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Autore: TheWalkingNerd    31/10/2017    3 recensioni
«Correggimi se sbaglio, ma non mi hai chiamata per ringraziarmi dell'aiuto.»
Sam si voltò. Appoggiata alla parete sotto al lampione, Ruby incrociò le braccia e inarcò un sopracciglio.
«No.» Sam dondolò sui talloni. «Mi serve il tuo coltello.»
Un piccione frullò le ali, a poca distanza. Ruby schioccò la lingua. «Per cosa?»
«
Per tagliarci una bistecca demoniaca.»
Un cadavere che sembra essere stato sventrato da un animale, un patto in scadenza e un fratello da salvare.
Genere: Azione, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Dean Winchester, Ruby, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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Ebbene, sì: sono tornata per l'ennesima volta a rompere le scatole. (Nonostante il cambio di nick e la latitanza, sono sempre Jerkchester). Non sono nemmeno tornata con qualcosa di così ben fatto da gridare 'SCUSATE' da tutti i pori, in realtà: è un raccontino un po' demenziale che ho scritto un annetto fa, ma che spero possa strapparvi una risata. E lo pubblico ad Halloween perché, be', è praticamente il Supernatural-Day per antonomasia. 
Come sempre, spero che ci piaccia e che vi faccia passare quei dieci minuti che si prende con un sorriso. Per le note 'tecniche', ci vediamo in fondo!




Il raggio di sole che filtrava attraverso il vetro colmo di ditate rendeva il tavolo del motel di un tono più chiaro e arrostiva la guancia destra di Dean. L'orologio al polso segnava le nove e dodici minuti. Il che facevano tre ore di ritardo.
Dean serrò la mascella e sospirò. Non era da Sam.
C'era sicuramente qualcosa sotto. Da quando aveva saputo del patto con il demone degli incroci, Sam dormiva a malapena il tempo necessario per spostarsi da un motel scadente al motel scadente di un'altra città. Insomma, non che Dean dormisse come un ghiro - a meno di sbronze colossali - ma ultimamente c'erano dei segni violacei sotto gli occhi di suo fratello e parecchi libri nascosti nel borsone. E poi, andiamo, ordinare una pizza in una tavola calda? Nemmeno burro-di-arachidi-e-banana Sam era così strambo.
La serratura scattò. Dean appoggiò la schiena alla sedia, sollevò il mento ed incrociò le braccia, proprio come papà, quella volta che Dean era tornato sbronzo da far schifo a Topeka, con il sangue di un Wendigo ancora sui vestiti. 
Oltre il divisorio a motivi floreali, Sam gettò un sacchetto di plastica sul divano e si sfilò il giaccone.
Dean inarcò un sopracciglio. «Dov'eri?»
Sam scrollò le spalle, come se non fosse uscito alle sei e qualcosa del mattino in una città in cui l'attrazione principale era il bar di fronte al motel.
«A prendere la colazione.»
Una macchia d'unto si allargava sul divano, sotto al sacchetto; l'odore caldo della frolla gli fece brontolare lo stomaco.
Dean gettò un'occhiata fuori dalla finestra. Il bar aveva solo un paio di clienti seduti spalla a spalla, con una tazza ed un piatto a testa. 
Inarcò un sopracciglio. «C'era la fila, per caso?»
Sam corrugò la fronte. «Che fai, mi controlli, adesso?»
Sì, dovrei. Erano più le volte in cui Sam sgattaiolava fuori che non quelle in cui Dean afferrava la giacca con un sorrisetto ed un non aspettarmi alzato.
Dean scrollò le spalle. «Fammi contento.»
Ma erano già passati diversi secondi e il cervello ipertrofico di Sam aveva di sicuro trovato una balla passabile e anche quella di riserva.
«Sono stato in biblioteca.»
Dean incrociò le caviglie sul tavolo e dondolò la sedia. «In biblioteca?»
Sam si infilò in bagno. «Sì, Dean.» Un cigolio; l'acqua scrosciò nel lavandino. «Sai, quel posto pieno di libri per i grandi, senza figure, dove non è permesso parlare.»
Che razza di stronzo.
Dean grugnì. «E hai trovato qualcosa di interessante? Oh, fammi indovinare: Il Manuale del Perfetto Contrattatore versione demoniaca? O Come Annullare un Patto che non hai Stipulato Tu
Il gorgoglio del lavandino riempì la stanza. Ci stava mettendo troppo a rispondere.
Sam riemerse dal bagno e tamponò il viso con un'asciugamani. «Tolkien, in realtà.»
Infilò il braccio nel sacchetto e sbatté qualcosa sul tavolo. Qualcosa dai margini consunti, che puzzava di sigari e muffa, con figure alte e slanciate dalle orecchie a punta in copertina. 
Sì, somigliava alla roba che piaceva a Sam.
«È sufficiente, detective?»
Dean grugnì. «Per ora, sì.»
Sam scagliò l'asciugamani sul divano e scostò una sedia dal tavolo. 
Dean afferrò il portatile. «Ho trovato qualcosa, comunque.»
«Un caso?»
«No, il santo Graal.» Dean roteò gli occhi. 
Sam assottigliò le palpebre e strinse le labbra nella sua migliore faccia da stronzo. «Non sapevo che ne conoscessi l'esistenza.»
Dean aggrottò la fronte. «Stronzo.»
«Imbecille.»
 Sam si passò una mano tra i capelli e sbuffò. 
«Di che si tratta?»
La tentazione di sbottare un sacrosanto cercatelo da solo era alle stelle.
«A Bixbi, Oklahoma, è stato trovato un cadavere sul ciglio della strada. Addome aperto, graffi e morsi su buona parte del corpo - e non il tipo piacevole.» Dean sollevò le sopracciglia.
Sam roteò gli occhi. 
«Un testimone dice di aver sentito un cane abbaiare, ma non ha visto nulla.»
Sam spalancò gli occhi. «Un cerbero?»
Dean schioccò la lingua. «È quello a cui ho pensato anch'io.»
Sam si passo una mano tra i capelli. «D'accordo, ma come lo fermiamo? Perché, dopo il trucchetto per salvare Evan Hudson, non credo che i demoni si metteranno in fila per farsi esorcizzare.»
«Già.»
Dean si grattò una guancia. Con Evan Hudson avevano avuto fortuna: un buon posto in cui piazzare la trappola, elemento sorpresa e un buon esorcismo tra le mani. Ma adesso, qualsiasi demone gli avrebbe fatto il culo ancor prima che potesse pensare di aprire il diario di papà.
Scrollò le spalle. «Troverò qualcosa.»
«Troveremo qualcosa.»
Sam fissò un punto al centro del tavolo; le dita grattavano meccanicamente sotto la piega del gomito. La cosa non gli piaceva per niente: aveva in mente qualcosa, e qualcosa di stupido.
«Potremmo-»
Ecco, appunto. 
Dean incrociò le braccia e inarcò un sopracciglio. «Cosa?»
Sam alzò le spalle. «Potremmo evocare Ruby. Farci prestare il coltello.»
Dean roteò gli occhi. Eccolo che ricomincia.
«Sam-»
«No, ascolta.» Sam sollevò una mano. «L'hai visto cosa è in grado di fare sui demoni. Magari funziona anche con i cerberi.»
Dean serrò la mascella così forte che i denti sfregarono. «Non evocheremo Ruby. Non voglio avere niente a che fare con quella stronza manipolatrice.»
Sam sbuffò. «Dean, se avesse avuto intenzione di uccidermi, non credi che sarebbe stato più facile per lei lasciare che Ira, Pigrizia e Superbia mi facessero a pezzi?»
«Infatti non vuole ucciderti, Sam, vuole solo trasformarti nel suo personalissimo Anticristo Superstar
Le narici di Sam si dilatarono; strinse i pugni, così forte che le nocche sbiancarono.
Ahi. Colpo basso.
La voce di Dean si addolcì. «È un demone, Sammy. Troverà di sicuro il modo di fregarci.»
Il petto di Sam si sgonfiò in uno sbuffo. Tenne gli occhi fissi sul tavolo, mentre il naso si tingeva di rosso e le nocche perdevano colore. Dean si morse la guancia. Okay, era stato un colpo davvero basso, ma che fosse dannato se avesse permesso di nuovo a quella stronza di avvicinarsi a suo fratello. I piani di Azazel bastavano e avanzavano. 
«Cosa pensi di fare, allora?» 
Sam gli piantò addosso gli occhioni da cucciolo all'ennesima potenza. Nemmeno le sopracciglia aggrottate e la mascella contratta ridussero il livello Bambi mi fa un baffo. 
«Lasciar morire degli innocenti solo perché non ti fidi di lei?»
Dean serrò la mascella. Colpo basso, Sammy. Da quando era così manipolatore?
Sam sollevò il mento. «O perché non ti fidi di me
Colpo basso. Molto basso. Squalifica immediata.
«Sam, non è come-»
Sam strinse le labbra.
Dean si passò una mano sulla faccia e sbuffò. In un modo o nell'altro, l'aveva sempre vinta lui. 
Gli puntò un dito contro. «Solo il coltello», grugnì, «poi la voglio fuori dalle scatole.»
 
 
La fiamma inghiottì la capocchia del fiammifero. Sam lo lasciò cadere nella ciotola ai suoi piedi, al centro del sigillo di gesso sull'asfalto. L'esplosione sollevò una nuvola di polvere, che graffiò le narici.
Infilò le mani in tasca e si strinse nelle spalle. Il lampione, a pochi metri da lui, si spense e si riaccese con un ronzio. Dal tubo di fronte, gocce d'acqua cadevano in una pozzanghera.
Lo stridere di ruote in fondo al vicolo lo fece voltare. Sam si guardò alle spalle. Perché ci mette tanto?
Strinse le labbra. Le entrate in scena teatrali dovevano essere un bonus del vendersi l'anima. 
La pelle si arricciò, lungo la schiena.
«Correggimi se sbaglio, ma non mi hai chiamata per ringraziarmi dell'aiuto.»
Sam si voltò. Appoggiata alla parete sotto al lampione, Ruby incrociò le braccia e inarcò un sopracciglio.
«No.» Sam dondolò sui talloni. «Mi serve il tuo coltello.»
Un piccione frullò le ali, a poca distanza. Ruby schioccò la lingua. «Per cosa?»
«Per tagliarci una bistecca demoniaca
Dean emerse dall'ombra con le mani in tasca e le spalle dritte, i pollici che roteavano fuori dai jeans, come un pistolero.
«Dean» La voce squillò come un campanello. Ruby sollevò un sopracciglio. «Ancora tra i vivi, vedo.»
Dean assottigliò le palpebre.
Ruby tornò a guardare Sam. «A cosa vi serve?»
«Non sono affari tuoi», replicò Dean.
«Ah, no?» Ruby sciolse le braccia lungo i fianchi e avanzò. Sam si spostò di lato, davanti a Dean. «Senza offesa, ma non mi fido di uno che potrebbe piantarmelo nel cuore senza pensarci due volte.»
«Oh, non credere che non ne sia tentato.»
Sam roteò gli occhi. Mai che avessero una conversazione civile, quei due. 
«Stiamo dando la caccia ad un cerbero.»
Ruby e Dean si voltarono verso di lui. Dean con le sopracciglia aggrottate e la mascella serrata, Ruby con una smorfia.
«Non c'è nessun cerbero qui, Sam.» Ruby scrollò le spalle. «Mi dispiace.»
Sam corrugò la fronte. «Che vuoi dire?»
«Che state dando la caccia a qualcos'altro.» Ruby fece un passo avanti; il tacchettio degli stivali riecheggiò per le pareti del vicolo. «E il mio coltello non può fare nulla contro questa creatura.»
«E ne sei così sicura perché-?» Dean inarcò un sopracciglio.
Ruby roteò gli occhi. «Uso il mio radar demoniaco.»
Dean serrò la mascella. Non se la beveva. Ma quando mai Dean avrebbe creduto a qualcosa che usciva dalla bocca di Ruby?
«Nel caso non te ne fossi accorto: sono un demone. So riconoscere un cerbero, quando ne vedo uno.» 
Incrociò le braccia. Sam sbuffò dal naso.
«Oh, me ne sono accorto.» Dean sollevò un angolo della bocca. «Mi 'spiace dirtelo, tesoro, ma puzzi di zolfo.»
«E tu puzzi di emodramma e complesso del padre, ma ho avuto il buon gusto di non fartelo notare.»
Dean corrugò la fronte. Ruby stirò gli angoli della bocca e sollevò le sopracciglia. Si voltò verso Sam. «Ti dispiace ritirare il guinzaglio di qualche centimetro?»
Dean scattò in avanti. Sam allungò un braccio e gli afferrò una spalla.
«Ne sei sicura?»
Ruby annuì. «Considerando che è stato un cerbero a trascinarmi all'Inferno e che lì sotto ne è pieno-» lanciò un'occhita a Dean «-sì.»
Dannazione.
Un formicolio attraversò le braccia come una scarica elettrica. Gli artigli affondarono nel petto, stringendolo in una morsa che gli tolse il fiato. 
Sam sospirò. «Cosa stiamo cacciando, allora?»
Ruby inarcò un sopracciglio. «Ti sembro Google, per caso? Fa' quello che sai fare meglio: mettiti a cercare.»
Gli diede le spalle e si allontanò verso l'imbocco del vicolo. A metà strada, si voltò.
«Se non ti serve altro, posso andare? Sono piuttosto occupata a far fuori i seguaci di Lilith, ultimamente.»
Il lampione sfarfallò. Quando la luce si riaccese, nel vicolo non c'era nessun altro.
«Stronza», grugnì Dean. Allargò le braccia e le lasciò ricadere lungo i fianchi. «Okay, il tuo piano è andato. Dovremo trovare un altro modo.»
Sam sospirò. «Non è un cerbero, Dean.»
Dean inarcò un sopracciglio. «Ne sei sicuro?»
Sam allargò le braccia. Che testa dura. «Non l'hai sentita?»
Una lotta con i mulini a vento sarebbe stata meno stressante.
«Chi ti dice che non menta?» sbottò Dean. «Non capisco come fai a fidarti così di quel demone.»
«Oh, non lo so.» Sam assottigliò le palpebre. «Forse perché continua a salvarci la vita?»
Dean aggrottò la fronte. «Avrà un piano.»
«Non ne abbiamo uno anche noi?»
Dean gli diede le spalle. Si passò una mano sugli occhi e poi sulla bocca, sbuffando come una pentola a pressione. 
«Sam, Ruby non può spezzare il mio patto.» Un alone di luce brillò negli occhi. L'espressione di Dean si addolcì. «Nessuno può.»
Il cuore di Sam martellava contro lo sterno come se volesse sfondarlo. L'aria si incastrò nei polmoni. 
«E ne sei così convinto che ci stai mettendo i bastoni tra le ruote.» 
Dean scosse la testa. 
Sam avanzò. Un groppo gli chiuse la gola. «Stiamo cercando di aiutarti, Dean. Per favore, per una volta-» lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi «-fidati di me.»
Il viso di Dean si rilassò. «Sammy-»
Sam strinse le labbra. No, non si sarebbe arreso. Come poteva pretendere che lo facesse? Dean avrebbe smosso gli oceani, nella stessa situazione.
Non era finita; non finché ci fosse stato anche solo un secondo di tempo.
Dean sospirò. «Ti chiedo solo di stare attento.»
Sam annuì. «Lo so.»
Le lamiere del cassonetto vibrarono. Un gatto soffiò.
«Be', impegnati.» Dean sorrise. «Non voglio ritrovarmi la tua brutta faccia di fianco troppo presto.»
Sam scosse la testa e sorrise. «Sei un idiota.»
Si passò una mano sugli occhi. Dean gli assestò una manata sulla spalla. «Sù, mettiamoci a lavoro, prima che questa cosa faccia altre vittime - e prima che mi venga voglia di intrecciarti i capelli.»
La risposta di Sam fu uno spintone.
 
 
La fitta alla spalla lo fece voltare appena in tempo per vedere un lato B che sarebbe stato capace di reggere un'intera conversazione da solo, fasciato da una minigonna molto mini di jeans, il tutto condito da spalle larghe, vita sottile e le ciglia più lunghe che Dean avesse mai visto, che sfarfallavano nella sua direzione.
Dean sollevò un angolo della bocca; gli occhi da gatta della proprietaria del suddetto lato B scorsero lungo il suo corpo come se volesse mangiarlo-
-e il cellulare squillò.
Con un sospiro, Dean se lo portò all'orecchio. «Sì?»
«Novità?»
La voce di Sam era bassa, accompagnata da un ronzio di sottofondo. La ragazza, intanto, era sparita tra la folla.
Ho appena perso una serata da paura. Ma dubitava che a Sam interessasse.
«Calma piatta.» Lanciò un'occhiata alla strada. Una monovolume sfrecciò davanti al locale. «Sicuro che sia questo, il posto?»
«Sicuro. Ho letto i rapporti della polizia.»
Il cosa che avresti dovuto fare anche tu era implicito. Dean roteò gli occhi. 
«Okay. Speriamo che non sia già fuggito.»
E che sia davvero uno skinwalker. La sensazione fredda e viscida sotto la pelle che pizzicava i nervi e il nodo allo stomaco gli dicevano diversamente. Certo, le viscere mancanti, i graffi e i morsi combaciavano, però-
Un'ombra sfrecciò, lungo la strada. Dean corrugò la fronte.
«Devo andare.»
Chiuse il telefono e corse fuori, navigando tra gomiti e spalle. 
L'aria gli sferzò le guance e fece formicolare la pelle. La polvere che ricopriva l'asfalto punse gli occhi. Dean sbatté le palpebre e si guardò attorno.
L'ombra si fermò sul ciglio della strada, alla sua destra. Dean estrasse la pistola dalla cintura e si avvicinò. Sollevò le braccia, la schiena arcuata nel mirino. Il pollice tolse la sicura in un unico scatto.
L'ombra si voltò. Due occhi rossi incontrarono i suoi. Il corpo era quello di un grosso lupo nero, ma la schiena era più curva, gli artigli decisamente più sporgenti.
Cazzo.
La stessa, dannatissima immagine del Cane Nero che si trovava sul sito che avevano consultato lui e Sam.
Dean strinse i denti. Brutta figlia di puttana.
Oh, ma Sam l'avrebbe sentito, eccome. A costo di tornare dall'oltretomba solo per prenderlo a calci nel sedere, lui e quella stronza di un demone a cui si ostinava a dare retta.
Se ne esco vivo, la prima cosa che farò sarà piantarle un coltello nel cranio.
Il cerbero scoprì i denti e ringhiò. Un attimo dopo, spiccò un salto.
La schiena sbatté sull'asfalto. Il fiato lasciò i polmoni in uno sbuffo. Dean gemette a denti stretti. Merda.
Afferrò il collo del mostro e strinse la presa. Insinuò il braccio armato sotto una zampa. Le zanne si chiusero a nulla dal suo viso; il fiato caldo sfiorò la pelle. 
La canna della pistola premette sul pelo del cerbero. Non l'avrebbe fatto fuori, ma, di sicuro, lo avrebbe distratto.
La zampa del mostro si chiuse attorno al suo polso e lo costrinse di lato alla testa. Dean corrugò la fronte. Il pelo si accorciò e schiarì; gli artigli divennero più corti e sottili, finché non rimasero solo dita affusolate e unghie laccate di viola. Dean sollevò lo sguardo. Sopra di lui, la ragazza del bar sorrise.
«Ma che-?»
Lei scoprì i denti. «Qualcuno ha dimenticato di fare i compiti.»
Si chinò su di lui. Una fitta attraversò il collo. Dean serrò la mascella per non urlare.
 
 
Il telefono aveva lo schermo spento da troppo perché andasse tutto bene. Sam lo fissava con la mascella serrata, le dita che tamburellavano sullo sportello.
Sta' calmo. Un passante appoggiò la mano all'Impala, barcollando sul marciapiede. Starà perlustrando la zona e si sarà dimenticato di chiamare. Non sarebbe la prima volta. 
Sospirò. Oppure, si è messo a flirtare con la barista. Sì, dev'essere questo.
Eppure, il nodo allo stomaco non accennava a sciogliersi. Qualcosa di viscido che strisciava sotto la pelle e pizzicava i nervi gli diceva che Dean era nei guai, e in guai seri. La stessa sensazione che mandava scariche fredde a quattordici anni, quando era rimasto al motel, durante una caccia, e Dean era tornato con la maglia zuppa di sangue, praticamente portato di peso da papà. 
Afferrò il cellulare. Il cerchio di luce del lampione colpì il nero dello schermo.
In fondo, anche se lo interrompo, non succederà nulla. Anzi, dovrei ricordargli di pensare al caso, tanto per cambiare.
Aprì lo sportello e scese.
 
 
La canna della pistola premette contro il petto della ragazza, appena sopra la scollatura. Le orecchie di Dean ronzarono. La testa girò, la nausea somigliava fin troppo a quella che gli veniva dopo essersi scolato la vetrina dei liquori di un bar.
Sembra proprio che, alla fine, volessi davvero mangiarmi.
Premette il grilletto.
Avrebbe potuto giurare che la ragazza guaì. Saltò indietro e si fissò il petto, là dove una rosa di sangue si apriva sulla pelle. Mostrò i denti e ringhiò. Dean tese l'avambraccio e sparò di nuovo.
Il dorso della mano di lei colpì la pistola. Il proiettile si conficcò nel braccio, strappandole un altro guaito. La colt slittò sull'asfalto, fuori dalla sua portata.
Merda.
Uno sparo colpì il timpano. Dean riparò la testa con un braccio, mentre il corpo seduto a cavalcioni su di lui si dimenava. Fori rossastri si aprirono sulla pelle; l'ultimo sulla fronte, poco sotto l'attaccatura dei capelli. La ragazza cadde di lato, gli occhi verdi spalancati, fissi su Dean.
Dean sollevò la testa. A qualche metro di distanza, con la glock ancora fumante in mano, Sam strinse la mascella. Dean sospirò.
Dio, non sono mai stato così felice di vederlo.
Lasciò ricadere la testa sull'asfalto. «Ritiro quello che ho detto: sono contento di aver rivisto la tua brutta faccia prima del tempo.»
Tese un braccio. La mano di Sam afferrò la sua.
La ferita al fianco pulsò cosi forte da farlo piegare in due. Una scia umida attraversò il collo e Dean grugnì. La vena pulsava così forte da rimbombare nelle orecchie. Cavolo, l'aveva ridotto male. E non nel modo in cui aveva sperato.
Sam corrugò la fronte. «Perdi molto sangue.»
Dean scrollò le spalle. «Graffi.» 
Raddrizzò la schiena; il fiato si incastrò in gola.
«Il tipo non piacevole.»
Fece un passo avanti. L'asfalto girò. Okay, forse non sono solo graffi.
La fronte aggrottata di Sam si sdoppiò.
Oddio, no. È già difficile sopportarne uno.
Infilò la mano in tasca e ruotò il polso. Le chiavi tintinnarono nel palmo.
«Prometto di non fare storie.»
Sam gli afferrò un braccio e se lo mise attorno alle spalle. 
«Ho bisogno di ghiaccio.»
«Hai bisogno di un medico.»
Dean grugnì. «Non esagerare.»
 
 
«Aufhocker
Dean grugnì. Cinque minuti, cinque minuti in cui la morfina potesse circolare liberamente nel suo corpo e fargli fare un meritato sonno di bellezza, non chiedeva mica tanto.
Aprì un occhio. Sam si sedette sul bordo del letto d'ospedale in cui l'aveva relegato e appoggiò il diario di papà sul materasso.
Dean inarcò un sopracciglio. Ci mancavano solo altre ricerche. «Dovrei sapere di che parli?»
«Della cosa che ti ha attaccato.»
Sam aveva quel sorrisetto compiaciuto che sfoggiava ogni volta che il portatile magico trovava qualcosa e che gli faceva venir voglia di prenderlo a schiaffi. 
«Era un aufhocker, non uno skinwalker. Ci sono diverse tradizioni che ne parlano e, di solito, lo descrivono come metà vampiro e metà lupo mannaro.»
«Il che è una stronzata, perché non ha mai cercato di strapparmi il cuore.»
«Esatto.» Sam scrollò le spalle. «Potrebbe essere qualcosa a metà tra un vampiro ed uno skinwalker.»
Dean sollevò le sopracciglia e sorrise.
Il viso di Sam tornò serio. «No. Non dirlo.»
Il sorriso di Dean si allargò.
«Non. Dirlo.»
«Skinpire
Sam allargò le braccia e sbuffò.
 
 
 
L'Aufhocker è un mostro della tradizione tedesca, metà vampiro e metà skinwalker. La metà sul lupo mannaro appartiene in realtà ad un altro mostro, il vukodloak. Come sempre, mi piace mescolare (rimanendo fedele alla tradizione della serie). 
Così come mi piace un sacco far bisticciare Dean e Ruby. Con due lingue lunghe così tra le mani, cosa posso volere di più? (Scusa, Sam.)
Sam sembra aver letto davvero Tolkien, ma, ovviamente, in biblioteca non ci è andato per quello. (Dean non è solo paranoico, in fondo).
Mi sono accorta che, in Crossroads Blues, Dean non 'vede' il cerbero; perciò, mi sono presa la libertà di non fargli sapere che i cerberi sono invisibili. Anche perché, quando li incontrerà di nuovo, li vedrà sul serio.
   
 
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