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Autore: HIMsteRoxy    27/10/2017    0 recensioni
MYCROFT X MR. CRAYHILL ~ MARK GATISS X IAN HALLARD
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A volte il destino ama giocare con le nostre vite o semplicemente adora prenderci in giro. Non so quale delle due sia più adatta a descrivere la situazione, ma la verità era che il capitolo riguardo Mycroft non era definitivamente chiuso, come avevo creduto.
Quel giorno, quando i nostri sguardi s’incrociarono per puro caso e i nostri cuori ripresero a battere all’unisono, fu come se le nostre emozioni, che erano state sotterrate nella sabbia, fossero state celate nuovamente dal vento. 
In un primo momento quando i miei occhi si posarono casualmente sui suoi, non capii cosa avevo realmente visto. Solo qualche millesimo di secondo dopo, il cuore aveva ricevuto tale informazione e il cervello stava già per accantonarla come una semplice allucinazione, come qualcosa che non esisteva e che non poteva assolutamente esistere. Mi chiesi questo infatti: stavo sognando, stavo avendo un’allucinazione o era semplicemente la realtà? Quando appurai che non si trattava di un sogno, né di un’allucinazione, ma della realtà, non riuscii ancora a crederci.
In due anni non ci eravamo mai incontrati e adesso invece Mycroft se ne stava a due passi di distanza da me, come se niente fosse accaduto.
Per due lunghi anni l’avevo cercato istintivamente con lo sguardo in ogni luogo e adesso, quando ero sul punto di dimenticarlo definitivamente, l’avevo di nuovo ritrovato.
Lo osservai a lungo, cercando di imprimermi nella mente ogni singolo dettaglio del suo viso e del suo corpo. Percepii dentro di me un caos di emozioni: la nostalgia dei tempi passati, la mancanza che avevo provato in tutti quei mesi e la rabbia. Una rabbia cieca che voleva esplodere da un momento all’altro.
Ero ancora arrabbiato con lui, sì, per ciò che aveva fatto, per il modo in cui era sparito e per non aver avuto il coraggio di dirmi in faccia tutto ciò che stava passando in quel momento. Non riuscivo a perdonarlo, ma al tempo stesso non riuscivo a sopportare l’idea di scappare e di non rivederlo mai più. La rabbia però prevalse su tutto e cercai di andarmene, di chiudere quello spiraglio una volta per tutte, per non dover ancora soffrire. Gli voltai le spalle e iniziai a camminare, ma lui – con mia grande sorpresa – mi fermò e fui così costretto a voltarmi. Non avevo molta voglia di ascoltare le sue scuse e le sue giustificazioni, però una parte di me fremeva al voler almeno sapere qual era stato il vero motivo che ci aveva allontanato, che cosa aveva fatto fino ad ora, dove era stato e soprattutto come si era sentito. Se per lui era stato difficile prendere una situazione del genere, se aveva provato le mie stesse emozioni, se aveva sofferto o se, nel frattempo, si era trasformato in un pezzo di ghiaccio.
Io avevo sofferto e molto per colpa sua, dovevo almeno essere ricompensato con qualcosa. Doveva dirmi qualcosa e sperai che avesse almeno il coraggio di essere sincero.
Iniziò a parlare, dicendo che aveva commesso un errore, che era dispiaciuto per questo, ma che sentiva – proprio adesso? Dopo due lunghi anni? – il bisogno di parlarmi e di chiarire la situazione. Un po’ tardino, in realtà; pensai, mentre lo ascoltavo. Non esternai però tale pensiero. Non mi andava di sprecare altro fiato.
Mi propose allora di andare a casa sua, per parlare con più calma. L’idea non mi allettava molto, stavo per andare a casa, anche se non avevo chissà quali impegni urgenti, ma alla fine accettai, spinto dalla necessità di sapere la verità.
Davanti al camino, in soggiorno, sulle stesse poltrone su cui ci eravamo accomodati quel pomeriggio in cui mi aveva invitato per il tè, iniziò a parlare e a raccontarmi delle sue motivazioni e di ciò che era successo in breve in quei due anni. Sembrava avesse tanto da dire e che ci fossero cose di cui non ero nemmeno a conoscenza.  

« Cercherò di non perdermi in inutili elucubrazioni, ma tenterò di arrivare al nocciolo della questione. Quel pomeriggio ho rifiutato il tuo invito perché stavo lavorando, come ti avevo detto, ed ero in compagnia di mio fratello. Non era la prima volta che ci trovavamo assieme nel mio ufficio. Avevamo infatti ideato un piano per sconfiggere una volta per tutte James Moriarty e per far ciò, Sherlock doveva uscire di scena. Per questo giorni dopo tutta Londra ha saputo del suo suicidio. Finto suicidio, in realtà. Adesso Sherlock è sano e salvo ed è tornato a Londra, dopo un lungo viaggio, e mi sta aiutando nuovamente su un nuovo caso. Nessuno sa di ciò che è successo, tranne me e altri che erano a conoscenza di questo piano.
Quando ti ho detto che, se capitava, restavo fino a tardi a lavorare, era la pura e semplice verità. Quella non era affatto una bugia, ma non potevo certo metterti al corrente di una notizia simile. E non pensare che io non mi fidi di te, perché non è vero! Non è questo il motivo per cui non ti ho detto nulla. Mi dispiace solo che, nonostante tutto, questo abbia condizionato il nostro rapporto in un certo senso. La colpa però è totalmente mia. Volevo davvero accettare il tuo invito, inizialmente il mio rifiuto era stato solo temporaneo ma, nel frattempo, quando mi ero deciso a chiamarti per chiederti se fosse ancora disponibile, non ce l’ho fatta. Ho avuto paura e i dubbi mi hanno costretto a fare marcia indietro e a rinunciare al nostro rapporto. Lo so, sono stato un vigliacco, mi sono comportato malissimo e avrei anche potuto dirtelo e spiegartelo, invece di far passare tutto questo tempo. Ho solo pensato che in questo modo sarebbe finito tutto e basta. Non ho messo in conto le tue emozioni, né le mie. All’inizio non è stato facile, ma poi mi sono abituato alla solitudine. È stato difficile non rispondere alle tue chiamate o ai tuoi messaggi, ma sapevo che se l’avessi fatto, non avrei più avuto il coraggio di dirti che non volevo più continuare a sentirti. Ho scelto la via più facile e meno diretta.
So che adesso queste mie parole non serviranno a niente, ma almeno hai finalmente saputo la verità. Hai davanti un uomo che ha paura dei sentimenti, ma che cerca di essere forte e di non farsi coinvolgere dalle situazioni per non soffrire. Questa è la mia tattica, un comportamento prevalentemente egoista. Oggi però quando ti ho rivisto ho capito che niente è cambiato in questi due anni. Sono scappato dai sentimenti che provavo per te e non è servito a niente, perché sono ancora qua, nel mio cuore. Non sono riuscito a dimenticarti del tutto e non ci riuscirò mai. Dovrò farmene una ragione, a quanto pare.
Ti chiedo solo una cosa, adesso. Spero che tu possa perdonarmi. So che pretendo molto, dopo due anni poi, ma è tutto ciò che ti chiedo. Se veramente provi tali sentimenti, forse potrai avere anche la forza di perdonarmi e potremmo magari ricominciare da capo. Finalmente ho realizzato quanto io tenga a te – ci ho messo parecchio tempo, lo so – e sono disposto pure ad aprirmi completamente a te, a lasciare che tu possa vedere il mio lato più segreto, quello che non mostro a nessuno. Se il perdono è la tua risposta e se provi ancora dei sentimenti nei miei confronti, possiamo riprovarci. Dammi solo un’ultima chance. Se non funzionerà o se non vorrai concedermela, me ne farò una ragione. Sparirò dalla tua vita e questa volta per sempre » 

Rimasi sconcertato dalle sue parole, dall’apprendere inizialmente del finto suicidio di suo fratello. Rimasi davvero sconvolto dalle loro menti, da quanto potessero essere così complicate e diaboliche. Si erano presi gioco di tutti, me compreso ovviamente. Ciò che però mi sconvolse ancora di più furono le sue giustificazioni: aveva avuto paura, aveva fatto un passo indietro e non aveva avuto il coraggio di dirmi tutto questo in faccia. Erano dovuti passare ben due anni per potersi aprire per me, solo perché ci eravamo incontrati per puro caso. E se l’incontro non fosse avvenuto, io non avrei mai saputo la verità. Dovevo ringraziare il destino, allora? O il destino aveva in serbo per noi qualcos’altro?
Avevo perso la fiducia in lui, non riuscivo a credere a ogni singola parola e la rabbia ritornava a farsi sentire più forte di prima. Come aveva potuto farmi questo? E adesso aveva pure il coraggio di chiedermi di perdonarlo?!
Su una cosa però aveva ragione: sì, malgrado tutto quello che era successo, provavo ancora qualcosa per lui! Se non avessi provato nulla, sarei stato indifferente ad ogni singola parola, ma non era affatto così.
Provavo qualcosa di forte nei suoi confronti, provavo anche rabbia che però non riuscivo a smorzare e a mettere di lato.
Voleva che gli dessi un’ultima chance, solo una, poi sarebbe scomparso, come in realtà aveva già fatto.
Ero confuso, amareggiato, deluso, arrabbiato e intanto sentivo che mi era mancato così tanto. Che mi erano mancati il suo viso, i suoi occhi azzurri e i suoi modi di fare.
 
« Non lo so, Mycroft. È passato così tanto tempo… mi chiedi qualcosa di impossibile. In questi due anni ho cercato di cancellarti dalla mia mente e dal mio cuore. Non ci sono riuscito, ma non riesco più a fidarmi di te. Mi sono sentito tradito, in un certo senso. Era come se per te io non valessi nulla e adesso mi chiedi di perdonarti?! Non lo so, davvero. È una decisione difficile. Ho bisogno di tempo per rifletterci e non so nemmeno quando avrò una risposta. Potrà anche essere negativa, anzi credo che sarà sicuramente un no, quindi non aspettarti qualcosa di positivo »
 
Risposi, amareggiato. Non riuscivo a riflettere in quel momento e avevo davvero bisogno del tempo per pensare con calma a tutto. Due anni erano fin troppi e non potevo fare finta di nulla, non potevo dimenticare il modo in cui avevo dovuto riprendere la mia vita, senza sapere nulla di lui. Mi ero preoccupato per lui, ma lui si era rinchiuso in se stesso in modo del tutto egoistico. Adesso forse toccava a me essere egoista e vendicarmi per ciò che mi aveva fatto, non perdonandolo. Ma questo non ero affatto io, non mi andava di far vincere quel mio lato oscuro. Io non ero questo e inoltre il mio istinto mi diceva di perdonarlo e di dargli quest’ultima chance e di riprovare. Cosa dovevo fare, allora?
Non dissi nient’altro e me ne andai in silenzio – un silenzio carico di rabbia, di delusione e di lacrime amare. Lo lasciai seduto alla sua poltrona, convinto che non l’avrei rivisto mai più. Chiusi la porta alle mie spalle, senza voltarmi, e mi diressi verso casa mia, mentre fuori l’oscurità più nera aveva avvolto ogni cosa.
Era davvero finita, stavolta ero stato io a prendere la decisione per entrambi. Quell’incontro – quell’ultimo incontro – equivaleva per me al nostro definitivo addio. Non c’era nient’altro da aggiungere, solo silenzio su silenzio.

  
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