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Autore: nainai    07/11/2017    0 recensioni
Rose rosse. Ambizioni. Desideri.
...il bisogno di attingere alla vita per essere vivi davvero.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Placebo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Siamo fiori al termine della primavera.
Siamo esposti ad un vento implacabile

La risata di Stefan fu come uno schiaffo in pieno viso.
Brian rimase immobile, congelato, senza sapere esattamente come reagire.
...non era qualcosa che gli succedesse spesso. Steve considerò la sua espressione con preoccupazione autentica, perché Brian appariva semplicemente incapace di razionalizzare quanto stava accadendo.
Il bassista, intanto, non pago, stava proseguendo in un personalissimo show di dubbio gusto.
-Togliti quell'aria schifata dalla faccia, Brian!- esclamò con un misto di insensata euforia e più reale fastidio.- Marcian potrebbe pensare di starti poco simpatico.
Afferrò per un braccio la persona che aveva presentato come “Marcian” meno di due minuti prima e che, ora, cercava inutilmente di nascondersi dietro un sorrisino timido, di circostanza, davanti allo sguardo feroce di Brian Molko. Stefan, insensibile a quel tentativo, lo tirò su di peso e se lo strinse addosso con una bramosia fin troppo esplicita.
-Non ti piace Marcian, Brian?- insistette.- E' così...autentico!- calcò entusiasta, un momento prima di gettarsi sulle labbra del ragazzo.
Lui rispose al bacio con la medesima passione disperata che Stefan sembrava metterci e Brian, nella propria testa, riavvolse rapido il nastro dei pochissimi minuti trascorsi dal proprio arrivo al locale.
Stef era già ubriaco. Brian lo aveva capito nell'istante esatto in cui aveva messo un piede nel privè e l'altro gli aveva alzato addosso due occhi acquosi, appannati da qualcosa di indecifrabile ma che, alla vista del ragazzo biondo che gli si stendeva praticamente addosso, Brian temeva di poter etichettare facilmente come lussuria. Aveva deglutito un nodo stretto di bile e ansia, cercando di capire come comportarsi, ma Stefan non appariva affatto intenzionato a dargliene il tempo e, sotto lo sguardo vigile di Steve, si era sollevato di scatto per acclamare il suo ingresso e fare, con le dovute cerimonie, le presentazioni ufficiali tra il cantante e il ragazzo biondo di nome “Marcian”.
Adesso, Levi superò Brian. Il cantante sentì la mano dell'altro toccargli piano il polso, quasi a volergli consigliare di riprendere in fretta il controllo di sé.
Brian si rese conto di quanto poco sicuro si sentisse in quel momento anche solo all'idea di aprire la bocca e rispondere qualcosa al proprio bassista. Ma lui, tanto, non sembrava particolarmente interessato a ricevere una replica. Gli diede le spalle senza aggiungere un'altra parola e, senza degnarlo di uno sguardo ulteriore, si lasciò cadere a sedere sul divanetto nel punto esatto che aveva occupato fino al suo arrivo e si tirò nuovamente dietro Marcian, che sembrava una graziosa bambola di pezza nelle sue mani e si lasciava maneggiare con l'arrendevolezza di un cagnolino ben addestrato.
A Brian salì un conato di vomito.
-Scusate.- sillabò, a voce così bassa che lui stesso fece fatica a sentirsi.
Nessuno, comunque, si preoccupò di lui, quando girò sui tacchi senza aggiungere altro e uscì dal privè. Gli unici occhi che seguirono quelle rapide manovre furono quelli di Steve, ma - considerò il batterista - Brian un po' se lo meritava.
***
Quella sera David Bowie non era particolarmente bendisposto verso la propria crew. La maggioranza di loro capì in fretta l'antifona e, altrettanto rapidamente, si dileguò per lasciargli la sua privacy. Il cantante si ritrovò, così, a dividere con una bottiglia di bourbon lo spazio enorme riservatogli in fondo al locale, la musica che arrivava attutita dalle pareti di vetro satinato che lo circondavano.
Non era un brutto locale, considerò oziosamente mentre si versava da bere, il management aveva scelto un posto di classe, una volta tanto. Certo...nei limiti in cui una stupida discoteca potesse essere un posto di classe!
Quella considerazione lo indispettì. Valutò la possibilità, per la data di Parigi, di scegliere una location meno frivola per il party di chiusura, poi ricordò che Eno aveva già riservato il salone di un hotel in centro e si rilassò nella certezza che l'amico avesse fatto esattamente la stessa scelta che avrebbe operato lui stesso.
-Non pensavo che quel ragazzino riuscisse a ridurti in questo stato tanto rapidamente, comunque.
Lei aveva la capacità tutta personale di piombare nel mezzo di un pensiero con la scioltezza di un discorso ben avviato.
David rise nonostante tutto, senza riuscire a provare autentico fastidio per quell'intrusione. Quando si voltò verso di lei, Emily si era già accomodata scompostamente su una delle poltrone dorate che circondavano il divano che lui stesso occupava, le gambe lunghe, nude, abbarbicate su un bracciolo, la gonna leggera del vestito a balze – nero, chiaramente – che scivolava languidamente sulle cosce ed un bicchiere da cocktail appoggiato tra le dita smaltate con cura. Considerò che quella sera lei era più “femminile” di quanto le fosse usuale, truccata con più grazia e abbigliata in modo che appariva maggiormente ricercato. Non gli dispiacque.
-Emily, cara...perché salti tanto facilmente a conclusioni?- la interrogò, tentando di mantenere un tono neutro, ma fallendo quando si rese conto che, comunque, una punta di astio sincero era serpeggiata sul fondo di quella domanda.
-Perché dubito che la sua assenza dipenda dalla tua noia e dubito anche che la tua solitudine dipenda da esigenze di riflessione sui grandi misteri della vita.- ritorse lei in modo piano.
Lui la squadrò attentamente, insensibile all'idea di poter risultare offensivo. Ma lei, del resto, non batté ciglio.
-Ti ha già scaricato?- chiese, invece.
David valutò la possibilità di arrabbiarsi e cacciarla. Alle sue parole un moto d'orgoglio gli aveva solleticato l'animo, portandolo a raddrizzarsi istintivamente sul divano quasi avesse bisogno di riaffermare fisicamente la propria supremazia. Poi parve vederla di nuovo, per la prima volta, e capì che non gli serviva affatto mentire a lei, che era solo il prolungamento troppo saggio del suo ego.
-Esattamente.- affermò, quindi.
Emily rise. Non davvero, no. La sua risata era come tutto in lei, piatta e vuota e senza sentimento se non quella durezza spigolosa con cui fare i conti. Si alzò agilmente dalla poltrona e gli si affiancò sul divano, la coscia nuda ora a contatto con la sua, gli occhi dipinti di nero puntati sul bicchiere di bourbon nuovamente vuoto. Fu lei a rempirglielo.
David si ritrovò a guardare la sommità di quella testolina su cui i capelli, rovinati dalle troppe tinte, si ribellavano malamente all'acconciatura accurata che lei aveva realizzato. Pensò che aveva voglia di chiederle se quella “nuova” immagine fosse opera sua o se fosse passata dal backstage, a farsi dare una mano da qualcuna delle costumiste o delle truccatrici. Poi decise che non gli andava di rovinare il piccolo incantesimo che, con tanta cura, lei aveva intessuto: mancavano pochissimi giorni alla fine del tour, Emily – come tutto il baraccone – sarebbe sparita fino al prossimo disco, lui sarebbe tornato alla splendida routine di una vita perfetta, lei sarebbe stata il ricordo piacevole di qualche notte solitaria... Era quasi...corretto che la ragazza si fosse impegnata tanto per lui.
-Mi sei mancata.- confessò a quel punto.
Lei alzò il viso verso il suo. Nella sua espressione, Bowie lesse chiaramente lo scetticismo con cui aveva accolto quelle poche parole. Non che pensasse che lui le stesse mentendo, piuttosto Emily sapeva esattamente cosa lui stesse dicendo.
Mi sei mancata” come può mancarmi un giocattolo dimenticato sul fondo di un cassetto, quando, all'improvviso, lo ritrovi e ricordi quanto ti sei divertito a giocarci. Non importa in che stato sia quello stesso giocattolo, importa solo che è di nuovo tuo.
Lui sapeva che la vita di lei sarebbe sempre scorsa indipendentemente dalla sua presenza. Forse Emily era innamorata di David Bowie, ma entrambi sapevano bene che differenza correva tra David Bowie e l'uomo che in quel momento le sedeva accanto. E lei e quell'uomo non avevano assolutamente nulla in comune. Era il motivo per cui non aveva mai paura di ferirla. L'esatto opposto di Brian, lei era così radicalmente consapevole di sé da essere totalmente indifferente agli altri. Cosa l'avesse forgiata a quel modo era un segreto che David non le aveva mai chiesto, se non di rado, e che lei non gli aveva mai rivelato, se non in parte. Le cicatrici bianche sui suoi polsi parlavano molto più di quanto fosse disposta a fare lei stessa.
-Beh,- mormorò adesso. David la vide sollevarsi in un movimento fluido e aggraziato, le sue gambe lo circondarono e lui se la ritrovò seduta in grembo, a cavalcioni, le braccia ricoperte di bracciali che tintinnavano ai lati della sua testa e quegli occhi magnetici puntati dritti nei suoi.- non è bene che tu rimanga da solo, stanotte.- terminò ad un passo dalle sue labbra.- Non sarò la tua bambolina maledetta, ma confido di poterlo sostituire abbastanza bene!- rise leggera, un istante prima di annullare anche quella distanza.
***
Alla fine non era riuscito ad ignorare la cosa come avrebbe voluto.
Brian sedeva da solo al bancone del bar, quando Steve lo raggiunse. Fumava, un bicchiere alto pieno di un qualche cocktail dall'aria non identificabile davanti a lui sul piano lucente. Il batterista aveva visto un paio di persone provare ad avvicinarlo solo per essere ricacciate in malo modo e questo gli era stato sufficiente per capire che l'umore dell'altro era, a dir poco, funereo.
Prese posto al suo fianco senza chiedergliene il permesso. Brian si voltò come una serpe, poi lo riconobbe e si sgonfiò come un palloncino, afflosciandosi su sé stesso.
Steve si accese una sigaretta anche lui.
-Posso farti una domanda?- chiese dopo qualche minuto di silenzio totale.
Prima che Brian gli rispondesse, una delle ragazze al banco venne a prendere la sua ordinazione. Steve chiese una bionda qualsiasi, la ragazza si prese qualche istante per descrivergli le qualità della birra che gli aprì davanti, lui non la ascoltò affatto e, quando lei si allontanò con un sorriso compiaciuto, tornò a girarsi verso il proprio cantante.
Brian non aveva cambiato posizione di un centimetro e non aveva dato segno alcuno di aver anche solo fatto caso a quanto accaduto o alla sua domanda.
-Bri.- lo chiamò Steve per essere certo di avere i suoi occhi puntati su di sé. A quel punto, tornò ad incalzarlo.- Posso chiederti una cosa?- ribadì.
-Certo.- fu la risposta piatta che ne ottenne in cambio.
-E' una questione di mero orgoglio o c'è altro?
Lo spiazzò. Brian non lo diede a vedere apertamente, si ostinò ad adottare quell'aria apatica, assente, ricambiandogli uno sguardo spento. Ma sobbalzò impercettibilmente sul proprio posto, arricciandosi ancora più in se stesso.
Steve sospirò.
-Parliamoci chiaramente, Brian.- ricominciò, sforzandosi di non suonare troppo giudicante per paura che l'altro si limitasse ad alzarsi e andarsene come aveva già fatto nel privè.- Sei tu che hai spinto Stef a comportarsi così con te. Lui è...pazzo di te!- soffiò con enfasi, schiacciando con violenza il mozzicone della sigaretta nel posacenere davanti a loro.- Si getterebbe nel fuoco, se glielo chiedessi. Ma tu?
-Io cosa?
-Ti importa qualcosa di Stefan?- scoccò Steve lapidario.
Vide Brian deglutire a vuoto, con fatica. Fu l'unico segno di debolezza che gli mostrò; il suo viso rimase impassibile, freddo e inespressivo.
In ogni caso, non gli rispose e per Steve era già una conferma sufficiente.
-E' terrorizzato dall'idea di perderti. - confessò il batterista, ignorando volutamente la circostanza di stare fornendo all'altro informazioni ricevute nell'ambito di confidenze riservate.- Ti ha visto con quello.- Un cenno rapido in direzione dell'area riservata in fondo al locale, dietro pareti di vetro opaco.- Non è stupido, sa riconoscere la tua adorazione per un altro. Qualcuno che non è lui.
-Io non...!- iniziò Brian rocambolescamente.
Steve si lasciò scappare uno sbuffo di amaro divertimento: l'orgoglio sembrava risvegliare i sentimenti di Brian Molko molto più dell'idea che la persona a cui era più legato potesse prendere definitivamente le distanze da lui.
-E' geloso di Bowie.- proseguì spiccio il batterista.- Semplicemente. Follemente geloso di lui, della possibilità che tu possa perdere la testa e seguirlo in capo al mondo, lasciarci indietro pur di farlo...
-Siete la mia unica famiglia.- lo interruppe bruscamente Brian.
Lo fece con una forza ed una convinzione così evidenti che Steve fu tentato di credere che fosse sincero.
Lo guardò.
-Se è davvero così, dimentica quello che hai visto stasera e torna da lui.- suggerì. Scivolò giù dallo sgabello e recuperò la bottiglia di birra da sopra il bancone- Potrebbe non essere facile come ogni altra volta, Brian. Ma devi decidere tu se ne vale la pena.
Quando Steve fu scomparso nuovamente nella confusione rumorosa del locale, Brian tornò a voltarsi verso il proprio bicchiere e si accese un'altra sigaretta.
Doveva fare come gli aveva suggerito l'amico? Tornare da Stefan, tapparsi naso e bocca e aspettare pazientemente che il bassista si stancasse di quella patetica scenata di gelosia?
...sì. Doveva.
…aveva voglia di farlo? No.
No, più onestamente non aveva le forze per farlo. Non pensava davvero di provare così tanta paura nel vedere Stef tra le braccia di qualcun altro.
Intendiamoci! Non aveva mai preteso la fedeltà del bassista a fronte della propria infedeltà totale e lampante. E Stef, infatti, non si era mai fatto mancare occasioni per cercare altrove compagnia, quando lui aveva di meglio con cui intrattenersi. Ma non glielo aveva mai sbattuto in faccia a quel modo e, sopra ogni cosa, tutte le volte in cui Brian aveva cercato lui, tutte le volte in cui gli aveva fatto intendere che aveva bisogno di lui, Stef era lì. Non importava chi stesse occupando il posto di Brian in quel momento, doveva alzarsi e sparire senza una parola, perché lui veniva prima di chiunque altro.
Quindi, cosa stava andando storto quella sera? Stefan lo aveva evitato tutto il giorno, se si faceva eccezione per la brevissima parentesi sul palco in cui, più che altro, aveva la sensazione che lui si fosse lasciato trasportare dall'energia indiscutibile della loro esibizione. Dopo lo show, quando aveva provato ad avvicinarlo per capire cosa non andasse, Brian era stato malamente allontanato senza nessuna spiegazione reale: o Stefan lo ignorava apertamente o gli rispondeva in modo brusco, ironico ed offensivo. Aveva chiesto espressamente a lui e Steve di aspettarlo per andare a quel dannato party! E per tutta risposta era stato mollato da solo, ad arrangiarsi per raggiungerli al locale. E poi... “Marcian”. Il più insulso, inutile e scialbo ragazzetto che Stefan avrebbe potuto raccattare in giro e con il quale si atteggiava come se fosse il centro intero dell'Universo.
Era geloso di Bowie?! Almeno era David Bowie e non...marcian!
Ingollò rabbiosamente l'intero contenuto del bicchiere, bevendolo tutto d'un fiato fino a quando non rimasero solo i cubetti di ghiaccio sul fondo, scuriti dalla liquirizia contenuta nel cocktail. Posò secco il contenitore vuoto e saltò giù dallo sgabello, la sigaretta che pendeva tra le labbra su cui il rossetto era ormai una traccia sbiadita. Prima di allontanarsi ordinò un secondo giro, poi si voltò con il bicchiere in mano, prendendo il coraggio a due mani, e fece a ritroso la strada verso il privè.

La brina del mattino congela sui nostri petali,
spezza il nostro respiro

Brian sedette tra Levi e Steve, proprio di fronte a Stefan ed al suo giocattolo di quella sera.
Marcian impallidì leggermente. Brian si lasciò scappare un sorrisetto cattivo e si rilassò contro lo schienale del divanetto, allargando le gambe ed assumendo volutamente una posa sciatta e volgare. Stefan gli scoccò un'occhiata in tralice e non riuscì a reprimere una smorfia disgustata.
-Certo che stasera avete fatto furore!- stava, intanto, affermando con enfasi uno dei presenti.
Brian spostò l'attenzione su di lui per rendersi conto, solo in quel momento, di come la maggior parte delle persone al tavolo fossero membri della band di Bowie. Ad aver parlato, per la precisione, era il suo chitarrista, che ora lo fissava con autentico interesse, aspettando la sua risposta.
Brian si inorgoglì.
-Grazie, Reeves.- sussurrò, assumendo istintivamente un atteggiamento molto più civettuolo e suadente.- E' sempre un piacere ricevere dei complimenti da una persona di talento ed esperienza come te.
Stefan fremette visibilmente per quei modi da gattino. Brian lo vide finire in un sorso unico il contenuto del proprio bicchiere e voltarsi istintivamente verso Marcian, che si prodigava generosamente per richiamare la sua attenzione.
-Sul serio...riesci ad essere...- cercò di argomentare il chitarrista, fallendo miseramente nel tentativo di definire l'altro.
Brian rise.
Gail, la bassista, prese la palla al balzo per terminare la frase: Conturbante ed offensivo allo stesso tempo.- classificò in tono piano.
Il cantante si accigliò. Non tanto per quanto l'altra aveva appena detto – in realtà, era esattamente il genere di reazione che sperava di suscitare – quanto per la circostanza che non ne sembrasse affatto impressionata.
Valutò la risposta migliore da darle, ma la sua concentrazione fu dissipata in meno di un istante quando sentì la risatina sottile di Stef insinuarsi nel mezzo dei suoi pensieri. Ruotò appena la testa, pensando che l'altro volesse fare dell'ironia spicciola sulle parole della donna, ma si accorse in fretta di non essere affatto tra gli interessi del proprio compagno di band, impegnato in più piacevoli passatempi con un Marcian che tentava, nemmeno troppo discretamente, di infilargli una mano nei pantaloni.
Brian sentì un conato di vomito risalirgli lo stomaco.
-...immagino sarebbe meglio essere insignificanti, ordinari e scontati come qualsiasi moccioso che si possa incontrare in un locale qualunque!- sibilò in risposta a Gail, ma tenendo lo sguardo fisso sul proprio bassista e sul suo accompagnatore.
Stef alzò la testa di scatto e si voltò verso di lui. Marcian stesso capì come le parole di Brian non si riferissero certo ad un'esibizione musicale e si raddrizzò con un'esclamazione di protesta.
-...certo che no.- affermò lentamente Gail, senza capire del tutto quanto stava succedendo.- Ma ammetterai che anche il tuo atteggiamento alla lunga rischia di diventare un cliché.
Brian le scoccò uno sguardo furente.
-Non si tratta di una maschera!- sfiatò velenosamente.- Questo sono io! È quello che penso!
Marcian, stupidamente, intervenne: Di essere una troia a buon mercato.- commentò acido.
-Marcian...- lo richiamò a voce bassa Stefan, allarmato.
-Sai, non sono poi così stupito che tu possa aver completamente frainteso il messaggio delle mie canzoni.- ritorse Brian, tranquillamente.- Non credo che Stefan ti abbia scelto perché ha voglia di intrattenere una conversazione di qualche tipo con te.
-Oh, invece con te chissà quali discussioni filosofiche intrattiene!- ironizzò Marcian.
Brian si voltò verso Stefan, sfoggiando l'espressione più dolce che riuscì a fingere: Ma quant'è tenero, Stef!- commentò divertito.- Il mio esatto opposto!
-...magari, con tutto il veleno che ho già ingoiato con te, ormai sono assuefatto agli stronzi.- sfiatò rocamente il bassista, prendendo fisicamente le distanze da Marcian tanto quanto da Brian.
-Con una differenza fondamentale, - sottolineò quest'ultimo - io non fingo per farmi portare a letto.
-E perché dovresti?! Portarti a letto è praticamente l'unica cosa che chiunque vorrebbe fare con uno come te!
Brian sentì distintamente Steve uscirsene con un “oh, cazzo!” che riassunse in pieno la situazione. Eppure, un secondo prima di poter rispondere a Marcian e finirlo deliberatamente con la battuta più crudele che fosse riuscito ad escogitare, si rese conto di una cosa che congelò definitivamente ogni sua capacità di reazione.
Stefan se ne restava in disparte. Adesso sedeva lontano da lui e dall'altro ragazzo, ma era solo a lui che rivolgeva uno sguardo spento, gravido di una rassegnazione ubriaca. Stef non era mai stato uno “combattivo” nel senso più basso del termine, ma vederlo svuotato anche dell'orgoglio che lo aveva spinto alla stupida ribellione di quella sera...
Si sentì sinceramente in colpa e sinceramente spaventato dal male che sembrava in grado di fargli.
Quando guardò nuovamente Marcian lo vide ricambiare il suo sguardo con un misto di rabbia e insicurezza. Si aspettava di farsi male in quello scontro, ma non voleva accettare passivamente i suoi insulti e non era una cosa così strana. Strano era l'atteggiamento di chi, come Stefan, abbassasse la testa sempre e comunque davanti alla sua cattiveria.
...il conato di vomito tornò prepotente. Brian lo soffocò spingendo il dorso della mano contro la bocca, ma quando provò a deglutire si rese conto del nodo alla gola ed allo stomaco. Si alzò di scatto, senza aggiungere altro, e corse fuori dal privè per la seconda volta in quella serata.





  
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