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Autore: Chocolat95    02/11/2017    1 recensioni
"Vorrei dirti tante altre cose, ma la mia voce non ha forza di uscire. Un uragano si agita nel mi animo e provoca tempeste. Ma per quanto grande sia, non riesce a sfuggire dalla sua scatola e sfondare questi muri, che sembrano fatti solo di cristallo."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Key
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A lui, a lei, a loro


L’ho fatto ancora.
È successo di nuovo.
Un’altra volta quel sogno.
Quel tipo di sogno.
E la sensazione che mi pervade ora una volta sveglio è un misto indecifrabile di angoscia, nostalgia e tristezza. Quasi incomprensibile se penso che poco fa invece avevo provato in ugual misura un sentimento totalmente opposto; ero felice.
Ero felice perché eravamo insieme
Ero felice perché tutto mi sembrava normale
Ero felice perché eri tornata
E poco importava che stessimo asciugando i piatti dopo un pranzo qualunque che nemmeno ricordo, poco importa che avessi le mani umide, in teoria, e stessi stranamente svolgendo volentieri un’azione solitamente per me noiosa come sistemare la cucina.
Poco importava perché c’eri tu.
E ricordo benissimo di aver pensato lucidamente.
Forse ero consapevole di star sognando, o forse no… è strano il mondo onirico, fatto sta che mi son proprio detto con lucidità adesso che è tornata, devo ricordarmi cosa mi mancava quando non c’era, così posso farci più attenzione.
Perché sì, tu eri tornata
Eri tornata da me
E io ricordo bene anche la sensazione di gratitudine che ho provato verso Dio dopo che invece avevo passato tutto quel tempo a chiedergli perché ti avesse portata via.
Ero contento e senza pensieri
Leggero
Levitante
Come un sogno.
Come quello che appunto era.
Un sogno.
Al risveglio ancora non so se mi ha fatto più male questa illusione, o l’aver ricordato che non era la prima volta che capitava.
Un’altra volta era successo e un’altra volta il vetro sottile si era infranto.
E aveva fatto male.
Tanto male.
Le schegge invisibili della mia anima distrutta ancora vagano, fuori controllo, nonostante io abbia provato a raccoglierle.
Ma mi sono fatto solo del male.
Ma anche mi ostinassi a radunare tutti i pezzi, il colpo è stato troppo forte perché si possa aggiustare.
Mi dicono spesso che dopo il primo anno si comincino a superare i traumi, ma non è vero. Non si superano, ci si abitua.
Che poi, non è vero neppure questo.
Non ci si abitua. Forse è più corretto dire che ci si rassegna.
Del resto, che altro si può fare…
Si può fare come la mamma, che da subito ha cercato di abituarsi e abituarmi all’idea con “Bumie, la nonna te la sei goduta per quasi vent’anni…” come a dire che è stato un tempo più che sufficiente, ma avrei voluto urlarle in faccia che una sciocchezza simile non l’avevo ancora sentita.
Se non fosse che il tono tradiva quanto fosse lei la prima a dover accettare una cosa simile.
E per quanto buonisti si voglia o debba essere, nessuno lo accetterà mai davvero.
Io di sicuro ancora non riesco.
A volte mi chiedo perché. Perché perché perché. Tanti perché per tante cose. Ma è uno sfogo che rimarrà tale.
A volte cerco di convincermi che questo distacco è come l’essere partiti per un lungo viaggio, come l’essersi trasferiti dall’altra parte del mondo. Ma poi mi ricordo che esiste il telefono, e di solito dai viaggi si torna.
Che anche se chiamassi il tuo numero ancora registrato in rubrica, non sarebbe la tua voce a rispondere. Non sarebbe come quando mancavamo le chiamate, sarebbe come quando il cellulare è staccato, perché la persona è irraggiungibile. E anche se il tuo numero non l’ho mai imparato a memoria, di sicuro non lo cancellerò adesso.
La tentazione più forte però sono i messaggi. Rileggerli. È devastante. Pensare a quante risposte banali o frettolose ti ho dato e che rimarranno più impresse delle lunghe chiamate.
All’inizio, tante volte non vedendoti ho avuto solo l’impressione che fossi via per un po’. E l’unica cosa che mi ha evitato di stare alla porta ad aspettarti è stato il ricordare subito che non era così.
Solo dalla finestra qualche volta mi sono immaginato di vederti per strada.
E se per un po’ sono riuscito a formulare il pensiero che non saresti tornata, adesso mi manchi da morire.
So che non tornerai e mi manchi.
Mi manca la voce, il contatto, l’azione. Temo il giorno in cui mi renderò conto di non ricordarli più.
Fortunatamente esistono i video e le foto, e ne abbiamo fatti tanti insieme.
Ma sentirle dal vivo sarebbe un’altra cosa.
Tante volte penso che mi piacerebbe raccontarti un fatto qualunque che mi è successo, mostrarti  una cosa nuova che ho imparato o semplicemente avere una tua opinione.
E ciò non è più possibile.
Potrei fare come nei film, dove i protagonisti privati degli i affetti si recano sulle tombe dei loro cari e si lasciano andare a lunghi monologhi.
Ma oltre che sentirmi sciocco io, credo che qualunque cosa poi ti direi, in realtà tu la sappia già.
In verità io credo che tu possa vedermi, e quindi sapere ugualmente cosa faccio, come cresco. Ma averne la certezza sarebbe molto confortante. Nel dubbio io continuo a pensarlo.
A pensare che quando devo prendere una scelta, sei tu che mi ispiri a fare quella giusta, o che mi accompagni, quando sono per strada. Che la tua mano prende la mia, e come quando ero piccolo mi guidi oltre il buoi e la solitudine. E non solo metaforicamente parlando. 
E io lo sento, credo fortemente di poter sentire la tua presenza.
Ma è come quando sono nei sogni, una scatola di cristallo oltre il quale non posso vedere.
E che però non posso infrangere io.
Vorrei piangere.
A volte vorrei piangere tanto.
E non riesco quasi mai
Ci sono momenti in cui le sensazioni negative mi prendono completamente, quasi riesco a vederla quella nuvola nera che mi avvolge, ma nulla, mai una lacrima.
Forse le ho piante tutte quei giorni.
Poi allora mi sforzo, mi sforzo di ricordare i momenti belli che abbiamo trascorso insieme. E sono stati tanti.
Più sfoglio gli album più me ne rendo conto.
Certo, tante altre volte l’ho fatto, ma con questa consapevolezza, tutto è diverso.
Alcuni non me li ricordo se non tramite le immagini che soprattutto tu ti sei premurata di catturare nel corso degli anni, cosa per la quale ti ringrazierò sempre immensamente e ho deciso porterò avanti io ogni volta che posso.
 E spesso penso se li potessi vivere ancora, farei in modo di viverli pienamente quei giorni
Ma sarebbe troppo facile.
E la vita sarebbe perfetta
E non è ne facile né perfetta
Però che sia bella, lo posso ancora dire, e lo voglio continuare a dire.
Di sicuro saresti tu ad esortarmi in questo senso altrimenti.
La mamma me lo dice sempre “la nonna era innamorata della vita, voleva viverla tutta”
E queste parole mi hanno sempre fermato dal compiere il gesto estremo.
Che non avrei comunque mai avuto il coraggio di fare davvero.
Ma mi hanno fatto sentire in ogni caso nel torno
Non sarebbe stato giusto.
Verso nessuno.
Verso di te che mi hai voluto bene come un figlio, verso i miei genitori che hanno fatto per me, verso me stesso che avrei reciso le mie stesse ali.
Di distacco forzato ne basta uno per ora.
E si spera per lungo tempo.
Ancora non l’ho superato. E per quanto possa convincermi non credo mai lo farò, consapevolmente o meno.
Però voglio pensare che questa mia passata grande debolezza sarà d’ora in poi la mia forza.
Voglio credere che la mano che mi è sempre stata davanti, ora sia al mio fianco anche se non la posso vedere, e che in futuro ci sia ancora, a sorreggere le mie spalle quando affronterò davvero la vita. 





Angolo dell'autrice:
Credo di non aver null'altro da dire questa volta. 
  
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