14. Farewell
Norin dal canto suo, nonostante avesse alcuni anni meno di lui, era molto più matura dal punto di vista sentimentale. Era perfettamente consapevole di cosa stesse succedendo, e ne era alquanto intimorita. Sentiva un fuoco ardere dentro ogni volta che i suoi occhi incrociavano quelli di Zed, un forte brivido percorreva la sua schiena dalla testa ai piedi ogni volta che lui l’accarezzava, e una dolce, spietata morsa stringeva il suo stomaco ogni volta che le loro labbra anche solo si sfioravano. Aveva paura tanto quanto lui di quell’emozione così pura, indomabile, irragionevole, troppo grande per loro da riuscire a gestire. Provò ad allontanarsi gradualmente dal ninja quella settimana, ad evitarlo quando poteva, sforzandosi di rifiutare il suo affetto. Ma ad ogni tentativo di distacco, quando gli voltava le spalle o lo ignorava, lui l’afferrava e la tirava a sé con forza, costringendola a guardarlo dritto nella sua anima nascosta dall’Ombra attraverso i suoi occhi. Bastava che i loro sguardi si incrociassero anche solo per un istante per rendere futili tutti gli sforzi di Norin. Quando si guardavano non avevano più bisogno neanche di parlare. Si capivano e basta. Lei d’altronde era stata l’unica dopo anni a riuscire a vedere oltre il velo di Ombra che celava i pensieri e le emozioni ancora umane di Zed. L’unica a cui lui l’aveva permesso. Immergersi in quelle iridi castane dai riflessi rossi le faceva dimenticare qualsiasi cosa. Erano come un varco per un mondo parallelo, dove esistevano solo loro due, in quella dolce solitudine che non avrebbero mai voluto condividere con nessun altro.
Il tempo passava inesorabile.
Entrambi cercarono invano per quei giorni di dissimulare la malinconia che li divorava. Fin troppo spesso si ritrovavano a guardarsi, con gli occhi inumiditi dalle lacrime, nella consapevolezza dell’avvicinarsi della loro separazione. Si sentivano sconfitti, impotenti. Norin si fermava molto spesso a fissare la materia oscura pulsare sempre più vigorosamente nelle vene del suo braccio, mentre si faceva strada verso la sua spalla. Era sempre più prossima a raggiungerla. Cercava in tutti i modi di nasconderlo a Zed, ma lui era il primo a voler controllare l’avanzamento di quell’infezione di oscurità che conosceva molto bene. Si copriva, si fasciava, provava a distrarlo quando lui si avvicinava per dare un’occhiata, ma niente. Lui aveva capito perfettamente le sue intenzioni, e ogni volta si ritrovava costretto a resistere alla tentazione di stare al gioco per poterla far rimanere di più con lui.
– Non serve che controlli, ci ho pensato io prima. – tentò di fermarlo Norin quella sera per l’ennesima volta, mettendo le mani avanti per non farlo avvicinare. Tirò la manica della maglia fino alle punte delle dita. Zed la guardò intenerito.
– Dai, fammi giusto dare la solita occhiata. – rispose lui, prendendole delicatamente il braccio. La ragazza glielo strappò di mano con forza, stringendolo a sé.
– Non serve! Ho visto prima che va tutto bene, manca molto ancora alla spalla. Piuttosto, cambiando argomento, che ne dici se…
– Norin. – la interruppe Zed con tono severo – Non provare a fare la furba con me. Non sei brava a farlo, e io non sono stupido. Sono giorni che tenti di non farmi controllare il tuo braccio.
– Io… – mormorò lei, senza sapere cos’altro aggiungere per giustificarsi, abbassando lo sguardo. Il ninja le prese il viso tra le mani, asciugando una piccola lacrima che aveva attraversato la sua guancia.
– Guardami. – sussurrò, invitandola ad alzare gli occhi. L’incrociarsi dei loro sguardi fece come al solito crollare ogni barriera. – Ho giurato che ti avrei protetto ad ogni costo. Ed è quello che farò. A qualunque costo. Se per proteggerti devo allontanarmi da te, lo farò.
– Ma… – cercò di intervenire lei, con gli occhi inumiditi dal pianto.
– Niente ma. – riprese Zed abbassando la voce, posando la fronte sulla sua – Sei troppo importante. Non voglio che tu corra alcun pericolo. Tengo alla tua vita più che alla mia. Non è giusto che tu rischi di morire solo per un mio capriccio egoistico.
La ragazza abbassò lo sguardo rassegnata, dopo che lui le ebbe strappato un bacio fuggevole. Gli porse il braccio, senza avere il coraggio di osservare a che punto fosse l’infezione di materia oscura. Il ninja le sfilò delicatamente la maglia, sollevandola fino alla sua spalla. Rimase in silenzio. Norin guardava altrove, e lo sentì sospirare amaramente. Un’altra lacrima le solcò il viso. Ancor prima di voltarsi verso Zed e vedere la sua espressione disfatta aveva perfettamente capito. Nessuno dei due parlò. I loro occhi scuri rimasero incatenati per alcuni lunghi istanti, legando le loro anime solitarie e facendo da canale per le loro emozioni. Lei non resistette a lungo, e si gettò tra le sue braccia, singhiozzando sommessamente. Il ninja non poté che accoglierla nel suo abbraccio, stringendola forte a sé e cercando di tranquillizzarla invano.
Purtroppo era giunto il momento.
Partirono insieme, quella stessa notte, verso Jyom Pass. Non si rivolsero la parola per tutto il tragitto, fino all’arrivo alla casa di Norin. Il motivo del loro silenzio non era tanto legato alla malinconia di quella circostanza, quanto al voler conservare un ricordo prezioso degli ultimi momenti passati insieme in quella meravigliosa condivisione di solitudine che erano entrambi riusciti a raggiungere solo con la compagnia dell’altro. Si tennero semplicemente per mano, camminando insieme nel buio della foresta. Il braccio le doleva molto nello star così vicino alla sua aura di potere oscuro, ma poco le importava.
Nel ritrovarsi all’improvviso davanti la porta di casa sua, luogo che non vedeva da più di un mese ormai, la ragazza sussultò. Una folata di vento estivo portò con sé il lontano ricordo della voce di Callon, facendole correre un brivido lungo la schiena. Si voltò verso Zed, che la fissava immobile. Fece per dire qualcosa, ma il ninja le posò delicatamente l’indice sulle labbra. L’aria era invasa dal ritmico frinire dei grilli. Si tolse l’elmo, posandolo a terra, e lasciò che furono i loro occhi a parlare. Norin si immerse in quelle iridi castane, lasciandosi travolgere dal turbine di sentimenti che provava per lei, emozioni che l’assassino nella sua ingenuità affettiva non era mai stato in grado di descrivere a parole. Bastarono quei lunghi istanti in cui i loro sguardi rimasero intrecciati per intendersi, senza il bisogno di dire nulla. Anche una singola sillaba sarebbe stata di troppo. Si scambiarono un dolce sorriso di complicità, asciugandosi le lacrime a vicenda nella consapevolezza che fosse la scelta migliore per entrambi. Zed si avvicinò e premette le labbra sulla sua fronte, mentre la materia oscura avvolgeva le sue spire attorno ai loro corpi.
– Addio, Norin. – sussurrò, tuffandosi nei suoi occhi neri per l’ultima volta.
– Addio, Zed.
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