Fanfic su artisti musicali > Linkin Park
Ricorda la storia  |      
Autore: Maledetta    27/10/2017    1 recensioni
Di giovani professori di musica parecchio strambi e di padri single.
Di spiagge e di universi.
Di ragazzi troppo vestiti per essere stripper e di studentesse ficcanaso.
Di guerre in mezzo al deserto e di pensiline di autobus.
Sequel di Little soldiers won't grow up e di How to fall in love waiting for the bus
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chester Bennington, Joe Hahn, Mike Shinoda, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'In The End (we'll be together)'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

30 Maggio - Ovvero il giorno in cui un giovane Mike incontrò un ragazzo troppo vestito per essere uno stripper.

 

-Si ricordi il latte prima di metterlo a dormire, o si sveglierà dopo un'ora o giù di lì.-

-Sì, Michael.-

-Oh, e... con un cucchiaino di Nesquick, o lo sputa.-

-Va bene, lo so...- sua suocera sospirò e si sistemò meglio Otis tra le braccia... e Otis guardò Mike come se si sentisse tradito.

Mi lasci con questa pazza? diceva il suo visetto da bambino di due anni Che ti dice il cervello, vecchio?

La signora Hillinger gli accarezzò i capelli corti e neri e fece per chiudere la porta, ma Mike scattò in avanti per fermarla.

-Alla fragola!- esclamò.

Lei riaprì lentamente l'uscio alzando gli occhi al cielo.

-Il Nesquick.- chiarì Mike -Alla fragola, non alla cioccolata.-

-Senti Michael.- esordì sua suocera dolcemente -Posso capire che questa cosa ti metta un po' a disagio: Otis è ancora piccolo e ti spaventa lasciarlo per una notte, ma hai bisogno di svagarti un po' e prenderti una serata libera non fa di te un cattivo padre.-

-Ma no... non è quello...- 

-Be', se è l'idea di prenderti del tempo per te stesso quello per cui ti stai facendo problemi...-

-No... è solo che...-

Lo interruppe il clacson della Camaro di Joe che lo chiamava dal vialetto.

-È meglio che tu vada.- gli fece notare sua suocera.

Mike annuì e diede un ultimo bacio sulla fronte di Otis, che continuava a guardarlo come i tedeschi dovevano aver guardato gli italiani dopo la seconda guerra mondiale. 

Oh, piantala di guardarmi così. pensò Questa cosa piace a me quanto piace a te.

La signora Hillinger chiuse la porta e Mike rimase fermo sulla soglia per un paio di secondi.

C'era troppo rosso in quel momento: era il tramonto e il cielo era rosso, la porta della casa di sua suocera era rossa, la Camaro di Joe era rossa, la sua camicia era rossa... a Mike il rosso faceva venire l'ansia, e in quel momento di ansia ne aveva anche troppa.

La verità era che a quel fottuto concerto lui non ci voleva andare, e gli dispiaceva per Joe, Rob, Brad e Dave che si erano presi la briga di organizzare, ma in quel momento avrebbe preferito venti volte essere a casa con suo figlio a guardare cartoni della Disney mentre faceva finta di non deprimersi sul divano. Non aveva voglia di stare in mezzo alla gente e di divertirsi... non era pronto.

Joe suonò di nuovo il clacson e Mike scosse la testa, prima di salire sulla sua maledetta macchina.

Giravano parecchie leggende, su quella vecchia Camaro rossa... leggende che lui, per lo più , evitava come la peste: c'era un limite alle storie di crimine e ignoranza dei bassifondi del quartiere coreano che un comune essere umano poteva sopportare, e lui quel limite l'aveva passato da anni.

-Su con la vita, Mickey!- esclamò Joe mentre faceva manovra per tornare in strada -Sarà divertente!-

-Ne dubito...- bofonchiò Mike tra sé e sé.

Joe sbuffò, ma non aggiunse altro.

Mike rimase in silenzio a guardare la luce rossastra del tramonto che si rifletteva sui vetri delle case e si spegneva lentamente fuori dal finestrino, mentre la radio macinava una canzone alternative dopo l'altra: per quanto ne sapeva lui Joe non aveva praticamente mai ascoltato altro.

Cominciò a svegliarsi dal suo coma auto indotto circa tre ore dopo, quando ormai Joe aveva fatto il giro della città circa cinque volte. Nemmeno si era preso la briga di chiedersi perché stessero girando in tondo da tre ore: aveva imparato anni prima che quando Joe Hahn faceva cose strane era meglio non fare domande. 

A svegliarlo fu un'insegna al neon con una pin-up che si scopriva le tette ogni quattro secondi che si avvicinava a una velocità preoccupante.

-Joseph, ti prego dimmi che non mi stai portando in un fottuto strip club.- disse.

-Na'.- rispose Joe, tranquillo come se fosse sincero -Ma come ti viene in mente?-

-Joseph.-

-Ok... ok, forse lo sto facendo.-

-Gira questo maledetto catorcio e portami a casa.-

-Tanto per cominciare- esordì Joe -Questa è una signora macchina e non mi piace che le si manchi di rispetto. E secondo: non se ne parla nemmeno! Abbiamo prenotato e pagato tutto, quindi chiudi la bocca e cerca di essere vivo per una sera.-

-Un giorno o l'altro cambierò amici...- brontolò Mike tra sé e sé.

-Sì, certo.-

Parcheggiarono esattamente sotto la pin-up e Mike scese dalla macchina ancora abbastanza incazzato. 

Il Meteora, Cristo Santo. Avrebbe dovuto aspettarselo. Se lo ricordava quel posto, dai vecchi tempi dell'ultimo anno di liceo, quando conosceva Anna da poco ed era già abbastanza grande da avere una patente falsa e ancora abbastanza libero da potersi permettere di andare in uno strip un paio di volte prima di decidere che era ancora troppo piccolo.

Gli altri erano già lì: Brad, Rob e Dave, proprio come ai vecchi tempi... solo che i vecchi tempi erano passati, lui era cresciuto e il Meteora, per quanto gli riguardava, era solo un ricordo con la facciata di cemento armato incrostata di poster di ragazze mezze nude su sfondi fluorescenti e un soffio di musica da strip che si perdeva nei meandri della sua testa. Non poteva dire che gli fosse mancato, eppure in qualche modo ispirava una certa nostalgia: più che per il posto in sé per il periodo a cui rimandava... quando ancora credeva di essere immortale, e che l'amore potesse battere ogni cosa.

-Ciao ragazzi!- esplose Rob appena li vide.

Mike si costrinse a non sorridere: a quel ragazzo per poco non serviva ancora una patente falsa per entrare. Aveva ventidue anni ed era alto più di un metro e novanta, ma c'era qualcosa in lui che lo faceva sembrare ancora un bambino.

-Ben arrivati!- li salutò Brad. Mike notò che aveva i capelli parecchio più lunghi rispetto all'ultima volta che lo aveva visto.

Che diavolo aveva fatto della sua vita nell'ultimo anno?

-Hey.- borbottò Dave. Per qualche motivo nemmeno lui sembrava troppo felice di essere lì.

-Ciao ragazzi...- fece Mike poco convinto.

-Pronto?- chiese Rob.

Mike sbuffò. -Sbrighiamoci ad entrare.- disse -Così posso cominciare subito a cercare una scusa per andarmene.-

 

[***]

 

La cosa divertente fu che la scusa per andarsene gli sbatté praticamente il cazzo in faccia a neanche due passi dall'entrata, ma lui non se ne andò lo stesso.

Cioè, non esattamente il cazzo in faccia in senso letterale, ma quasi: era un ragazzo con i capelli rossi e un vassoio in mano, completamente nudo a parte che per un paio di boxer dorati, una cravatta nera e le scarpe.

Sentì gli altri confabulare dietro di lui e vide di sfuggita Dave che tirava un pugno su un braccio a Joe, e cominciò a salirgli il sospetto che il fatto che la stragrande maggioranza dei clienti della serata fossero tizi di mezza età e che la maggior parte degli stripper fossero ragazzi non fosse una cosa programmata.

-Che cazzo hai fatto?- sibilò Brad da qualche parte alla sua sinistra.

-Avevate detto che aveva bisogno di cambiare aria...- si giustificò Joe.

-Sì, ma non in questo senso, idiota!-

Francamente, Mike non era stupito nemmeno un pochino: il Meteora sarà pure stato un vecchio ricordo impolverato per lui, ma era famoso per essere praticamente l'unico strip club della città che di tanto in tanto organizzava serate gay senza essere un locale gay... e be', Joe lo conoscevano tanto quanto lo conosceva lui: avrebbero dovuto saperlo, che era un cretino.

Lì per lì aveva seriamente pensato di scappare mentre erano distratti, ma alla fine li aveva lasciati là a litigare ed era andato al bar. Attorno alle undici e mezza era ancora là, seduto su uno sgabello a fissare il vuoto. Non stava nemmeno bevendo: era solo piantato su un fottuto sgabello a tre gambe a fissare il niente con la musica che faceva da sottofondo alla spettacolo che gli fluttuava attorno come i miasmi della peste nelle stampe europee del Trecento. Da ore. 

Quindi gli venne quasi un infarto quando la macchia sfocata nera e rossa si sedette sullo sgabello alla sua sinistra e se ne uscì con Ciao, Raggio di Sole. Bevi qualcosa?

Sobbalzò, ma non si voltò nemmeno a guardarlo. Lo aveva visto con la coda dell'occhio, e tanto gli bastava.

-Scusa.- disse -Ma non è proprio serata... e poi non ho soldi.-

-Oh, tranquillo: offro io... e poi sono decisamente troppo vestito per essere uno stripper.- rispose il ragazzo. La sua voce aveva qualcosa di particolare: era alta, piacevole e sembrava familiare, ma era sicuro di non averla mai sentita prima.

Per un po' pensò di ignorarlo e andare avanti con il suo fissare il niente e farla finita lì e non capì davvero cosa fosse riuscito a farlo cambiare idea, ma alla fine si girò e gli lancio un lungo sguardo.

Era un ragazzo più o meno della sua età, con i capelli scuri rasati e una cresta rossa palesemente tinta che gli dava un'aria vagamente intimidatoria... il suo viso però aveva qualcosa di rassicurante. La sua carnagione chiarissima faceva risaltare il nero dell'anellino che aveva al centro del labbro inferiore, portava un paio di lenti spesse incorniciate da una montatura scura davanti agli occhi castani e aveva un sorriso da combina guai che lo faceva sembrare più giovane. 

Aveva addosso una canotta nera che gli lasciava scoperte le braccia ricoperte di tatuaggi e dei pantaloni di tartan rossi parecchio strambi e... be', decisamente non sembrava uno stripper.

-Già...- borbottò Mike -Troppo vestito.-

Si rese conto circa un secondo dopo di essere in un strip club durante una serata gay e che probabilmente quel ragazzo ci stava provando e che lui gli aveva appena risposto dicendogli che era troppo vestito, ma in fondo cosa aveva da perdere? La sua vita era già un disastro così com'era: difficile farla andare peggio anche impegnandosi... e poi il tipo sembrava simpatico: magari un po' strambo, ma simpatico.

-Sai, ti direi che potremmo andare a casa mia a vedere se troviamo un compromesso, se non fosse che tu non sei in vena e che a casa mia probabilmente c'é la mia ex ragazza che si scopa il mio ex migliore amico.-

Mike annuì -Capisco.- disse.

-Be'...- disse lui scrollando le spalle -Hai un nome, Raggio di Sole?- 

Mike ci pensò un attimo, prima di rispondere: era un bel ragazzo e tutto, ok, ma lui aveva un figlio e uno schifo di vita da gestire, l'idea di trovarsi anche un ragazzo non lo faceva impazzire... ma magari, decise alla fine, potevano essere amici.

-Mike.- disse quasi più a se stesso che a lui -Mike Shinoda.-

-Ciao Mike Shinoda.- rispose il ragazzo -Io mi chiamo Chester... ma tu puoi chiamarmi quando vuoi.-

 

[***]

 

Chester vide Mike ridacchiare alla sua battuta del cazzo e si chiese in che diavolo di secolo vivesse quel ragazzo: quella pick-up line era letteralmente più vecchia del tempo. Però era carino quando rideva: il viso gli si distendeva, quell'unica ciocca rossa che aveva tra i capelli scuri sembrava fluttuare nella penombra del locale e il palo che pareva che avesse su per il culo spariva per un paio di secondi. Aveva la sensazione di averlo già visto ridere.

-Allora, cosa bevi?- gli chiese.

Mike sembrò pensarci su, poi rispose semplicemente una birra rossa

Mike. Chester si rigirò quel nome in testa per un paio di secondi: era un nome comune e di solito si abbinava a facce altrettanto comuni... ma non stava male nemmeno sugli occhioni scuri e tristi e sulle guance paffute di quel Mike. La sua non era per niente una faccia comune: era una faccia vagamente asiatica, un po' infantile e fottutamente adorabile. E a lui pareva di conoscerla, ma probabilmente aveva solo bevuto troppo.

-Sicuro? È una serata gay: nessuno ti ride dietro se prendi un cocktail rosa con un ombrellino e una fragola piantata sul bordo del bicchiere.-

-Non mi piacciono i cocktail rosa.- rispose Mike tranquillo -Troppo dolci per i miei gusti.-

Chester fece spallucce e ordinò due birre medie. Lo vide sorridere con la coda dell'occhio, ma fece finta di non accorgersene.

-Allora, Mike: come mai qui?- 

-Mi ci hanno trascinato dei miei amici.- borbottò lui -Dicevano che andavamo a un concerto... e invece eccoci qui. Tu?-

-Cercavo sesso per ripicca, immagino.- ammise Chester -Ma credo che l'universo mi abbia mandato un messaggio attraverso te.-

-Non avevi una ragazza?-

-Ex. E poi non sono esattamente un fan delle etichette.-

Mike annuì e afferrò la birra che Chester gli stava porgendo ringraziandolo a bassa voce.

-E tu, invece?-

-Io cosa?-

Chester si chiese se stesse scherzando... ma l'espressione sulla faccia di quel ragazzo era talmente seria da essere vagamente comica.

-Sei gay, Raggio di Sole?- gli chiese.

-Oh...- Mike abbassò lo sguardo, come se fosse in cerca delle parole giuste -No... non proprio. Ho avuto un ragazzo per tre mesi, al liceo e non escludo che potrebbe ancora piacermi un maschio prima o poi... ma non mi definirei gay.-

-Ok...- 

Chester sorrise e rimase a fissarlo per qualche secondo. Era un bel ragazzo, decise: aveva gli occhi tristi e un viso vagamente infantile, ok, ma era carino.

-Che cosa fai nella vita?- domandò.

-Disegno cose, per lo più.- rispose Mike -Ho fatto un paio di copertine di un paio di album di un paio di band che nessuno conosce, l'anno scorso. Quest'anno mi sono buttato più sui fumetti.-

-Sembra figo.-

-Abbastanza...- ammise -Invece tu cosa fai?-

-Insegno musica in un liceo della periferia.-

-Davvero?-

La meraviglia era un'espressione interessante sulla sua faccia: gli occhi gli si illuminavano e gli si spalancavano e la sua bocca... Cristo santo, la faccia di quel maledetto Mike era un fottuto capolavoro.

-Lo so, lo so... ho tutto meno che l'aria del prof.-

-No!- si affrettò a dire Mike -Cioè... ok, sì: magari non uno di quelli convenzionali, ma sono sicuro che te la cavi.-

-Su questo non c'é dubbio.-

-E ti piace? Insegnare, dico.-

Chester ridacchiò -Sì, un sacco...- disse -E poi certi ragazzi hanno bisogno di me: a volte la musica è l'unica cosa che li tiene distanti dai casini.-

Mike annuì distrattamente mentre beveva un sorso di birra e Chester capì che non aveva capito. Effettivamente non aveva l'aria del casinista... per niente. 

-È assurdo quello che può fare la musica, sai?- borbottò -Non ci credevo nemmeno io da ragazzo... invece mi ha salvato la vita.-

-Davvero?- chiese Mike alzando la testa di scatto.

Aveva l'espressione di uno a cui sarebbe servito, un salvataggio. Tipo subito, immediatamente.

-Hey, Mickey.- disse secco un altro ragazzo -Fatto amicizia?-

Era spuntato all'improvviso dalle luci da crisi epilettica alle spalle di Mike. Era asiatico, come lui, ma non nello stesso modo. Mike sembrava una specie di incrocio: aveva la pelle olivastra e gli occhi a mandorla, ma non troppo. Se Chester avesse dovuto indovinare, avrebbe detto che probabilmente era per metà giapponese o qualcosa del genere. L'altro tipo invece era più asiatico, ma non giapponese. Forse coreano, o giù di lì.

Mike lo stava fulminando con lo sguardo.

-Che c'é?- sbottò.

-Niente.- rispose il ragazzo -Stiamo levando le tende: vieni anche tu o hai altri programmi?- aggiunse lanciando un'occhiata a Chester.

Mike sbuffò -Vengo.- disse -Dammi solo un minuto.-

Il tizio coreano (?) alzò gli occhi al cielo, ma se ne andò.

-Scusa...- borbottò Mike -Ma casa mia è dall'altra parte della città, e non ho voglia di farmela a piedi o di prendere un autobus a quest'ora.-

-Tranquillo.- disse Chester. 

Cercò di sorridergli e di fargli capire che non se l'era presa: quel ragazzo sembrava così maledettamente insicuro che gli ricordava se stesso parecchio tempo prima, quando era ancora un diciottenne incazzato e convinto che non sarebbe mai diventato grande che si ficcava in un casino dietro l'altro per cercare di sentirsi vivo.

-Facciamo così...- propose mentre posava la birra sul bancone e tirava fuori una penna dalla tasca dei pantaloni.

-Questo è il mio numero.- bofonchiò afferrando la mano sinistra di Mike e cominciando a scarabocchiarci sopra il suo numero -Scrivimi se ti va di parlare ancora, ok?-

Mike ritirò la mano con un gesto esitante e fissò le cifre di inchiostro nero sulla sua pelle per tre lunghi secondi, poi annuì lentamente e si alzò dallo sgabello.

-Buonanotte...- balbettò tenendo lo sguardo basso -E grazie per la birra...-

 

~~~:)~~~

 

1 Giugno - Ovvero il giorno in cui Chester diventò lo strambo preferito di Otis (e anche un po' quello di Mike), ma nessuno dei tre se ne accorse minimamente.

 

-Forza Otis, puoi farcela: cereali.- disse il ragazzo dello strip sventolando una scatola di corn flakes davanti allo sguardo attento del bambino seduto sul seggiolino del carrello.

Era un cosetto di circa due o tre anni con i capelli scuri e gli stessi occhi di Mike. E a quanto pareva si chiamava Otis

-Ce'ea'i.- ribatté convinto.

Chester ridacchiò e si nascose un po' meglio dietro gli scaffali dei cartoni del latte, mentre un Mike dall'aria rassegnata scuoteva la testa con un vago sorriso dipinto in faccia e buttava la scatola di cereali nel carrello. 

Non sapeva se andare a salutarlo oppure no. Da una parte voleva farlo, ma dall'altra... be', Mike non gli aveva scritto, porca puttana. Magari alla fine non ne voleva sapere di lui: in fondo aveva un cavolo di bambino nel carrello. Chester aveva la sensazione che bambino nel carrello nel linguaggio universale del non-detto significasse stammi lontano. Anche se effettivamente quello non poteva essere figlio suo. Gli assomigliava un po', ok, ma Mike era decisamente troppo giovane e non aveva la faccia di uno che avrebbe potuto essere un ragazzo padre... insomma, non sembrava né un casinista né uno da sesso casuale senza preservativo. Quello non poteva essere figlio suo. Magari era un cuginetto, o il figlio di un fratello più grande o qualcosa del genere.

-Papà?- chiamò il bambino poco dopo.

Chester smise di pensare a qualunque cosa stesse pensando (seriamente: a che cazzo stava pensando?). 

Che cazzo?!

-Cosa c'é?- rispose Mike.

Oh porca troia. Pensò Chester

-Cocco'ata.- disse Otis.

-Cosa?-

-Cocco'ata!- ripeté il coso sporgendosi dal seggiolino del carrello con il braccio allungato per indicare uno scaffale di cioccolata.

-Oh, quella.- Mike allungò una mano per prendere una tavoletta di Milka fondente e mostrargliela -Questa si chiama cioccolata, Otis. Non cocco'ata: cioccolata.-

-Cocco'ata.- disse Otis aprendosi in un enorme sorriso sdentato.

-Esatto.- sospirò Mike rassegnato -E questo invece si chiama schifo.- aggiunse mostrandogli una barretta di Aero alla menta.

E a quel punto Chester non si tenne più.

-Non ti piace l'Aero alla menta? Come puoi essere umano?- disse uscendo dal suo nascondiglio dietro lo scaffale del latte.

Mike fece un salto. Si girò di scatto e Chester si ritrovò davanti di nuovo gli occhi scuri e le guance rosse di timidezza di due sere prima e... santa merda, quel ragazzo era fottutamente adorabile.

-Ciao.- ridacchiò.

Mike rimase zitto e fermo a fissarlo per circa cinque secondi e Oh. fu l'unica cosa che riuscì a proferire.

Adorabile. Fottutamente adorabile.

-Oh, ehm... ciao.- balbettò arrossendo appena.

E poi rimase zitto. Con le guance rosa e lo sguardo basso, e Chester si rese conto di non sapere che cazzo dire o fare e di essere un pazzo rincoglionito e mezzo stalker che seguiva un ragazzo e suo figlio in uno stradannato supermercato.

Lo salvò il marmocchio.

-Papà!- esclamò tirando il retro della maglia di Mike -Papà! Cape'i da ma'chio!-

-Cosa?- chiese Chester.

Mike arrossì ancora di più e si spostò da davanti al carrello. 

Il bambino indicò la sua testa e rise -Cape'i da ma'chio!- ripeté.

Chester si toccò distrattamente la cresta rossa -Capelli da che?-

-Capelli da maschio...- spiegò Mike sospirando -Quando ha cominciato ad andare al nido gli hanno ficcato in testa il concetto di cose da maschio e cose da femmina. Volevo provare a toglierglielo e mi sono tinto i capelli perché la sua maestra ha i capelli rosso fragola e volevo dimostrargli che non era una cosa da femmine... ma adesso si è convinto che siano capelli da maschio.-

-Oh, be', considerando che al liceo non facevano altro che attaccare la mia virilità per colpa dei capelli, questo è abbastanza ironico.- borbottò Chester.

Fece un passo avanti verso il piccoletto e lui gli sorrise. 

-Come ti chiami?- gli chiese.

-Ba'man.- rispose lui.

-Batman? Wow, sei famoso allora. Me lo fai un autografo?-

Mike ridacchiò e Chester si sentì meglio all'improvviso.

-Si chiama Otis.- disse ancora sorridendo.

-Otis, eh?-

Chester si inginocchiò e guardò il bambino negli occhi.

-Ciao Otis.- disse -Io mi chiamo Chester.-

-Che'te'.- dichiarò Otis.

-Be'... più o meno.- ridacchiò lui -Prova con Chazy.-

-Chasy.- disse Otis.

-Già meglio.-

-Non è molto bravo con le consonanti...- spiegò Mike.

-Na'... con i bambini non bisogna avere fretta. Con calma ci arriverà.-

Otis ridacchiò, come se si sentisse chiamato in causa. Chester gli fece un po' di solletico sul collo e lui rise ancora.

-Ci vieni spesso qui?- chiese Mike a sorpresa.

Chester cercò di trattenere una risata: erano in un supermercato, porca puttana... casa sua era dietro l'angolo, certo che ci andava spesso.

-Abbastanza.- ammise -Tu?-

-Solo quando dobbiamo comprare i cereali, in realtà. I suoi preferiti li vendono solo qui.-

-Sei un mostriciattolo esigente, eh?-

-Tì.- rispose Otis.

-Non ne hai nemmeno idea...- borbottò Mike passandosi una mano tra i capelli -Senti... mi dispiace di non averti scritto... volevo farlo, ma...-

Chester spostò lo sguardo da Otis a lui. Era rosso come un peperone e  si fissava la punta delle Converse come un fottuto liceale venuto fuori da una di quelle soap che davano nel primo pomeriggio nei più oscuri recessi di quella lunga lista di canali dimenticati da Dio che nessuno cagava mai e che lui di sicuro non aveva mai guardato. Sembrava sul punto di svenire o qualcosa del genere.

-Tranquillo.- gli disse sorridendo -Per quanto sembri assurdo, non sono più un adolescente da un po': immaginavo avessi altro da fare.-

Mike sorrise. Caso di timidezza cronica... e Chester di solito non era un fan della timidezza, ma su di lui per qualche motivo era adorabile.

-Cocco'ata.- sbottò Otis.

-Sì, ma si dice cioccolata, Otis.- gli rispose Mike.

-Cocco'ata?- ripeté Otis girando la testina verso Chester.

-Oh, non guardare me, coso. Ha ragione lui...- 

-Cocco'ata...- bofonchiò di nuovo il bambino.

-Va bene, sì, Otis. Prendiamo la cioccolata.-

-Cocco'ata!- esclamò battendo le manine.

Chester ridacchiò.

-É davvero un bel cosetto, sai?- disse scompigliandogli i capelli.

-Ehm... grazie.-

-Scusa... non voglio sembrare molesto, è che mi piacciono un sacco i bambini.-

-Non c'é problema...-

Mike fece un passo avanti e afferrò di nuovo il manico del carrello.

-Ora devo andare...- biascicò -Ma ti giuro che questa volta ti scrivo.-

Chester lo guardò andare via con in faccia il sorriso più ebete della storia.

 

~~~(:~~~

 

4 Giugno - Ovvero il giorno in cui Mike e Chester diventarono amici.

 

Mike era seduto sul letto con il cellulare in mano da almeno mezzora, a fissare con aria assente Otis che frugava allegramente nell'armadio. Circa dieci minuti prima aveva trovato le sue uniche due cravatte... che ora stava annodando tra loro senza pietà.

-Gua'da papà!- farfugliò allegramente porgendogli un groviglio di stoffa grigia e blu -Fiocco!-

Mike sospirò e gli sorrise stancamente, prima di prenderlo in braccio e togliergli le cravatte dalle mani. Avrebbe dovuto chiedere a sua suocera di stirarle. Odiava chiederle quel genere di cose, ma non era colpa sua se era negato... e poi lui non era cresciuto in una famiglia che credeva nella parità dei sessi, ergo: era un uomo adulto e indipendente con un figlio e una casa da mandare avanti, ma nessuno gli aveva mai insegnato a stirare. O a fare la lavatrice. O a cucinare. E per quanto stesse cercando di imparare, stirare era decisamente fuori dalla sua portata.

Il sessismo avrebbe rovinato il mondo. O forse lo aveva già fatto.

-Secondo te cosa dovrei fare, Otis? Gli scrivo?-

-Tì.- rispose Otis... e Mike fu quasi tentato di dargli retta, prima di ricordarsi che suo figlio aveva due anni, che rispondeva a qualunque domanda e che il suo non era un parere affidabile.

Ma in fondo che cazzo lo fermava? Chester gli piaceva, e lui era solo come un cane e non gli era mai piaciuto stare solo... e poi aveva visto Otis e non aveva fatto una piega, e non era una cosa da tutti: la verità era che non era pronto, ecco cosa. Da quando Anna... dopo Anna, non aveva mai pensato che avrebbe potuto innamorarsi di nuovo. E non si sentiva pronto per innamorarsi di nuovo. E poi Chester era un maschio, porca puttana... e ok, sì, non sarebbe stato il suo primo ragazzo, ma l'ultima volta aveva sedici anni, non aveva un figlio e non aveva un capo omofobo come la merda che esprimeva il suo odio per i gay a ogni pié sospinto. 

Quanto meno lavorava a casa e non gli toccava vederlo ogni giorno: vederlo a ogni scadenza bastava e avanzava.

Magari Chester non lo vedeva neanche in quel modo e lui si stava facendo un sacco di seghe mentali per niente: magari voleva solo essere suo amico e finita lì... il che sarebbe stato assurdo dato che si erano conosciuti al Meteora, ma ormai si era abituato al fatto che ben poco nella sua vita avesse senso e per carità: essere amico di un tizio pescato in uno strip club non sarebbe stata nemmeno la cosa più strana che gli era successa negli ultimi due anni. Nemmeno lontanamente.

Otis si dimenò sulle sue ginocchia cercando di farsi notare.

-Cosa c'é?-

-Gua'da.- disse lui in tono fiero -Ho 'chitto.- aggiunse poi mostrandogli il cellulare. 

Mike fece una smorfia e gli tolse il telefono dalle mani: quando diavolo l'aveva preso?

-Questo non si tocca.- borbottò guardando distrattamente lo schermo mentre Otis gattonava giù dalle sue gambe e cominciava a saltare sul letto.

Passarono circa cinque secondi prima che lo notasse... e quando lo notò rischiò un ictus: aveva veramente scritto. A Chester.

Cioè, non aveva proprio scritto: aveva due anni, Cristo Santo. Mica sapeva scrivere. 

Gli aveva mandato un NEIDNGBVU JT RIVI, al che Chester aveva risposto con Eh? 

-E adesso che cazzo faccio?- urlò all'armadio.

Se fossero stati ne La Bella e la Bestia, probabilmente l'armadio gli avrebbe dato qualche buon consiglio... invece l'unica risposta che Mike ottenne fu suo figlio che smetteva di saltare sul letto, lo guardava male con i suoi occhioni scuri e sbottava un No' si dice! parecchio scocciato.

-Hai ragione, Otis. Scusa...- borbottò buttandosi all'indietro sul materasso -É che sono un po' in crisi al momento.-

-Chisi.- ripeté suo figlio annuendo con aria comprensiva.

-Si dice crisi, Otis: con la R. R di Ramarro marrone.-

-Chisi.- ribadì lui imperterrito.

-Sì, esatto. Proprio quella...-

-Pe'ché?-

Mike si girò a guardarlo. Si era seduto sul letto adesso e lo fissava con occhio attento. Ovviamente non aveva capito cosa stava succedendo, perché aveva due anni e probabilmente crisi non sapeva nemmeno cosa volesse dire... però a volte era inquietante il tempismo con cui chiedeva perché

-Perché stavo cercando di pensare a qualcosa per fare una bella impressione su Chester e tu gli hai appena scritto in bambinese.- gli spiegò.

-Pe'ché?-

-E io che cavolo ne so? Gliel'hai scritto tu, non io.-

Otis aprì la bocca come per rispondere, ma poi la richiuse e si guardò attorno.

-Pissa?- chiese qualche secondo dopo.

Mike ridacchiò: ogni tanto si dimenticava che i bambini avevano la capacità di concentrazione di un pesce rosso.

-Sì, possiamo mangiare la pizza questa sera.-

 

[***]

 

Erano le nove e mezza passate quando Mike prese di nuovo in mano il telefono. Aveva appena messo a letto Otis e stava tirando fuori una lattina di Sprite dal frigo quando lo sentì partire a vibrare come se fosse stato posseduto e si ricordò di quel qualunque cosa fosse che suo figlio aveva scritto a Chester. Lasciò perdere la Sprite e si tuffò verso l'altro lato per cercare di prenderlo prima che vibrasse giù dal tavolo: non sarebbe stata la prima volta che quel telefono si faceva un volo e non era sicuro di quanti altri avrebbe potuto reggerne.

Si sedette per terra con il cellulare che ancora vibrava, a fissare l'avviso di chiamata in entrata come un coglione sperando con tutto se stesso che qualcosa succedesse. Non sapeva nemmeno lui cosa, bastava che risolvesse quel casino, o che almeno gli facesse passare l'ansia.

Passò il resto della vita a non avere la più pallida idea di quale santo gli avesse dato il coraggio di rispondere.

-Pronto?- balbettò portandosi il telefono all'orecchio.

«Ciao, Mike.» rispose la voce di Chester «Disturbo?»

-No, stavo solo... no, non disturbi.-

Stavo solo per buttarmi sul divano e guardarmi Big Hero 6 per la milionesima volta auto commiserandomi come un adolescente depresso. Non disturbi.

-Scusami per prima... Otis mi ha fregato il telefono e...-

Chester ridacchiò e Mike per un attimo si incantò: il modo in cui parlava e rideva gli suonava ancora più familiare al telefono e ora che non poteva vederlo... vedeva altro. Immagini simili a flash gli affollavano la testa: un ragazzo con i capelli biondi ossigenati e i vestiti troppo grandi, la pensilina di un autobus invasa dalle spirali azzurrine del fumo di due sigarette, la luce dell'alba che si rifletteva contro le finestre di una città che non conosceva. Erano come ricordi, ma più sfocati e più insistenti. Rassicuranti, in qualche modo.

«Tranquillo, immaginavo che c'entrasse il marmocchio. Non hai la password?»

-Vivo da solo con un bambino di due anni: la password non servirebbe a granché.- spiegò Mike. 

I flash si bloccarono all'improvviso, e Chester tornò a essere un ragazzo piacevolmente strano con la cresta rossa e il piercing al labbro.

-Comunque... diciamo che stavo provando a scriverti io e...-

«E lui ti ha dato una mano?»

Mike si sforzò di ridacchiare -Sì, più o meno.- disse.

«Molto carino da parte sua...»

-Già...-

«Senti... ti va se ci beviamo qualcosa una di questa sere?»

Mike ebbe un brivido e gli toccò appoggiarsi alla gamba del tavolo della cucina: che diavolo avrebbe dovuto fare? Chester era un tipo interessante ed era anche un bel ragazzo... ma lui aveva un figlio, porca puttana: aveva delle responsabilità e non era esattamente la persona più libera del mondo... e poi c'era Anna: non era sicuro di voler rischiare ancora. Se Chester gli avesse spezzato il cuore, che cazzo avrebbe fatto dopo? Otis aveva bisogno della versione sana di mente di suo padre: Mike non poteva permettersi la depressione. Non di nuovo. 

E restava il fatto che Chester fosse un ragazzo e per quanto lui si considerasse bi e di mentalità aperta, gran parte del resto del mondo continuava a non avere una grande simpatia per i maschi che se la facevano con altri maschi, e...

«Mike, tutto a posto?»

-Sì... sì, scusa. Stavo solo pensando.-

«C'é qualcosa che non va?»

Mike sospirò -No... cioè... è complicato.- bofonchiò -É solo che... non so come prendere questo... invito?-

«In che senso?»

-Io non... non sono mai stato bravo in queste cose, ok? E non sono sicuro se ci stai provando oppure no e la cosa mi terrorizza.- sbottò.

Dio solo sapeva da dove gli fosse il coraggio di dire una cosa del genere. Tutto quello che sapeva era che l'idea di averlo veramente detto gli faceva venire voglia di ficcare la testa del forno e lasciarcela.

«Tu vorresti che io ci provassi?»

-Non lo so.- ammise Mike -Non ne ho idea.-

«Ok, senti, non starò qui a raccontarti cazzate: mi piaci Mike, ma se non vuoi che usciamo insieme in quel modo... possiamo anche solo essere amici e vedere come va, per adesso.» disse Chester. 

Non sembrava né incazzato né deluso, solo comprensivo e sembrava quasi una cosa troppo bella per essere vera.

-Davvero?-

«Certo.»

Mike sospirò e guardò il calendario, raccogliendo tutta la sua buona volontà. 

-Sei libero venerdì sera?- domandò. 

Il venerdì davano le repliche di Supercar in qualche oscuro canale della tv via cavo e sua suocera non se lo sarebbe persa nemmeno se fosse stata la fine del mondo, quindi poteva chiederle di badare a Otis: tanto non sarebbe andata in giro.

«Andiamo Raggio di Sole, insegno in un liceo e ho mollato la mia ragazza da una settimana: sono sempre libero la sera.»

-Allora... ci troviamo davanti al supermercato alle nove?-

«Perfetto.»

-Perfetto.- ripeté Mike.

Già, alla grande.

 

~~~:)~~~

 

22 Agosto - Ovvero il giorno in cui Chester, Mike e Otis guardarono insieme Lilo e Stitch.

 

«No, ormai gli è rimasta solo un po' di febbre in realtà, ma non mi fido a lasciarlo da sua nonna: già lo vizia di suo, quando è malato poi lo riempie di dolci e schifezze varie. Se glielo porto stasera, domani mattina avrà l'indigestione.»

Chester ridacchiò e coprì il telefono con la mano mentre un ragazzino che sembrava del primo anno sfrecciava alla sua destra.

-Hey coso, i corsi di Algebra sono dall'altra parte!- gli gridò mentre quello correva irrimediabilmente dalla parte sbagliata.

-Grazie bro!- gli rispose il ragazzino girandosi per tornare indietro.

Fammi fare qualunque cosa, ma non la sorveglianza ai corsi estivi. Aveva detto alla preside mesi prima. E invece eccolo lì a sudare come un coglione, piantato come un palo in mezzo ai corridoi. Ad Agosto. A volte Odiava il suo lavoro.

«Un altro che ha sbagliato strada?» gli chiese Mike.

-Già. È un cazzo di incubo, questo corridoio. Dovrebbero metterci un cartello.- borbottò mentre una ragazza gli passava davanti e andava dalla parte giusta.

Lui lo aveva sempre detto che le donne erano creature superiori, porca vacca.

-Comunque non so cosa ti aspetti da quella povera donna: è una nonna, è programmata per viziare suo nipote...-

«Vero anche questo...» ammise Mike ridacchiando «Comunque... mi dispiace un sacco per stasera. Non avevamo mai saltato un venerdì prima...»

-Na'... tranquillo Mickey. Ci rifaremo la settimana prossima.-

Però era vero: non avevano mai saltato un venerdì da quando erano usciti insieme la prima volta. E in un certo senso era inquietante.

«A meno che... no, è un'idea idiota.»

-No, avanti. Esprimiti.- ordinò Chester incuriosito.

«Ma dai, era una cazzata...»

-Michael.-

«Ok, ok...» si arrese Mike «Tu l'hai già avuta la varicella?»

Chester cercò di ricordarselo. L'aveva avuta la varicella?

-Credo di sì, perché?-

«Perché è la cosa più idiota di questo universo, ma stasera io e Otis mangiamo la pizza e guardiamo Lilo e Stitch... vuoi unirti?»

-Uhm... ti piace l'ananas sulla pizza?- 

Mike rise «Ew... no!» esclamò.

-Allora contami pure.-

«Sei serio?»

-Come la peste.- confermò Chester.

-Scusa amico, sai per caso dove...- chiese un ragazzotto alto un chilometro arrivando trafelato dalle scale. Chester indicò verso sinistra.

«Ma dai, Chaz! Sarà una noia mortale...»

-Scherzi? Adoro i film della Disney. E poi mi piace Otis, non mi dispiace averlo tra i piedi.-

«Non sei serio.»

-Perché non dovrei, scusa? Sei il mio migliore amico e tuo figlio è così fottutamente adorabile che ogni volta che lo vedo mi sciolgo... se a te sta bene avermi in giro per casa per una sera non vedo perché non dovrei voler venire.-

Chester vide fisicamente Mike arrossire, anche se non lo vedeva.

-E poi hai la Play, se ci annoiamo troppo possiamo sempre giocare un po'.- aggiunse, tanto per sdrammatizzare un po'.

«Allora vieni qui alle sette?»

-Perfetto.-

Chester mise giù e alzò lo sguardo sul corridoio: vuoto come un fottutissimo deserto. Odiava le scuole d'estate. Ma proprio tanto.

 

[***]

 

Quando il campanello della porta suonò Mike stava cercando di dare una parvenza di decenza al salotto: Otis poteva anche avere la varicella, ma la forza di ridurgli casa a un valido esempio di come doveva essere il caos prima della nascita dell'universo la trovava sempre e comunque.

Mollò il sacchettone delle costruzioni in un angolo della stanza e andò ad aprire, mentre suo figlio gli trotterellava attorno. Ogni tanto Mike si domandava perché non poteva essere uno di quei bambini che quando stavano male si calmavano. Spalancò la porta e scosse la testa fra sé e sé, senza nemmeno guardare Chester entrare: tanto sapeva che sarebbe stato vestito quasi completamente di nero e che avrebbe avuto borchie e catene dappertutto... perché lui era fatto così: il nero scuro e le borchie erano la sua armatura. 

-Che'ter!- esclamò Otis saltandogli addosso.

Lo aveva visto solo qualche volta e non era mai stato un bambino particolarmente socievole, ma Chester sembrava piacergli un sacco, nonostante l'aspetto strambo e tutto.

-Hey, Tigre!- lo salutò lui prendendo in braccio -Hai imparato a dire la R?-

-Tì!-

-No, non é vero.- ridacchiò Mike -Gli viene solo ogni tanto per sbaglio.-

-Be', è già un inizio.-

-Indubbiamente.-

-E tu come stai, Raggio di Sole?-

-Alla grande...-

Adesso che ti vedo, meglio. Avrebbe voluto dire Mike, ma il giorno in cui avesse trovato il coraggio di dire una cosa del genere, probabilmente co sarebbe stata la fine la fame nel mondo.

 

[***]

 

Come finirono a guardare Steven Universe su Cartoon Network attorno a mezzanotte, non lo capì mai nessuno dei due. A dire il vero, non sapevano nemmeno che era quasi mezzanotte. 

-Comincio a capire perché Otis adora questo cartone...- borbottò Mike a un certo punto.

Chester sistemò meglio la testa sul suo petto e soffocò uno sbadiglio -Perché ha una trama incredibilmente interessante e con due episodi credo che mi abbia creato più dipendenza della nicotina?-

-Ha due anni e mezzo, Chaz, che cacchio vuoi che ne capisca della trama?-

Chester fecce spallucce e una delle sue spalle urtò appena contro una delle costole di Mike. 

Nonostante la sua timidezza, in quel momento non sembrava particolarmente a disagio, il che per Chester era oro, perché quel ragazzo era fottutamente comodo.

-E allora perché lo adora, secondo te?-

-Perché ha una grafica maledettamente adorabile... e poi perché anche Steven ha un papà, ma non una mamma.-

-Quindi secondo te è troppo piccolo per capire la trama ma non è troppo piccolo per capire che Steven non ha la mamma?-

Mike rimase in silenzio per qualche secondo e Chester si diede dell'idiota: lo conosceva da mesi, ma non l'aveva mai sentito parlare della madre di Otis. Mai. E... be', in un modo o nell'altro aveva capito 

che la storia era complicata e probabilmente fottutamente dolorosa e che non gli piaceva parlarne, e quindi non aveva mai chiesto: se c'era qualcosa che aveva capito di Mike, era che aveva bisogno dei suoi tempi su certe cose, e che forzarlo lo faceva solo stare male. Se mai ne avesse avuto bisogno ne avrebbe parlato di sua spontanea volontà, e finita lì.

-Per un bambino, per quanto piccolo sia, cercare la mamma è un istinto primario. Se la mamma non c'é se ne accorge.- borbottò in quel momento.

-Be'... Otis almeno ha un papà fantastico. Ci sono bambini che non hanno una mamma e hanno un padre di merda.- ribatté Chester.

-Perché ho la sensazione che parli per esperienza?-

-I miei hanno divorziato quando ero piccolo...- disse sbadigliando -Non so esattamente perché mi lasciarono con mio padre. Mia madre non l'ho più vista da allora e lui... be', non gli piacevo più di tanto. Poi a un certo punto mi ha beccato con un ragazzo e tutta la nostra fantastica relazione padre/figlio è andata a puttane. Mi ha buttato fuori casa quando avevo sedici anni.-

-Oh... mi dispiace.-

-Na'... probabilmente se non l'avesse fatto spaccerei ancora erba nei bassi fondi di Phoenix, quindi va bene così.-

Mike sospirò -Devi averlo odiato parecchio...-

-In realtà no... è un vecchio coglione bigotto e probabilmente non mi accetterà mai, ma è mio padre... e posso non sopportarlo e fregarmene del fatto che pensi che stia sprecando la mia esistenza a insegnare qualcosa che nella vita non serve a un cazzo a un branco di capre con la testa vuota, ma non potrei mai odiarlo.-

-Anche i miei mi hanno cacciato di casa, quando ho detto loro che volevo sposare Anna... però avevo ventun'anni e avevo un lavoro, quindi immagino non sia esattamente la stessa cosa.- 

-Anna?- ripeté Chester, girandosi in modo da poterlo vedere in faccia.

-Era la mamma di Otis... è morta l'anno scorso.-

-Oh.- fu tutto quello che riuscì a spiccicare -Cristo, mi dispiace un sacco.-

Mike sospirò ed evitò il suo sguardo quando lui tolse la testa dal suo petto e si mise dritto per cercare di vederlo bene e di capire cosa cazzo avrebbe dovuto fare.

-Suo padre era morto a trentadue anni di una malattia genetica... e io lo sapevo praticamente dall'inizio che ce l'aveva anche lei, ma ero convinto che fosse la donna della mia vita e credevo che non mi interessasse davvero. A ventun'anni l'ho sposata e l'anno dopo è nato Otis... e i miei mi odiavano, perché Dio, Mike, è così affrettato e Non è nemmeno giapponese... le solite cose da genitori, immagino. E a me sarebbe anche piaciuto fare le cose più con calma, ma non c'era tempo, porca puttana.- raccontò Mike tutto d'un fiato -Non c'era tempo.-

Chester esitò un attimo, prima di abbracciarlo. In fondo magari Mike non aveva bisogno di quel tipo di conforto. Magari aveva solo bisogno di essere lasciato in pace e smaltirsela da solo. Però nel corso nella sua breve e miserabile vita aveva imparato che alle persone non piaceva guardare la morte in faccia da sole. Soprattutto se era la morte di qualcun'altro. 

Si mosse dolcemente per non spaventarlo, ma appena lo toccò Mike praticamente gli si avvinghiò addosso e gli nascose la faccia nella spalla. Chester ebbe una specie di dejavu in quel momento: si ricordò di una notte che sembrava lontana secoli e di una corsa in skateboard e di un Mike che era quasi un bambino che gli apriva una porta in pigiama e lo abbracciava e non poteva essere un ricordo vero, perché Mike aveva ventiquattro anni e lui lo conosceva solo da qualche mese... ma lo sembrava. Sentì tutto il dolore che la sua versione adolescente stava provando, sentì il freddo della notte sulla pelle... sembrava vero. D'istinto cominciò ad accarezzare la nuca di Mike come Mike faceva con lui in quella specie di flashback e lo sentì rilassarsi appena.

-È tutto a posto, Mickey.- gli borbottò.

-Mi manca un sacco...- singhiozzò lui.

-Lo so... ma vedrai che le cose andranno meglio con il tempo.- 

Mike non disse altro e Chester continuò a coccolarlo come se fosse stato un bambino.

Quando Otis uscì mezzo assonnato dalla sua cameretta, la mattina dopo, li trovò addormentati sul divano ancora abbracciati. Piegò la testa verso destra e rimase a fissarli per un po', prima di decidere di arrampicarsi sul divano, infilarsi in mezzo a loro e farsi un altro sonnellino.

 

~~~(:~~~

 

10 Settembre - Ovvero il giorno in cui Chester Bennington fu illuminato da una ragazzina.

 

Se al Chester di una decina di anni prima avessero detto che attorno ai venticinque anni gli sarebbe capitato di svegliarsi nel cuore della notte urlando come un deficiente dopo aver sognato una guerra in un deserto in culo al mondo senza essere mai stato in guerra in vita sua, il Chester quindicenne avrebbe riso. 

Questo coglione ha giocato troppo a Call Of Duty. avrebbe detto Quale maledetto cagasotto fa brutti sogni per CoD?

E in linea di massima il Chester di venticinque anni sarebbe stato anche d'accordo, se non fosse stato che il giorno prima la Play non l'aveva nemmeno guardata e che comunque più di qualche volta nel corso della sua vita da adulto indipendente gli era capitato di passare letteralmente giorni spalmato sul divano a spararsi un videogame più sanguinolento dell'altro e mai e poi mai poi aveva avuto problemi a dormire. 

La cosa ancora più inquietante a proposito di quel fottuto sogno era Mike. Mike che aveva i capelli cortissimi e gli occhi stanchi e la pelle bruciata dal sole e sembrava così dannatamente devastato che faceva male. E non sembrava un sogno: sembrava un ricordo... il che era impossibile, cazzo: Chester non era mai stato in una guerra vera, porca troia. Tantomeno era stato in una guerra vera con Mike Shinoda. 

Un altra cosa a cui il Chester di quindici anni non avrebbe mai creduto era che il Chester di venticinque dopo aver passato una notte praticamente in bianco era riuscito ad alzarsi alle sei del mattino dopo senza che nessuno lo minacciasse di morte, si era vestito ed era andato a scuola. Seriamente, se a quindici anni qualcuno gli avesse detto che sarebbe diventato un professore, Chester avrebbe riso fino allo sfinimento e poi avrebbe mandato a cagare chiunque glielo avesse detto.

Invece adesso eccolo lì, a sonnecchiare sulla cattedra durante l'ora buca prima della prima lezione con quelli del secondo anno. Mancava circa mezz'ora alla campanella e normalmente quella sarebbe stata la sua pausa sigaretta, ma quella mattina aveva davvero troppo sonno anche solo per aver voglia di fumare. E poi continuava a pensare al Mike del sogno e a quanto sembrasse reale. Ba'... inquietante.

-Yo, Chester.- disse una voce mentre una figura piuttosto bassa entrava nella stanza -Passate bene le vacanze?-

Chester alzò la testa di scatto e vide una ragazza asiatica alta un metro e un tappo che si sedeva in primo banco.

-Ciao Molly... sei in anticipo.- disse sorpreso mentre un sorriso gli nasceva sulle labbra.

Melissa James era una delle sue persone preferite: studentessa tendente al geniale con un odio folle per la matematica e ragazza supercazzuta con una passione smisurata per la musica emo, il tutto concentrato in un metro e sessanta scarso di occhi a mandorla, occhiali da secchiona, vestiti neri e capelli sempre un po' in disordine. Non si poteva non adorarla. 

E poi era una dei suoi pochi alunni che non avevano mai avuto problemi a vederlo come una persona: fin da quando lui l'aveva chiesto, lei lo aveva chiamato per nome e gli si era rivolta come si rivolgeva a tutti gli altri esseri umani, e il fatto che ci fossero ragazzi che ci riuscivano fin dalla prima ora era una delle poche cose che gli facevano capire che non era un completo fallimento in quello che faceva.

-Ho bruciato mate e non avevo niente di meglio da fare, quindi ho pensato di venire qui a chiacchierare un po'.-

-Già salti lezioni? Cristo, non cambi proprio mai.-

-Parla quello che viene il primo giorno vestito da cantante sbandato da battaglia.- ribatté la ragazza.

Chester lanciò uno sguardo ai suoi vestiti e si rese conto che sì, in effetti sembrava pronto per un palco.

-Devo spaventare quelli del primo anno.- sbuffò -Tu che scusa hai?-

-Piantala, dovevo parlarti.-

-A che proposito, di grazia?-

-Perché eri in centro con mio cugino l'altro sera?- chiese Molly con un sorriso trionfante.

-Molly. Non ho la più pallida cazzo di idea di chi sia tuo cugino.-

-Sì che ce l'hai: è un ragazzo alto, circa della tua età, asiatico con una ciocca tinta di rosso sul davanti e-

-Ferma lì!- esclamò Chester -Mike è tuo cugino?-

-Almeno lo era fino all'ultima volta che ho controllato.- disse lei ridacchiando -Allora, che ci facevi con lui?-

-Niente. Siamo amici?-

-Sarò un'asociale, ma non sono nata ieri Chester: ho visto come lo guardavi.-

Chester non riuscì a trattenere una smorfia di stupore -Perché? Come lo guardavo?-

-Come se fosse il fottuto centro dell'universo.- sbottò Molly -E ok che io non ne ho, ma sono abbastanza sicura che quello non sia il modo in cui la gente normale guarda i propri amici.-

-Ma io non sono una persona normale.- le fece notare lui -Sono un professore di musica parecchio strambo e vagamente sfigato. In pochi mi conterebbero come normale.-

-Dettagli, amico mio. Dettagli.- ribadì Molly spostandosi una ciocca di capelli dagli occhi -Quindi, ora che abbiamo appurato che lo guardi come se fosse il fosse il fottuto centro dell'universo: che cosa sai esattamente di Mike?-

-So di Anna, se è questo che intendi.- bofonchiò Chester.

-Sai anche di Otis?-

-Sì... più o meno dalla seconda volta che ho visto Mike.-

-Be'... questo è positivo. Almeno sai che psicologicamente quel ragazzo è un macello.-

-Hai intenzione di condividere anche informazioni utili o rimani sull'ovvio?-

-Oh.- dichiarò Molly ammiccando -Quindi ti interessa.-

Chester si sentì arrossire di brutto. 

Porca puttana. pensò Mi ha fottuto in pieno.

-Ok, sì, forse un pochino mi piace.- ammise nascondendosi la faccia tra le mani.

Mi sto confidando con una ragazzina. Che cazzo.

-Be'... e lui lo sa?-

-Diciamo che la prima volta che l'ho visto ci ho provato spudoratamente.-

-Chester, porca puttana!-

-Che c'é? Avevo appena mollato la mia ragazza ed eravamo in un cazzo di str...-

-Ok, ok, non lo voglio sapere.- lo interruppe Molly -Che intenzioni hai con lui, comunque?-

-Non ho intenzioni. Restiamo amici, non combino casini e questo è quanto.- sentenziò Chester.

-Perché? Mike è un gran bravo ragazzo, e non è nemmeno poi così brutto.-

-È un figo, se proprio dobbiamo dire le cose come stanno, ma non è questo il punto.-

-E qual é il punto, prof?-

-Il punto è che Mike è un tipo incasinato, ok? E ha bisogno di qualcuno che possa dargli stabilità e possa stargli vicino in un modo decente. Io invece sono praticamente un disastro con le gambe, cazzo!-

-Ma va... cioè, un disastro con le gambe lo sei veramente, ma in fondo lo siamo un po' tutti, no?-

-Non ho intenzioni con lui, Molly.- ribadì Chester con un sospiro -Anche se mi piacerebbe.- aggiunse a voce più bassa.

Molly sbuffò e scosse la testa borbottando qualcosa come Abbiamo una psicologa delle scuola per cosa?.

-Cambiamo argomento, per carità... lo sai che hai un'aspetto inquietantissimo? Le occhiaie sembrano vere.- disse -Quelli del primo anno andranno in crisi.-

-Sono vere...- borbottò Chester -Ultimamente ho problemi a dormire.-

-Il terribile e spaventoso professor Chester Bennington ha problemi a dormire?- 

-Piantala... è che faccio sogni strani.-

-Che tipo di sogni strani?-

-Se te lo dicessi non sarebbe più un cambio di argomento.-

Molly fece una faccia schifata -Ma Cristo, Chester!-

-Non in quel senso!- si affrettò a dire Chester -Dio santo: sarò una brutta persona, ma non faccio così tanto schifo, sai?-

-Ok, ok...- borbottò lei -Che tipo di sogni, allora?-

-È strano, ma... se non fossi sicuro che è impossibile giurerei che sono ricordi.-

-In che senso?-

-Ho questi flash di me e lui da piccoli... e all'inizio sembra tutto molto dolce e coccoloso... solo che poi cresciamo e cominciano a succedere casini e non so bene come, finiamo in una fottuta guerra in mezzo al deserto e... non finisce bene.-

-Oh. E sono così tanto realistici?-

-Abbastanza da farmi svegliare urlando.- disse Chester -E non è facile farmi svegliare urlando.- 

Molly rimase in silenzio per quasi un minuto, giocherellando con il ciondolo a forma di pentacolo che portava al collo.

-L'hai mai sentita la teoria del multiverso?- chiese alla fine.

-Forse su The Big Bang Theory.-

-Be', la teoria del multiverso dice che esistono infiniti universi leggermente diversi l'uno dall'altro, ma che hanno sempre e comunque dei punti in comune. Ad esempio potrebbe esistere un universo in cui io sono orfana da quando ero piccola e risolvo crimini per colmare il vuoto.-

-Quindi secondo te i miei sogni sono flash da un universo alternativo?-

-Più o meno.-

Mi sembra una cazzata.- decise Chester.

-Oh, probabilmente lo è... però se non lo fosse, allora probabilmente il punto in comune dei tuoi universi sarebbe Mike.-

 

~~~:)~~~

 

19 Settembre - Ovvero il giorno in cui Mike e Chester non fecero un castello di sabbia.

 

-No, Chester!- sbottò Mike cercando di non far cadere il telefono incastrato tra la spalla e la faccia mentre cercava con tutto se stesso di trovare quel maledetto unico foglio che gli mancava da ripassare a inchiostro per la consegna di lunedì -Non posso.-

«Ma dai, sarà divertente!» ribatté Chester dall'altra parte «E poi scommetto che è una vita che non vai al mare.»

-Che c'entra? Non posso semplicemente piantare Otis da sua nonna per una giornata: mi approfitto già troppo di quella povera donna.-

«E dai Mickey: da come la descrivi, scommetto che se glielo chiedessi te lo terrebbe anche fino Natale pur di vederti contento. E poi oggi è venerdì: Otis è all'asilo e probabilmente comunque glielo avresti portato stasera. Alla fine sono solo un paio di ore in più...»

Mike sospirò e rinunciò a cercare il foglio. 

Effettivamente Chester non aveva torto: sua suocera gli diceva spesso che avrebbe dovuto uscire di più.

«E poi non ti chiedo tutta la giornata... mi basta il pomeriggio. Ti avrei chiamato prima sennò.» aggiunse mentre Mike cercava di trovare una scusa per non andare al mare.

Non è che avesse qualcosa di particolare contro le spiagge: ok, odiava il sole che gli picchiava impietoso sulla testa, odiava la sabbia che gli si infilava ovunque e odiava che la gente lo guardasse, ma da quello che sapeva più o meno tutti odiavano quella parte delle spiagge. Più che altro non era dell'umore di andare al mare... non lo era da circa un anno e un quarto. 

-Chester io non...- borbottò.

«Ti giuro che non ti costringo a fare niente che non hai voglia di fare.» lo interruppe Chester «Cazzo, sai che ti dico? Non devi nemmeno toglierti la maglietta se non ti va: in fondo devo solo registrare dei suoni per una lezione, mica dobbiamo per forza fare cose da spiaggia.»

-Ecco, veramente...-

«Per favore... sarebbe una noia mortale se ci andassi da solo!»

Mike non riuscì a non farsi scappare un sorriso: Chester era talmente maledettamente dolce certe volte... e certe volte gli veniva quasi da ridere se pensava a quanto ci provasse con tutto se stesso a sembrare terrificante.

-A che ora?- si arrese con un sospiro.

Poté quasi vedere il suo ghigno di trionfo attraverso il telefono.

«Ti passo a prendere verso le tre?»

-Andata...-

 

[***]

 

Quando Chester e Mike raggiunsero la spiaggia erano quasi le quattro e mezza, e non c'era un cazzo di nessuno in giro... e Chester diceva che per le sue registrazioni era oro e schifo allo stesso tempo, perché per quanto il mare si sentisse bene, una spiaggia non era una spiaggia senza il casino della gente che prendeva il sole o che giocava a beach volley.

Il tempo non era granché: il cielo era di un colore strano, quasi perlaceo e l'oceano era leggermente mosso. C'era un po' di vento e non faceva propriamente caldo e Mike non riusciva a capire come Chester potesse starsene a petto nudo con i piedi in acqua mentre lui aveva a malapena il coraggio di togliersi il cappuccio della felpa dalla testa. 

Era seduto su un asciugamano, con le gambe al petto per evitare di ritrovarsi le scarpe e i jeans pieni di sabbia. Il registratore era acceso a pochi metri da lui e in realtà avrebbe potuto tranquillamente parlare con Chester senza che la sua voce finisse registrata e ascoltata da un branco di ragazzini incazzati in un liceo di periferia, ma preferiva restare zitto a guardarlo. Quando la sua mente era persa a pensare ad altro, ogni tanto Mike si concedeva di pensare che Chester fosse un bel ragazzo per poi nascondere quei pensieri sotto un tappeto non appena il suo io cosciente fosse tornato a prestare attenzione a quello che succedeva nel retrobottega del cervello. Non lo pensava mai sapendo che lo stava pensando e se se ne rendeva conto finiva per vergognarsi come un ladro: Chester era suo amico, cazzo... e va bene, era un ragazzo meraviglioso, ma lui era vedovo e aveva un figlio. Non era esattamente un buon partito.

In quel momento, mentre i suoi occhi vedevano l'arancione appena accennato dell'inizio del tramonto spandersi sul mare e sulla pelle chiarissima di Chester, il suo io cosciente stava pensando a una pensilina di un autobus e a qualcosa a proposito di un pacchetto di sigarette che restava a casa due lunedì al mese, mentre nel retrobottega qualcuno stava letteralmente morendo dietro i suoi tatuaggi, che sembravano quasi muoversi su di lui ogni volta che cambiava posizione. 

-Mike, tutto a posto?- chiese Chester.

Probabilmente si era accorto che lo stava fissando. Merda.

-Sì... sì, tutto a posto.- borbottò Mike -Tu piuttosto non hai freddo?-

-Na'... ho fame più che altro.-

Chester uscì dall'acqua e andò a sedersi vicino a lui sull'asciugamano, abbastanza vicino perché le loro gambe si sfiorassero. Mike ebbe la curiosa sensazione che fosse allo stesso tempo sia troppo che troppo poco vicino.

-Ho portato dei panini.- disse lui mentre si srotolava i risvoltini che si era fatto sui jeans per non bagnarli -Ne vuoi uno?-

Mike annuì, con lo sguardo ancora fisso sul tramonto. Aveva una strana sensazione riguardo ai tramonti e a Chester. O forse più alle albe e a Chester.

-Grazie...- borbottò quando si ritrovò con un panino in mano.

-Tranquillo...-

-Sai... quando ero ragazzo mi piaceva un sacco l'idea di ficcare suoni strani nelle canzoni.- disse mentre toglieva la stagnola -Le onde mi intrigavano un sacco.- 

-Scrivevi canzoni?-

-Più o meno... avevo una band con i cretini che mi hanno trascinato al Meteora a Maggio: ci chiamavamo Linkin Park, ma non abbiamo mai avuto un cantante e alla fine è andato tutto in malora.-

-A me piaceva cantare... ma mio padre diceva sempre che era una cosa da froci e non me l'ha mai lasciato fare sul serio.- raccontò Chester -L'unica volta che l'ho fatto in pubblico è stato per sostituire un mio amico, in una discoteca che si chiamava Minutes To Midnight...-

-Come ci sei finito a insegnare musica?- 

-Be'... è una storia lunga e incasinata.- disse -Ma non abbiamo niente di meglio da fare, no?-

-Immagino di no...-

-È cominciata con mio padre che mi ha buttato fuori di casa... all'epoca avevo sedici anni e non è che potessi trovarmi un lavoro vero. In pratica di giorno andavo a scuola, di sera facevo il doppio turno nel Burger King del quartiere per pagare quello schifo di buco che avevo in affitto e di notte spacciavo Purple Space Cookies all'angolo dell'isolato per pagare le bollette.-

-E i Purple Space Cookies sarebbero...?-

-Un tipo di marijuana viola.- chiarì Chester.

-Ah. Ok, grazie.-

-Di niente... comunque dicevo: per i primi due anni è andata relativamente bene... nel senso che era una vita di merda, ma tiravo avanti. Poi, una settimana dopo aver preso il diploma, ho venduto venti grammi a uno sbirro e mi hanno ingabbiato.-

-Sei stato arrestato?-

-Sì. Mi hanno tenuto dentro circa tre mesi, giusto per farmi cagare sotto, però ho capito delle cose durante quei tre mesi. Appena uscito ho cominciato a mandare in giro curriculum per trovarmi un lavoro vero e mi sono iscritto all'università pubblica, e l'anno scorso è stato il mio primo anno scolastico. Tu invece? Come ci sei finito a disegnare cose?-

-Non ne ho idea... mi è sempre piaciuto farlo e ho pensato che mangiarci sopra non fosse una brutta idea.-

-Onesto.-

Chester ridacchiò e la luce arancione si riflesse sulle lenti dei suoi occhiali. L'io cosciente di Mike ti ritrovò di nuovo a pensare a pensiline di autobus e fumo di sigarette. Il retrobottega si ritrovò di nuovo a cacciare sotto il tappeto l'idea che fosse bellissimo.

-Mike?- lo chiamò Chester -Stai bene?-

Mike scosse la testa, cercando di ritornare in sé -Che tu sappia abbiamo mai aspettato un autobus insieme?-

Chester rise, come se quella fosse la cosa più assurda che aveva mai sentito -No, non che io sappia.- disse -Perché me lo chiedi?-

-Non lo so.- ammise Mike -Ho come dei presentimenti a proposito di te e di una pensilina dell'autobus.- 

Si sforzò di ridacchiare perché lo sapeva, che doveva essere una cosa ridicola, ma non gli sembrava veramente ridicola.

-Magari è tipo una metafora inconscia: aspettiamo qualcosa che praticamente non arriva mai.- disse Chester.

-No, sono più dei ricordi.-

Chester ridacchiò a sua volta, scuotendo la testa. Fra una chiacchiera e l'altra avevano finito di mangiare tutti e due e adesso se ne stavano seduti l'uno a fianco all'altro sull'asciugamano. Erano talmente vicini che Mike si sentiva strano. E sentiva il rumore ritmico e rassicurante delle onde che morivano sulla spiaggia, l'odore della salsedine gli pungeva il naso, percepiva la sabbia mossa dal vento che gli si schiantava contro la poca pelle scoperta che aveva e vedeva il tramonto che si rifletteva sempre più scuro sull'oceano, ma non riusciva a concentrarsi su niente. Solo sul ragazzo di fianco a lui, che per qualche motivo sembrava più vero di quanto non lo fosse mai sembrato.

-Ci crederesti che la prima volta che ti ho visto avevo la sensazione di conoscerti già?- chiese all'improvviso Chester voltandosi verso di lui.

L'umidità del mare gli aveva afflosciato la cresta rossa, che ora gli ricadeva morbida sulla fronte e gli occhiali gli erano scivolati giù lungo il ponte del naso fin quasi a metà e... cazzo.

-Sì. Sì, ti credo.- bofonchiò Mike senza staccargli gli occhi di dosso nemmeno per un istante.

Avrebbe potuto baciarlo e sarebbe stato il cliché più grande della storia, eppure l'avrebbe fatto lo stesso... perché Dio sapeva se voleva baciarlo in quel momento. Ed era probabilmente la cosa più sbagliata che avesse mai avuto voglia di fare, ma ciò non toglieva il fatto che avesse una voglia fottuta di farlo. 

E Chester lo guardava di rimando, con il naso decisamente troppo vicino al suo e le guance leggermente macchiate di rosa e gli occhi profondi e color caffè che lo fissavano da dietro le lenti spesse degli occhiali.

Mike non capì esattamente per quanto tempo fossero rimasti così, quando Chester distolse lo sguardo con una specie di sorriso triste sul viso.

 

 

~~~(:~~~

 

 

20 Settembre - Ovvero il giorno in cui Mike parlò con sua suocera.

 

Quando Mike andò a recuperare Otis la mattina dopo era praticamente in coma: Chester in realtà l'aveva accompagnato a casa abbastanza presto, ma era stato sveglio quasi tutta la notte a pensare a quel momento in cui erano stati sul punto di baciarsi e non l'avevano fatto. Non era nemmeno sicuro di perché non l'avessero fatto, tra l'altro: sapeva che lui avrebbe voluto farlo e aveva avuto il sospetto che anche Chester volesse... però nessuno dei due si era mosso, e lui non riusciva a capire perché. Cioè, sapeva di non aver baciato Chester perché una parte di lui era terrorizzata e sapeva che Chester probabilmente non lo aveva baciato perché sapeva che una parte di lui era terrorizzata, ma restava il fatto che comunque ci fosse un'altra parte di Mike che in quel momento avrebbe davvero voluto averlo fatto... ed era assurdo, perché 

a) sapeva di avere delle fottute responsabilità non solo verso se stesso e suo figlio, ma anche verso Chester, che di sicuro non voleva ritrovarsi ad avere legami sentimentali con un casino come lui;

b) non era innamorato di Chester. O se lo era, era qualcosa di completamente diverso da qualunque cosa gli fosse successa in passato, perché aveva amato Anna da morire e aveva avuto cotte pesanti per un altro paio di persone prima di lei, e niente era stato anche solo lontanamente simile o relazionabile con quello che provava con Chester: era come conoscerlo da una vita, quando invece poteva ancora tenere il conto delle volte che si erano visti. 

3) c'era una parte di lui che aveva ancora paura di ritrovarsi alla fine con il cuore in mano e un buco al centro del petto, senza sapere cosa fare... il che era più o meno la stessa cosa del punto a, ma aveva troppo sonno per rendersene davvero conto.

Ci stava ancora pensando quando suonò al campanello di sua suocera.

-Michael! Sei in anticipo!- esclamò la signora Hillinger quando gli aprì.

-Lo so, mi scusi... è che mi sono svegliato presto e non avevo niente da fare.- si giustificò tentando di sorridere.

-Non ti preoccupare caro... vieni pure dentro: stiamo facendo colazione e tu hai l'aria di uno che ha bisogno di un caffè.-

Mike ringraziò ed entrò in casa: aveva già tanta di quella caffeina nel sangue che rischiava un'overdose, ma la vita gli aveva insegnato che il caffé non si rifiutava mai. Mai.

-Allora, Michael, niente da raccontare?- indagò sua suocera mentre attraversavano il corridoio per andare in cucina, dove un Otis già perfettamente sveglio e pimpante si stava ingozzando di biscotti alla cioccolata.

-Non direi.- borbottò lui cercando con tutto se stesso di non mettersi troppo sulla difensiva -Perché?-

-Oh, niente. È che ho notato che hai ricominciato a uscire ultimamente-il che è stupendo-e mi chiedevo se ti vedessi con qualcuno.- 

Mike si mordicchiò il labbro, cercando di capire che diavolo avrebbe dovuto fare.

-Be'...- bofonchiò sedendosi accanto a Otis -Be'... sì, una mezza specie.-

-Davvero?- domandò sua suocera versandogli una tazza di caffè -E chi è? La conosco?-

Mike si sentì arrossire come una ragazzina -No, non credo.-

-Suvvia, Michael: non c'é nessun bisogno di essere timidi. Tutti abbiamo bisogno di essere amati.-

-Non è quello.- borbottò reprimendo l'impulso di nascondersi la faccia.

-E allora cos'é?- 

Mike aveva sempre voluto bene a sua suocera: era una donna meravigliosa, cucinava da Dio e non aveva mai fatto segreto del fatto che lo adorava... e poi, nelle condizioni in cui si era ritrovato, lei era finita per essere la sua unica alleata e in un certo senso era come se oltre che alla madre di Anna fosse diventata anche la sua. Sapeva che con lei poteva parlare, ma l'idea di parlarle di Chester lo spaventava un po'. Non che lei non sapesse del fatto che a lui piacevano anche i maschi (Anna era stata la sua migliore amica prima di essere la sua ragazza, e all'epoca a quanto pareva raccontava cose), ma aveva la sensazione che avrebbe reso le cose troppo reali, e non era sicuro di volerlo. Lanciò uno sguardo a Otis, che ora aveva smesso di mangiare biscotti e lo guardava pieno di aspettative.

Avanti, vecchio. sembrava che dicesse il suo visetto paffuto Dille come stanno le cose.

-È che non... non è una ragazza.- sputò alla fine.

-Oh...- esalò sua suocera, vagamente stupita -Ok.- aggiunse battendo le palpebre un paio di volte -Ora che ci penso ieri sera Otis continuava a nominare un certo Chester e non riuscivo a capire chi fosse. È lui?-

-Sì...- ammise Mike.

-Che'ter.- confermò Otis annuendo.

-E da quanto state insieme?-

-No, piano.- si affrettò a dire Mike -Non è che stiamo insieme. Siamo amici e... e lui mi piace, ma non so cosa fare.-

-'mici.- dichiarò Otis.

-No, Ottie. Quelli sono i gatti.- lo corresse pazientemente sua suocera.

Otis fece una smorfia confusa e non disse altro.

-E lui sa che ti piace?-

-Non lo so...- disse Mike -Non so nemmeno se lo so io.-

-In che senso, caro?-

-Nel senso che è... è strano. È diverso dalle altre volte in cui mi piaceva qualcuno.-

-L'amore è assurdo, Michael, non è sempre uguale.-

-Lei dice?-

-Assolutamente sì...- affermò sua suocera sorridendo -Ma adesso raccontami di questo Chester. Com'é? È carino?-

-Tì!- esclamò Otis.

Mike dovette reprimere un sorriso -Sì...- borbottò arrossendo di nuovo -Sì, è carino.-

 

 

~~~:)~~~

 

 

13 Febbraio - Ovvero il giorno in cui Mike e Chester parlarono della teoria multiverso.

 

«Ti piacciono i film di Miyazaki?» aveva chiesto Mike quel pomeriggio al telefono. 

-Perché, cos'ha Otis questa volta?-

«Credo che sia solo un'influenza, a dire il vero... ma non ho troppa voglia di uscire in realtà.»

Chester non aveva saputo bene come prendere quel non ho troppa voglia di uscire. Non sapeva se chiedersi perché cazzo Mike non avesse voglia di uscire o se sentirsi lusingato perché non aveva voglia di uscire, ma era venerdì e voleva vederlo lo stesso. 

-Non li ho visti tutti, ma so che La Città Incantata è un trip. Contami pure.- aveva detto sorridendo fra sé e sé. 

E così si ritrovò buttato sul divano di Mike attorno alle dieci del venerdì sera prima di San Valentino, con la testa sulla spalla di Mike e Otis che dormicchiava accoccolato in mezzo a loro, a guardare Il Castello Errante di Howl.

-Fai qualcosa domani?- gli chiese Mike sottovoce mentre Sophie e la Strega delle Lande incespicavano su per le scale del palazzo di Kingsbury.

Mi piacerebbe. avrebbe voluto rispondergli Con te, magari... ma lo sapeva benissimo che non poteva rispondergli una cosa del genere. Ogni tanto ancora ripensava a quella giornata sulla spiaggia, a Settembre, e a quando era stato sul punto di baciarlo, ma non l'aveva fatto. Ogni tanto ancora si chiedeva come avrebbe reagito Mike se lo avesse fatto. E la cosa assurda -la cosa veramente assurda- era che continuava a succedere. Non spesso, magari, però ogni tanto capitava che nel bel mezzo di una conversazione si ritrovassero a fissarsi senza dire niente e Chester aveva la sensazione che tutti e due sapessero cosa volevano che succedesse, ma che nessuno dei due avesse il coraggio di farlo succedere. E si sentiva un fottuto coglione, perché c'erano alcuni dei suoi studenti che erano meno cagasotto di lui.

-No.- bofonchiò alla fine -Tu?-

-Na'... se anche avessi voluto fare qualcosa, con Otis ammalato non posso fare niente.-

Dopo quello, per un po' rimasero a guardare Sophie che parlava con la strega Suliman.

-Questo film mi confonde.- borbottò Chester dopo un po' -Non riesco a capire se Howl è un figo pazzesco o se è un cagasotto.-

-E dovresti leggere il libro. Confrontare la complessità di questo film con quella del libro è come confrontare la timeline degli Avengers con quella degli X-Men.-

-Dev'essere un bel casino.-

-Fai solo conto...- esordì Mike -Che nel libro Howl viene dal Galles.-

Chester si ritrovò ancora più confuso -C'é il Galles nel loro mondo?-

-No, è quello il bello. Tutta la storia si basa sulla coesistenza del nostro universo e del loro.-

-Come nella teoria del multiverso?- chiese Chester, e per un attimo si sentì fottutamente intelligente.

-Sì... più o meno.- ridacchiò Mike -Nel complesso sembra un episodio di Doctor Who senza il Dottore e con la magia al posto della scienza.-

Chester non sapeva esattamente perché, ma non lo stupiva il fatto che Mike conoscesse Doctor Who. Qualcosa nel suo cervello gli suggerì l'immagine di un ragazzino asiatico sui quattordici anni che gli assomigliava da morire e che parlava incessantemente di un alieno con due cuori che se ne andava in giro a salvare mondi dentro una cabina telefonica blu, ma era sparita nel giro di cinque secondi. 

Il multiverso... Molly diceva che forse Mike era il punto fisso tra i suoi universi.

-Ti ricordi di quello che mi hai chiesto quella volta sulla spiaggia?-

Mike rabbrividì -Cosa?-

Forse anche lui ci pensava ogni tanto.

-Se avevamo mai aspettato un autobus insieme.-

-Oh... sì, me lo ricordo.- borbottò. Sembrava quasi un po' deluso.

-Be'... che tu sappia siamo mai stati in guerra insieme?- chiese Chester sentendosi un completo idiota.

-Oh sì. Su Call Of Duty un sacco di volte.- rispose Mike.

-Non intendevo su Call Of Duty, Mike.- borbottò Chester. 

Era indeciso se parlare ancora oppure no.

-È come se... come se ricordassi cose.- disse alla fine. 

Strascichi di un altro universo.

-Lo so...- rispose Mike sbadigliando -Anche io ricordo cose, a volte. Sugli autobus... e forse ci conoscevamo in qualche altro universo. O forse siamo solo due pazzi.-

-Già.- ammise Chester -Forse hai ragione.-

Sono un pazzo che ha una cotta folle per te, però.

 

 

~~~(:~~~

 

 

14 Febbraio - Ovvero San Valentino

 

Quando Mike si svegliò non sapeva esattamente che ora fosse. Sapeva che aveva fatto un sogno strano, però... cioè, più strano di quelli che faceva di solito. Sapeva che aveva visto una giornata con un sole accecante e un muro in mezzo al deserto con un ragazzo vestito da soldato seduto in cima a pulire una pistola. Chester era diverso da come lo conosceva, ma non aveva avuto problemi a riconoscerlo: non aveva i capelli rossi e non portava gli occhiali, aveva la faccia bruciata dal sole e lo sguardo stanco, ma era pur sempre lui e Mike aveva la sensazione che avrebbe potuto riconoscerlo ovunque. 

Non si ricordava così bene cosa succedesse nel sogno... eppure era sembrato maledettamente reale: si ricordava il bruciore dei raggi del sole sulla sua pelle già scottata, si ricordava di essersi guardato le mani e averle trovate piene di cicatrici... e poi si ricordava la stoffa ruvida della divisa, la sensazione delle piastrine di metallo fredde contro il suo petto, la sabbia del deserto che gli seccava la gola, e si ricordava la preoccupazione, la paura e la consapevolezza di avere meno di ventiquattr'ore da vivere e poi il calore nel petto quando aveva visto Chester sul muro. Si ricordava l'ondata di affetto e come anche solo vederlo l'aveva fatto sentire meglio... però i sogni di solito non erano così multisensoriali. Forse Chester aveva ragione. Magari era stato veramente un flash di un altro universo. 

E poi il Mike del sogno provava cose diverse da quelle che provava il Mike vero, e i sogni non funzionavano così: quel Mike del sogno voleva un bene dell'anima al suo Chester, come se ne poteva volere a un ragazzo che si conosceva da una vita e che era sempre stato come un fratello, mentre il Mike reale... quello che il vero lui provava per il vero Chester era qualcosa di completamente diverso. Si chiese come diavolo avesse fatto a essere così rincoglionito da non capirlo prima.

Aprì gli occhi e si guardò pigramente attorno. Erano ancora sul divano, ovviamente, Chester dormiva beatamente a meno di un metro da lui (ed era dannatamente adorabile) e Otis se ne stava accoccolato in fondo al divano sotto un mucchietto di coperte di lana

La televisione era ancora accesa e una televendita di putti inquietanti si trascinava pigramente sullo schermo mentre un commentatore dalla voce piuttosto irritante parlava di quanto fossero pezzi di alta qualità.

Un raggio di luna filtrava titubante dalle tende, illuminando appena la cresta rossa di Chester e riflettendosi leggermente sulle lenti dei suoi occhiali. Mike si allungò e glieli tolse delicatamente dal naso per posarli sul tavolino da caffè, accanto al telecomando. 

Spense la tv e ritornò a guardare Chester. Sembrava così maledettamente sereno e dolce e... Cristo, era fottutamente bellissimo.

E forse quel sogno era veramente un flash su un altro universo... o magari no, in fondo non gliene fregava un cazzo: sapeva che il Mike del sogno voleva bene a Chester, ma lui era diverso. A lui Chester piaceva in un modo diverso. E non seppe esattamente come o quando gli venne l'idea, ma un secondo dopo lo vedeva con occhi diversi.

Avrebbe potuto... no, era u'idea balorda. E poi era chissà che ora della notte e c'era Otis e alla fine poteva sempre parlargli la mattina dopo e fare le cose decentemente per una volta nella vita.

Lanciò un altro sguardo al suo viso e gli saltò all'occhio il labret che luccicava scuro sul labbro inferiore pallido nel chiaro di luna e... be', fanculo. 

Lo baciò piano, poggiando a mala pena le labbra sulle sue, ma a quanto pare Chester non stava dormendo troppo profondamente. Aprì gli occhi sbattendo forte le ciglia e Mike si ritrovò il suo sguardo appiccicato addosso.

-Che cavolo...- farfugliò liberando un braccio per sfregarsi gli occhi -Mike... cosa succede?-

Mike prese un respiro profondo e lo guardo negli occhi.

-Chester Bennington...- esordì -Vuoi essere il mio Valentino?-

Chester rimase a guardarlo ancora mezzo rincretinito dal sonno per quindici secondi buoni.

-E mi hai svegliato a chissà che cazzo di ora della notte per chiedermi questo?- bofonchiò -Vaffanculo Michael.- aggiunse prima di tirarselo  addosso e baciarlo per davvero. 

E quello fu il San Valentino migliore della storia.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Linkin Park / Vai alla pagina dell'autore: Maledetta