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Autore: vero511    29/10/2017    1 recensioni
Ellie Wilson 24 anni, appena arrivata a New York insieme alla sua gioia più grande: il figlio Alex. Lo scopo della giovane è quello di ricominciare da zero, per dare la possibilità ad Alex di avere un futuro diverso dal passato tumultuoso che lei ha vissuto fino al momento del suo trasferimento. Quale occasione migliore, se non un prestigioso incarico alla Evans Enterprise per riscattarsi da vecchi errori? Ma Ellie, nei suoi progetti, avrà preso in considerazione il dispotico quanto affascinante capo e tutte le insidie che si celano tra le mura di una delle aziende più influenti d’America?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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ZACK’S POV

“Dove pensi che possa essere finito?” Jennifer è terrorizzata e nella sua voce colgo anche una nota di disperazione. “Non ne ho idea, ti ho detto che ho già guardato in tutti i luoghi in cui pensavo potesse trovarsi!” Solo in seguito, quando vedo i suoi occhi riempirsi di lacrime, mi accorgo di essere stato eccessivamente brusco. “Mi-mi dispiace Jen, non volevo aggredirti…è solo che… tutta questa storia mi sta facendo impazzire.” Mi appoggio allo schienale del divano e prendo la testa tra le mani. Tra la lontananza di Ellie e Alex, la scenata di Matt e il pericolo che incombe su tutti noi…
“Ehi…va-va tutto bene, capisco” la segretaria mi posa una mano sulla spalla. “Siamo entrambi sotto pressione, dobbiamo darci una calmata e capire cosa fare. L’unica cosa che so per certa al momento, è che dobbiamo restare uniti per recuperare l’altra metà del team”. Annuisco in accordo con lei e decidiamo di tornare ognuno a casa propria, farci una doccia bollente, mangiare un boccone e cercare di dormire un po’.

“Sei riuscito a chiudere occhio?” Jennifer che sembra essersi rigenerata, entra nel mio appartamento con due caffè fumanti e un sacchetto contenete probabilmente qualcosa di dolce. “Quanto basta per riorganizzare le idee” rispondo facendola accomodare. “Voglio sapere tutto” afferma sicura. “Prima necessito caffeina e qualsiasi cosa ci sia dentro quel sacchettino” faccio un cenno verso la sua mano.

“Affiderei per un po’ la ristrutturazione dell’azienda a Hamilton. Sa cosa fare e ha degli ottimi collaboratori, sono sicuro che faranno miracoli” spiego mentre facciamo colazione. “Mi sembra un’ottima idea, hai bisogno che lo contatti?” “No, ci penso io, trovo giusto chiedergli questo enorme favore di persona, inoltre vorrei spiegargli quello che sta succedendo”. Mi guarda scettica e continuo velocemente: “Non proprio tutto, giusto per fargli capire perché ho un disperato bisogno che si occupi lui dell’azienda per un po’. Magari mi inventerò una scusa, non ho intenzione di metterlo in pericolo, ma di lui so di potermi fidare.” “Hai pensato a come trovare tua madre?” Domanda esitante. “C’è una persona a cui posso chiedere… in giornata farò tutto” “ E io invece cosa dovrei fare?” Ha un’espressione perplessa disegnata in viso. “Aspettare” rispondo ovvio. “Aspettare e basta?” “Aspettare e rilassarti il più possibile o se proprio non vuoi stare con le mani in mano, puoi stendere un progetto dei lavori svolti fino adesso e di quelli che ancora sono da fare, così Hamilton non si ritroverà completamente spaesato. Mantieniti raggiungibile, appena ho novità ti chiamo”.

Jennifer era piuttosto contrariata all’idea, ma tutto ciò che devo fare oggi, devo farlo da solo. Innanzitutto mi occuperò di Hamilton, convincerlo sarà la parte più semplice.
Arrivo al suo ufficio dove sono costretto ad aspettare una buona mezz’ora dato che è in riunione, ma questa si rivela un’ottima notizia: avrò il tempo di pensare ad una scusa per giustificare l’assenza mia e di Matt. Hamilton conosce piuttosto bene entrambi, risultare credibile sarà una bella sfida.
“Zack! Ma che piacere vederti! A cosa devo la tua visita?” L’uomo è come sempre molto accomodante e senza accorgermene, mi ritrovo a paragonare questo momento all’incontro con mio padre e subito capisco il perché della mia preferenza verso l’uomo che mi sta davanti. “Ragazzo? Va tutto bene?” Hamilton mi risveglia dal mio stato di incoscienza e riporto l’attenzione su di lui. “Sono qui per questioni di lavoro purtroppo. Mi dispiace di farmi vedere solo quando ho bisogno” affermo afflitto e lo penso davvero. “Non preoccuparti, so che è un periodo intenso per te, quando le acque si saranno calmate però ti aspetto per un tè”. “Con molto piacere” gli sorrido, grato. “Ora parliamo di affari, dimmi tutto”.

Gli ho raccontato che io e Matt siamo decisi nel voler trovare Ellie e abbiamo un pista (anche se nemmeno questo è vero), di conseguenza ci assenteremo per un tempo indeterminato. Gli ho anche chiesto di non fare troppe domande quando ho visto lo scetticismo dipinto sul suo volto, dal momento che nella questione di Ellie sono coinvolti i federali e non è tutto semplice come volevo fargli credere io. Ha accettato senza troppi indugi, non ha curiosato, ma si è limitato ad assicurarsi che sarei stato attento.

Mentre il freddo imperversa per le strade di New York, mi perdo ad osservare le persone che indaffarate e con la testa china mi passano accanto. Ognuno segue il corso della sua vita e tutto il subbuglio che si è creato nella mia, dà problemi solo a me. Da un paio di settimane ormai, avevo come la sensazione che il mondo si fosse fermato per poi riprendere a ruotare al contrario; invece non è così e comprenderlo mi dona sconforto e serenità al tempo stesso. Scorgere persone felici, rende ancora più grave il macigno nel mio petto, ma immaginare che in realtà non sono l’unico ad affrontare delle avversità, mi fa sentire meno solo.
Finalmente arrivo davanti alla mia seconda casa e il suono del campanello quando apro la porta mi accoglie così come il calore della stanza e il profumo di tempera.
“Arthur?” Chiamo il mio Maestro perché non lo vedo da nessuna parte, probabilmente sarà di sotto, così mi reco al piano inferiore dove lo trovo intento a sistemare alcune cornici. Mi scorge con la coda dell’occhio, dopodiché realizza di non essere solo e sobbalza. “Ragazzo! Vuoi farmi venire un infarto?” Poco dopo avermi posto la questione sorride. “Scusa Art, ti ho chiamato di sopra” gli spiego. “L’età mi sta proprio facendo diventare sordo” sospira.
È quasi orario di chiusura, così mi propongo di aiutarlo a mettere in ordine mentre inizio ad aggiornarlo sugli ultimi avvenimenti prima di arrivare al punto. Per certi versi mi ricorda molto Hamilton e facendo un bilancio, anche se ho un pessimo rapporto con mio padre biologico, ho rimediato non uno, ma bensì due fantastici padri adottivi. In nome di questo legame che ci unisce, non ho alcuna intenzione di mettere in pericolo nemmeno lui, così cerco di mantenermi il più possibile sul vago.
“Arthur, tu per caso hai idea di dove possa trovare mia madre? Ho davvero bisogno di parlare con lei” mi guarda incerto, come se stesse meditando sul da farsi e ciò mi fa comprendere che lui sa qualcosa. “Ti prego” aggiungo. Nulla. Non è convinto. “Perché non vuoi aiutarmi?” Lo imploro. “Non è che io non voglia, Zack. Ma è pericoloso, tutto questo è più grande di te.” Se anche lui sa, significa che tutto questo casino è davvero di dimensioni apocalittiche. “Arthur, ci sono già dentro fino al collo, ora dimmi quello che sai” il tempo delle suppliche è finito, adesso inizia quello delle imposizioni. Devo arrivare a capo di tutta questa faccenda.
Il mio maestro sospira afflitto e lo vedo cedere. “Seguimi” mi alzo da dietro il bancone e cammino dietro di lui verso quello che è sempre stato il suo studio privato, dove raramente ho messo piede. L’ambiente è come lo ricordavo, forse solo un po’ più polveroso. Mi fa cenno di fermarmi all’ingresso, mentre lui continua a muoversi verso una grande quadro affisso alla parete di fronte a me. Quell’opera mi ha sempre affascinato tremendamente: rappresenta un paesaggio nebbioso in cui si possono scorgere in lontananza i profili di alcuni alberi che in primo piano sono di un verde scuro intenso.

Non capisco immediatamente quello che l’uomo sta facendo, ma quando realizzo, mi sembra di essere in un film: la cornice del grande dipinto è stata spostata leggermente e dietro ad essa c’è un’apertura nel muro contenente una scatoletta di metallo. “Aprila, mi è stata data tempo fa da tua madre. Mi disse di dartela solo in caso di estrema necessità”.
L’oggetto nelle mie mani non ha nulla di speciale, se non per l’incisione raffigurata sopra: è lo stesso disegno che c’è sul mio anello che Ellie aveva ritrovato mesi fa.
Lo apro con mani tremanti e all’interno trovo un foglio piegato più e più volte.
 
Caro Zack,
se stai leggendo questa lettera, significa che le cose non sono andate come avevo programmato e ho fallito nel mio compito di proteggerti.
Probabilmente al momento sarai pieno di dubbi e domande, ma la verità è che le risposte sono insidiose, troppo.
Ma arrivato fino a qui, non potrai più fare marcia indietro e sarai costretto a scavare per scoprire ciò che si cela nei meandri del tuo più grande progetto di vita: la tua azienda.
Uno dei tuoi collaboratori ti tradirà, lo ha già fatto ed è pronto a tutto pur di toglierti di mezzo.
So di essere molto vaga, ma è rischioso per entrambi scrivere queste parole, quindi trovami figlio mio e saprò darti tutte le informazioni di cui hai bisogno.
P.S. Porta tuo padre con te.
Sempre tua, mamma.
 
Sto guidando decisamente oltre i limiti di velocità, non ho nemmeno salutato Arthur limitandomi ad urlargli un “grazie” mentre schizzavo fuori dal suo negozio. Spero che Jennifer sia a casa.
“Trovami. Sul serio? Almeno un indizio poteva dartelo” sbuffa sonoramente la segretaria prima di lasciarsi cadere sul divano. “Credo che l’abbia scritto così perché pensava che avrei saputo come fare a rintracciarla”. “Ottimo, allora spremi le meningi Evans” mi guarda in attesa. Poi un flash: rivedo me stesso da piccolo mentre tengo per mano una bellissima donna dai lunghi capelli corvini. Mi sta parlando mentre passeggiamo in un prato. “Quanto mi piace questa tranquillità. Sarebbe bello vivere in un posto così, senza tutte quelle macchine, i grattacieli, le persone, il traffico. Qui ci si sente al sicuro, è come se tutto il male non potesse raggiungerci” afferma lei con aria sognante.
“Jennifer, andiamo a prendere mio padre. So come raggiungere Lilian”.
  
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