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Autore: piccina    04/11/2017    2 recensioni
"Non era mai stato un padre tradizionale, ma a quel figlio voleva bene e sentiva che in questo momento aveva bisogno di lui"
Brian alle prese con la difficile adolescenza di Gus fa i conti con il suo essere padre. Justin è al suo fianco.
Idealmente circa una decina di anni dopo la 5X13
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Kinney, Gus Kinney, Justin Taylor, Lindsay 'Linz' Peterson, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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“Sciacquati il viso, io mi faccio un goccetto ne ho bisogno” aveva stretto per un attimo le mani su quelle di Gus intrecciate sul suo addome. “Coraggio” aveva detto, infine, sciogliendosi dall’abbraccio e voltatosi aveva lasciato un bacio sui capelli del figlio.
Justin l’aveva raggiunto nel salottino mentre si stava versando una generosa porzione di whiskey e con due dita si stropicciava gli occhi. “Ne vuoi?” gli aveva chiesto. “Faccio io” aveva risposto annuendo. Brian si era appoggiato alla parete e teneva gli occhi dritti al soffitto, muoveva solo il braccio per portare il bicchiere alle labbra e prendere brevi sorsi.
Justin gli si era affiancato, così vicino da sfiorare con la spalla il torace del marito e aveva domandato: “Quindi?”
Una smorfia e poi aveva risposto con voce stranamente roca: “L’ho portato qui da Toronto, credevo di doverlo rimettere in riga, pensavo fosse una testa di cazzo, di doverlo punire e invece – Justin si era sentito morire nel sentire la sofferenza con la quale Brian aveva concluso esitante – e invece il problema di Gus sono io”
“Non esagerare. - aveva ribattuto sottovoce - Lo siamo un po’ tutti e tutti insieme riusciremo ad aiutarlo.”
“Come ho potuto non pensarci? Come abbiamo potuto non pensarci? Linz ed io, così fottutamente concentrati su cosa volevamo noi, su cosa avevamo il diritto di desiderare ed avere. Io e tutte le mie minchiate sul ruolo di contorno, pure il dubbio che non lo volessi gli ho fatto venire.”
“Kenney, non fare la checca melodrammatica. Che lo ami, che lo vuoi, che l’hai sempre voluto Gus l’ha vissuto, ogni giorno. Lo sa, è solo dannatamente in crisi, ma lo sa.” Si era allungato e gli aveva lasciato, con la consueta delicatezza, un bacio sulla guancia.
Brian non l’aveva lasciato allontanare, con una mano teneva il bicchiere e con il braccio aveva stretto il marito al petto. “Mercoledì non ce lo posso mandare a scuola, mi pare ovvio. E porca vacca, tutte le scuole migliori sono gestite da enti religiosi” aveva mormorato forse più a se stesso che a Justin.
Lui aveva alzato il viso, gli aveva piantato il mento sullo sterno e considerato pratico: “Ci sono diverse scuole e soprattutto molte confessioni” Brian l’aveva osservato attento, sapeva per esperienza che quando Justin aveva quel tono e quell’espressione nascondeva un piano.  
“Mentre eravate in sala ho fatto qualche ricerca, tanto per farmi un’idea. E’ piuttosto piccola, ma i suoi studenti hanno percentuali alte di accesso alle migliori università. Non è facile essere ammessi, ma credo che potremmo riuscirci”
“Di cosa stai parlando, Jus?”
“Del liceo valdese. Riconoscono le unioni come la nostra. Sostengono e promuovono concretamente, nell'ottica di uno Stato laico, progetti e iniziative tesi a riconoscere i diritti civili delle persone e delle coppie discriminate sulla base dell'orientamento sessuale e denunciano il peccato della discriminazione delle persone omosessuali e delle sofferenze imposte loro dalla mancanza di solidarietà. La chiesa valdese invita pubblicamente i suoi fedeli ad accogliere le persone omosessuali senza alcuna discriminazione. Non è necessario fare parte della loro congregazione per essere ammessi. Potrebbe essere un ambiente scolastico più favorevole per Gus. Ne parlerei con lui e prenderei un appuntamento con il rettore, che ne dici?”
“Cosa farei senza di te, Sunshine?” gli aveva ripetuto a distanza di circa dieci anni dalla prima volta. La risposta era stata la stessa: ”Non lo so proprio”, si era alzato sulle punte e lo aveva baciato sulla bocca.
“Intanto vado a tranquillizzare Gus che non lo manderò alla Saint Jeams, per il resto vorrei informarmi meglio prima di parlargliene, ma mi pare una buona alternativa. Domani chiamo per un appuntamento”
Justin si era sciolto dall’abbraccio: “Trovi il numero sulla tua scrivania” gli aveva sussurrato sulle labbra, strizzandogli l’occhio.
“Ehi” aveva detto, entrando in camera del figlio.
“Ehi” aveva risposto Gus.
“Stai un po’ meglio?” gli aveva domandato il padre. Aveva annuito. L’espressione era più serena, ma sembrava stanco. Gli aveva chiesto di rimando: ”E tu papà?”
“Mmm, un po’ frastornato a dire il vero, ma sono sollevato dal fatto che abbiamo parlato. Non te lo tenere mai più dentro un dolore così senza cercare aiuto, ok?” Mentre parlava si era accomodato sul bordo del letto, Gus si era tirato seduto e aveva risposto: “Promesso”
“Sono stanco morto e anche tu mi sembri esausto. Ne abbiamo consumante di energie nervose, domani parliamo di come gestire la situazione, una soluzione la troviamo, vedrai, ma che ne dici se ce ne andiamo a dormire?”
“Sì, sono stanco, ma prima voglio chiamare le mamme”
Brian gli aveva scompigliato i capelli con una carezza: “Bravo Gus, buona idea. Volevo dirtelo. Salutamele” Lo aveva abbracciato rapido ed era uscito dalla stanza, mentre il ragazzo prendeva il cellulare dal comodino.

PS: per il discorso di J riguardo alla chiesa Valdese ringrazio Wikipedia. Alcune considerazioni sulle scuole possono essere forzate, ma sono funzionali alla storia. 
  
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