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Autore: Chiccagraph    09/11/2017    1 recensioni
«Mi sento come se stessi facendo un errore» mormora sotto voce ad Alex. «Sto facendo un errore?»
«Non lo so. Stai facendo un errore?»
«Sembrerebbe di sì» si sofferma e concentra per qualche istante lo sguardo sulla sua bevanda. «Cerco di stargli lontano. Io dovrei stargli lontano. Lui… io… tutto questo non va bene. È solo che non mi sono mai sentita così prima d’ora. Tutto quello che faccio mi ricorda di lui. Conservo ancora nell'armadio i vestiti che ha lasciato a casa mia e ogni volta che apro le ante sono travolta dal suo profumo, e mi fa sentire bene. Ma ora che è qui, con lei, riesco a malapena a respirare» si passa una mano sotto gli occhi raccogliendo una lacrima sfuggita al suo controllo. «Eravamo fatti l’uno per l’altra… so che lo eravamo»
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Addison Montgomery Sheperd, Alex Karev, Derek Sheperd, Meredith Grey
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda stagione
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When you’re gone

 

 
A volte gli sembrava di star a guardare un film horror travestito da una commedia romantica e tutto questo gli faceva venire una gran voglia di far male a qualcuno. Beh, non a qualcuno in generale… a un certo qualcuno.
Vedeva gli sguardi che le dava, i sorrisi, e il solo pensiero gli faceva ribollire il sangue nelle vene.
Lei meritava di più. In realtà, entrambi lo meritavano, ma la cosa peggiore era che sapeva perfettamente che questa situazione non fosse altro che la cronaca di un disastro annunciato, e non c’era niente che potesse fare per fermarli. Erano come un treno in corsa e sui binari fantasma che stavano percorrendo non c’erano freni.
Era diventata una routine ormai. Quando non erano a lavoro, quando lei non era con Derek, sapeva dove trovarla. Si sedeva accanto a lei, sullo sgabello del bar, e passava una serata ad ascoltarla.
 
Questa sera non fa eccezione, e così, come da due settimane a questa parte, si ritrova a scivolare seduto al suo fianco mentre segnala a Joe di portargli una birra e una ricarica di tequila.
Può sentire il forte odore dell’alcol nel suo respiro, lo sente da almeno una trentina di centimetri di distanza. E osservandola da vicino vede qualcosa nei suoi occhi. Qualcosa che non aveva mai visto prima e che lo fa vacillare. Non è solo tristezza o infelicità. È qualcosa di diverso, di più profondo.  
 
«Stai dormendo di nuovo con Shepherd» dice. Non è una domanda.
 
«Cosa?» allarga gli occhi e si volta a fissarlo, ma sa perfettamente che non può nascondergli nulla. Non a lui.
 
«Pensi che sia una cosa intelligente?»
 
Lei alza le spalle con noncuranza. «Probabilmente no».
 
«Ma tu lo farai comunque»
 
«Io…» annuisce, «credo che lo farò comunque».
 
Si passa le mani tra i capelli scostando un ciuffo della frangia ribelle, poi gli sorride sarcastica. «Chiederai a Izzie di uscire?»
 
Le sorride e ruota gli occhi verso l’alto. «Perché mai dovrei farlo?»
 
Ride, spensierata, e lo fissa negli occhi. «Non lo so, Alex, perché mai dovresti farlo?»
 
In un primo momento abbassa lo sguardo a disagio; e poi le sorride, un sorriso largo, di quelli che coinvolgono ogni muscolo del viso. «Ehi, l’ho fatta prima io la domanda» dice.
 
È il suo turno di ridere, e invece di rispondergli, prende il bicchiere di tequila e ne beve il contenuto in un unico colpo; poi lo gira sul tavolo, sbattendolo, con un rumore secco e preciso.
Lui continua a fissarla, senza parlare, con la coda dell’occhio, mentre gira il boccale di birra tra le mani.
Non servono tante parole quando ti scontri con la faccia della tua stessa medaglia.  
 
«Cosa c’è?»
 
Affonda sullo sgabello, puntando il busto in avanti mentre poggia i gomiti sul bancone. «Io ti dico una cosa… tu mi dici una cosa. Ricordi?»
 
«D’accordo».
 
La studia per un secondo, poi butta l’aria fuori dal naso, esasperato. «Che cosa hai fatto?»
 
«Cosa intendi?»
 
«Voglio dire: che cosa hai fatto
 
«Non ho fatto niente»
 
«Sì, invece»
 
Lei sospira pesantemente e sposta le gambe sulla sedia, accavallandole. «Gliel’ho detto».
 
«Detto cosa?» chiede confuso.
 
«Gliel’ho detto» ripete. «Insomma, uhm, hai capito cosa»
 
Improvvisamente realizza e capisce cosa Meredith intende. Vorrebbe dirle qualcosa, vorrebbe tanto fermare la sua folle corsa verso quel muro di cemento; sa che lei non può abbatterlo né tanto meno aggirarlo, ma al tempo stesso non può dirle nulla. Sa di non essere nella condizione di poter criticare le scelte di nessuno. Lui ascolta solo.
 
«Gliel’hai detto… bene» si passa una mano sul mento, pizzicandosi con le dita l’accenno di barba. «E ora cosa?»
 
Beve un altro colpo di tequila, il quarto della serata, e si volta a guardalo, con gli occhi rossi e cerchiati dal pianto. «E ora niente. È stata l'esperienza più umiliante della mia vita. Mai, e dico mai, nella mia vita mi sono sentita così mortificata. E questo la dice lunga perché, insomma, si tratta di me e sono famosa per le scenate umilianti. Ma questa... questa vince su tutto. Questa è stata sicuramente la cosa peggiore che abbia mai fatto. Potrei vincere una medaglia come la donna più umiliata dell’anno».
 
Alex non la interrompe, annuisce soltanto.
 
«Avrei potuto dirgli semplicemente che lo amo. Sai, qualcosa di semplice, qualcosa di casuale, qualcosa di ordinario. Qualcosa che una persona normale avrebbe fatto. Ma no... no, non l'ho fatto. Sai invece cosa ho fatto?» lo fissa esasperata e con la voce rotta, a un passo dalle lacrime. «Gli ho detto: scegli me, prendi me… ama me».
 
Alex alza un sopracciglio sbalordito e lei annuisce sconfitta. «Sì, è esattamente quello che gli ho detto. Preciso. Parola per parola. Gli ho chiesto di scegliermi, come una disperata, e ora sono qui che continuo ad aspettarlo nonostante siano passati mesi e lui non sta venendo. Io sono qui. Sola. Lui non c’è».
 
«Meredith,» dice, «questo è davvero terribile, lo sai?»
 
«Lo so».
 
Dall’espressione di sconforto che legge sul suo volto non gli serve fare ulteriori domande. Conosce già la risposta del dottor Shepherd. E per la prima volta nella sua vita si stupisce della scelta risoluta dell’uomo. Che avesse finalmente deciso di smettere di stare con un piede in due scarpe? Ne dubitava fortemente.
Guarda dritto davanti a sé. Le parole di Meredith affondano nella sua mente. Si chiede quando e dove sia successo tutto questo.
Tra le mura dell’ospedale?
Durante una delle loro passeggiate segrete all’aria aperta con Doc?
Quanto in fondo doveva ancora scendere prima di toccare il fondo?
La osserva mentre fissa silenziosa il bancone del bar, persa nel vuoto. Lei si massaggia le tempie, premendo i polpastrelli in senso circolare, cercando di alleviare la forte emicrania dovuta al troppo pianto, alla mancanza di sonno e all’abuso eccessivo di alcol.
Il suo bicchiere è vuoto e la bottiglia piena di tequila a portata di mano. È sempre così con lei.
Continua a parlargli, senza filtri. Gli racconta tutto, o perlomeno, gli dice dei piccoli frammenti di quello che è successo e sta succedendo; del caos più totale che è nella sua testa; della fitta di dolore che sente nel petto ogni volta che lo vede; che lo respira nell’aria che la circonda; della passione ardente che infuoca il suo cuore e che non accenna a diminuire.
Prima lo odia e vuole dimenticarlo, cancellarlo per sempre dalla sua vita. Poi basta uno sguardo e riaffiora in superficie quel tumulto di emozioni, di sensazioni, che porta un unico nome: Derek Christopher Shepherd.
Proprio mentre sta cercando di esprimere a parole quello che è successo in quelle ultime mattine il campanello della porta li avverte dell’entrata di altre persone nel bar.
Eccolo lì, che compare e le toglie il respiro. Lui che è la ragione del suo male e la sua unica cura.
Meredith si accascia su sé stessa, cercando di farsi piccola, per non essere notata.
 
Derek entra nel bar, portando con sé una folata di vento e una matassa di capelli rossi al seguito. I due coniugi scelgono un tavolo nell’angolo opposto del bar, accanto al jukebox. Derek si siede con le spalle al muro e il volto rivolto nella loro direzione. Alex sente gli occhi del dottore puntati come due fari sulle loro schiene e senza rendersene conto stringe il pugno della mano destra.
Cosa non darebbe per poter sfogare all’esterno la rabbia che lo consuma dentro.
 
«Questa è la mia vita» dice Meredith, «non c’è nessun posto in tutta Seattle dove lui non ci sia»
 
«Beh, penso che scegliere il bar in fondo all’ospedale non sia una scelta saggia»
 
«No, non è Joe… è la mia vita»
 
«Sì, lo è»
 
«Sì» risponde, tirando un lungo sospiro.
 
Si volta verso Alex e così facendo incontra gli occhi di Derek, puntati fissi su di lei.
Segue ogni sua mossa, ed anche da così lontano può vedere che i suoi occhi sono vuoti, tristi. Come se portassero al loro interno il peso del mondo.
Lo vede parlare con Addison, che inconsapevole dei loro sguardi agganciati, gli sussurra qualcosa all’orecchio, prima di alzarsi e allontanarsi dal tavolo.
Meredith segue con lo sguardo i passi della donna che si infila la giacca, tira su i guanti e con un bacio sulla guancia saluta il marito; poi esce, senza mai voltarsi indietro.
Meredith si ritrova a fissare la porta chiusa, in attesa di un segnale. Questa si riapre pochi secondi dopo facendola sobbalzare, ma non c’è più traccia di Addison. E ingoiando la saliva accumulata in bocca si volta nuovamente verso Derek, che le sorride complice.
Non c'è modo di scappare, sono come due magneti di carica opposta, e per quanto gli eventi di questi ultimi mesi li abbiano spezzati e frantumati in piccolissime parti, rimangono ancora due magneti. E ogni loro frammento, per quanto piccolo, conserva le proprie proprietà. È impossibile separare due poli di una calamita.
 
«Mi sento come se stessi facendo un errore» mormora sotto voce ad Alex. «Sto facendo un errore?»
 
«Non lo so. Stai facendo un errore?»
 
«Sembrerebbe di sì» si sofferma e concentra per qualche istante lo sguardo sulla sua bevanda. «Cerco di stargli lontano. Io dovrei stargli lontano. Lui… io… tutto questo non va bene. È solo che non mi sono mai sentita così prima d’ora. Tutto quello che faccio mi ricorda di lui. Conservo ancora nell'armadio i vestiti che ha lasciato a casa mia e ogni volta che apro le ante sono travolta dal suo profumo, e mi fa sentire bene. Ma ora che è qui, con lei, riesco a malapena a respirare» si passa una mano sotto gli occhi raccogliendo una lacrima sfuggita al suo controllo. «Eravamo fatti l’uno per l’altra… so che lo eravamo»
 
Alex sospira e scrolla le spalle. «Devi fare quello che senti sia giusto»
 
«È sposato».
 
Lui si stringe di nuovo nelle spalle. Vorrebbe dirle di rimanere lontano, il più possibile, da quell’uomo. Lui non è quello giusto, o almeno non lo è ora. Non l’ha scelta in passato, perché mai dovrebbe sceglierla adesso? Ma non crede che sia il momento adatto per tirare fuori questo argomento, quindi, decide di prendere un lungo sorso di birra e darle l’unica risposta che vorrebbe sentire. «Sicuramente non agisce come tale»
 
«È sposato», lei grida ancora, soffocando le parole nella musica che risuona dalle casse. «Ha una moglie. Una moglie! Una moglie bellissima e intelligente e fastidiosamente gentile. Una moglie di cui io non sapevo un bel niente»
 
Meredith ricarica il bicchiere e gira un altro colpo. «La mia vita è come una squallida soap opera»
 
«Come ti ho già detto,» dice Alex, prendendo un goccio dalla bevanda. «È un cretino»
 
Meredith contempla silenziosamente le sue parole per un secondo.
 
«Hai ragione,» dice finalmente. «È un cretino. Un cretino enorme. Un vero imbecille!»
 
Prende un altro goccio dalla bottiglia di tequila, ma si ferma poco prima di poggiarla sul tavolo.
 
«Cosa?» chiede Alex, quando la vede immobile con la bottiglia a mezz’aria.
 
«Se è così imbecille, perché mi sento in questo modo? Non dovrei non volerlo vedere mai più? Non dovrei desiderare di non sentire mai più il suo nome? E poi… non dovrei vergognarmi di aver pensato che avessimo una possibilità?»
 
Alex mette giù il bicchiere.  «No, no, e poi no. Tu sei stata sincera Mer, hai investito anima e corpo in questo rapporto. Non potevi sapere che fosse un tale bugiardo. Nessuno lo avrebbe mai immaginato»
 
Meredith rimane in silenzio a mordicchiarsi le unghie delle mani.
 
«Vorresti davvero avere una possibilità con lui?»
 
«Tu non la vorresti una possibilità con Izzie?»
 
«Sì, la vorrei» le risponde, girandosi a guardarla. Appoggia le labbra sulla spalla, fermandosi per un attimo a pensare. «Ma Izzie non è una maledetta bugiarda, e soprattutto non è sposata».
 
«Sono stufa di essere la miserabile, corrotta, lurida, ex-amante»
 
Alex si riporta la birra alle labbra, terminandola. Per questa sera può bastare, deve riportare a casa una Meredith ubriaca e piagnucolante; ha bisogno di tutte le forze e la lucidità possibile per farlo.
Lascia la sua frase nell’aria, senza darle una risposta. Anche se delle volte il silenzio vale più di mille parole.
 
Derek è ancora seduto al tavolino, con lo sguardo fisso su Meredith; non riesce a perderla di vista per un solo istante.
Meredith è il proibito, l’ignoto, l’impossibile.
Meredith è il desiderio, la carnalità.
Tutto quello che rappresenta la sua nuova vita è racchiuso nel corpo esile di una specializzanda bionda.
Mentre allatta il suo scotch, circondato ancora dal profumo dolce di sua moglie, si ritrova a pensare a cosa sarebbe successo se avesse scelto diversamente. Se avesse avuto la possibilità di mettere da parte il cervello e lasciarsi trainare solo dal cuore.
Avrebbe ancora scelto Addison?
Avrebbe ancora messo la parola fine al suo rapporto con Meredith?
E poi infondo, il suo rapporto con Meredith, era davvero finito?
Si era offerta a lui, completamente. Gli aveva chiesto di prenderla e amarla almeno la metà di quanto lo amasse lei, ma nonostante tutto lui si era tirato indietro.
Era un codardo o era davvero ancora innamorato di sua moglie? 
 
Poi improvvisamente il suo cuore si ferma, destabilizzato dalla vista davanti ai suoi occhi.
Meredith ed Alex sono distanti solo pochi centimetri, le labbra che a malapena si sfiorano.
Continua a guardarli senza trovare la forza di spostare lo sguardo.
Non gli è mai sembrato di vedere una scena così familiare e dolorosa al tempo stesso.
 
Sono ad appena un centimetro di distanza. Alex può vedere tutto nei suoi occhi, e non sa cosa dire. Sono vuoti. Spenti. La luce li ha abbondonati da tempo e l’unica cosa che ora si può leggere nel fondo delle sue iridi è un senso di disordine, di smarrimento.
La sua bussola ha perso il polo di attrazione e ora deve essere ricalibrata per tornare a funzionare.
Per mesi ha cercato la carica elettrica giusta, ma il suo centro magnetico continua a riaffacciarsi e immancabilmente rimanda in tilt il suo sistema.
Alex ha sempre creduto che la sua bussola morale fosse dissestata, ma ora, guardando negli occhi chiari della donna di fronte a lui, può dire che anche la sua ha perso la rotta.
Ha navigato per mesi in acque serene e ora, nel bel mezzo di un mare in tempesta, non sa cosa fare per ritrovare la pace.
Tra loro non avrebbe mai funzionato, ma sa perfettamente che tutto quello di cui ha bisogno Meredith in questo momento è di spegnere il cervello, anche se per pochi istanti, e riprendere a navigare.
Alla ricerca di un porto sereno. E conosce un unico modo per rimanere a galla.
 
Meredith si china in avanti e colma lo spazio tra le loro bocche.
Si baciano attentamente.
Si baciano lentamente.
Alex può sentire il sapore forte e pungente della tequila sulle sue labbra fredde. Sente le sue mani screpolate raggiungerlo e afferrargli il volto. Lo tiene stretto, come se avesse paura di perderlo, come se potesse svanire da un momento all'altro e lasciarla sola.
Infine si separano e rimangono a fissarsi per pochi secondi.
 
Derek non è più seduto al suo tavolo. La porta del bar continua a cigolare oscillando tra l’essere aperta e l’essere chiusa.
Derek è andato via. Di nuovo. L’ha lasciata sola. Di nuovo.
Mordendosi il labbro abbassa la testa, vergognandosi di quello che ha appena fatto. Alex è suo amico, l’unico amico sincero che ha, e non può permettersi di perderlo. Non può permettere a quel senso di sollievo che l’ha attraversata, nel momento in cui le loro labbra si sono toccate, di prendere il sopravvento.
 
«Alex…»
 
«Va tutto bene»
 
«No… io… mi dispiace» dice, leccandosi le labbra. «Non so perché l'ho fatto».
 
«Lo sai perché, Mer. Ma in fin dei conti, non mi dispiace essere usato per far ingelosire altri uomini, però, lascia che ti dica una cosa» le dice, voltandosi verso il tavolo lasciato vuoto dal dottor Shepherd. L’unica prova della sua presenza: un bicchiere di scotch solitario. «Non puoi far ingelosire una Ferrari salendo su una Panda»
 
 
 
When you’re gone
The pieces of my heart are missing you
When you’re gone
The face I came to know is missing too
When you’re gone
The words I need to hear to always get me through the day
And make it ok
I miss you…
 
 
 
 
 

 

Probabilmente mi sono impazzita, lo so, ma volevo fare una prova e staccarmi dai miei soliti personaggi.
Il freddo che – finalmente – è arrivato mi ha probabilmente gelato il cervello e mandato in tilt quei pochi neuroni buoni che mi erano rimasti, ma questo è il mese dell’ispirazione folle e spasmodica e ho deciso di mettere nero su bianco tutto quello che mi passa per la testa.
Da quando scrivo storie su Grey’s non ho mai, e sottolineo mai, scritto una storia in cui non ci fosse Addison. Mai. Ora non solo ho scritto una storia dove fa una misera apparizione (ce la dovevo mettere in qualche modo), ma è anche incentrata sulla sua antagonista per eccellenza.
Non sono una fan di Meredith, mi ha sempre dato parecchio sui nervi con il suo fare infantile; e, quindi, ora voi vi chiederete: perché diavolo hai scritto di lei? Non lo so.
Avevo in mente la scena in cui Meredith si confida con Alex e gli dice: «Ecco, vedi, in questo momento mi sento talmente infelice di non riuscire a stare in mezzo alle altre persone. Come se la mia tristezza le infettasse».
Secondo me è una frase fortissima. Almeno una volta nella vita tutti ci siamo sentiti così, ma, Meredith, lo dice in un modo tale che ti colpisce direttamente al cuore. Mi ha fatto davvero tanta tenerezza.
Alex e Meredith sono molto belli insieme, e sebbene io non riesca a vederli come una coppia (come invece si vocifera per questa nuova stagione di Grey’s), credo che come amici siano eccezionali.
Il titolo della storia è preso dalla canzone di Avril Lavigne, rispolverata direttamente dalla mia adolescenza grazie a Spotify.
Spero che questa prova vi sia piaciuta.
Alla prossima!  
 
 
 
   
 
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