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Autore: Sospiri_amore    06/11/2017    0 recensioni
TERZO LIBRO DI UNA TRILOGIA
Elena se ne è andata via da New Heaven appena finite le scuole superiori, da ragazza ha lasciato gli USA per l'Europa. Tutte le persone a cui ha voluto bene l'hanno tradita, umiliata e usata.
Dopo quattordici anni, ormai adulta, Elena incontrerà di nuovo le persone che più ha amato e odiato nella sua vita, si confronterà con loro rivivendo ricordi dolorosi.
Torneranno James, Jo, Nik, Adrian, Lucas, Kate, Stephanie, Rebecca più altri personaggi che complicheranno e ingarbuglieranno la vita di Elena.
Come mai Elena è tornata in America?
Chi è il padre di suo figlio?
Elena riuscirà a staccarsi dal passato?
Chi si sposerà?
Riusciranno i vecchi amici a trovare l'armonia di un tempo?
Elena riuscirà ad amare ancora?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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OGGI:
Aspettative






«Respira Elena. Prendi fiato e non andare in iper ventilazione». Kate mi massaggia la schiena.

 

Adesso svengo.

 

Sebastian, mano nella mano con Maggie, saltella felice sul marciapiede. Papà e Tess chiacchierano con loro. Non si sono accorti della mia strana espressione che pare essersi cementata sul mio volto da un giorno a questa parte. È come se la mia bocca fosse contorta in una smorfia e le sopracciglia sollevate verso l'alto.

In poche parole come se fossi tra lo stupito e lo sconvolto, molto sconcertata e piuttosto confusa.

Quello che è successo ieri con James mi ha lasciato senza parole.

 

Non ho chiuso occhio.

Ho perso appetito.

Sono tesa come una corda di violino.

 

Possibile che io sia così facilmente influenzabile da James dopo tanti anni?

 

«È normale. Non hai mai chiuso con lui. È come se tu tornassi una adolescente irragionevole, soprattutto se lui si comporta gentilmente con te. È più che normale», mi dice Kate prendendomi per mano.

«No. Non lo è. Mi sento così fragile, ma ti sembra normale?», la mia voce ha note stridule e più stonate del solito.

Kate ridacchia.

«Vorrei vedere te al mio posto. Ti assicuro che non è una bella sensazione», le dico mentre mi asciugo il sudore dai palmi delle mani. «Inoltre oggi George e James verranno all'asta di beneficenza con Geltrude. Si prospetta un altro giorno sfiancante».

«Del resto non sono io che sono scappata senza spiegare niente a nessuno. Non credi sia l'ora di finire tutta questa storia? O forse non ti vuoi liberare perché...». La faccia maliziosa di Kate mi si parla davanti all'improvviso.

«Perché cosa? Ma sei matta. No. No. È che non so come affrontarlo, devo solo trovare il modo di non farmi addolcire dai suoi modi gentili. Quando James vuole sa come vendersi... ogni volta mi frega. Ma ti sembra possibile? Ho più di trent'anni e mi sento una bimba».

«Per me devi troncare con il passato e non lo hai ancora fatto del tutto. Se non avessi i tuoi turbamenti con James, Nik, Rebecca e compagnia bella ti sentiresti vuota. Un po' ti piace, non puoi vivere senza drammi», mi dice schietta.

Grugnisco.

 

Anche se mi scoccia ammetterlo ha ragione. È come se mi crogiolassi nelle mie fantasie e cercassi volontariamente di incasinarmi la vita. 

Prima Nik con la nostra relazione non-relazione poco chiara: stiamo insieme, ci lasciamo, torniamo insieme. 

Poi Rebecca che mi lancia frecciatine su frecciatine acide. 

Jonathan che fa l'amicone come se fossimo ancora due ragazzini. 

Stephanie che mi rende partecipe della sua vita e della tristezza che permea ogni suo istante.

Infine James che prima mi tratta male sul l'ascensore comportandosi da bulletto e ieri che pare uno zuccherino, dolce e amorevole.

 

Se fossi sana di mente li manderei tutti a quel paese per vivere la mia vita in tranquillità, eppure non riesco a liberarmi di nessuno. È come se dei sottili fili indistruttibili mi legassero a loro, come se il destino si divertisse a farci incontrare e scontrare.

 

Forse Kate ha ragione, devo recidere il cordone che mi unisce a tutti loro e tenere solo ciò che mi fa star bene e allontanare ciò che mi fa soffrire.

Ma non è facile, non lo è per niente.

 

L'edificio che costeggia la biblioteca universitaria di New Heaven è addobbato a festa. L'associazione S.U.N ha fatto le cose in grande: centinaia di palloncini colorati decorano l'esterno dell'edificio, striscioni e cartelli richiamano l'attenzione dei passanti. Sembra una grande festa di paese, una di quelle che riunisce la comunità rendendola più unita. Profumi e aromi deliziosi solleticano il mio palato, bancarelle con specialità e golosità sono una di fianco all'altra. Decine di famiglie scivolano lente incastrandosi tra di loro, sbirciando, assaggiando e comprando cibo, giochi e ninnoli.

Per qualche minuto mi metto ad osservare tutto come se tutti i miei pensieri fossero microscopici e non avessero importanza. L'atmosfera rilassata e festosa mi mette di buon umore.

 

«Sono commercianti e ambulanti della città. Oggi aprono i loro banchetti e offrono, a prezzo ridotto, le loro specialità. Il resto lo danno in beneficenza per l'associazione. In un modo o nell'altro tutti hanno parenti che hanno ricevuto aiuto, sia che si tratti di un bimbo con difficoltà a scuola o un adolescente problematico», mi urla Tess mentre una chiassosa banda passa di fianco a noi percuotendo, fischiando e pizzicando decine di strumenti musicali.

Annuisco stupita. Non mi sarei mai aspettata di trovare tanto amore, con un semplice gesto possono aiutare molte persone.

 

Sono felice di partecipare, credo sia una causa giusta.

 

Maggie e Seb paiono impazziti.

Vorrebbero fermarsi ad ogni bancarella, assaggiare ogni cosa e comprate tutto ciò che attira la loro attenzione. Devo trattenere il mio piccolo perché pare in preda a una psicosi: saltella, urla, indica, corre e gesticola come un pazzo.

Di solito così tranquillo e così misurato, oggi sembra una furia.

Un chiosco che vende zucchero filato multicolore attrae Seb come fosse un pezzo di ferro con una calamita. Con i palmi appiccicati alla bancarella e gli occhi fuori dalle riviste fissa ipnotizzato il movimento circolare del commerciante.

 

«Ne vuoi uno? Se ti prendo questo però dopo non puoi mangiare altre schifezze altrimenti ti viene il mal di pancia», gli dico cercando di attirare la sua attenzione.

«Che vuoi che sia un po' di zucchero filato, non fa di certo male». Geltrude è dietro di noi. Con il portafoglio in mano indica al commerciante di farne due per i bambini.

«Buongiorno Geltrude. Come sempre prova a smontare la mia autorità davanti a mio figlio. A volte vorrei insegnarli a fare la cosa giusta», le dico un po' acida e divertita allo stesso tempo.

«Figuriamoci. Una festa è una festa. Non succede mica tutti i giorni», mi dice la donna prendendo le due nuvole dolci consegnandole a Sebastian e Maggie, prima però ne assaggia un pezzo da entrambi.

«Non dirlo a mio figlio», mi sussurra schiacciando l'occhio.

 

George arriva un secondo dopo, con lui c'è James che spinge un signore di una certa età sulla sedia a rotelle.

 

«Buongiorno Elena. Buongiorno Kate. Ciao Bruno», George bacia Tess poi scompiglia i capelli di Maggie e Seb che, troppo impegnati a mangiare lo zucchero filato, non si accorgono neanche del suo arrivo. «Niente dolci, mamma. Sai che il dottore te li ha proibiti».

Geltrude alza gli occhi al cielo leccandosi le labbra per rimuovere gli ultimi residui di zucchero.

«Vi presento Montogomery Samuel II. La sua famiglia è tra le fondatrici di questa comunità, è grazie a loro che questa cittadina ospita una delle migliori università della nazione. È grazie a te che tutto funziona come dovrebbe andare», dice George battendo amichevolmente la mano sulla spalla dell'uomo.

«Sono cose più vecchie di noi due messi assieme. Io non ho fatto nulla, ho avuto avi più saggi e furbi di me, non darmi il merito per ciò che non ho fatto», dice con voce pacata. 

«Caro Samuel, non fare il modesto. Tutti sanno quanto ti prodighi per aiutare i tuoi concittadini», dice Geltrude.

«Invece di parlare di me, perché non mi presentate queste belle fanciulle e questi adorabili bambini». L'uomo si sporge leggermente dalla sedia a rotelle dando un pizzicotto sulla guancia di Sebastian e Maggie. Con i capelli bianchi come la neve, la barba folta, sembra una versione di Babbo Natale più in forma.

«Loro sono Elena Voli e Kate Husher, abbiamo frequentato il Trinity Institute insieme», dice James.

«Kate Husher la fotografa. Apprezzo molto i suoi scatti, credo che l'arte dovrebbe essere valorizzata di più. Purtroppo nel nostro mondo si sta perdendo il gusto per il bello». La voce profonda dell'uomo è rassicurante, ma allo stesso tempo le sue parole, seppur semplici, paiono certezze. È come se il significato di ogni sillaba pronunciata avesse un peso diverso, come se la gravità carpisse quei suoni ancorandoli al terreno per renderli verità inoppugnabili.

 

«Io ed Elena stiamo lavorando ad una mostra, inaugurerà tra poco. Una cosa organizzata all'ultimo, ma che mi sta dando molte soddisfazioni», dice Kate.

«Elena Voli. Elena voli», ripete il vecchio fissandomi, «È un piacere conoscerla».

 

Un lieve rossore mi colora le guance.

Il modo di fare del Signor Montgomery è affascinante. Sembra uno di quegli uomini di una volta, mi ricorda un po' Mauro l'inserviente che lavora al ristorante sotto il mio ufficio. Persone così ce ne sono poche in giro.

 

«Sapete che è la prima volta che partecipo a questo evento qui a New Heaven? Mi rammarico di ciò, ma a volte essere nella mia posizione rende difficile approcciarsi con la gente. Le persone hanno aspettative che spesso non vengono soddisfatte e credono che avere soldi possa aiutarle. Sento il peso di tutto questo, a volte». Il Signor Montogomery muove la mano verso le bancarelle e le decorazioni colorate. «Ho sempre pensato che un buon assegno potesse bastare, ma credo che partecipare e conoscere persone nuove possa essere un nuovo stimolo, non trovate?».

«Coraggio Samuel, non è mai tardi per fare cose nuove. Tra un po' ci troveremo io e te a giocare a carte tutti i giorni, anche io mi dovrò abituare a una nuova vita. È quasi tempo che io vada in pensione», dice George iniziando a spingere la sedia a rotelle.

«Così presto?», dice papà affiancando i due uomini.

«È ora di lasciare spazio ai giovani. Mio figlio è un ottimo avvocato, James è preparato». George sorride mentre si incammina verso l'ingresso dell'edificio decorato a festa.

Maggie, Sebastian, Geltrude e Tess seguono il trio ridacchiando tra di loro

Kate ed io li seguiamo.

James è dietro di noi.

 

George McArthur va in pensione?

È chi lo avrebbe mai pensato. Non è poi così vecchio, è in forma e ha una carriera più che brillante. Di certo non mi aspettavo un'uscita del genere.

 

«Vado dai piccoli, non vorrei che Geltrude li riempisse di dolci per poi mangiarli lei». Kate è frettolosa, si allontana camminando all'indietro e parlando allo stesso momento.

 

Mi lascia sola.

La cosa mi puzza.

Dopo nemmeno due passi a James è dietro di me.

 

«Quanto può essere strano il destino a volte. Sembra che le aspettative rovinino la vita alle persone più dei fatti stessi, più della realtà delle cose», dice James.

«Ti riferisci alle parole del Signor Montgomery di prima?», gli chiedo cercando di mascherare l'imbarazzo che mi crea stando vicino a lui.

«Più o meno. Lui ha sempre avuto paura che la gente potesse approfittarsi di lui e che si aspettasse sempre qualcosa in cambio. Soldi. Potere. Per questo ha sempre avuto paura di farsi conoscere». 

 

James ed io entriamo nella grande sala dove decine di banchetti mettono in mostra un mercatino pieno di oggetti offerti per l'associazione. C'è l'imbarazzo della scelta, si può trovare di tutto da vecchi libri, quadri, piatti, vestiti e giocattoli.

 

«Credo sia normale per un uomo nella sua posizione». Rispondo mentre tengo tra le mani una di quelle palle di vetro con la neve dentro. La giro e rigiro più volte con delicatezza.

«Le aspettative tendono a confondere e ad essere fraintese, tu dovresti saperne qualcosa», mi dice James asciutto.

«In che senso?». Non mi piace per niente il tono che sta usando.

 

James sorride.

Non sembra felice, sembra infastidito.

 

«Ieri a casa di mia nonna. È bastato solo che mi comportassi come tu volevi che io fossi per fare in modo che le tue aspettative venissero confermate. Hai avuto ciò che volevi. Hai avuto ciò che desideravi, anche se credo non lo ammetteresti mai». James prende dalle mie mani la palla di vetro agitandola con forza. La neve turbina al suo interno per poi calmarsi e posarsi sul fondo.

«Cosa stai dicendo? Cosa diavolo vuoi dire?», gli chiedo con tutta la rabbia che covo dentro.

«Voglio dire che non vivi assaporando ciò che veramente ti circonda, ma insegui le tue aspettative. Così facevi da ragazza e così fai adesso. Lo hai sempre fatto e lo farai sempre. Sei così prevedibile. Credevo che con il tempo fossi cresciuta, ma invece sei ancora lì, a quando avevi diciott'anni», mi dice con tono sarcastico James riprendendo a camminare tra le bancarelle.

«Tu non sai niente, non sai nulla di me». Prendo James per un braccio obbligandolo a fermarsi e guardarmi in faccia quando dice queste cose.

«So solo che è divertente giocare con te, ma alla fine diventa noioso. Le tue aspettative sono le stesse che avevi con Jo, con me e con tutti noi. Ripeto, sei prevedibile». 

 

Lo prenderei a schiaffi.

Gli torcerei il collo.

Sento un mostro animarsi dentro me.

 

«Eppure non credo tu potessi prevedere quando me ne sono andata da New Heaven. Anche quello fa parte delle mie aspettative? Forse in quel caso io ho deluso le tue. Se non mi sbaglio sei tu che credi di conoscermi, ma invece non sai nulla di più di quello che ti fa comodo», gli ringhio in faccia.

 

James stringe le mascelle.

 

Io stringo i pugni.

 

«Credo che andrò da solo tra i banchetti», dice James girandosi dall'altra parte e mostrandomi la schiena.

«Io andrò da quest'altra. Se ti capitasse di rincontrarmi evita di rivolgermi la parola», gli urlo affinché possa sentirmi.

«Non ti preoccupare, Elena, non deluderò questa tua aspettativa. Non sia mai, detesto deluderti», mi dice James allontanatisi da me ed io allontanandomi da lui.

 

Infuriata con me stessa distruggo i ricordi passati che mi tengono ancorata a James. Li strappo trasformandoli in piccoli coriandoli di carta senza forma. 

La rabbia che provo è lo stimolo a recidere quei fili invisibili che mi tengono ancorata al mio passato.

 

La bolla che mi ha avvolta sta esplodendo lasciandomi sola, inerme.

 

Sola in mezzo a sconosciuti.

Sola tra oggetti appartenuti ad altri e ordinatamente esposti.

Sola mi ritrovo a dover nuovamente affrontare le mie paure.

 

Non voglio più aspettative.

Non ho più aspettative.

 

Voglio vivere il presente.

 
   
 
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