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Autore: lady lina 77    26/10/2017    1 recensioni
E se nella scorsa fanfiction mi riagganciavo al finale della S2, ora mi aggancio a quello della S3. Tutto comincia in quella spiaggia dove Demelza, col cuore a pezzi, si concede a Hugh Armitage. E dopo? Se non fosse tornata a casa, cosa sarebbe successo?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Galoppò come un forsennato nel buio della notte, diretto ad Illugan, chiedendosi cosa le avrebbe detto e come si sarebbe comportato con lei. Doveva dimostrarsi arrabbiato, come del resto era? O accomodante? Spiegarle e chiederle scusa o aspettare e pretendere che fosse lei a farlo con lui, visto che se n'era andata abbandonandolo assieme ai loro figli senza lo straccio di una spiegazione? Abbracciarla? O darle uno schiaffo?... Scosse la testa, non sarebbe mai riuscito a sfiorarla nemmeno con un dito ma una sberla era quello che si meritava e che lui da marito avrebbe dovuto darle. Ogni marito in una situazione del genere avrebbe alzato le mani e nessuno lo avrebbe biasimato per questo, ma Ross sapeva di non essere un marito convenzionale e sapeva anche che Demelza non era una moglie convenzionale.

Decise di smettere di pensare. Hugh, cosa fare, cosa dire, come comportarsi... Gli sarebbe venuto tutto naturale appena l'avesse avuta davanti.

Arrivò nel territorio di Illugan che iniziava a piovere e solo allora rallentò il cavallo per addentrarsi nel bosco, dopo aver superato la campagna. Si chiese come potesse Demelza vivere in un posto simile, Illugan era poverissima, piena di disperati e senza possibilità di migliorare le cose e sì, lei ci era nata ma non era più abituata a quell'ambiente.

Arrivò al torrente, lo costeggiò e finalmente, nell'oscurità, vide il mulino di cui gli aveva parlato Armitage. Era avvoltò dall'oscurità, nel bosco non vi era alcun rumore e tutto pareva addormentato, eccetto che per la tenue luce che traspariva da una finestra, probabilmente una candela che Demelza doveva aver acceso. Era un posto meravigliosamente romantico dove la natura faceva da padrona, uno di quei boschi che si vedono nei libri illustrati di fiabe per bambini. Eppure, per lui, rappresentava un incubo.

Scese da cavallo, lo legò a un albero e a grandi passi si diresse verso la porta. Aveva il cuore in gola e si sentiva ridicolo, era con sua moglie che stava andando a parlare, non con il re d'Inghilterra!

Prese un profondo respiro e poi bussò, cercando di controllare le sue emozioni. Sentì dei rumori provenire dall'interno, dei passi avvicinarsi alla porta e vide l'uscio aprirsi.

Demelza spalancò la porta senza chiedere chi fosse. "Hugh!" - esclamò con sicurezza, come se fosse stata cerca che ci sarebbe stato il poeta fuori dalla porta.

E questo in un certo senso lo ferì. "Mi spiace, non sono Hugh".

Appena lo vide, Demelza impallidì, indietreggiando. "Ross..." - balbettò, arretrando di alcuni passi – "Cosa ci fai quì?".

La sua espressione si incupì. "Non credi che dovrei essere io a chiederlo a te?".

"Vattene!" - rispose lei, a denti stretti. "Non mi importa di come tu mi abbia trovato ma non ha importanza, non voglio parlare con te".

Sprezzante, Ross le rispose. "Se proprio vuoi saperlo, è stato proprio il tuo amico poeta ad indicarmi questo posto. E per il resto, ho tutti i diritti di farmi ascoltare".

Nell'udire del coinvolgimento di Armitage, Demelza rimase immobile alcuni istanti, con espressione stupita ed interdetta. Poi scosse la testa, mormorando fra se e se... "Testardo".

Ross finse di ignorare quel commento dal sapore vagamente confidenziale fra sua moglie ed Armitage. "Posso entrare, in modo che possiamo parlare?".

"No".

Demelza era un osso straordinariamente duro, ma non si sarebbe fatto sottomettere. Le prese il polso e l'attirò a se con fare deciso. "Bene, meglio così! Non sono venuto per fare conversazione ma per portarti a casa".

Lo sguardo di Demelza si indurì. "Io non torno a casa, se sei venuto per riportarmi a Nampara stai sprecando il tuo tempo".

A quel punto esplose, tutta quella situazione era una follia. "Ah, e che vuoi fare? Rimanere qui in questo posto dimenticato da Dio, in questo casolare diroccato, lontana da tutto e tutti e soprattutto dai tuoi figli? Demelza, sei mia moglie dannazione, nel caso te lo fossi dimenticata".

Demelza sorrise freddamente. "Oh, io non l'ho mai dimenticato chi sono. Quello che dimentica la donna con cui è sposato e fa... confusione... sei tu".

Ross deglutì. Il tono di Demelza era basso, freddo, senza traccia di sentimento nel timbro di voce. Non la riconosceva in quelle vesti. Sapeva di averla ferita ma sapeva anche di non averlo fatto con cattiveria e soprattutto, di non aver tradito le promesse che le aveva fatto. Certo, aveva sbagliato ad omettere l'incontro con Elizabeth ma dannazione, perché stava reagendo in quel modo così esagerato? Ne avevano passate di peggio, loro due... "Ascolta, sei arrabbiata e te ne do atto, hai ragione. Ma se mi lasciassi spiegare...".

"No".

"Demelza!".

"Ho detto di no Ross, come ti ho ribadito al porto, puoi tenerteli i tuoi segreti, da oggi in poi. Viviti la tua vita, è quello che hai sempre desiderato e onestamente non capisco perché tu sia qui. Ti sei tolto il tuo tormento, ora sei un uomo libero, non sarai più costretto a fare le cose di nascosto e a mentire, non sarai più costretto a sentirti in trappola con me quando in realtà vorresti essere con lei. Lasciami in pace Ross, non voglio vederti, sentirti, ascoltare cosa hai da dirmi perché è l'ennesima bugia che probabilmente ti sei preparato in questi due giorni per rabbonirmi".

Ross, davanti a quelle parole, perse un po' del suo coraggio. Demelza aveva eretto un muro fra loro, non desiderava sistemare le cose, si era semplicemente arresa. E non poteva permetterlo, dannazione! "Lasciami spiegare, ti prego" – le sussurrò, allentando la presa sul suo polso.

Demelza scosse la testa. Ora non sembrava rabbiosa ma solo molto stanca. "Perché vuoi spiegarmi adesso? Ti ho chiesto più volte di parlarmi di cosa ti era successo al cimitero e non hai mai voluto farlo... E ora cosa puoi dirmi di così sconvolgente da riuscire a spiegarmi che il bacio che ti sei scambiato con Elizabeth non è niente di grave? Se non lo fosse stato, me ne avresti parlato".

"E' stato... un cas...".

"E' stato un caso?" - lo bloccò Demelza – "Fammi indovinare! La hai vista per pura casualità e allora vi siete dati quel bacio d'addio che non siete riusciti a scambiarvi quando si è sposata con George Warleggan?".

"E' così, credimi! Non contava nulla" – ribatté Ross, piuttosto in difficoltà. La spiegazione più ovvia, quella che provocatoriamente gli aveva spiattellato in faccia Demelza, era quella vera ma lei forse non ci avrebbe mai creduto proprio a causa delle sue omissioni. Non era mai stato bravo a parole, ma sperava, nonostante tutto, che lei gli credesse perché quella era la verità e Demelza – e nessuno come lei – sapeva leggere dentro di lui meglio di quanto sapesse fare lui stesso. Doveva credergli, c'era troppo in gioco!

Le sue speranze però si infransero subito. "In questi giorni speravo che ti saresti preparato una scusa più originale, Ross. Sono stanca, è tardi e voglio dormire, tornatene a Nampara".

La vide voltarsi e raggiungere la porta e, preso dal terrore, con un balzò la seguì, bloccandola prima che aprisse l'uscio. Sbatté la porta con rabbia, la costrinse a voltarsi nuovamente verso di lui e la attirò a se, poggiandole le mani sulle spalle. "Demelza, è la verità e non te ne ho parlato solo per paura di non sapermi spiegare e di ferirti. Credimi!".

"Si Ross..." - rispose lei, in tono piatto.

Deglutì, quella reazione era strana, non riusciva ad interpretarla. "Demelza, amo te e nessun'altra che te. Non Elizabeth, è una storia chiusa".

"Si Ross...". Con un gesto lento, si scrollò di dosso le sue mani, liberandosi dalla sua presa. "Dimmi solo una cosa...".

"Tutto quello che vuoi" – rispose, mentre una fiamma di speranza si accendeva in lui.

Ma Demelza lo gelò subito. "Ci hai almeno provato per un po', a mantenere le distanze da Elizabeth? Oppure mi hai presa in giro tutto questo tempo? Sei stato bravo, devo ammetterlo, non mi sono mai accorta di nulla e avevo anche finito col credere alle tue parole, a quando mi hai detto che lei non si sarebbe più intromessa fra di noi. E allora Ross, mi stai tradendo solo da poco oppure continua da allora... Ogni quanto vi vedete? Una volta a settimana? Quando George è a Londra? Quando dici di andare in miniera o a Truro e invece sei a Trenwith con lei? Nessuna recriminazione, puoi vivere la tua vita come vuoi, da adesso. Solo una piccola curiosità...".

Ross si sentì mancare. Davvero glielo stava chiedendo? "Demelza, ma pensi che sia un mostro? Pensi davvero che io... io...?".

Gli occhi di Demelza si piantarono sul suo volto. "Perché non dovrei crederlo? Sono sempre stata la seconda scelta, la donna sposata per consolazione, no? Una semplice distrazione, come mi avevi detto appena sposati, quando mi hai confessato che però ti eri sbagliato e mi amavi. Beh, non ti eri sbagliato affatto ed è quello che sono sempre stata per te: una distrazione! La tua prima sensazione si è rivelata esatta, Ross. Io sono quella brava a lavorare, a tenerti pulita la casa, a scaldarti il letto quando non hai sotto mano la gran dama, sono quella che non vuoi che si intrometta nella tua vita, che non deve dire la sua quando si tratta della famiglia Poldark, quella che viene sempre dopo tutto il resto. Sono quella a cui non hai pensato nemmeno un istante quando stavi per andare in prigione e hai venduto tutte le tue quote della Wheal Leasure per far star bene Elizabeth e Geoffrey Charles mentre io e Jeremy eravamo alla fame e a tavolino hai deciso che per te andava bene così, che di noi non ti importava. E ora dovrei credere che mi ami? Sono sempre stata l'ultima fra gli ultimi ai tuoi occhi, ho semplicemente tolto il disturbo. Viviti la tua vita, sistema le cose con Elizabeth e George, sono sicura che troverai il modo. Realizza il tuo sogno d'amore, tu ed Elizabeth avete anche un figlio, no? Valentine sarà felice di avere accanto suo padre".

"Demelza!" - fece per bloccarla, non voleva sentirla parlare, non voleva provare quel soffocante senso di colpa che le sue parole risvegliavano in lui. Aveva sbagliato tantissimo nel suo matrimonio e sapeva di non essere sempre stato capace di farla sentire amata ma come poteva pensare davvero che lei non contasse nulla per lui? E come poteva parlare a quel modo di Valentine, dire ad alta voce quella realtà che nemmeno lui accettava e voleva vedere e che sempre aveva tenuto celato per non farla soffrire. Sapeva che Demelza era al corrente che c'era questa possibilità, ma non parlarne era stato il modo che lui aveva trovato per non ferirla e tenere il problema lontano da loro. "Valentine è figlio di George, non mio! I miei figli sono unicamente quelli che hai partorito TU e io non ho nessuna relazione con Elizabeth. So che sono pessimo, so che ti ho ferita ma ti prego, credimi".

Demelza scosse la testa, i suoi occhi divennero lucidi e si appoggiò alla porta. "Non ti credo più Ross... Sono stanca di crederti e di stare male ogni volta. Ti ho amato più di quanto io abbia mai amato me stessa, ho fatto di tutto perché tu fossi fiero di me, perché mi trovassi bella quanto lei. Ma Ross, anche l'amore più grande quando viene continuamente ferito e umiliato, alla fine si accartoccia su se stesso e si arrende. Ti chiedo solo una cosa... Quando correrai da lei, accertati che i nostri bambini siano al caldo, accuditi, che abbiano mangiato e siano sereni. Per quanto tu possa amare Elizabeth e Valentine, cerca di amare Clowance e Jeremy altrettanto intensamente. Non mi importa nulla di me stessa, so che andandomene ho perso ogni diritto su di loro, ma li amo, sono la loro madre e voglio solo che stiano bene. Sono con te, abbine cura e dì loro che li porto sempre nel mio cuore. Dì loro che mamma e papà non si vogliono più bene e non vivono più insieme ma che ci saremo sempre quando avranno bisogno".

"Demelza...". Mai, MAI nella sua vita Ross si era sentito così sperso, solo e disperato. Tutto ciò che amava gli stava scivolando dalle mani e non poteva fare nulla, dire nulla per farle cambiare idea. Era la fine di tutto, quella? "Credi che io possa tenere i bambini lontano da te? Che ti impedirei di vederli?".

"Ne avresti pieno diritto" – rispose lei, in tono stanco.

Ross abbassò lo sguardo. Era davvero così bassa l'impressione che lei aveva di lui? Come avevano potuto arrivare a quel punto? Come aveva potuto permetterlo? "Io non ti porterei mai via i bambini. Hanno bisogno di te, ti amano e sono molto piccoli. Almeno per loro, ti prego, torna a casa. E cerchiamo di sistemare le cose".

Lo disse in tono disperato, triste, sconsolato. Non voleva farle pena o incuterle pietà, si sentiva semplicemente svuotato e privo di forze come se, perdendola, avesse perso ogni fibra di energia. E non se ne stupiva perché era Demelza, da sempre, la sua fonte di vita e di forza, che alimentava e riscaldava la sua esistenza. Senza di lei era niente e forse sarebbe solo bastato dirglielo più spesso, stringerla a se e coccolarla, arruffarle i capelli per scherzare con lei come un tempo, per farle capire che la amava. Non ci sarebbe voluto tanto, lei non aveva mai chiesto nulla se non amore e lui aveva sempre dato per scontate troppe cose che avevano finito per farle credere di non essere importante.

Sarebbe bastato poco, già...

Starle più vicino, notare le sue fragilità oltre alla sua forza, prendersi a cuore le sue paure e i suoi timori e soprattutto aprirsi e parlare con lei anche quando gli argomenti potevano fare male. E ora... era troppo tardi... Ora, forse, qualcun altro era arrivato a colmare le lacune che lui aveva trascurato troppo a lungo e gliel'aveva portata via. Stupidamente non aveva mai saputo lottare per lei, per il loro amore, da idiota aveva sempre dato per scontato che lei gli sarebbe rimasta accanto per sempre, pur con tutti gli errori che lui poteva commettere. Ma Demelza aveva ragione, anche gli amore più grandi, proprio come i fiori più preziosi, vanno annaffiati e ci si deve prenderne cura per non farli morire. "E' per il tenente Armitage? E' per lui che hai preso la decisione di andartene?". Sapeva che non era così, non del tutto almeno, ma aveva bisogno di chiederglielo e di sentirgli dire che no, non era per Hugh.

Demelza scosse la testa. "Hugh non c'entra nulla, se il nostro matrimonio è finito non è certo a causa sua. E' gentile, tiene a me e mi aiuterà a sistemare questo posto per renderlo vivibile, se deciderò di restare qui. Non sarebbe dovuto venire da te ma lo ha fatto per il mio bene. A differenza tua, stranamente, mette il mio benessere al primo posto, è gentile, riesce a vedere se sto bene o male e si prende a cuore il mio stato d'animo. Mi guarda come tu hai sempre guardato Elizabeth, mi fa sentire bella e desiderata, amata... E' una bella sensazione, mi sono sempre chiesta cosa si provasse".

"E io... io non ti ho mai guardato a quel modo? Non ti ho mai fatta sentire amata?" - chiese Ross, sentendosi ancora più in colpa.

"No, mai. Non con quella dolcezza, quell'orgoglio, quel desiderio che hai sul viso ogni volta che vedi Elizabeth. E' più forte di te, persino l'altra mattina mi hai ricordato quanto lei sia speciale e una bella persona. A me! E sai quanto male mi faccia sentir parlare di lei a quel modo eppure lo fai, mi ferisci sempre e non te ne curi quando si tratta di lei. Sono stanca Ross, tanto stanca. E questa volta mi arrendo, va da lei".

Ross abbassò il capo. Dio mio, era un dannato idiota che non collegava bocca e cervello quando parlava! "Posso sperare che le cose si sistemino, fra noi?".

"Non so cosa dirti...".

"E i bambini?".

Demelza sorrise dolcemente. "Se mi permetterai di vederli, se li porterai qui, te ne sarò grata a vita".

Ross spalancò gli occhi. "Questo posto cade a pezzi, non è adatto ai bambini. Vieni tu a Nampara, a vederli".

"Non verrò a Nampara, Ross. Perché so che se ci mettessi piede, poi non riuscirei più ad andarmene. Hugh Armitage mi aiuterà a sistemare questo posto, diventerà una casa accogliente anche se piccola".

Colto sul vivo e punto sull'orgoglio, Ross divenne rosso in viso. "Ti aiuterò io a sistemare questo posto, se davvero vuoi stare qui. Non Armitage!".

"Non voglio che tu lo faccia Ross, mi basta solo che mi porti i bambini di tanto in tanto".

Si sentì vuoto, un guscio rotto. Demelza lo stava totalmente allontanando dalla sua vita, aveva chiuso ogni rapporto con lui e non voleva nulla se non qualche istante coi loro figli. Per il resto lo stava lasciando libero di fare quello che voleva e si rese conto che la libertà non era affatto qualcosa che lui desiderava. Non QUELLA libertà! Voleva essere suo marito, ancora e per sempre! E certo, Demelza aveva la testa dura ma lui era ancora più testardo di lei. Avrebbe lottato, le avrebbe dimostrato il suo amore e l'avrebbe riportata a casa. Non importava quanto ci avrebbe messo, quanto doloroso sarebbe stato, quanto avrebbe dovuto umiliarsi. Ma un giorno il loro amore avrebbe trionfato di nuovo, l'avrebbe fatta sentire amata e unica. Perché era amata e unica, per lui!

Ma per quella sera, doveva lasciarla stare, rispettare le sue scelte e tornare a Nampara, da solo. "Come preferisci" – rispose, lasciando quella piccola vittoria di poterla aiutare ad Armitage.

Si avvicinò al cavallo, montò in sella e poi scomparve nell'oscurità del bosco.

  
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