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Autore: Tenori Taiga    22/06/2009    3 recensioni
Ehilà! ^^ Saranno dieci anni che non scrivo Fanfic quindi non sono sicura della coerenza di questa mini-fic che avrebbe dovuto essere a capitoli ma che poi ho concluso bruscamente, dato che non avrei avuto tempo/modo di aggiornarla. (Ok, in realtà mi era venuta a noia. XD) BTW, questa è una fic incentrata su Germania//Ludwig, impegnato a fronteggiare un suo ricorrente incubo notturno con cui, pian piano, sta cominviando ad aver dimestichezza e di cui si domanda l'origine. Mi dispiace non aver approfondito tutti i punti che avrei voluto e mi spiace anche non aver dato un maggior spazio ad Italia/Feliciano. Se mai questa FF dovesse piacere, proverò a farne una storia a capitoli. ^^ Scusate per il titolo, mai stati il mio forte.. =_=
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E' lì, dinanzi a lui, lo osserva.
Piccolo e stretto nel suo cappotto scuro di sangue rappreso, la spada giace ormai spezzata al suo fianco; le lacrime calde gli bagnano il volto ceruleo mentre stringe a sè un brandello di tessuto ancora candido, quasi la lordura della guerra non lo abbia neppure intaccato. Il bimbo volge lo sguardo al cielo plumbeo.
Un rombo.
Poi lente gocce cominciano a cadere sul suo corpo inerme e stanco, intorpidito dal freddo, bagnandogli i biondi capelli fino a poco prima coperti dal copricapo, adesso stracciato tra le sue mani.
Lui lo osserva.
E a sua volta il bimbo alza lo sguardo su quel ragazzo sconosciuto: strane calzature, strani abiti e poi..
Quegli occhi blu che lo fissano sorpresi, quei biondi capelli tirati indietro a scoprire la fronte ampia.. Lo sguardo.
Lo sguardo di lui..
Una richiesta muta, una domanda sospesa.
"Tu sei me?"
Ma nulla fuoriesce dalla sua piccola bocca, troppo stanco, troppo..
Il ragazzo lo fissa, sembra spaventato, non dice niente.
Poi il bimbo chiude gli occhi, ancora, sospirando..
-Non puoi esser me perchè io.. sto morendo..-
L'ultimo ricordo lo dedica alla persona che gli donò quel candido lembo di stoffa poi si arrende al gelo.



Sveglio d'improvviso e il colpo di reni che lo porta seduto è quasi doloroso.
Il respiro affannoso mentre il petto si alza ancora e ancora mentre le labbra spalancate vanno in cerca di quell'aria che adesso fugge; le lacrime gli rigano il volto, le mani tengon la testa stretta, i capelli arruffati.
Per un attimo è confuso, la stanza si rivolta su se stessa e quasi non riesce a comprendere dove diavolo si trovi, il sudore freddo non gli lascia tregua.
Osserva le braccia e il petto nudi, in cerca delle ferite che così dolorosamente gli son state inferte ma no, non ci sono.
Passa un attimo.
E poi due, e altri si susseguono.
Il respiro va pian piano calmandosi, i polmoni si rilassano nel sentire di nuovo l'ossigeno circolare nelle arterie e nonostante quel panico atavico ancora non voglia abbandonarlo, porta coraggioso il palmo della mano a coprirsi gli occhi, accecato dalla luminosità della stanza che sol adesso lo coglie, in cerca di quelle lacrime.
Non è mai successo.. Lui non è mai stato su quel campo di battaglia, lui non ha mai sofferto per quelle ferite.. Solo un sogno, il solito.
Per un attimo ode una voce lontana, di fanciulli e odore di fiori, e tempere..
Gli sfugge un sospiro.
Si asciuga rapido il sudore, inspira lentamente, poi volge lo sguardo alla sua destra.
"Sei ancora qui, eh? Ma quando imparerai..?" mormora appena in un soffio.
Sorride vedendo i capelli castani dell'altro sbuffare da sotto le lenzuola, l'inconfondibile ricciolo fiero svetta e lento va ad accarezzar quella chioma.
Lui è lì, addormentato come un bimbo, radioso nel sorriso che par quasi non abbandonarlo mai.
Scuote la testa, ormai completamente sveglio e si muove per alzarsi dal letto.
Un sogno, nient'altro, assolutamente.. Lo sa bene, ormai.
Si dirige composto verso l'unico specchio, notanto adesso quanto effettivamente gli abbia lasciato l'incubo di poc'anzi.
Si nota il pallore nel suo volto e le occhiaie spiccan ancor più del giorno precedente.
-Devo decisamente darmi una sistemata prima che lui si svegli.- pensa. -E' talmente fastidioso quando si preoccupa..- ma non vi è traccia alcuna di irritazione in ciò che pensa. Solo una seria preoccupazione per l'altro.
Si concede ancora un attimo una rapida occhiata allo specchio e per un attimo riconosce il bimbo del sogno nel riflesso ch'egli stesso provoca.
Allucinazione.
Respira rumorosamente, visibilmente provato.
Poi silenzioso lascia la stanza.


Profumo di caffè.
Un mormorio sconnesso, uno stropicciarsi gli occhi e ancora un abbraccio al cuscino..
-Altri cinque minuti- pensa tra sè, aprendo poi gli occhi, aguzzando lo sguardo in cerca del viso dell'altro.

Si alza di scatto, improvvisamente.
"Ma no, dannazione! Anche questa mattina mi son svegliato tardi! E io che avevo intenzione di preparare la colazione.." quasi grida, capriccioso per poi aggiungere un cantilenante "Doooiiitsuuuu-".
Senza attendere risposta, ancora vestito della sola camicia, si precipita in cucina.
"Germany.." il tono sconsolato di chi non è riuscito ad attuare i propositi espressi giusto la sera prima.


"Ah, Feliciano.." il ragazzo volge lo sguardo verso colui che è appena corso in cucina, riservandogli un sorriso bonario "Buongiorno. Ti ho detto che a casa puoi chiamarmi per nome." aggiunge con falsa noncuranza.
"Sì, sì.. Ludwig." sorride il brunetto, assaporando quel nome.
"E mettiti i pantaloni, dannazione. E' indecente vederti in giro per casa in quelle condizioni. Non farmelo ripetere ancora." sembra quasi un maestro che si rivolge al proprio scolaretto.
"Sì, Ludwig.." uno sbuffo.
Mentre il biondo è ancora ai fornelli, il ragazzetto castano si siede al tavolo, ancora imbronciato.
"Avrei voluto prepararla io la colazione, avevo messo la sveglia presto di proposito.." Silenzio.
"Doiiitsuuu-" chiama cantilenante, usando l'appellativo usato di solito da Giappone.
L'espressione di Germania è lievemente infastidita quando, voltandosi verso Italia pronuncia un "Avresti dovuto svegliarti quando è suonata, allora." lo riprende come un maestro con lo scolaretto "E chiamami per nome, ja?"
"Ho capito, Herr Ludwig." Risponde imbronciato l'altro, volandosi dalla parte opposta. Ludwig sospira, quasi divertito.
"Il caffè è quasi pronto. Devo ancora abituarmi alle strane abitudini alimentari di voi Italiani in fatto di colazione.." tenta di scherzare il biondo.
"C'è qualcosa che ti turba? Hai fatto un brutto sogno..?" azzarda Italia all'improvviso. Non è possibile ingannarlo.
Nonostante la sua quasi totale ingenuità in guerra è dannatamente percettivo in certi affari, non si riesce mai a farla franca..
Tace mentre toglie la caffettiera dal fuoco, andando a versare la bevanda nelle tazzine poste poco distanti, sul bancone.
"Non cercare di nascondermelo, Lud.." accenna l'Italiano; ma il Tedesco non gli permette neppure di terminare la frase.
"Un incubo.. Un incubo.." mormora, lo sguardo assente.
Poi d'un tratto sembra tornare in se "Non un brutto sogno, no.." il sorriso è stanco mentre osserva fuori dalla piccola finestrella che da sul praticciolo primaverile.
Sarebbe ora di chiedere ad Austria, chiedere se quello è davvero ciò che sta cominciando a pensare..
"Un ricordo.. credo. Solo l'eco di un ricordo lontano e obliato, dolce e doloroso."
Il tono è esitante, par parlare a se stesso, ma non mente. Neppure lui sa, in effetti, se quello sia davvero un ricordo.
L'Italiano lo fissa, curioso e appena preoccupato ma non parla mentre il biondo posa la caffettiera e lancia un'occhiata al panorama, come se mai lo avesse visto prima d'allora.
All'improvviso Germania si volta poi verso Italia, come a voler proferire ancora ma null'altro rivela, infine.
Gli indirizza solo uno sguardo amorevole, più luminoso del sole di una mattina di Primavera.
"Facciamo colazione in giardino, Felis?"
  
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