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Autore: SarahDLawn    13/11/2017    0 recensioni
Tokyo, 2015.
Megara Scarlett, diciassettenne americana fredda e distaccata, si trasferisce in Giappone insieme ai genitori, con la speranza di vivere la sua nuova vita in tranquillità. Tranquillità rotta già il primo giorno nel nuovo liceo, a causa del presedente del consiglio studentesco, Akahiro Yamazaki.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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CAPITOLO 1. (Parte Seconda)

 

 

 

 

Il giorno seguente mi svegliai con il proposito di non farmi trovare da Akahiro. Ero sicura che mi avrebbe cercata dopo quello che era successo alla fine delle lezioni, però non avevo alcuna intenzione di vederlo. Avrei di sicuro peggiorato la situazione.


I problemi per la riuscita del mio piano erano due: il tragitto dal cancello della scuola alla mia aula, in cui avrei potuto incontrarlo e Katsumi, mio adorabile compagno di banco, nonché fratello di Akahiro. 


Quando attraversai il cancello, feci un respiro profondo. Speravo davvero che la fortuna fosse dalla mia parte almeno oggi.


«Eccoti finalmente» No eh?


Senza pensarci due volte accelerai il passo verso l’entrata dell’edificio, fingendo di non aver sentito. Ovviamente non pensavo di sfuggirgli così facilmente, perciò quando me lo ritrovai di fronte in un secondo, non ne fui sorpresa.


«Stavo parlando con te, ragazzina» mi disse perentorio, guardandomi negli occhi.


«Sono profondamente onorata di ricevere le tue attenzioni alle otto di mattina» risposi «ma non è che potresti, sai, andare ad importunare qualcun’altra?».


«E’ con te che voglio parlare».


«Io invece voglio un unicorno, ma non si può avere tutto nella vita».


«Assumi quest’atteggiamento dopo quello che mi hai fatto ieri?» continuò Akahiro, usando nuovamente il suo tono minaccioso. Possibile che non capisse che non faceva effetto? Non con me almeno.


«Sì e se non mi fai andare in classe, ti metto fuori uso anche l’altro piede».


Akahiro stava per ribattere, ma in quel momento suonò la campanella. Ero salva. Per il momento.


Senza indugiare oltre, mi diressi a passo spedito verso la mia aula. Appena entrata, il mio secondo peggiore incubo se ne stava seduto al suo posto. Appena mi vide, mi sorrise.


«Che hai da sorridere in modo così ebete, Katsumi?».


«Sempre simpatica, vedo».


«Io e il gene Yamazaki non siamo compatibili, tutto qui» terminai, sedendomi al mio banco.


«Oppure sei tu che non sei compatibile con il genere umano, visto che non ti ho ancora vista fare amicizia con nessuno da quando sei arrivata».


«E’ solo il secondo giorno, c’è tempo» risposi, voltandomi verso la finestra. La verità era che Katsumi non sbagliava. Una delle mie difficoltà è provare a relazionarmi con persone che non conosco, ma piuttosto che ammetterlo fingevo di stare bene per conto mio.


Venni distolta dai miei pensieri, quando il professore entrò in classe. Si prospettava un anno difficile. 

 

 

 

 

All’ora di pranzo, decisi di andare a mangiare sul tetto della scuola. Era un ottimo nascondiglio per il piano “non farti trovare da Akahiro”.


Dalla mia posizione riuscivo a vedere tutto il cortile e, sebbene fossi piuttosto lontana, scorsi i fratelli Yamazaki e compari seduti a un tavolo, circondati dal perenne stuolo di ragazzine starnazzanti. Seriamente, come facevano a non impazzire? Le sentivo urlare da quassù.


Mentre continuavo ad osservarli, vidi Katsumi alzare lo sguardo e guardarmi. Accidenti, non avevo considerato la possibilità che anche loro potessero vedermi. 


Persa com’ero a darmi della stupida, mi resi conto troppo tardi che Katsumi mi stesse indicando e che anche Akahiro si fosse voltato a guardarmi. Era proprio uguale al giorno prima: stessa scena, diverso scenario.


Quando vidi Akahiro iniziare a correre verso l’entrata dell’edificio, scattai anch’io verso la porta. Mi sembrava di essere tornata all’età di cinque anni, quando giocavo a guardie e ladri. Mentre scendevo dalle scale, più in fretta che potevo, sentii la porta inferiore aprirsi e la voce di Akahiro avvicinarsi. Maledizione, era davvero veloce.


In quel momento, mi sentii in trappola. Non avevo idea di cosa fare, finché non vidi la porta di quello che ipotizzai potesse essere uno sgabuzzino e mi ci fiondai dentro. Trattenni il fiato fino a quando non li sentii passare. Ci era mancato poco. Ora, il problema era quando uscire; l’unica soluzione era aspettare che tornassero indietro. Mi sentivo come in quei film thriller, in cui le protagoniste scappavano dall’assassino, solo che io non ero in pericolo di vita. Forse.


«Sul tetto non c’è» sentii dire da Akahiro «Come ha fatto a sparire così in fretta quella maledetta». Carino come sempre.


«L’ora di pranzo è quasi finita, sarà tornata in classe» continuò Katsumi «La troveremo di sicuro lì».


«Katsumi ha ragione, torniamo». Questa voce non la conoscevo, voleva dire che era venuto proprio tutto il gruppo a cercarmi. Che onore.


Quando sentii i passi allontanarsi, tirai un respiro di sollievo. Pessima mossa. Nell’aria doveva esserci un po’ di polvere e starnutii, senza che potessi fare niente per impedirlo. Capii di essere spacciata quando sentii i passi tornare indietro.


All’interno dello sgabuzzino non c’era un posto dove nascondermi, era già tanto se riuscivo a muovermi e tra l’altro non si vedeva nulla. Sospirai per l’ennesima volta prima di vedere la porta aprirsi all’improvviso.


«Trovata» disse Akahiro compiaciuto.


Alzai un sopracciglio «Certo che scegli delle cose strane di cui vantarti».


«Anche in questa situazione fai la spiritosa?».


«Una delle mie tante qualità» risposi con sorriso strafottente.


«Perché non mi chiedi scusa definitivamente, e la smetti con questo atteggiamento?».


«Mi lascerai in pace, poi?».


«Lo giuro».


Ponderai qualche secondo le sue parole «Va bene allora» dissi, guardandolo negli occhi «Mi dispiace Akahiro, provo davvero un profondo rammarico per le mie azioni deplorevoli».


«Fingerò di non aver colto il sarcasmo nella tua frase» commentò, chiudendo gli occhi come se stesse cercando di mantenere la calma. “Non ci capiamo caro, sono io quella che sta cercando di restare calma, per non fracassarti la faccia contro il muro”.


«Ottimo, allora con questo possiamo anche salutarci» conclusi, uscendo dallo sgabuzzino e sorpassandoli tutti. Non capivo che bisogno c’era di portarsi dietro tutta la combriccola. Arrivata alla fine delle scale, mi voltai un’ultima volta «A mai più rivederci, Akahiro». Non aspettai nemmeno la sua risposta e me ne andai, definitivamente.


Certo ancora non sapevo che non era affatto finita. Tutt’altro.

 

 

 

 

 

 

 

Angolo Autrice:

Buonasera tutti, sono di nuovo qui. Siccome ho notato che la seconda parte del capitolo era relativamente breve, ho deciso di pubblicarla subito oggi, sebbene non abbia la minima idea se la storia vi stia piacendo o meno.

Anyway, settimana prossima ho intenzione di pubblicare la prima parte del secondo capitolo, sperando di ricevere qualche recensione in questi giorni. Perciò fatevi sentire!

 

A presto,

Sarah D. Lawn

   
 
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