“Noi siamo polvere e ombra.”
(Orazio)
Con immensa fatica Selene riaprì gli occhi, ci mise qualche
minuto per mettere a fuoco l’ambiente in cui si trovava: la stanza e il letto
su cui stava riposando le erano completamente sconosciuti e subito si allarmò. Mentre
scrutava quel posto ricordò gli avvenimenti della notte precedente e scattò a
sedere; nel compiere quel movimento brusco sentì girare la testa e fu costretta
a piegarsi di nuovo sul letto. Ricordava di aver ricorso alle arti del Buio,
che la falce Darkin aveva risvegliato Thanatòs e infine di essere caduta in uno
stato di semi-incoscienza; nella sua memoria balenavano solo immagini sfocate
di un uomo chino su di lei e di qualcuno che parlava. Ben presto accantonò il
pensiero, in quel momento la priorità era comprendere dove si trovava. Studiò
con maggior accortezza l’ambiente circostante: una stanza spoglia, accanto al
letto vi era un piccolo tavolino in legno su cui erano disposte le sue armi,
con vicino una sedia; una piccola finestra illuminava l’ambiente, alla sinistra
di quest’ultima vi era una porta che dava su un piccolo bagno. Con sorpresa
notò che la sua ferita era stata medicata e i suoi abiti erano puliti dal
sangue e dalla sporcizia; un’insistente quanto preoccupante pensiero si fece
largo nella sua mente: forse dopo che aveva perso i sensi, era stata portata
via dai seguaci dell’Ombra. Sebbene con molta lentezza, si mise in piedi e si
avviò timorosamente verso la finestra, si affacciò e non credette ai suoi
occhi: sotto la finestra vi erano i seguaci dell’ombra intenti ad allenarsi in
gruppo; constatò che era stata rapita, realizzando quindi che la loro missione
era fallita e la falce Darkin era stata portata via. Il suo primo pensiero fu
quello di fuggire, al come avrebbe pensato strada facendo.
Istintivamente afferrò le sue armi e corse, incurante della
stanchezza che gravava sul suo fisico; aprì la porta e percorse un lungo
corridoio che la condusse a una scalinata in legno. Scese le scale,
raggiungendo l’atrio che conduceva nel piazzale ove gli accoliti si stavano
allenando; lungo il tragitto incontrò solo un giovane che si parò lungo la sua
strada, ma che lei stordì. Varcato l’atrio alcuni accoliti si accorsero di lei,
la guardarono con espressione interrogativa; si fece largo tra la folla,
l’uscita si stagliava di fronte a lei: un alto portone con ricche decorazione
in oro. Qualcuno la riconobbe e diede l’allarme, subito i seguaci si misero
sulla sua strada per impedirle di scappare; si dissolse e riapparve alle spalle
di ognuno, prestando attenzione a non combattere, non sarebbe riuscita a
sostenere uno scontro. Sebbene con difficoltà, alla fine giunse di fronte al
portone, ma un’ombra di un combattente si materializzò di fronte a lei: Zed; i
suoi occhi scarlatti balenarono nella figura d’ombra, dal quale il combattente
prese forma.
In fretta Selene si dissolse in una nube e riapparve sopra
la cinta muraria che dava sull’esterno; un altro clone d’ombra si materializzò
di fronte a lei, stavolta lanciandole degli shuriken che lei schivò
prontamente. Alle sue spalle atterrò Zed in carne ed ossa; non fece in tempo a
voltarsi che fu afferrata per il collo e inchiodata a terra. Selene unì le mani,
pronunciò una formula arcaica, poi toccò il suolo e delle fiamme color ghiaccio
avvolsero il corpo dell’uomo che fu costretto a mollare la presa; si rimise in
piedi e corse, sfuggendo dall’altro che si era subito rimesso in piedi.
Purtroppo la ferita sul ventre iniziò a farle male e fu costretta a rallentare,
di quel passo si sarebbe riaperta e avrebbe iniziato a sanguinare copiosamente.
Di fronte a lei un'altra ombra apparve, il dolore la costrinse a
inginocchiarsi, alle sue spalle incombeva la figura minacciosa di Zed il quale
insieme alla sua ombra le puntarono le lame alla gola. Zed si scambiò con il
suo clone. Si inginocchiò di fronte a lei, afferrandole il viso e sollevandole
il mento.
-Cosa vuoi da me? Lasciami andare dannato
bastardo! – ringhiò Selene, mentre le sue mani venivano immobilizzate dal suo
clone.
-Tu mi obbedirai, che ti piaccia oppure no.
Mi mostrerai i segreti dei tuoi poteri e le tue abilità di Guardiana – spiegò
Zed afferrandola per il collo e stringendo la presa, vedendo che non proferiva
parola continuò – siamo intesi? –
-Non avrai mai niente da me – rispose
Selene, sentendo l’ossigeno venir meno e la vista offuscarsi, perdendo i sensi.
-Staremo a vedere – concluse Zed mentre sotto
il suo elmo si dipingeva un sorriso maligno.
In silenzio Zed la prese tra le braccia, riportandola nella
sua stanza; ordinò a Kayn di restare con lei e di sorvegliarla, non voleva
rischiare di farla fuggire di nuovo. Avrebbero atteso che la donna avrebbe
recuperato le forze, dopo di che le avrebbero strappato tutto il suo potere
delle arti oscure, la notte stessa.
Nella vallata il sole era ormai alto in cielo, Hadmon ancora
svenuto fu svegliato da Jhin; dallo sguardo nervoso che gli aveva rivolto aveva
capito subito che qualcosa non andava. Ricordava che la notte prima qualcuno lo
aveva colpito alle spalle, alcune voci di sottofondo e poi il buio più totale. Si
guardò intorno, notando che Selene non era lì, dove era finita? Possibile che…
-Dove è Selene? – chiese Hadmon, temendo la
risposta.
-L’hanno rapita… - disse Jhin flebilmente.
-Chi?! – domandò il dragone furioso e allo
stesso tempo frustrato dalla notizia.
-Zed e Kayn, con sé hanno portato anche la
falce Darkin. Io non sono riuscito a fermarli, hanno colpito anche me. Il loro
covo è distante dodici ore di viaggio da qui, se partiamo ora potremmo arrivare
lì stanotte –
-Perché l’hanno rapita? – domandò Hadmon,
notando che l’altro non indossava più la maschera ma solo il suo passamontagna.
-Questo devi spiegarmelo tu, io non conosco
le vostre identità –
Jhin non aveva dimenticato la rabbia della notte prima nel scoprire
le loro identità nascoste, questo significava che forse c’erano altre informazioni
che loro tacevano, e l’idea di venir ingannato lo faceva infuriare; vide l’uomo
sospirare pesantemente e rivolgere lo sguardo verso i corpi ormai morti delle
guardie. Gli disse di fargli strada e che lungo il tragitto gli avrebbe
spiegato ogni cosa.
In silenzio seguirono alcuni sentieri, addentrandosi nel
bosco; Hadmon diede un ultimo sguardo alla carovana ormai distrutta, sperò
veramente che tutto quello sarebbe finito presto e lui avrebbe riportato
indietro la compagna. Ponderò le sue parole, poi rivelò a Jhin le loro
identità, lui era il Guardiano del Tempo e la sua forma vera era quella di un
dragone, mentre Selene era la Guardiana della Notte; in un primo momento il
pistolero si era mostrato scettico a riguardo, dicendo che non era possibile, i
Guardiani non si erano mai mostrati ed erano solo figure fiabesche appartenenti
a un passato ormai lontano. Hadmon aveva ribattuto che loro agivano sempre
nell’ombra, prestando sempre attenzione a non rivelare le loro identità per evitare
che innocenti potessero essere coinvolti nelle loro missioni. Una volta
convinto il pistolero della loro identità, gli illustrò i poteri di Selene,
sapeva che il Consiglio gli aveva severamente vietato di parlare delle loro
abilità ma né lui né Selene avevano mai tollerato le menzogne. Con tono fermo
Hadmon aveva spiegato al compagno le immense abilità della donna, a partire dal
controllo degli elementi fino alle arti del buio; Jhin, rimasto sorpreso
dall’eccezionalità dei loro ruoli, gli spiegò che durante il loro primo
allenamento, aveva visto Selene sprigionare un potere letale, raccontandogli, inoltre, il momento in cui di
fronte a lui si fossero materializzati due occhi scarlatti, gli stessi di
Selene la notte precedente; fu allora che chiese al dragone cosa aveva
incontrato e perché quella donna di tanto in tanto sprigionava una furia
omicida che avrebbe terrorizzato chiunque.
Hadmon aveva chinato il capo, quella era l’ultima cosa che il
Demone d’Oro avrebbe dovuto sapere; non sapeva se poteva fidarsi di lui o meno,
del resto lo conosceva solo da poco tempo.
-Posso fidarmi di te? – chiese Hadmon, con
tono serio – voglio sapere se dopo quello che ti sto per rivelare, tu non
attaccherai Selene per ucciderla –
-Lo hai detto anche tu, se avessi voluto
uccidervi lo avrei potuto fare ieri notte. Se avessi voluto strapparle la vita,
lo avrei potuto fare dal primo momento in cui sono rimasto solo con lei –
sussurrò Jhin mentre il suo tono si faceva più greve; ripensò alle parole di
Zed: sin dal primo momento nella Landa, lui non era mai riuscito a farle del
male, tutto questo perché lui aveva paura che qualcuno si avvicinasse alla sua
figura rivelando i suoi demoni.
Vedendo che poteva fidarsi, Hadmon decise di rivelargli cosa
aveva visto e chi era effettivamente Selene; gli spiegò che in lei era stato
sigillato il demone più feroce tra tutti: Thanatòs il dio delle tenebre; gli occhi che lui aveva visto erano quelli del
suo fratello demone.
-Thanatòs fu sigillato nel suo corpo molti anni fa,
quello a cui punta è il suo cuore. Le succhierà via dal corpo ogni linfa
vitale, accorciando la sua vita finché lei non morirà; ma peggio ancora quando
lei verrà privata della sua ultima energia, lui uscirà dal suo corpo e le
strapperà il cuore. Allora completerà la sua forma e diventerà inarrestabile.
Purtroppo per Selene è già iniziato il conto alla rovescia, a partire da ieri
notte – disse Hadmon, notando lo sguardo di Jhin incupirsi.
A quelle parole il pistolero aveva deglutito a vuoto, era
inspiegabilmente preoccupato per Selene; doveva esserci un modo per salvarla. Di
nuovo quell’odioso filo invisibile lo spingeva a salvare una donna a cui lui
non si sarebbe potuto avvicinare: non voleva lasciarla al suo destino; odiava
quel cambiamento che stava avvenendo lentamente nel profondo della sua anima e
ancor di più temeva di poter scoprire il motivo di quel mutamento. Sfuggiva
ogni volta che voleva darsi una spiegazione, un gesto codardo da parte sua
eppure la terribile paura lo costringeva a rifuggire dal fronteggiare la
realtà.
-Cosa vorresti dire? – osservò Jhin, temendo
la risposta.
-A Selene manca meno di un anno di vita –
disse Hadmon chinando il capo e stringendo i pugni; quelle parole erano così
pesanti da pronunciare, al punto che quasi gli morirono in gola.
-Lei lo sa? – proferì Jhin con un fil di
voce, scioccato da quelle parole. Di nuovo. Inevitabilmente ogni persona e ogni
cosa scappavano via dalle sue mani. Sempre.
-Non ho avuto il coraggio di dirglielo… -
-Deve esserci una soluzione. Qualunque, ma
deve esserci – ribatté Jhin, doveva sapere se esisteva un modo per salvare
quella donna. Ancora una volta il filo tirava fuori sentimenti nascosti da
anni.
Hadmon spiegò che un modo c’era, rivelandogli che tempo
addietro un Guardiano del Buio era riuscito a vivere a lungo instaurando un
patto con Thanatòs e di aver trovato quella soluzione proprio a Ionia; gli
disse che l’uomo aveva lasciato scritte le informazioni in un libro, che lui
ancora non era riuscito a trovare. Jhin rimase per un istante in silenzio, gli
disse che probabilmente Hanzai conosceva quel libro e nel pronunciare le sue
parole Hadmon notò tutto il rancore che nutriva verso il maestro e il
Consiglio. Gli disse che avrebbe continuato le sue ricerche anche con l’aiuto
di Selene e il suo, se lui sarebbe mai stato disponibile.
Per la prima volta dopo anni di sofferenza e reclusione,
qualcuno si fidava delle sue parole, quella piccola e insignificante notizia
riscaldò l’anima gelida di Jhin e gli fece abbozzare un sorriso amaro sotto il
passamontagna.
-Jhin, non è la prima volta che lo noto – osservò
Hadmon, intenzionato a chiedergli cosa fosse accaduto tra lui e il Consiglio –
tu disprezzi Hanzai e il Consiglio, cosa è successo? –
Jhin chinò il capo, aveva giurato a sé stesso che gli
avvenimenti di quattro anni prima sarebbero morti con lui; nell’istante in cui
lo avevano privato di tutto lui aveva appurato che non si sarebbe potuto mai
fidare di nessuno e che mai avrebbe rivelato cosa era successo quella notte.
Ancora non era certo di potersi fidare dei due Guardiani, però decise di
provare a rivelare qualcosa, sebbene il più piccolo e sintetico dei
particolari.
-Loro… - disse Jhin, poteva sentire le ferite del suo
cuore e della sua anima riaprirsi nel provare a rievocare e descrivere gli
avvenimenti di quella notte -… mi hanno privato di ogni cosa Hadmon. In
combutta con Shen e Zed, mi hanno costretto a uccidere qualcuno a me caro.
Hanno infierito sul mio corpo, deturpandola, hanno distrutto la mia anima e mi
hanno reso il Demone che ora sono -
Hadmon rimase in silenzio, aveva sempre saputo in cuor suo
che il Consiglio non era stato onesto con loro e non gli aveva rivelato tutte le
vicende accadute tra loro e il Demone d’Oro. Avrebbe indagato a fondo e svelato
i segreti che gli erano stati nascosti; sorrise tra sé e sé, Selene aveva
ragione, dietro la maschera di quell’uomo c’era del buono. Lei era stato in
grado di vedere oltre le sue mille maschere e oltre il suo carattere schivo.
Jhin parve notare il suo sorriso e attese delle spiegazioni.
-Cosa c’è? – chiese curiosamente il
pistolero incrociando le braccia e vedendo l’altro sollevare il viso verso il
cielo azzurro.
-Una mattina, Selene mi aveva detto del
patto che aveva fatto con te; non sapeva se te eri pronto a ingannarla, io ero
convinto di sì e le avevo detto che aveva sbagliato. Lei era stata irremovibile
e mi aveva spiegato che era riuscita a vedere qualcosa in te. Non chiedermi
cosa – spiegò Hadmon, notando il suo unico occhio dilatarsi appena per la
sorpresa – il Guardiano della Notte sa leggere nel cuore degli altri e lei ha
visto qualcosa, se no non avrebbe mai accettato un patto in cui ti avrebbe
rivelato le nostre pratiche tramandate di generazione in generazione tra i
Guardiani –
-Ha visto male. In me non c’è niente che
odio. La mia anima conosce solo la sete di sangue e la vendetta– disse Jhin,
provando a mentire a sé stesso, scappando di nuovo di fronte a una eventuale
spiegazione. Aveva paura. Di nuovo le parole di Zed gli tornarono alla mente e
fu costretto a cacciarle via per non fronteggiare la realtà.
-Può darsi lei si sia sbagliata. Può darsi
di no. Io sono convinto di no – confessò Hadmon sorridendo, poi divenendo più
serio continuò – mi dispiace Jhin, per quello che ti è stato fatto –
-È stata la punizione per aver disobbedito a degli
ordini… -
Jhin scrollò le spalle, seguendo il sentiero che li avrebbe
condotti al Tempio delle Ombre. Lui non aveva rispettato gli ordini che il
Consiglio gli avevano imposto, loro, approfittandone, li aveva usati come
scusante per distruggerlo pezzo dopo pezzo.
-Riusciremo a scoprire cosa nasconde il
Consiglio. Chissà al termine di tutta questa storia, potrai venire con noi
sull’isola dei Guardiani – disse Hadmon, ridendo divertito.
-Non dire scemenze, sai anche tu che questo
è impossibile– osservò Jhin, scuotendo il capo. Una parte di lui avrebbe voluto
lasciare veramente quel paese. Non poteva negare di aver apprezzato davvero
quella proposta.
-Cosa pensi che faranno a Selene? – chiese
infine il dragone.
-Zed vorrà estrapolarle tutto il suo
potere. Conosce le modalità e non appena lei si sarà ripresa, lui cercherà in
tutti i modi di apprendere le sue abilità. In ogni caso lui non intende
lasciarla viva, probabilmente vorrà fare tutto questo durante un rituale che svolgerà
questa notte - disse Jhin con tono greve.
-Come fai a saperlo con certezza? –
-Stanotte c’è la luna piena, i seguaci
dell’ombra agiscono sempre in queste notti, amplificano il loro legame con
l’Ombra –
-Dobbiamo sbrigarci -
A quelle parole i due accelerarono il passo, sarebbero
arrivati lì la notte stessa e avrebbero atteso il momento migliore per entrare
e liberare la ragazza. Hadmon assunse la sua forma di dragone etereo. Jhin
rimase esterrefatto di fronte a quella creatura che si stagliava sopra di lui;
vide la mano artigliata del compagno allungarsi su di lui, afferrarlo e farlo
sedere sulla sua schiena. Dopo di che il dragone si librò in aria, volando più
velocemente possibile verso il Tempio.
Verso sera Selene si destò nuovamente nel suo letto, il sole
era già tramontato e fuori era calata la notte; accanto alla finestra vide Kayn
fissare l’atrio sottostante, comprendendo che non poteva fuggire nuovamente. Il
suo pensiero corse ad Hadmon e Jhin, chiedendosi se almeno loro si erano
salvati dalla furia di Thanatòs e ora stavano bene. Sperava che presto
sarebbero venuti a salvarla; nel frattempo lei avrebbe capito quali erano le intenzioni
di Zed, la fortuna voleva che lei stava tornando in forze molto velocemente,
perciò avrebbe avuto la possibilità di temporeggiare ed eventualmente sostenere
brevi scontri. Non appena si mise a sedere il mietitore si voltò e posò i suoi
occhi su di lei. Le sue armi erano poggiate sul tavolo in legno, ma non appena
l’altro notò che le stava fissando si avvicinò e vi mise sopra una mano; sul
suo viso si dipinse un ghigno divertito.
-Stavolta te ne rimarrai qui buona con me,
bambolina – disse l’uomo di fronte a lei – devi recuperare le forze per
stanotte –
-Che vorresti dire? – chiese Selene
sconcertata.
-A mezzanotte Zed ti condurrà nell’atrio e
rilascerà i tuoi poteri oscuri, per appropriarsene. Offrirà il tuo corpo alle
ombre in cambio loro gli affideranno il potere che te hai sigillato nel tuo
corpo – spiegò Kayn.
-Non sapete a cosa andate in contro. I miei
poteri non si possono controllare, verreste tutti distrutti – disse Selene
sentendo il cuore in gola per la paura.
-Tu non conosci Zed ragazzina. Lui è il
maestro delle Ombre –
-Lui è un uomo, verrebbe distrutto dalle
sue stesse ombre, dai suoi incubi –
-Staremo a vedere. Indossa questi e
preparati, il rituale inizierà a breve. Non indossare scarpe –
Con poca grazia Kayn le lanciò una lunga veste bianca di
raso. Selene fu costretta ad obbedire così andò in bagno si privò dei suoi
abiti e indossò l’abito; si guardò allo specchio: la veste si legava al collo
lasciando in piena vista la sua schiena nuda, aveva un lungo strascico e due
spacchi laterali a partire dai fianchi, lascianti in piena vista le sue gambe.
I sigilli sulle sue braccia erano completamente messi a nudo così come il suo
simbolo di Guardiana sulla caviglia. Sentì gli occhi pizzicare, aveva paura,
non voleva essere avvolta di nuovo dal vortice di oscurità di Thanatòs come la
notte precedente. Ricacciò indietro le lacrime e si fece coraggio, uscì dal
bagno in silenzio sotto lo sguardo attento di Kayn, il quale la osservò per più
di qualche istante. Girò intorno a lei e subito, in quelle vesti, si sentì estremamente
vulnerabile: Kayn incombeva su di lei con il suo sorriso da predatore. Sussultò
quando le mise una mano sulla sua schiena nuda e avvicinò moltissimo la bocca
al suo orecchio. Istintivamente si irrigidì mentre il cuore le batteva
all’impazzata: cosa voleva?
-È un peccato, una donna così bella destinata a una
morte così crudele –
Così le aveva sussurrato nell’orecchio destro, poi le aveva
messo delle catene ai polsi impedendole di muoversi; in silenzio Selene lo
aveva seguito finché non erano giunti nell’atrio. Al loro arrivo gli accoliti
si erano disposti in cerchio intorno a un piccolo altarino a forma di fiamma
posto al centro del tempio; Selene sentiva il cuore battere all’impazzata,
tremava di paura all’idea di quello che le sarebbe potuto accadere.
Improvvisamente Zed si materializzò di fronte a lei, mentre
le sue membra prendevano forma da un clone d’ombra; tra le mani tratteneva un
cofanetto nero avvolto da catene scure, lo depose sopra il piccolo altare e poi
la costrinse a mettersi in ginocchio di fronte all’oggetto.
Quando fu avviato il rituale erano circa le dieci di sera, i
seguaci dell’Ombra avevano iniziato a pronunciare delle parole confuse mentre
Zed le aveva inciso la cicatrice sul palmo della mano sinistra e aveva versato
il sangue della ferita sul cofanetto; come per incanto le catene si erano
animate e avevano lasciato l’oggetto, avvolgendo il collo di Selene. Fu allora
che lei non era riuscita a trattenere più le lacrime e queste avevano solcato
le sue guance. Cosa le stavano facendo?
Fuori dal tempio, Hadmon e Jhin erano arrivati circa un’ora
e mezza più tardi, da subito avevano sentito un coro di voci levarsi nell’aria:
quello era il segnale; Hadmon nella sua forma umana si era librato in cielo e
insieme al pistolero erano saliti sulla cinta muraria, giusto in tempo per
vedere Selene inginocchiata di fronte a un cofanetto dal quale lingue nere
fuoriuscivano e incombevano sulla donna. Dovevano sbrigarsi, Jhin aveva
spiegato ad Hadmon che se quelle lingue si fossero abbattute su di lei, sarebbe
morta e i suoi poteri sarebbero stati assorbiti da Zed.
Silenziosamente corsero lungo le mura, percorsero il
perimetro nell’ombra della notte senza essere scoperti, giungendo di fronte a
una porta che dava accesso al secondo piano della struttura, che divideva a
metà l’atrio del tempio. Varcarono la soglia e corsero velocemente; Jhin
tratteneva tra le mani Sussurro, pronto a far fuoco su Zed e Kayn. Hadmon vide
arrivare due accoliti addetti alla sorveglianza e subito li stordì, nascondendo
i loro corpi. Dalla finestra Jhin vide le nuvole diradarsi e la luna piena
illuminare con i suoi raggi l’altare al centro dell’atrio: non c’era più tempo,
dovevano sbrigarsi, le lingue di oscurità si stavano avvicinando sempre di più
sul Selene. Dopo aver fatto cenno ad Hadmon di sbrigarsi i due scesero le scale
giungendo al piano inferiore, nascondendosi dietro lo stipite della porta che
si affacciava sul cortile. Il tempo scorreva in fretta e dovevano agire veloci.
Hadmon prese un respiro profondo, aprì la mano facendo apparire la falce bianca
e iniziò a correre nella direzione di Selene mentre il pistolero gli copriva le
spalle. Falciò chiunque si mise sulla sua strada, inchiodando gli occhi sulla
Guardiana; Zed si voltò nella loro direzione scagliandosi verso il pistolero e
altrettanto fece Kayn che subito corse nella sua direzione.
Gli accoliti si allontanarono non appena Hadmon, roteando su
sé stesso scagliò un calcio sul viso di Kayn, facendolo indietreggiare;
velocemente unì le mani e le posò a terra. Delle potenti radici immobilizzarono
il suo corpo, poi con un calcio allontanò la falce Darkin da lui. L’incantesimo
lo avrebbe trattenuto il tempo necessario a salvare Selene; alle sue spalle
vide Jhin incassare un colpo in viso da Zed cadendo a terra rovinosamente,
sgranò gli occhi quando il ninja conficcò uno dei due grandi shuriken che aveva
sulle spalle nella mano sinistra. Il pistolero gli urlò di correre in fretta,
ormai mancavano pochi minuti prima che il rituale fosse compiuto; Hadmon corse
più veloce che poteva, quando giunse di fronte a Selene notò che era caduta in
uno stato di semi-incoscienza. Recise le catene che aveva sul collo, gettandole
via. Poco prima di privarla di quelle sulle mani, Zed si materializzò di fronte
a lui e lo colpì in viso, atterrandolo; a fatica Hadmon vide il ninja incombere
su di lui, mentre lingue nere iniziavano ad avvolgere il corpo di Selene. Urlò
in direzione della ragazza dicendole di fuggire ma lei rimase immobile con il
capo chino; Zed lo aveva colpito in viso con la punta in acciaio del suo
stivale, poi lo aveva afferrato per il collo e si stava preparando a colpirlo
con una delle sue affilate lame che aveva innestate sulle sue braccia.
Nel frattempo Jhin, aveva sfilato dalla sua mano lo
shuriken; la ferita aveva iniziato a sanguinare e per rimediare aveva strappato
velocemente la stoffa della sua tunica e l’aveva avvolta intorno alla mano.
Vide la luna alta in cielo e la Guardiana avvolta da una spirale di ombre;
doveva agire ora oppure non l’avrebbe potuta più salvare. Velocemente scattò
nella direzione di lei, sparò al cofanetto da cui prendevano forma le ombre,
ricadde a terra e alcune lingue si ritirarono dal corpo di Selene. Sapeva che
se ci fosse entrato in contatto difficilmente sarebbe sopravvissuto, ma ormai
non aveva più importanza; in quel momento il filo invisibile lo attirava alla donna
come non mai, tirava la sua anima e il suo cuore. Giunto quasi di fronte a lei,
si gettò in avanti prima che Zed o qualunque altro accolito potesse
intervenire; la guardiana aveva il capo chino, le ombre si stavano
riavvicinando ai sigilli che aveva sulle braccia per romperli. La afferrò tra
le sue braccia, prima che potesse essere sfiorata dalle lingue nere.
-NO! BASTARDO! – urlò Zed, vedendo davanti ai suoi
occhi il cofanetto richiudersi e le ombre ritirarsi.
Jhin atterrò sulla schiena emettendo un lamento di dolore
quando la sua mano ferita urtò sul terreno. Sollevò a fatica il capo, vedendo
Selene riprendere piano piano coscienza: l’aveva salvata. Un sospiro di
sollievo sfuggì dalle sue labbra, mentre con un braccio continuava a stringerla
a sé, non l’avrebbe lasciata morire. Per nessun motivo al mondo.
-Jhin! – esclamò Selene riprendendo
coscienza, poi notando la ferita sulla sua mano sanguinare e lui chiudere il
suo unico occhio, lo afferrò per il bavero della casacca scuotendolo appena –
svegliati! Mi senti? –
-Quanto sei rumorosa, Selene – disse lui a
fatica, ridendo e mettendosi a sedere. Vide gli occhi ghiaccio di lei posarsi
su di lui in attesa di risposta; istintivamente portò una mano sul suo viso
carezzando la sua guancia e asciugandole una lacrima – sto bene, non c’è
bisogno di preoccuparsi. Dobbiamo fuggire alla svelta con la falce –
Selene sollevò lo sguardo su Hadmon imprigionato dalla presa
di Zed; corse velocemente nella direzione del compagno e lo liberò dalla presa,
colpendo in viso l’assassino con un calcio. Il dragone ricadde a terra e iniziò
a tossire violentemente, riprendendo aria; si chinò su di lui chiedendogli se
stava bene, lui annuì; poi gli disse che lei sarebbe andata a recuperare la
falce Darkin e i suoi oggetti nella stanza in cui la tenevano prigioniera, nel
frattempo lui e Jhin avrebbero organizzato la loro fuga; così facendo avrebbe
attirato via Zed e loro avrebbero avuto libertà d’azione. Dopo di che Selene corse
verso Kayn ancora immobile a terra; afferrò la falce il cui occhio era richiuso
e si diresse verso la sua stanza.
Alle sue spalle Zed la inseguiva, ma Selene correva più
veloce: non avrebbe reso vano il sacrificio che Hadmon e Jhin avevano fatto per
salvarle la vita. Percorse in fretta le scale, giungendo di fronte alla porta
della sua stanza; la aprì e prese le sue cose, prima che Zed si presentasse
sulla soglia della porta avvicinandosi a lei. La finestra alle spalle di Selene
era aperta, gettò un’occhiata fuori nel cortile, incontrando gli occhi di
Hadmon che le fece cenno di sbrigarsi.
-Non andrai da nessuna parte, non lo
permetterò a costo di ucciderti. Voglio il tuo potere – ringhiò Zed,
avvicinandosi di alcuni passi a lei.
-Ti distruggerebbe, tu non sai cosa
potrebbe accaderti. Un corpo non allenato verrebbe divorato dall’oscurità. Non
riusciresti a controllarne la furia omicida –
-Tu menti! – sibilò afferrandola per il
collo.
-Guarda con i tuoi occhi –
Detto così Selene posò una mano sul suo cuore, entrando in
sintonia con i suoi pensieri. Gli permise di accedere per un istante alla sua
anima, lasciandogli riflettere gli occhi in quelli rossi di Thanatòs; subito
Zed allentò la stretta sul suo collo mentre nella sua mente riecheggiavano urla
di anime demoniache che minacciavano di distruggerlo. Allontanò la mano dall’altro
che respirava a fatica, poi indietreggiò di un passo.
-La sete di potere ti distruggerà– disse
Selene, mettendosi in piedi sulla finestra.
-FERMA! - ordinò Zed furioso.
Selene vide Zed sporgersi in avanti per afferrarla ma lei
prontamente si gettò all’indietro; alle sue spalle Hadmon, assunta la sua forma
di dragone, l’aveva afferrata con la coda mettendola a sedere sulla sua schiena
dietro Jhin. Vide Hadmon librarsi in cielo e lasciare il Tempio alle sue
spalle, che subito si fece sempre più lontano. Finalmente era finita ed erano
sani e salvi.
Hadmon volò fino a Vindor, la località di destinazione per
trovare una locanda e riposare fino al giorno dopo e ove consegnare la falce al
sovrano della città stessa; Selene seduta sulla schiena del dragone scrutò
silenziosamente le spalle di Jhin e la sua mano ferita ancora sanguinante; era
davvero grata a entrambi per essere venuti a salvarla. Sapeva che Jhin sin dal
primo momento non li aveva accettati, li vedeva come nemici e sicuramente
fidarsi per venire fino al Tempio e salvarla non gli era costato poco; di
questo gliene sarebbe sempre stata riconoscente. Esitante avvolse le braccia
intorno alla sua schiena, sentì l’uomo irrigidirsi per quell’improvviso
contatto, poi parve rilassarsi e non opporre alcuna resistenza; nonostante il
suo carattere odioso e il disprezzo che aveva mostrato nei suoi confronti, si
sentiva tirare verso di lui da un filo invisibile. Forse si stava affezionando,
ma sebbene sapesse che non sarebbe dovuto accadere, in quel momento non le
importava niente.
-Grazie di cuore, Jhin – sussurrò Selene.
Il pistolero sentì il fiato mozzarsi e il cuore mancare un
battito: era sbagliato, non sarebbe dovuto accadere. La sua anima veniva tirata
sempre più verso di lei, eppure lui non riusciva e non voleva opporsi a quel
filo. In quel singolo istante smise di pensare e di aver paura di quei
sentimenti che aveva giurato di aver seppellito quattro anni prima. Si voltò
verso la guardiana, lei avrebbe rischiato troppo standogli vicino, eppure pensò
che dopo quella sera, ogni volta che qualcuno avrebbe attentato alla sua vita
lui sarebbe accorso per salvarla, scacciando via ogni fantasma del passato che
minacciava di nuovo il suo presente. Man mano che quei pensieri divenivano
convinzioni, nel suo cuore si faceva largo la causa di tutti quei pensieri e ne
ebbe di nuovo paura: lui si stava inesorabilmente affezionando e sebbene
rifuggisse da quella consapevolezza, ogni volta che provava a mentire a sé
stesso il pensiero tornava più prepotente di prima. Avvolti nella brezza
notturna e dal buio della notte, Jhin pensò che forse per un momento avrebbe
smesso di scappare da sé stesso e smettere di avere paura. Volse gli occhi alla
luna, sotto il passamontagna sorrideva malinconicamente: “nemmeno io posso
fuggire” pensò. Ripose gli occhi su Selene che continuava a stringere il suo
torace, posando il viso sulla sua schiena.
Sospesi nel cielo, dove il tempo sembrava fermarsi rendendo
ogni istante eterno, Jhin lasciò che la sua anima si facesse avvolgere dalla
serenità e dalla dolcezza di quel gesto. Si sentì sollevato e tutto il dolore e
la sofferenza che gravava sul suo cuore, parve allontanarsi; c’era di più, lui
non si stava solo affezionando…
Posò una mano su quella di lei, le sue dita sfiorarono
quelle della donna e si chiusero su di esse con delicatezza estrema; la
piacevolezza di quel contatto lo sorpresero. Il ghiaccio intorno alla sua anima
si era sciolto completamente e quelle sensazioni che credeva di aver seppellito
si spandevano dalla sua mano raggiungendo il suo cuore, riscaldandolo.
Prima che la ragazza sciogliesse quell’abbraccio lui le
bloccò le mani, permettendole di riallacciarle all’altezza del suo torace. Lei
lo guardò sorpresa e lui contraccambiò il suo sguardo con uno dolce; finché
sarebbero stati lì alti in cielo, lui non sarebbe stato il freddo e calcolatore
Jhin, ma avrebbe lasciato spazio al suo lato umano.
-Resta –
Le aveva sussurrato gentilmente. Rimasero in quella
posizione per il resto del viaggio. Jhin sorrise sotto la sua maschera, non
c’era traccia di disprezzo o malignità nei suoi occhi: un qualcosa di così
alieno per lo spietato Khada Jhin.
Forse dopo quattro anni di silenzio, era riuscito a
sbloccare di nuovo il suo cuore di ghiaccio. Forse dopo quattro anni stava
provando a fidarsi di nuovo di qualcuno. Forse si stava di nuovo affezionando,
forse…