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Autore: kinokochan    22/06/2009    10 recensioni
“No... Ryo… aspett-… ah”
“che c’è Taka…” un mugolio infastidito, prima di far forza sulle braccia e alzarsi per osservare la piccola figura sotto di lui, con le guance morbide spruzzate di un tenerissimo rosso “andiamo non è… la prima volta… che lo facciamo… qui…”
“no Ryo… è che… c’è qualcosa…”
“cosa?”
“qualcosa… che mi cammina sul braccio…”
[ReitaxRuki]
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Reita, Ruki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alur°° la terza shot che ficco tra un capitolo e l'altro di itoshii...
L'ispirazione mi è arrivata mentre pensavo ai cavoli miei parlando su emmesseminchia con mia moglie, nella mia testa era tutta in un altro modo ma scrivendola è cambiata parecchio, specie il finale che non doveva proprio essere così.
Un pò mi fa strano pubblicarla perchè la mia lettrice preferita non l'ha letta in anteprima ç^ç mi farò perdonare u.u
Detto questo, vi lascio all'ennesimo schifo che ho il coraggio di pubblicare -mamiH me la paghi ò.ò- >w< se recensite è meglio xD

I gazette non mi appartengono e questo mio scritto è frutto solo della mia fantasia *malata*

Buona lettura^^


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Erano sdraiati su quel prato da ore.

L’uno accanto all’altro, stesi su di un telo rosso che spiccava prepotentemente in tutto quel verde.
Guardavano il cielo da talmente tanto tempo che forse si erano persino dimenticati che esisteva la terra sotto di loro.
Le nuvole che correvano ora veloci, ora lente, trasportate dal leggero venticello che sfiorava anche loro, come la carezza di un tenero amante, scompigliando i capelli e portando con se i profumi dell’estate appena iniziata.
Abbracciati, con l’ombra di un albero che li proteggeva dai raggi di un sole troppo caldo ma mai tanto bollente quanto i baci che si scambiavano, piacevole ma non come le carezze languide e delicate che si regalavano a vicenda; la sua luminosità non poteva eguagliare nemmeno lontanamente quella dei loro sorrisi, radiosi e felici, che si spegnevano appena il tempo di un fuggevole contatto tra le loro labbra, per poi apparire più splendenti di prima.
Felici.
Ecco, il termine che più si avvicinava al loro stato d’animo in quel momento, felici come non lo erano mai stati o forse, felici come riuscivano ad essere solo insieme, loro due da soli.
I resti del pranzo al sacco consumato insieme giacevano poco lontano, accuratamente raccolti in un sacchetto, perché lui non voleva che si spargessero sull’erba.
Era tutto semplicemente perfetto, solo gli animali spettatori dei loro momenti di dolce passione, il cielo sopra di loro e la terra che li accoglieva come un comodo letto.
Solo allora potevano essere loro stessi e abbandonarsi a piccole e tenere attenzioni, perdersi nel calore che si donavano a vicenda quando erano stretti l‘uno all‘altro, col cuore che batteva forte per un bacio troppo lungo e tanto desiderato da entrambe le parti perché potesse terminare in così breve tempo.

L’ennesima piccola nuvola che oscurava il sole per qualche secondo segnò l’inizio.
Forse era stato un bacio di troppo, forse quel piccolo morso innocente lasciato sulle sue labbra o forse ancora quell’ansito caldo sulla pelle candida del collo.
Probabilmente tutte queste cose messe insieme, in aggiunta al fatto che si coccolavano da ore, avevano scatenato una certa voglia in entrambi.
I loro corpi si mossero da soli, in una danza ripetuta talmente tante volte da essere diventata perfetta e ineguagliabile, l’uno sull’altro, le mani che si intrecciavano tra di loro, si perdevano tra i capelli e correvano avide disegnando i contorni, i profili e le forme con tocchi appena accennati e brucianti come il fuoco, sensazioni conosciute ma ugualmente nuove che si ripetevano intense sempre come la prima volta.
Perché semplicemente si amavano.
“Ryo… Ryo…” il suo nome, sussurrato tra un ansito e un gemito provocato da un piccolo morso appena sotto l’orecchio.
“Lo so che mi vuoi… Taka-chan…”
Labbra che si sfiorano, si cercano e si trovano, freneticamente.
“No... Ryo… aspett-… ah”
“che c’è Taka…” un mugolio infastidito, prima di far forza sulle braccia e alzarsi per osservare la piccola figura sotto di lui, con le guance morbide spruzzate di un tenerissimo rosso “andiamo non è… la prima volta… che lo facciamo… qui…”
“no Ryo… è che… c’è qualcosa…”
“cosa?”
“qualcosa… che mi cammina sul braccio…”
Il biondino si voltò e l’altro fece lo stesso, effettivamente una piccola macchiolina scura si muoveva zigzagante e lenta sul braccio disteso in mezzo ai verdi fili d‘erba, seguendo un percorso strano e ricco di curve.
Quasi sentendosi osservata da due paia di occhi color cioccolata, quella si fermò a metà del suo percorso, proprio sulla piega del gomito, e si mise ad osservare a sua volta.
“è una coccinella…”
L’osservazione fu bellamente ignorata, mentre Takanori in silenzio osservava l’insetto immobile, quasi appostato… in attesa di aggredirlo, forse?
Deglutì rumorosamente a vuoto mentre quella riprendeva a zampettare tranquillamente, una goccia di sudore scivolò lungo la tempia, asciugandosi tra i capelli.
“R-ryo…”
“si dice che portino fortuna…” continuò l’altro, senza badare al flebile sussurro con cui il biondino sotto di lui aveva chiamato il suo nome.
“Ryo… ti prego… toglila…”
L’animaletto continuò la sua pacifica passeggiata, avvicinandosi sempre di più.
“Non vuoi avere fortuna…?”
“ti mando in bianco?”
“non osare!”
“e allora levala da lì, levala!”
“guarda che la lascio dov’è…”
“facciamo una settimana…?”
“facciamo che la lascio dov’è così ti si infila nel naso, oppure nelle orecchie, e ti mangia il cervello!”
Il biondo emise un gridolino che doveva assomigliare ad un no, mentre la brutta prospettiva di essere mangiato da un mostro abnorme si faceva largo tra i suoi pensieri e i suoi occhioni marroni si riempivano di lacrime.
Pazientemente, Ryo allungò l’indice verso la bestiolina con uno sbuffo e quella, ignara di tutto lo scompiglio che aveva creato, ne approfittò, prendendo a camminare dapprima lungo le dita, poi su tutto il palmo e il dorso della sua mano, prima di essere lasciata andare su di un filo d’erba poco lontano.
“hai visto che non fa niente Taka… ehi, che fai piangi?”
“stronzo…” un sussurro leggermente acuto, tipico di chi trattiene le lacrime.
“ma come siamo rudi… ti faceva così tanta paura?”
“lo sai!”
Ryo sospirò, era il suo Taka, non cambiava mai.
Sapeva con certezza che adesso non sarebbero riusciti più a concludere nulla… almeno, non qui.
“torniamo a casa, ti va…?”
“si…”


*-*-*-*-*-*


Stretto nella sua giacca leggera cammina sfidando il vento caldo e forte che lo spinge indietro, fa muovere e ondeggiare l’erba più alta come fosse un piccolo scorcio di mare verde smeraldo, punteggiato di fiorellini rossi e gialli.
Cammina fino a trovare quello che sta cercando: un albero dal tronco inciso coi loro nomi.
Lui lo aveva sempre rimproverato per quel gesto e non aveva mai voluto ammettere che in fondo gli aveva fatto tanto piacere.
Si siede all’ombra dei rami e delle foglie, mentre un tiepido sole primaverile accoglie gli uccelli che ritornano dai loro lunghi viaggi.
Tutto come prima, nulla è cambiato, non fosse che stavolta è da solo.
Un puntino scuro volteggia davanti a lui per qualche secondo, prima di posarsi sulla manica della giacca grigio chiaro.
“una coccinella…”
La guarda con un sorriso amaro dipinto sulle labbra, avvicinandosi il braccio al viso per osservarla meglio, poi ci soffia sopra spingendola via, lontano.
Takanori avrebbe urlato come una donnicciola, per quello.
Altro sorriso triste, mentre si aggiusta la fascia che porta sul naso.
Non sa com’è finita, nemmeno se lo ricorda… gli ha fatto troppo male. Non conosce nemmeno il motivo per il quale è tornato qui, dopo tanto tempo.
Sa solo che dopo più di sei mesi da quando hanno rotto, la sua vita non è più la stessa e sa anche che la colpa è solo sua perché non è stato sincero e soprattutto non è stato fedele.
Si da del cretino ogni giorno per essersi lasciato andare, perché vedere quel visino paffuto e dolce rigato dalle lacrime era la cosa peggiore che potesse capitargli, e non aveva idea di quanto potesse far male.
Sta per alzarsi, maledicendosi in tutte le lingue del mondo per essere tornato lì, quando una voce conosciuta lo fa sussultare.
Si tira su velocemente e si sporge oltre il tronco e un sorriso sincero gli compare sulle labbra quando vede una testolina bionda che tenta di allontanare in tutti i modi un piccolo insetto rosso a pallini neri che si è posato sul suo braccio, ma ha troppa paura di toccarlo per riuscirci.

“io te l’avevo detto che le coccinelle portano fortuna…”






   
 
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