Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: whitecoffee    30/10/2017    2 recensioni
❝«Yah, Jack, questa è la tua ragazza?» Chiese uno, facendomi un sorrisetto malizioso. TaeHyung schioccò la lingua.
«Vuole gareggiare» disse solo, e i presenti scoppiarono tutti in un’unica, fragorosa risata.
[...]
«Ascolta bene, Million Dollar Baby» riprese il tipo che aveva chiesto al loro capobranco se fossi la sua ragazza. «Devi battere Lock, Shock e me. Dopodiché, potrai sfidare Jack. Tutto chiaro?» Chiese, passando la spugnetta sulla punta di una stecca, per poi porgermela. L'afferrai, guardandolo con diffidenza. Perché avevano tutti nomi presi da Nightmare Before Christmas? Era una sorta di “cosa da gang”?❞
- Dove JungKook è un timido fantasma con un conto in sospeso, TaeHyung un imbattibile giocatore di biliardo nascosto dietro una maschera e Mavis una sfortunata studentessa di scambio, con una vista particolare e un innato talento per cacciarsi nei guai.
halloween!AU | ghost!JungKook | rebel!TaeHyung | TaeKook!bromance | boyxgirl
-
» Halloween special
» Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=ZXkmsH82tjc&feature=youtu.be
Genere: Comico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Kim Taehyung/ V, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“ 'Twas a long time ago, longer now than it seems in a place perhaps you've seen in your dreams. For the story you're about to be told began with the holiday worlds of auld. Now, you've probably wondered where holidays come from. If you haven't, I'd say it's time you begun”.
 
 
 

 

Nel corso della mia vita, capitava spesso ch’io mi ritrovassi a riflettere sul concetto di “casa”. È un’entità fisica, uno spazio definito? O forse si tratta di un’idea astratta, un ragionamento generato da reti di pensieri concatenati gl’uni gl’altri? Non ero mai riuscita a produrre una risposta soddisfacente a tali quesiti e non per mancanza di materiale su cui riflettere. Era il continuo mutare del mio parere, il vero ostacolo.
Ci pensai nuovamente anche quella mattina, mentre, ferma dinanzi alla porta d’ingresso chiusa a chiave, fissavo la serratura con sguardo assente. Trasferirsi, cambiare casa. Ammesso che le quattro mura in cui avessi dimorato, potessero essere considerate tali. Sospirai, scuotendomi dal torpore. Avevo trascorso i precedenti dieci minuti in quel modo, immobile nei pressi dell’infisso, con un mazzo di chiavi stretto in una mano e il manico del trolley in un’altra. Mi decisi ad infilare la chiave nella toppa, aprendo la porta. Appena varcai la soglia, il caratteristico odore stantio di polvere d’un ambiente chiuso m’investì, facendomi ardentemente desiderare di aprire ogni finestra presente nell’appartamento. Ma decisi di rimandare quell’urgenza ad un secondo momento, dandomi da fare per trasportare tutto il mio bagaglio da viaggio nell’ingresso. Quando richiusi la porta, lanciai un’occhiata circolare all’ambiente attorno a me: un semplice ingresso, dal pavimento in parquet e le mura intonacate di bianco. I pochi mobili che il precedente inquilino doveva aver lasciato, erano coperti da un telo bianco. Sembravano giacere in quella perfetta stabilità da tempi immemori. Motivo per il quale mi domandai quanto tempo fosse ormai trascorso, da quando quegli spazi fossero stati abitati.
Camminai piano, le suole in gomma delle mie Vans attutirono il suono dei passi. Giunsi in quello che avrebbe dovuto essere il salotto, con un gigantesco sofà ad angolo, anch’esso celato dal drappo candido. Potevo intuire la sagoma di una televisione, e di una piccola libreria addossata al muro. Mi avventurai nella cucina, un piccolo spazio con lo stretto indispensabile per preparare le pietanze di cui avrei avuto bisogno. Fui piacevolmente sorpresa di trovare anche una di quelle moke per il caffè, anch’essa negletta ed impolverata in un angolo del minuto bancone in plastica dura. Un tavolo con quattro sedie costituiva l’arredamento per la sala da pranzo. Il bagno disponeva anche di una bella vasca spaziosa. Immaginai un possibile scenario, dove vedevo me stessa leggere uno dei miei libri preferiti mentre mi rilassavo nell’acqua. Schiuma ovunque, candele profumate, musica da violino e un bel calice di vino rosso in una mano. Battei le palpebre, e il sogno si sgonfiò, riprendendo le fattezze dell’asettica e spoglia stanza azzurrina che avevo difronte. Sospirai e mi diressi verso l’ultimo ambiente inesplorato, quella che avrebbe dovuto essere la mia camera. Vi trovai un letto da una piazza e mezzo, privo di coperte e lenzuola. Solo il materasso, con un cuscino candido abbandonatovi sopra. Addossate al muro, un’essenziale scrivania con una sedia girevole. Accanto, un armadio. Che non aprii, per il momento. Avanzai invece verso la finestra che dava sulla strada. La spalancai, lasciando gli ultimi raggi del sole morente inondare l’ambiente, insieme all’aria fresca dell’esterno. Mi appoggiai al davanzale, puntellandovi sopra i gomiti. La veduta di una tipica strada trafficata coreana mi riempì gli occhi.
Abituata com’ero alla vita americana, il cambio di usanze e tradizioni era stato un grande scoglio su cui arrampicarmi. Tutto era scritto in ideogrammi, il che mi richiedeva almeno cinque secondi per decifrarne uno. La cortesia e le buone maniere erano la chiave dei rapporti interpersonali: bisognava usare un linguaggio diverso per ogni età il proprio interlocutore avesse. Le mie orecchie, così avvezze nell’udire suoni nella loro lingua madre, erano costantemente bombardate dal nuovo idioma, confezionato da molteplici accenti differenti. In ogni caso, stavo lì per quello, ed ero ben lungi dal volermi lamentare. In America, ero al secondo anno di college. La lingua coreana era materia di studio, ed io avevo vinto una borsa per trascorrere diciotto mesi in patria a perfezionare al massimo il mio livello di conoscenza. I miei genitori erano stati estremamente felici del mio trionfo, seppur riluttanti a separarsi dalla loro unica figlia femmina per un anno e mezzo. Fortunatamente, mio fratello Kevin era riuscito ad infondere un minimo di buon senso nei loro crani, motivo fondamentale della mia presenza lì. Avevo affittato un appartamento in un condominio di sette piani, non lontano dall’Università di Seoul, che avrei cominciato a frequentare a partire dall’indomani. L’idea di condurre una nuova vita completamente da sola, un po’ mi spaventava. Beninteso, non ero il tipo di persona estremamente timida che faticava nei rapporti sociali e, per di più, avevo anche un amico di penna che frequentava quell’università. Eppure, l’idea di essere l’unica “straniera” in una cultura così consolidata come quella della Corea del Sud, m’incuteva soggezione. Sospirai, scuotendo la testa. Avrei fatto meglio a cominciare a disfare i miei bagagli.
 

 


Qualche ora più tardi, quell’appartamento aveva già un’aria più vissuta. Tutti i candidi teloni polverosi erano stati rimossi ed ammonticchiati in un angolo, creando una collinetta bianca nell’angolo a destra del salotto. Avevo aggiunto alcuni dei miei testi agli già ben forniti scaffali della libreria. Era divertente osservare come i titoli in inglese stonassero con quelli ad ideogrammi del precedente inquilino. La televisione era stata richiamata alla vita, e prontamente sintonizzata su Mtv Korea, di modo che nel silenziosissimo ambiente potesse circolare un po’ di musica. Il frigo era ancora tristemente vuoto, ma in compenso la cucina era stata guarnita dai numerosi libri di ricette che mia madre aveva stipato a forza in una delle valige. Per colmo d’ironia, la stanza che più sembrava aver ripreso vita, era proprio il bagno. Tutte le mensoline erano state riempite dai miei numerosi trucchi e prodotti per la pelle, smalti e oggettini per capelli. Non che io fossi una persona vana, la cui unica preoccupazione fosse l’aspetto personale. Semplicemente, quando viaggiavo sapendo che sarei stata fuori per lunghi periodi di tempo, tendevo ad avere evidenti difficoltà a decidere cosa lasciare e cosa no. Ad ogni modo, in quel momento il bagno somigliava in tutto e per tutto a quello di una ragazza. Aveva perso quell’anonima asetticità dell’inizio, in favore di una personalità. La camera da letto, ad eccezione del materasso, era rimasta ancora spoglia. Forse perché la stanchezza del viaggio non mi permetteva di fare lo sforzo di riempire l’armadio con tutti i miei abiti. Mi ero limitata ad aprire la valigia e a tirarne fuori solo il pigiama.
Improvvisamente, un potente gorgoglio mi distolse dai pensieri che stavo inseguendo. La fame cominciava a farsi inevitabilmente sentire. E il pensiero del frigo vuoto fu doloroso come una frustata. Decisi che avrei cenato con un rapido pezzo di pizza, per poi fare tappa al supermercato aperto ventiquattr’ore, in modo che avrei potuto rimpiazzare quel triste deserto con l’opulenza. Prima, però, giudicai necessaria un’ulteriore azione: la doccia.
 

 
Mi sentii quasi rinata mentre, avvolta nel lungo asciugamano rosato, osservavo il mio volto allo specchio del bagno. L’aria stanca e sfatta era stata rimpiazzata da una placida sonnolenza. Le occhiaie violacee erano ancora visibili, ma meno evidenti. Mi presi qualche istante per studiare quel viso che, per tanti anni, era stato il silente biglietto da visita della mia persona. Grandi occhi verde muschio, contornati da lunghe ciglia scure. Naso dalla forma interessante e carnose labbra rosee. Non ero straordinariamente bella come un’attrice, e il mio corpo non era sicuramente asciutto e longilineo come quello di una modella. Eppure, vestivo una taglia 44 con orgoglio, e i tratti del mio volto non erano mai stati giudicati spiacevoli da nessuno, anzi. L’inusuale rossore delle gote mi fece notare quanto eburneo potesse essere il mio incarnato. In America, il mio migliore amico mi chiamava spesso “fantasmina”, a causa del biancore caratteristico della pelle che abitavo. Riflettei che con la tinta viola scuro con cui avevo colorato i capelli, il pallore era messo ancor più in risalto. Liberai la lunga chioma bagnata dalla prigione dell’asciugamano, sentendo le ciocche sbattermi contro i lombi, ancora incollate le une le altre. Per molto tempo, avevo portato i capelli corti, quasi alla maschietto. Per poi lasciarli crescere indisturbati come avveniva ormai da quasi tre anni. Ed erano ormai giunti fin quasi alla base della schiena. Naturalmente ondulati e di un viola così scuro da sembrare nero. Senza toccarli, sarebbero stati di un castano così chiaro da sembrare biondo scuro. Ma non mi piacevano per nulla. Motivo per il quale mi sottoponessi alle mani esperte della mia colorista almeno una volta al mese. Sospirai, decidendo di porre fine a quell’esame scrupoloso dinanzi allo specchio e agguantai il phon. Dopo quelli che furono almeno quarantacinque minuti buoni, ero di nuovo presentabile. Mi diressi nella mia stanza per indossare un cambio di abiti pulito, ma qualcosa mi fece immobilizzare sul posto.
Avevo colto una sagoma umana con la coda dell’occhio, ferma dinanzi alla libreria. Mi affacciai in salotto, per assicurarmi di ciò che avessi visto, ma non trovai nulla. Era tutto ancora perfettamente immobile come l’avevo lasciato. Solo la tv blaterava in coreano, come ormai stava facendo da ore. Sollevai un sopracciglio. Probabilmente era la stanchezza, unita alla fame. Mi strinsi nelle spalle e tornai in camera. Quando ne riemersi, indossando una comoda felpa slargata e un jeans piuttosto vissuto, dovetti fermarmi di nuovo. E strofinarmi gli occhi. Perché vidi davvero la sagoma di una persona nuovamente immobile davanti alla libreria.
Da ciò che si prospettava alla mia vista, doveva trattarsi di un ragazzo, poco più alto di me. Indossava una semplice maglietta bianca e un jeans nero, del tutto anonimi. I suoi capelli erano dello stesso color dell’ebano, e potevo vedere due orecchini neri occupare i fori dei suoi lobi. La sua postura era diritta, le braccia abbandonate lungo i fianchi e il capo rivolto verso lo scaffale dove avevo lasciato i miei libri. Due domande si affacciarono alla mia mente. La prima, chi fosse quel ragazzo. La seconda, che ci facesse lì. Forse, si erano dimenticati di dirmi che avrei dovuto dividere gli spazi con un coinquilino. Eppure, di letto ce n’era uno solo. Cominciai ad avvertire un vago senso d’inquietudine arrampicarsi su per il mio stomaco, dolorosamente. Non avevo nemmeno sentito la chiave girare nella toppa, segno inequivocabile che qualcuno fosse entrato. Era rimasto tutto perfettamente immobile. Allora come faceva, lui, a trovarsi lì?
«Chi sei, tu?» Domandai, cercando di assumere un tono intimidatorio. Che però parve più uno squittio spaventato che altro, ottenendo di far sobbalzare il giovane. Si voltò di colpo, e potei osservare il suo volto. Rimasi turbata dall’idea che, nel bel mezzo di quella situazione, la cosa che più mi colpisse fosse la sua bellezza. Avrebbe potuto essere un serial killer, e io avrei trascorso gli ultimi istanti della mia vita a pensare a quanto fosse stato bello l’assassino.
Le ciocche scure gli ricadevano sulla fronte, finendogli di quando in quando negli occhi. I quali erano squisitamente a mandorla e piuttosto grandi per la norma di quel paese. Erano di un profondo ebano, come due grosse macchie d’inchiostro. Il naso, piccolino e perfetto, sembrava scolpito ad arte sul suo viso. Le labbra, ben disegnate e di una tonalità piuttosto scura di rosa, erano piegate in una lieve curva di sconcerto. A giudicare dai tratti, non poteva avere più di vent’anni. Indietreggiò malamente, ed il suo movimento brusco urtò la libreria, dalla quale cadde uno dei testi. Che, nella sua corsa verso il pavimento, avrebbe senza dubbio incontrato la figura del ragazzo.
«Attento!» Esclamai protendendo una mano, ma lui voltò semplicemente il capo verso il pesante tomo. Osservandolo mentre gli passava attraverso e concludeva il volo, collidendo con il pavimento, producendo un tonfo secco. Gli era passato attraverso. Attraverso. Mi strofinai gli occhi, certa più che mai che dovesse trattarsi di una svista. Non era possibile.
«Io…» esordì lui, con voce tremante, quasi ridotta ad un sussurro. Guardò prima il testo, poi me, ancor più spaventato. Come se fossi io la presenza da temere, il possibile serial killer.
«Il libro» ebbi solo la forza di dire, cominciando ad avvertire le forze venirmi a mancare, una dopo l’altra. Allora il giovane si piegò, affondando una delle sue nodose bianche mani all’interno del volume sul pavimento. Lo sorpassò come se non avesse incontrato alcuno ostacolo, o come se non avesse avuto corpo. Quando la ritirò di scatto, quasi ad essersi bruciato al mancato contatto, sentii le vertigini assalirmi.
«Accidenti» sussurrò, stringendosi le dita con l’altra mano, guardando l’oggetto con evidente disagio. Ma fu troppo, per me. Vidi il pavimento ruotare brevemente, per poi venirmi incontro. E persi coscienza.







 

❚❚    t r a i l e r  :  »  🎃 



►    p l a y l i s t  :

 
Marylin MansonThis is Halloween (Main theme song)
«Everybody's waiting for the next surprise
Skellington Jack might catch you in the back
And scream like a banshee,
Make you jump out of your skin!
This is Halloween, everybody scream:
Won't ya please make way for a very special guy?»
 
Tori Kelly Paper Hearts (JungKook’s theme)
«I hate this part paper hearts
And I’ll hold a piece of yours
Don’t think I would just forget about it
Hoping that you won't forget»
 
Wolf AliceSadboy
«I was waiting
Waiting for anything to happen
Waiting for a love
I was just waiting for this not to hurt»
 
Fall Out Boy Young and Menace (TaeHyung’s theme)
«Oops I, did it again, I
Forgot what I was losing my mind about
I only wrote this down to make you press rewind
And send a message, "I was young and a menace"»
 
Lorde Perfect Places
«Are you lost enough?»
 
Demi LovatoSorry Not Sorry
«You fuckin' with a savage
Can't have this,
And it'd be nice of me to take it easy on ya, but nah»
 
Taylor Swift …Ready for It?
«Knew he was a killer first time that I saw him
Wonder how many girls he had loved and left haunted»
 
Melanie Martinez Tag, You’re It (Mavis’ theme)
«Your mother said to pick the very best girl
And I am»
 
This Century Footsteps
«I wish that you were here
You always knew just what to say to me to fight these tears»
 
NFLet You Down
«Want me to listen to you
But you don't ever hear my words
You don't wanna know my hurt, yet
Let me guess you want an apology, probably
How can we keep going at a rate like this?»
 
Blink-182 I Miss You
«We can live like Jack and Sally if we want
Where you can always find me
And we'll have Halloween on Christmas»
 
Harry StylesMeet Me in the Hallway
«I walked the streets all day
Running with the thieves
'Cause you left me in the hallway»
 
Pierce the Veil
Gold Medal Ribbon
«I swear that I can hear you in the wind
You're singing to me
And you're dancing in the halls outside again
I'm always listening»
 
Against the Current See You Again
«First you both go out your way and the vibe is feeling strong, and what's small turn to a friendship; a friendship turn to a bond and that bond will never be broken. The love will never get lost and when brotherhood come first, then the line will never be crossed»


 

🎃 Spotify @candytrash02
 


 
#Yah!: hellooooooooO! Alla fine ce l'ho fatta ed eccovi qui la halloween surprise! Due paroline su questa storia. Sappiate che è la prima in assoluto che scrissi sui BTS, prima di Youth, prima di TND, prima di tutto. Era l'anno scorso, fine estate, e io dovevo smaltire i video di Run e I Need U per i troppi feels. Poi, life happened, e l'ho lasciata a languire... fino a qualche mese fa. E ho pensato "wow, per halloween sarebbe perfetta" ed era onestamente uno spreco, farle prendere polvere nei meandri delle mie bozze. Quindi eccola. Tutte le citazioni ad inizio capitolo, sono prese da Nightmare Before Christmas. TaeHyung è un discolo (e ormai lo sapete, è il mio kink), JungKook un povero fantasmino e la protagonista è ancora più poverina di tutti, perché le capiteranno una serie di folli curiosi eventi, lungo i capitoli che leggerete. Sarà una storia breve, non più di dieci capitoli, in cui ho cercato di tenere l'angst più basso possibile.
Il volto di Mavis è, come avrete potuto intuire dal trailer e dalla copertina della playlist, quello di Melanie Martinez. Adoro tanto. L'ho un po' odiata durante la creazione del trailer, a causa del suo mad!concept in ogni video, ma okay. Tvb lo stesso, Mel. Cosa altro dire? Spero che la storia vi abbia incuriosito almeno un pochino, essendo lo stesso una boyxgirl e avendo solo bromance. I vostri pareri -soprattutto gli scleri- sono sempre ben accetti, ormai lo sapete meglio di me! Grazie in ogni caso a chiunque passerà a dedicarle un pochino di tempo!
 Copritevi bene che fa freddo e niente. Nightmare Before Christmas made me do it. Questi sono gli anni emo dell'adolescenza che si ripercuotono a distanza di tempo. Ascoltate la playlist, ci tengo tanto <3
















 
   
 
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