia...» rincarò Bryah in tono dispiaciuto.

«Poi te li restituiamo, promesso» aggiunsi a mia volta, rivolgendole un'occhiata accattivante. Le posai nuovamente una mano sulla coscia e la accarezzai piano, sentendola rabbrividire sotto il mio tocco.

«Va bene... sì» accettò.

«Grazie. Ti ripagherò a dovere, non dubitarne» conclusi, per poi scendere in tutta fretta dall'auto.

I miei amici fecero lo stesso e in fretta e furia ci dirigemmo a piedi verso casa di Bryah, lasciando Lakyta a vedersela con il tassista.

In questo modo evitammo che potesse seguirci. Una volta svoltato l'angolo, scoppiammo tutti a ridere come matti.

«Daron, Leah: oggi vi siete superati!» esclamò Bryah.

Io e Leah battemmo il cinque e ci circondammo le spalle a vicenda.

«Siamo una forza!» strillai.

«Non glieli restituiremo mai» concluse Leah.

«Ehi, giù le mani, Malakian!» mi ammonì scherzosamente Shavo, afferrando Leah per i fianchi e stringendola da dietro. «Lascia che anche io mi complimenti con lei per la sua genialità» aggiunse poi, cominciando a farle il solletico.

«Shavarsh, piantala! Che idiota!» si divincolò la ragazza, continuando a ridere.

«Dai, andiamo! Recuperiamo questo dannato cellulare per Daron e poi gettiamoci su qualcosa da mangiare, sto morendo di fame!» esclamò John con un sorrisetto ammiccante.

«Agli ordini, capo!» acconsentimmo in coro.

Riprendemmo a camminare e le nostre risate si persero tra la folla e il baccano dei numerosi locali di Kingston.

  
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