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Autore: The Custodian ofthe Doors    15/11/2017    3 recensioni
[ AU!Police| Detective!Alec| Doctor!Simon| Criminal!Magnus]
Alexander Lightwood è un detective della Omicidi di New York City famoso per la sua pazienza e la sua calma imperturbabile.
Non trova strano, quindi, che il Capo Bureau Blackthorn chiami proprio lui per risolvere il caso di un contrabbandiere di merci rare ed opere d'arte che è stato trovato morto nella sua villa, completamente a soqquadro. Così come non lo sorprende la sfortuna che pare inseguirlo per tutte le indagini.
Un caso di omicidio che lentamente prende contorni più definiti e si colora di cupe tinte, storie vecchie quasi trent'anni che tornano alla ribalta, una scia di morti che culminano proprio sull'intreccio di fili che si tende nel tempo, personaggi scomparsi dalla scena e altri che mai l'hanno lasciata, cambiando solo ruolo. Sullo sfondo dell'estate più torrida che New York City ricordi nell'ultimo secolo la legge dovrà convincere il crimine a collaborare per riuscire ad arrivare alla conclusione e mettere definitivamente il punto ad una storia che è in replica sulla scena da fin troppo.
Genere: Azione, Commedia, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Magnus Bane, Simon Lewis
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo III




 

Il Capo Bureau Blackthorn non gli aveva più detto nulla. Non che Alec si aspettasse che da un giorno all'altro l'uomo avrebbe fatto le sue indagini e tirato fuori il coniglio dal cilindro, ma quella storia stava già andando troppo per le lunghe secondo i suoi gusti. Era praticamente un mese che lavorava sul caso Fell, per la precisione trentadue giorni, in cui aveva scoperto poco e niente. No, va bene, in cui non aveva scoperto nulla ma si era limitato a restringere il campo delle sue ipotesi.
Era immerso nei suoi pensieri quando una mano gli batté sulla spalla facendolo sobbalzare, la penna che teneva in mano rotolò giù dal piano della scrivania ma venne prontamente afferrata da qualcuno.

<< Troppe grane per la testa Lightwood?>> la voce ferma e un poco beffarda di Jonathan gli arrivò alle orecchie con quella dannata famigliarità che accompagnava tutti i suoi vecchi compagni. Con lui aveva passato gli anni del liceo e poi quelli dell'accademia di polizia. Era il fratello maggiore di Clarissa, malgrado non avessero lo stesso cognome poiché i loro genitori avevano divorziato prima che la ragazza nascesse, e inizialmente la gelosia del giovane verso di lei aveva creato non pochi problemi tra lui e Jace. O almeno finché suo fratello non era sbottato e Morgenstern gli aveva urlato contro che non doveva osare far i suoi porci comodi con sua sorella.
Era stato estremamente imbarazzante in effetti, specie quando Alec si era fermato un attimo di più a fissare i lineamenti del ragazzo e vi aveva scorto molti punti in comune con la piccola nana rossa che tormentava la sua vita da anni.
Jonathan era un ragazzo alto e dalla figura slanciata ed atletica, con la pelle chiara ma non pallida da far paura come la sua; il volto affilato ma il naso dalla curva più morbida proprio come quello di Clary. Oh, e avevano anche la stessa arcata sopraccigliare. E gli occhi, anche quelli avevano lo stesso taglio, se non fosse che quelli della ragazza erano di un verde chiaro e brillante e quelli del fratello di un verde più scuro ed intenso. Come prato e bosco, ecco.
I capelli chiari, bianchi come il sale, lo classificavano in automatico come il figlio del Vice Commissario Valentine Morgenstern, un amico di vecchia data di suo padre e del suo capo.
Jonathan gli rimise la penna in mano e si poggiò alla scrivania con quell'espressione da schiaffi che, se non fosse stato temprato da una vita vicino a Jace, lo avrebbe innervosito come faceva con tutti coloro che avevano la sfortuna di incrociare la sua strada.

<< Stavo solo riflettendo.>> rispose a scoppio ritardato, facendogli un cenno di ringraziamento per la penna.
<< Dicono che hai per le mani un caso difficile.>>
<< Il caso Fell, si. Sta dando più problemi di quanti non avrei immaginato.>> sospirò e poggiandosi con la schiena alla poltrona.
<< Ho sempre pensato che una squadra investigativa dovesse essere composta da più elementi.>>
<< Siamo dispari e io ho sempre lavorato bene solo.>> cosa voleva adesso Morgenstern? Era venuto li solo per infastidirlo?
Il giovane parve quasi leggergli i pensieri, si sporse leggermente e piantò le mani sui braccioli della poltrona girevole.
<< E' vero che Bane è un indiziato? Che sospetti che ci sia lui dietro l'omicidio?>>
Alec lo guardò con espressione neutra prima di alzare un sopracciglio: era questo dunque?
<< Vuoi avere una motivazione per sbatterlo in galera.>> Non era una domanda e il biondo lo capì perfettamente perché annuì e si rimise dritto.
<< E' da quando sono entrato nella Crimine Organizzato che sento il nome di Bane volare da ogni dove, pare che quell'uomo riesca ad essere ovunque, dannazione. C'è un motivo per cui lo chiamano “il Sommo Stregone di Brooklyn”, fa davvero delle cazzo di magie.>>
<< Solo non a nostro vantaggio.>>
<< No.>> Sbuffò infastidito incrociando le braccia, << Il Capitano gli sta col fiato sul collo da così tanti anni che comincio a pensare lo conosca da quando è ragazzino.>> fece vagare lo sguardo per l'ufficio movimentato e poi lo fissò in quello azzurro di Alec: << Quindi dimmi Lightwood: potrò finalmente mettere Bane al fresco?>>
Alec sospirò stanco, non avrebbe avuto senso mentire, Jonathan averebbe potuto benissimo richiedere il fascicolo con i suoi rapporti e le note sul caso visto che coinvolgeva un suo sospettato, per di più non aveva nulla da nascondere.
<< Non lo so, anzi, comincio seriamente a credere che non c'entri nulla con l'omicidio di Fell. So che è stato sulla scena del crimine più volte, sospetto che abbia tolto degli oggetti personali dalla cassaforte che si trovava nella stanza dell'omicidio, ma non ho nulla di concreto per accusarlo. Tanto meno sospetti.>>
Morgenstern sembrò pensarci, << Idee sul motivo dell'omicidio? Perché lo hanno fatto fuori?>>
A quella domanda Alec si bloccò. Improvvisamente gli tornarono in mente tutte le sue teorie e i sospetti e si disse che Jonathan era capacissimo di minacciare qualcuno o di mettergli abbastanza paura da fargli hackerare il sistema d'allarme di un criminale pur di incastrarne un altro. Si domandò se sarebbe anche stato capace di uccidere una persona innocente solo per poter mettere le manette ad una storica spina nel fianco della sua divisione e la risposta che si diede fu agghiacciante.
<< Lightwood?>>
<< Si. Cioè, si ci sono, ma no, nessuna idea. Posso solo supporre che ci sia stata una compravendita andata male. Che il compratore abbia avuto da ridire sul prezzo o sulla merce stessa e che abbiano litigato per questo.>>
Non era una bugia, ma non era neanche la verità. Gli sembrava di essere sotto interrogatorio in quel momento. Ma sembrò una risposta soddisfacente e il biondo si diede una spinta contro il piano per rimettersi in piedi ed allontanarsi.
<< Poco male, prenderò quel bastardo con le mani nel sacco.>>

Quando ebbe svoltato il corridoio Alec si lasciò andare in un sospiro di sollievo.
Doveva cominciare a preoccuparsi di tutti i membri della Crimine organizzato? Anche del Capitano Garroway? La lista delle persone che odiavano Magnus Bane e che lo avrebbero voluto incastrare probabilmente sarebbe stata più lunga dell'elenco telefonico ma Alec sapeva che quello non era il motivo dell'omicidio. C'era ben altro sotto e se voleva vederci chiaro doveva continuare ad indagare.
Si alzò risoluto dalla scrivania e prese la pistola dal cassetto sistemandola sul fianco: aveva un appuntamento con qualcuno.


 

Simon cominciava a pensare che avrebbe dovuto accettare quel lavoro alla Apple che gli era stato proposto alla sua laurea invece di incaponirsi e andare a lavorare per le forze dell'ordine.
Fermo davanti al chiosco delle bevante si rigirava il suo frullato di banana e cioccolato tra le mani mentre Alec aspettava il suo solito caffè caldo.

<< Ma fanno dei corsi speciali per i poliziotti per insegnarvi a bere qualunque tipo di bevanda bollente anche con quaranta gradi all'ombra?>>
Alec aggrottò le sopracciglia confuso, << Siamo ad inizio Luglio Lewis, le temperature hanno appena cominciato a superare i venticinque gradi, non è possibile che ce ne siano quaranta all'ombra.>>
<< Sai, alle volte mi domando se tu sia davvero imparentato con i tuoi fratelli.>> sospirò il ragazzo sconsolato.
<< Qualche problema?>> fece minaccioso.
<< No-no-no-no! Per carità! Nessun problema! Mi piacciono le persone che non capiscono l'ironia. Pensa che il mio personaggio preferito di The Big Bang Theory è Sheldon! No, okay, è Raji, ma non puoi non adorarlo. Lui ha Cannella! Anche se Howard e Berny non scherzano ma- >>
<< Lewis.>>
<< Si?>>
<< Stai straparlando.>>
<< Oh, si, certo. Scusa.>> s'affrettò a bere un poco del frullato per tenersi occupato e seguì il moro lontano dal chiosco e dalle mura del dipartimento.

<< Allora, di cosa volevi parlarmi? Perché si, siamo amici da tanto ed è bello prendere qualcosa da bere insieme, ma non lo fai mai di solito. Non bere qualcosa, intendo invitarmi. Non che questo mi dia fastidio eh, ma non mi da neanche fastidio essere invitato.>>
Alec lo fulminò con lo sguardo e quello si zittì in un secondo.
<< Chiudi il becco Simon. Messaggio ricevuto.>>
<< Chiudi il becco e ascolta.>>
<< Okay, sarò super recettivo e- >>
<< Chiudi-il-becco.>> si arrestò e assunse quell'espressione minacciosa che faceva capitolare anche i criminali.
Alexander non era forse una persona di molte parole e chi lo conosceva poteva assicurare che fosse un gigante buono. Ma la verità era che trovarsi davanti un metro e novantacinque centimetri di poliziotto in borghese, con un fisico invidiabile anche se nascosto sotto i vestiti, che ti scrutava con quella faccia di marmo e lo sguardo ghiacciato, non era un'esperienza così gradita. Se poi ci si aggiungeva il fatto che una sua mano era grande circa come la tua faccia, che potevi urlargli contro i peggiori insulti e le minacce più terribili senza che lui battesse ciglio e che se provavi a toccarlo ti rigirava come un calzino e ti stendeva al tappeto con tanta violenza da farti rimpiangere di non esserti iscritto al corso di intaglio delle medie ed esser diventato un scultore di statuine cherokee era abbastanza per farti stare zitto ed eseguire ogni suo ordine.

Simon lo conosceva davvero da molto tempo, era ancora un ragazzino appena patentato all'ora e poteva dire di sapere come fosse fatto il giovane. Eppure ogni volta che vedeva quell'espressione non riusciva a dimenticarsi la prima volta che lui e Clary andarono a trovar Jace ed Izzy al loro liceo ed un tipo si era messo a fare il cretino con la sua amica. I ragazzi non erano ancora arrivati e Simon non era poi tutta questa gran presenza al tempo, aveva seriamente pensato che le avrebbe prese di santa ragione e poi era arrivato Alec. Alto anche a diciassette anni, bianco come un cadavere e nascosto in una felpa enorme e nera. Lo zaino stracarico di libri che quasi lo ingobbiva e l'aria di uno che le avrebbe prese bene come avrebbe fatto lui. Aveva intimato al ragazzo di togliersi dai piedi e questo, sbruffone, aveva allungato le mani per dargli una spinta. Alec aveva incassato e gli aveva ripetuto di andarsene. Una volta, due volte. Ad ogni parola corrispondeva uno spintone da parte del ragazzo che alla fine aveva provato ad afferrarlo per il collo della felpa. Quel giorno Simon aveva visto realizzarsi la più classica delle scene di un film: il bullo che prova a colpire il protagonista e quello che con una mossa da ninja si liberava, afferrava l'altro e lo sbatteva violentemente a terra.

Non sapeva dire perché ma era il ricordo che associava a quella faccia cupa. Era un avvertimento, l'avvertimento di una persona buona che avrebbe sopportato all'infinito prima di stenderti, ma che alla fine lo avrebbe fatto.
Era però al contempo rassicurante, un immagine forte e quasi protettiva. Simon sapeva che persona seria fosse il moro e non dubitava mai del suo giudizio: se in quel momento Alec lo guardava in quel modo poteva solo che esser per un affare delicato e complicato.
All'incirca quello che aveva scoperto qualche giorno prima.
Ora, per quel lavoro delicato, Alec chiedeva il suo aiuto e quello di nessun altro.
E Simon non lo avrebbe mai deluso.

<< E' per quella faccenda del tuo caso?>> la prese alla larga, senza specificare nella e il moro parve apprezzarlo. Annuì e gli fece cenno di continuare a camminare.
<< Non voglio parlarne alla centrale. I muri hanno occhi ed orecchie che arrivano a fin troppe persone.>>
<< Hai- hai scoperto altro?>> gli sudavano le mani anche con il frullato freddo tra di esse.
Una talpa al dipartimento.
Alec scosse la testa, << Non proprio. Nulla di concreto, troppo di vago. Sono solo supposizioni per il momento e sai meglio di me che con le parole non ci si fa molto.>>
<< Come posso aiutarti?>> lo chiese con sincero interesse e buona volontà, se c'era qualcuno che faceva il doppio gioco a casa sua voleva saperlo e voleva individuarlo al più presto. Aveva visto troppi film polizieschi per non sapere che il cattivo cerca sempre di scaricare la colpa su chi gli fa più comodo e lui aveva tanto la sensazione di essere uno di questi.
<< Hai modo di sapere se ci sono microspie o simili nel dipartimento? O nei computer. O in entrambi.>>
<< Vuoi che controlli se ci sono spie in tutto il dipartimento? Wow, Alec, si. Ce ne sono di sicuro! Gli Affari Interni ed il Bureau tengono sotto controllo praticamente tutte le sedi della polizia degli States, ne troverò a bizzeffe!>>
<< Non cominciare con le tue teorie complottistiche.>>
<< Non sono teorie!>> cominciò subito ad infervorarsi, << E' risaputo che gli organi governativi ricorrano allo spionaggio per controllare i loro sottoposti e persino i loro superiori.>>
<< Simon, non ho tempo per questo. Un uomo è stato ucciso lo stesso giorno in cui qualcuno ha usato i nostri computer per introdursi nel sistema d'allarme di casa sua e disattivarlo, permettendo l'accesso a sei soggetti in più del previsto. Guarda caso il numero di una delle nostre squadre d'assalto. Per di più ho sentito il Capo parlare con la Signora.>>
Alla sola menzione di quel nome il castano sbiancò.
<< Hai sentito Blackthorn parlare con Imogen Herondale? Il capo degli Affari Interni? Il Commissario Herondale?>>
Alec annuì grave e finì il suo caffè ormai tiepido in un sorso, << Spero tu capisca ora.>>
<< Cazzo.>>
<< Modera il linguaggio. Ma si, il sunto è quello.>> buttò il cartone e si voltò a fronteggiarlo, << Allora, sei in grado di dirmi se qualcuno spia i nostri computer o le conversazioni?>>
<< Ci vorrà un po', un bel po'. Soprattutto perché sono da solo e non posso utilizzare tutti i mezzi che mi servirebbero. Per il momento ti potrò dire solo delle linee telefoniche e dei pc.>>
<< Ma fai attenzione, se c'è veramente una talpa… >>
<< Rischio di farmi sotterrare, si, capito.>>
Rimasero per un po' in silenzio.
<< Certo… spero che non ci siano spie nell'ufficio di Luke, perché non vorrei proprio rischiare di sentire dei suoi incontri con Jocelyn. Dio santo, mi vengono i brividi solo a pensarci, sono un po' dei secondi genitori per me.>> cominciò pensieroso, << Insomma, magari mi ritrovo tra le mani una conversazione smielata o qualcosa di più spinto. No, no, che schifo! Cioè, non che schifo la cosa in sé, sono felice per loro se all'età ancora riescono a fare certi discorsi, solo che mi fa impressione. E se beccassi qualcos'altro? Tipo l'altro ieri ho visto Jocelyn al dipartimento, stava andando da Luke penso, no? E se hanno- >>
<< Se finisci la frase ti arriva un pugno sul naso. E te lo rompo. Sappilo.>> Alec lo fissò tra lo sconcertato e l'infastidito e Simon lo notò subito.
<< Ammettilo! Anche a te turba un immagine del genere!>>
<< A me turba anche la tua presenza o Jace che canta Madonna sotto la doccia. Clary che vuole arredarmi casa e mia sorella che dice di avermi comprato qualcosa l'ultima volta che è uscita a fare shopping. Mi turba mia madre che mi chiama per invitarmi a cena, mio padre che “vuole parlarmi da uomo a uomo” e Max che mi manda messaggi non troppo velati su quanto sia importante che rabbonisca i nostri genitori prima che lui gli mostri la pagella.>> alzò una mano per bloccarlo quando il ragazzo provò a parlare. << Mi turba la gente in generale, la politica e persino le decisioni più che discutibili che prende ogni dannata volta Jon Snow. Ma questo non ti autorizza a farmi immaginare il Capitano della OCCB e sua moglie impegnati in incontri privati.>>

Simon lo guardò in attesa, le labbra serrate tra di loro e gli occhi scintillanti per non si sa quale strano collegamento del suo cervello.
<< Va bene, parla.>> s'arrese alla fine Alec.
<< Wow! Era da quando Jace ha deciso di farsi la rasatura a fulmine per la scommessa con Izzy che non ti sentivo parlare così tanto di cose che non siano lavoro!>>
<< Ti avverto che sta scadendo il tempo, sto per tornare in ufficio.>>
<< Si, si! Ci sto! Aspetta un attimo. A parte il fatto che se la metti sotto questo punto di vista sei la persona più turbata della terra. E io me ne intendo visto che a sedici anni ero convinto che l'apocalisse zoombie stesse per arrivare e mi ero preparato con provviste ed armi per difendermi.>>
<< Non farmi ricordare quel periodo, ti prego.>> si lamentò il moro con una smorfia.
<< Okay, non ne parliamo più. Però c'erano i segnali pe- >>
<< Lewis!>>
<< Giusto, straparlo. Hai detto Snow e decisioni discutibili. Vieni a vedere l'ultima puntata di GOT da me questa sera? Ci sono anche gli altri, ordiniamo qualcosa e aspettiamo la mezzanotte per vedere che di che morte deve morire il nostro ignorante preferito. Ci stai?>>

Alexander sospirò, seriamente deciso a declinare l'invito e rimanere in ufficio a lavorare finché non lo avrebbero sbattuto fuori. Ma alla fine cedette e annuì.
Vedere le enormi cazzate di cui si rendeva protagonista Jon gli facevano credere di non essere il solo nei guai.

Dio, come sono messo male se mi aggrappo a queste cose.

<< Va bene.>>
<< Perfetto! Così cominciamo bene la settimana! E poi, già gli somigli abbastanza per aspetto, ma visto come ti stanno andando le indagini, sei proprio il perfetto Jon Snow.>>
Lo sguardo freddo del moro fece indietreggiare l'altro che pur non perdendo il sorriso decise saggiamente di mettersi fuori dalla portata del detective.
<< Se ti azzardi a dire che gli somiglio perché “non so niente”, è la volta buona che ti ritroverai sdraiato nudo davanti ad Izzy.>> lo minacciò con fare truce.
Simon deglutì ridacchiando nervoso, << Intendi sul tavolo dell'obitorio vero?>>
<< Esattamente lì.>>
<< Al freddo vicino alla barriera?>>
<< Al freddo dentro la barella.>>
<< Sarei un non-morto!>>
<< Saresti ancora vivo se sparissi dalla mia vista nei prossimi trenta secondi.>>
<< Quindi ci vediamo stasera da me alle nove? O a fine turno, quando puoi. Si, insomma, quando smetti di indagare- Ma se tu sei Jon chi è Daenerys?>>
<< Simon...>>
<< Ci servirebbe qualcuno con i capelli bianchi e un padre pazzo...>>
<< Venti secondi.>>
<< JONATHAN!>>
<< SIMON!>>
Il ragazzo alzò le braccia al cielo e si girò, incamminandosi verso il dipartimento,
<< Va bene, va bene, sto zitto. La verità è che non capisci il mio estro artistico. Non capisci niente Jon Snow!>> E detto questo accelerò il passo cominciando a far lo slalom tra i pedoni, sicuro che almeno quello avrebbe fatto desistere Alec dal tirar fuori la pistola e sparargli seduta stante.



La sera era arrivata relativamente presto. Alec aveva passato la maggior parte della giornata ad esaminare i registri contabili di Ragnor Fell e soprattutto a decifrarli. Aveva un calligrafia stretta ed ordinata ma così terribilmente elaborata che spesso doveva andare ad intuito. Ora capiva perché i ragazzi della manufatti rubati c'avevano messo così tanto a restituirgli i quaderni, probabilmente alla fine li avevano fotocopiati tutti e messi da parte per quando avrebbero avuto un attimo di tempo libero.
Ad Alec interessavano sostanzialmente gli ultimi mesi di lavoro dell'uomo. Aveva fatto una lista di nomi che ricorrevano spesso nell'elenco e li aveva confrontati con gli pseudonimi di criminali più o meno noti. Erano usciti fuori attori, politici, personaggi famosi, figure religiose, boss del crimine organizzato e semplice gente con talmente tanti soldi da non saper come spenderli se non comprando una statuina indù in giada sul mercato nero. Ma l'ultimo nome riportato non figurava mai nelle altre pagine e per di più era falso, ovviamente. Certo, poteva aver lui la fortuna di trovare subito un riconoscimento? Sebastian Verlac era un dottorando francese di economia alla Sorbona, che mai aveva lasciato l'Europa e che non aveva mai neanche preso un multa per eccesso di velocità o per aver parcheggiato in sosta vietata. Non poteva essere lui, dovevano avergli semplicemente rubato il nome per quella trattativa.
Si passò una mano sulla faccia sfinito. I sensori di casa Fell avevano registrato la presenza di un uomo più altri sei, ma chiunque avesse hackerato il sistema si era premurato di eliminare qualunque possibile immagine degli aggressori.
Non aveva niente. Okay, non era propriamente vero, però più che prove materiali che lo conducessero ad un sospettato aveva una sfilza infinita di eventi ed elementi da eliminare dalla lista. E alla fine, a forza di eliminare cose, sarebbe rimasta solo la soluzione giusto?
L'orologio segnava le dieci e mezza passate e l'ufficio si stava definitivamente svuotando. Chiuse i fascicoli e li riportò in archivio, il giorno dopo avrebbe dovuto continuare con quella tortura. Si stava quasi pentendo di aver accettato di lavorare da solo, quando era stato promosso detective erano in numero dispari e Alec aveva tranquillamente asserito di non aver problemi a non aver un partner. Ora avrebbe quasi voluto aver qualcuno con cui condividere la sua frustrazione, ma si sarebbe accontentato delle strane teorie dei suoi amici e delle intuizioni da grande detective di suo fratello.

Simon abitava a Brooklyn, a circa sei isolati dall'omonimo ponte, e trovare parcheggio da quelle parti non era mai facile. Era un quartiere relativamente tranquillo, abitato soprattutto da studenti e giovani della loro età, ancora agli albori delle loro carriere o indecisi su cosa fare della loro vita.
I ragazzi lo aspettavano tutti nel salotto, chi seduto sul divano e chi su Chewbecca, il tappeto marrone e peloso che il proprietario di casa era riuscito ad “accaparrarsi con le unghie e con i denti” al Comicon di quattro anni prima.
Non avevano ancora ordinato la pizza e fu la prima cosa che fecero non appena mise piede in casa.

<< Sei distrutto fratello, ancora niente?>> Jace gli diede una pacca sulla spalla, lasciandogli il suo solito angolo sul divano e facendosi più in là.
<< Quei registri sono terribili ed il mio uomo ha usato un nome falso per prendere appuntamento con la vittima.>>
<< Uh!>> la voce alta e forte di Isabelle gli perforò un timpano, facendolo saltare sul posto.
Sua sorella se ne stava davanti a lui con le mani sui fianchi lasciati scoperti dalla canottiera, la gonna di jeans la fasciava come un guanto e le caviglie parevano ancora più fine con quei tacchi.
<< State parlando di lavoro anche qui?>> scosse la testa facendo ondeggiare i capelli legati in una coda alta. Alec si soffermò un attimo ad osservare quel volto tanto famigliare e perfettamente truccato: Come diamine faceva a non sciogliersi?
<< Tranquilla, non ho niente da dire a riguardo.>> fece lui sconsolato.

<< Certo che non c'è niente! Tu non sai niente Jon Snow!>> Simon arrivò di gran carriera con delle bottiglie di birra sotto le braccia, in mano e con due lattine di coca cola bloccate sotto il mento.
<< Sarà la quinta volta che me lo dici Lewis, cambia battuta.>> Alec si mosse piccato, cercando una miglior posizione sul divano mentre Izzy toglieva le bottiglie di mano al ragazzo e poi gli dava un pugno sul braccio.
<< Ahio!>>
<< Non rattristare mio fratello!>>
<< Non lo rattristo! E' che assomiglia troppo a Jon, dai! Guardalo!>>

I due cominciarono a discutere su quanto Alec somigliasse effettivamente o meno a Jon Snow, del libro o del telefilm, la disputa vera stava tutta lì, ed il diretto interessato sospirò pesantemente facendo cenno al fratello di passargli una birra.
Poi Clary saltò su come una molla e corse verso la camera di Simon e ne tornò con degli scatoloni impilati gli uni sugli altri.

<< Guardate un po' cos'ho trovato in cantina dai miei? Sono i vecchi schizzi ed i progetti di mamma. C'è una quantità imbarazzante di targhe pacifiste e composizioni floreali che inneggiano all'amore! >> Lasciò cadere le scatole vicino al tavolinetto e si mise in ginocchio sul tappeto peloso, cominciando a rovistare tra le carte e ad allungare fogli e veline ai suoi amici.
C'erano davvero molte composizioni floreali e anche il bozzetto per una fontana di due tipi nudi che si baciavano, con l'acqua che usciva dalle loro corone di fiori.
Risero delle idee pacifiste di Jocelyn e anche del suo periodo Punk, fino a quando non trovarono una vecchia foto del gruppo d'amici della donna al tempo del liceo, forse qualche anno in più.
Izzy quasi si soffocò dalle risate alla vista della madre con le calze a rete strappate e gli stivali con il carrarmato, così come Simon rimase a bocca aperta a ritrovarsi davanti una versione più giovane di sé vecchia di almeno trent'anni con i jeans strappati e le catene alla cinta. O Valentine, il padre biologico di Clary, con la maglia bucata. Anche se tutti alla fine ammisero che la figura migliore la facevano Robert e quello che tutti sapevano essere Michael Wayland, il suo miglior amico, con le canottiere mezze strappate, il chiodo di pelle su una spalla e la cresta.

<< Oddio! Dobbiamo farne delle copie e ricattarli!>> Izzy rotolò sul tappeto tenendosi una mano sulla pancia e una davanti alla bocca.
<< Andiamo, sii indulgente con loro.>> Clary sembrò quasi singhiozzare, le lacrime agli occhi e le guance che le dolevano tanto stava ridendo.
<< Ora almeno sappiamo perché non ci hanno mai detto niente quando abbiamo attraversato il nostro di periodo punk.>>
<< Jace, noi abbiamo attraversato il periodo ghot, quello che è passato per il punk è solo Alec.>>
All'affermazione così scontata di Izzy, che sembrava avesse ripetuto quella frase almeno un centinaio di volte, Clary e Simon smisero subito di ridere e si voltarono di scatto verso i due fratelli.
Jace alzò le mani in segno di resa, << Posso solo dire che le croci e le ragnatele erano molto fighe al tempo e che quell'aria da spirito dannato era estremamente apprezzata dalle ragazze. Come tutto quel pizzo era apprezzato da noi ragazzi. Iz ti ricordi quel completo da lolita che ti eri comprata?>>
<< Non ce ne frega niente del vostro periodo ghot!>> Clary saltò sull'attenti sporgendosi verso Alec e bloccandogli la fuga poggiandogli le mani sulle ginocchia, << TU hai avuto un periodo punk?!>>
Imbarazzato Alec arrossì e distolse lo sguardo da quello verde e scintillante dell'amica, cercando appoggio dai fratelli che non gliene fornirono di nessun tipo.
<< Beh, si… insomma… punk proprio non era, non mi sono mai colorato i capelli e non sono andato a protestare contro il governo e la polizia…>>
<< Certo che non lo hai fatto, ti ci sei arruolato!>>
<< Taci Jace! Ci sono delle foto?>> la ragazza saltellò sul posto e si fece più vicina al moro, << Ti prego, ti prego Alec, dimmi che mettevi gli anfibi e i vestiti di pelle!>>
<< Oh, ha fatto molto di più! Non hai mai visto- >>
<< E quelli cosa sono?>> Alexander s'allungò di colpo verso uno scatolone, tirandone fuori un rotolo di carta millimetrata con un prototipo di una coppa sopra. << Guarda Simon, c'è scritto “Coppa Mortale” tipo il Santo Graal vero?>> il tentativo di distogliere l'attenzione da sé più banale e sfacciato del mondo andò a buon fino solo ed unicamente per merito di quello stupido collegamento che gli era balenato in quel momento.

Come da manuale Simon gli strappò i progetti di mano e li mise in controluce, esaminando la struttura rettangolare del piedistallo di legno, una mezza colonnina intagliata con una targa d'ottone ovale che ospitava sulla sua sommità una coppa di vetro opaco dalle rifiniture argentee.
Alec piegò le labbra in un mezzo sorriso soddisfatto mentre sentiva l'amico ciarlare di quanto la coppa potesse essere davvero il Santo Graal e che Dan Brown avesse scritto una delle opere migliori al mondo, su come in effetti quel semplice oggetto non doveva emozionare perché in verità era tutto un modificarsi di parole che derivava dal Sangue Reale della Maddalena e di Cristo stesso per poi proseguire con Indiana Jones e il tesoro dei Templari.
La confusione che si stava creando in quel momento era piacevole e famigliare, una nota stonata ma giusta nella sua ordinaria vita fatta di crimini efferati e morti violente, inganni e motivazioni al limite dell'umano. Soprattutto in quel periodo, con quel dannato caso Fell.
Chissà se l'uomo avrebbe apprezzato i bozzetti e le opere di Jocelyn, sempre che la donna ne avesse realizzato qualcuno ovviamente.
Sorrise ancora e si portò la birra alle labbra sollevato, erano tutti abbastanza distratti da non pensare più al suo periodo punk. Almeno non avrebbe dovuto raccontar loro dei tatuaggi e del grande segreto.


 

La mattina seguente era arrivato in ufficio con il presupposto di fare una lista dei nomi più importanti dei registri di Fell e di portarla al Capo. Poi avrebbe indagato un po' su questo povero Sebastian Velarc e magari avrebbe contattato l'ambasciata americana in Francia per poter far due chiacchiere con l'uomo e chiedergli se avesse mai avuto a che fare con dei cittadini Americani o con qualcuno che ne conoscesse. Sempre meglio di niente dopotutto.
Peccato che il suo magnifico piano d'azione si fosse infranto con l'arrivo della posta.
Alexander non riceveva posta al lavoro, la trovava una cosa poco professionale, anche se qualcuno dei suoi colleghi si faceva recapitare riviste o simili, alla fin fine molti di loro ci vivevano tra quelle mura, e smistare la posta formava le reclute alla pazienza. Così gli dicevano quando era toccato a lui almeno. Restava il fatto che il massimo che avesse ricevuto in ufficio fossero le convocazioni ufficiali per i processi, per i seminari d'aggiornamento, per i test semestrali al poligono o per gli incontri con lo psicoterapeuta quando capitava che un sospettato venisse ucciso. Erano le solite cose e tutte riguardavano il suo lavoro, quindi, cosa ci faceva una scatola rettangolare di circa quindici centimetri per sette, impacchettata con una carta argentata e sfarzosa, con un fiocco celeste. Sulla sua postazione?
Imbarazzante.
Controllò per l'ennesima volta che l'indirizzo fosse giusto ma non c'era via di scampo:

Alexander Gideon Lightwood, Detective della Omicidi,
1 Police Plaza, Manhattan, New York.”

Ma chi diavolo era?
Si rigirò il pacchetto tra le mani e notò qualcosa incastrato tra la carta.
Strappò l'impacco e trovò un biglietto appiccicato alla scatola di cartone.

<< Ehi, Lightwood, chi te lo manda?>>
L'agente Jordan gli passò vicino sorridendo e purtroppo attirando l'attenzione dei loro colleghi che si voltarono tutti interessati verso Alec.
Il moro scosse la testa e si strinse nelle spalle, << Non ne ho la più pallida idea.>>
<< Magari è qualcosa sul caso.>> Morgenstern spuntò come dal nulla, poggiato con la spalla allo stipite dell'entrata della sala con una tazza blu del dipartimento in mano.
Alec fece un mezzo verso incomprensibile e si decise ad aprire quella bustina così sgargiante per poi fissare senza capire la calligrafia elaborata e piene di fronzoli con cui era scritto il piccolo messaggio:

Al mio sexy Detective della Omicidi,
un piccolo pensierino da un altrettanto sexy bad boy. E' roba che scotta dolcezza, ti conviene sentirlo in privato e lontano da orecchie indiscrete. Non vogliamo traumatizzare nessuno noi.
XOXO.”

Jordan fissava il foglietto da sopra la sua spalla ma sembrava non capirci nulla per fortuna e preso dall'imbarazzo Alec si sbrigò a rimetterlo nella bustina, ma non prima che Jonathan, arrivatogli vicino silenzioso come un gatto, notasse quelle 'x' e quelle 'o' ed il cuore che li seguiva.
Il biondo cominciò a ridacchiare e gli batté una mano sulla schiena,
<< Oh, certo, proprio sul caso. E bravo Lightwood, chi l'avrebbe detto che sei tipo da regali romantici? >>
Alec abbassò la testa arrossendo e borbottando di farsi gli affari suoi mentre il resto dei presenti si univa al divertimento di Jonathan.

<< Ma tu non dovresti essere ad un altro piano a fare il tuo lavoro?>> gli chiese ancora imbarazzato ed infastidito da quella battuta.
Morgenstern si strinse nelle spalle e sogghignò ancora, << Stavo facendo una pausa.>>
<< E dovevi venirla a fare qui alla omicidi?>>
<< Che vuoi che ti dica Lightwood, qui avete il caffè più buono.>>
Probabilmente se non non lo avrebbero interrotto Alec avrebbe potuto suggerirgli un paio di posti molto interessanti su cui avrebbe potuto versarsi il caffè, ma la voce forte di Luke smorzò tutti i suoi propositi.

<< E quanto dura questa pausa ragazzo?>> Il Capitano guardò Jonathan con un sopracciglio alzato e l'espressione divertita che fece alzare gli occhi al cielo all'interpellato.
<< Ora, è finita ora. Io glielo dico Capitano, lei passa troppo tempo con mia madre, sta prendendo le sue stesse brutte abitudini.>> Il biondo passò vicino al suo superiore con la stessa faccia di un bambino a cui è stato appena tolto un giocattolo ma l'altro era così abituato a quel tipo di battute da parte sua che si limitò a sorridergli e dargli uno scappellotto dietro la nuca.

Alec alle volte si domandava come fosse il loro rapporto, sia lavorativo che non. Lucian era sposato con Joclyn da prima che nascesse Clary, ma Jonathan era già nato e dalle foto che aveva visto più di una volta a casa del Capitano era stato anche presente al matrimonio.
Jonathan, così come Clarissa, era figlio di Valentine Morgenstern e Jocelyn Fray, ma i due avevano divorziato circa ventitré o ventiquattro anni fa, quando il ragazzo aveva all'incirca due anni, forse qualcosa di meno visto che era più piccolo di Alec.
I due genitori avevano avuto la custodia condivisa del ragazzino ma non di Clary, che era cresciuta con Luke come figura paterna, malgrado chiamasse Valentine papà. E ad Alec tante volte era venuta voglia di chiedere come fosse avere un fratello ma non viverci tutti i giorni, o come fosse vivere con il proprio padre ma vedere un altro uomo vicino alla propria madre. O ancora cosa avesse spinto Jonathan a scegliere proprio la divisione in cui lavorava il suo patrigno e non buttarsi a capofitto nella corsa alla carriera per poter arrivare ai livelli di Valentine e occuparsi più di politica che di altro.
Jonathan e Lucian poi avevano un rapporto del tutto particolare, fatto di battute e calme chiacchierate, di farsi chiamare “recluta” o “agente” o “Capitano” invece che per nome. L'unico tabù era probabilmente proprio Valentine, l'ex migliore amico dell'uomo che aveva litigato con lui tempo addietro senza che nessuno ne capisse mai il motivo.
Si vociferava solo che forse la signora Morgenstern avesse tradito il marito con l'allora Tenente Garroway, ma erano tutte speculazioni senza prove.

<< Quindi chi è il pazzo innamorato che ti manda regali sul posto di lavoro, Lightwood?>>
Alec si riscosse dai suoi pensieri ed arrossì: aveva fatto coming out a diciotto anni, forse il periodo peggiore della sua vita, un vero inferno in terra che gli aveva rovinato quasi tutto l'ultimo anno di liceo, e anche se adesso non gli faceva più venire da vomitare l'idea di parlarne o che qualcuno facesse delle battute così, semplici e senza cattiveria, era ancora terribilmente imbarazzato da qualunque riferimento alla sua vita privata.

Quale vita privata poi?

<< Non so chi mi abbia mandato questo pacco ma credo che potremmo lasciare solo “pazzo” perché non sto sentendo nessuno al momento. E poi credo sia una presa in giro.>> lo borbottò a bassa voce come faceva sempre quando era in imbarazzo e Luke gli sorrise comprensivo.
No, okay, era più la faccia di uno che la sapeva lunga, che era consapevole che lo stessi prendendo in giro ma che vuole concederti l'onore di non parlarne.

Dannato uomo.

<< Oh, si, capisco.>> ecco, per l'appunto, << Sai, una volta anche Jocelyn mi mandava bigliettini o stupidaggini sul posto di lavoro. Me le faceva trovare in macchina o nell'ufficio. Mi veniva anche a trovare. Ah, si vede proprio che quando passa il tempo si diventa più pigri.>> Lo disse con una nota nostalgica nella voce e fu il turno di Alec di alzare un sopracciglio e fissarlo con aria scettica.
<< Ma di cosa si lamenta Capitano?>> Lo apostrofò con un mezzo sorriso storto sul volto, << Se Jocelyn è passata qui lunedì. Sono solo pochi giorni fa, già comincia a dare i primi segni di cedimento ?>>
Alcuni dei suoi colleghi risero, Jordan fece di tutto per nasconderlo davanti a Lucian ma con scarsi risultati.
Alec non faceva praticamente mai battute, ma quelle due o tre volte l'anno in cui decideva di aprire bocca per dire volontariamente qualcosa di divertente si poteva star certi che era mirato e molto sottile, un'ironia che spesso piaceva a tutti e non riusciva a non strapparti un sorriso.
Ma Luke questa volta, malgrado si fosse portato le mani al petto con un atto così drammatico e teatrale da risultare ancora più comico, gli diede una risposta che forse non si aspettava:
<< Oh! Ma io non c'ero lunedì al dipartimento, chi mai avrà incontrato Jocelyn? Ah! Ha un amante e io non ne sapevo niente! Che colpo al cuore!>>
Gli altri risero ancora più forte e anche Alec non poté evitare di sbuffare divertito dal naso prima che il Capitano richiamasse tutti all'ordine e tornasse a lavorare.
Alec si rimise ad osservare il pacco ma si bloccò poco prima di aprirlo.
Se Garroway non era al dipartimento lunedì cosa c'era venuta a fare Jocelyn? E poi, lunedì era il giorno in cui aveva portato a Clary le foto della casa di Fell, quando la madre della ragazza, che li stava aiutando, era corsa via per un appuntamento.
Aggrottò le sopracciglia pensieroso, era abbastanza certo che fosse successo tutto quel giorno, Simon gli aveva detto di aver visto la donna e ora Luke gli diceva che lui non era lì quando c'era stata lei. Ma per quale motivo Jocelyn sarebbe dovuta correre all'ufficio quando il marito non era presente? Chi avrebbe potuto incontrare?
Si diede mentalmente dello stupido, primo perché non erano affari suoi, secondo perché in quell'edificio lavorava anche il figlio della donna.
Sospirò, fare il detective lo portava ad interrogarsi anche delle cose più stupide e normali.
Scosse forte la testa per tornare al presente e si decise ad aprire la scatola sussultando e trattenendo a stento la sorpresa quando capì cosa c'era dentro.
Una cassettina a nastro di plastica, piccola e grigio-trasparente, non sembrava avere molto memoria ma Alec sapeva che c'era lo stretto indispensabile, ciò che un mese di attesa e due mandati non erano riusciti ad ottenere.
Richiuse il tutto e si concentrò meglio sul biglietto, arrossendo nel capire finalmente tutto il senso del messaggio e poi ritrovandosi a ringraziare Catarina Loss per aver fatto un miracolo.

Intascò cassetta e foglio e si rimise la giacca, era probabilmente uno dei pochi che si ostinava a tenere la cravatta anche con i 29 mefitici gradi che imperversavano su New York ma in quel momento non poteva importargliene meno del caldo.
Uscì a passo di marcia dall'ufficio, abbastanza calmo da non far incuriosire i suoi colleghi ma deciso quanto bastava per non essere fermato. Salì in macchina e si bloccò per un attimo, meditando di inserire la cassetta nella vecchia radio della sua altrettanto vecchia auto ma poi il dubbio che potessero esserci delle cimici anche lì gli fece accendere il motore e dirigersi verso casa.

Entrò nell'appartamento silenzioso e quasi gli sembrò estraneo a quell'ora del mattino, con la luce calda del mezzogiorno che la illuminava ed il suono del traffico dell'ora di punta.
Lanciò la giacca sul divano facendo sobbalzare il suo gatto che gli lanciò un'occhiata decisamente contrariata e poi quasi sorpresa.
<< Si, anche a me fa strano stare qui a quest'ora. >> gli rispose il moro allungandosi per grattargli la testa, << E' per lavoro, tranquillo, non stiamo per ricevere ospiti.>>
Il gatto sembrò accettare molto più la spiegazione che le coccole e chiuse gli occhi rimettendosi nella medesima posizione di prima.
Alec lo lasciò a sonnicchiare mentre cercava il suo vecchio stereo portatile, uno di quei modelli cicciottelli e tondeggianti, i primi che prendevano al radio, riproducevano le cassette e persino i cd, dandoti la possibilità di registrare persino qualcosa.
La trovò nel ripiano più basso del mobile nel corridoio, così impolverata che dubitò fortemente si sarebbe accesa. E in effetti si mise in moto solo per segnalargli che le pile erano scariche e spegnersi con un pixelato “good bye”.
Imprecando aprì lo sportelletto facendo quasi saltare la levetta, dentro di esso quattro grosse batterie a torcia sembravano fissarlo con aria di sfida. E dove le recuperava lui delle batterie così grandi nell'era dei cavetti usb e della carica ad induzione?

Si lasciò cadere sul pavimento con un verso di sconforto.
Aveva tra le mani la prova principale di quel caso, quella che probabilmente se avesse sentito un mese fa ora gli avrebbe già fatto risolvere tutto, quella che quel dannato di Magnus Bane si era tenuto fino alla fine, che neanche i mandati e i poliziotti erano riusciti a ottenere, con la banale scusa del “non so dove sia” poi, e ora? Ora che finalmente poteva sentire quel dannato messaggio in segreteria… lui non aveva quattro maledette torce che accendessero il suo stereo.

Dannato Magnus Bane, lo aveva detto?
Magnus Bane?
Magnus Bane!

Si alzò di colpo e lasciò tutto a terra, correndo in salone per riprendersi la giacca e gridare a Church che si sarebbero rivisti quella sera, prima di chiudersi la porta alle spalle.
Il gatto fissò l'entrata con sguardo quasi rassegnato: dopotutto amava il suo umano proprio perché gli lasciava casa libera praticamente tutti i giorni della sua vita.
Si rimise a dormire.


 

Probabilmente, di tutti i modi in cui Magnus Bane avrebbe immaginato di rivedere il Detective Occhi Belli, tra questi non c'era l'opzione che si era appena realizzata.
Era nel bel mezzo del suo locale a leggere la lista dei liquori da ricomprare e dei nuovi cocktale che avrebbero proposto la prossima settimana, immerso nel buio confortante e fresco che le finestre oscurate e l'aria condizionata producevano, quando di punto in bianco la porta principale si era spalancata.
Si era voltato di scatto attirato dal suono per poi farsi ombra con la mano e cercare di capire chi fosse il cretino che gli aveva sfondato l'ingrasso e quanto gli avrebbe urlato contro quando individuò una figura alta e slanciata. In controluce l'uomo – perché se quella era una donna era come minimo una giocatrice di basket- gli apparve come un super eroe che arriva sulla scena del crimine e non appena quella stupida idea gli spuntò in testa riconobbe le spalle larghe e le gambe lunghe dello sconosciuto-non-poi-così-sconosciuto.
Come nei film più scontati quello avanzò verso il buio, portando con se l'abbacinante luce del mezzo della giornata, dissipando le tenebre come un angelo venuto dal cielo per sconfiggere i demoni dell'oltretomba.
Okay, stava un po' esagerando, ma a sua discolpa poteva dire di essere una persona con una fervida immaginazione.
Quello che ora era palesemente il detective della Omicidi Alexander Lightwood incedette nella sala senza preoccuparsi di richiudersi la porta alle spalle, che poco dopo lo fece lo stesso grazie alla molla cigolante che la reggeva.
Il poliziotto teneva lo sguardo fisso su di lui, senza batter ciglio o mostrare il minimo segno di disagio, proprio come quando lo aveva interrogato la prima volta. Ma Magnus sapeva che quel giovane fosse facilmente incline all'imbarazzo anche con le battute più stupide.
Battute che in quel momento non gli venivano proprio in mente. Anche nell'ombra quell'uomo pareva un angelo redentore giunto per portargli delle nuove. Da quando il detective era così deciso e così dannatamente sexy?
Beh, ammettiamolo, quello Maguns lo aveva notato giorni e giorni prima quando lo aveva interrogato, un adone del genere con la pelle di porcellana, i capelli neri come la notte e gli occhi di un blu così intenso da sembrar finto non potevano lasciarlo indifferente.

E' la mia combinazione preferita- pensò mordendosi il labbro- mea culpa, mea grandissima culpa.

Osservò la giacca aperta scivolare sui suoi fianchi ad ogni passo, la camicia bianca ed immacolata e la cravatta nera, monocromatica. Quell'uomo sembrava un Man in Black! Con quel portamento fiero, quella falcata lunga e quelle spalle… e le mani! Oh, Maguns aveva notato le mani grandi e dalle dita lunghe del poliziotto, arti callosi e disseminati di piccole cicatrici, ma perfettamente puliti. Non dubitava che potessero essere tanto forti da reggere una pistola ed il suo contraccolpo tanto quanto potevano esser delicate e gentili.
Come il suo proprietario del resto.
Aveva ricevuto due giorni prima la telefonata di Catarina, quella che stava aspettando da quando Ragnor era morto. Non era andata propriamente come si era aspettato: la sua amica lo aveva ampiamente rimproverato per non aver collaborato con il Detective Lightwood e aveva rimarcato quanto fosse stato meschino da parte sua far perdere tempo ad un giovane così gentile, educato e soprattutto corretto.
E se Catarina decideva che una persona era corretta significava solo che l'aveva presa in simpatia e che aveva tutte le carte in regola per diventare sua amica.

Perfetto, magari diventasse amica del detective qui, potrei sempre drogarlo e vedere se quelle mani sono davvero così favolose come sembrano.

Qualche colpo di tosse lo fece tornare al presente.
Lightwood era davanti a lui, la posa fiera di un principe e la figura imponente di un paladino. Fece scorrere lo sguardo su tutto quel ben di dio finché altri colpi di tosse lo costrinsero a concentrarsi sul suo volto.
Non che gli dispiacesse.

<< Mr Bane.>> salutò quello formale.
Ahi, forse non lo aveva ancora del tutto perdonato per quella storia dell'ostruzionismo.
<< Alexander! Pensavo che avessimo superato la parte del lei e avessimo deciso di darci del tu.>> fece comunque sorridendogli con fare affascinante.
Vide il giovane serrare le labbra ed aggrottare le sopracciglia prima di scuotere la tesa con un gesto rassegnato.
<< Non mi aspettavo semplicemente una sua chiamata quella volta.>>
<< Oh, giusto, volevi chiedere al tuo “bro” se dovevi venire o meno. Alla fine com'è andata? E' venuto, detective?>> un ghigno divertito e malizioso si aprì sul suo volto mentre quello del suo interlocutore andava in fiamme.
Com'era possibile che un poliziotto che conviveva con morti e criminali arrossisse per una battuta a sfondo sessuale?
Alec borbottò qualcosa di indefinito e Bane alzò un sopracciglio curioso,
<< Come hai detto fiorellino?>>
L'altro lo guardò male, riacquistando improvvisamente il contegno di prima, << Le ho già detto di non chiamarmi in quel modo.>>
Un gesto vago della mano, come a sottolineare l'ovvio: ovvero che non gli interessava cosa ne pensasse dei suoi nomignoli, << Si, si, come vuoi tu tesoro, ma prima? Cosa hai detto?>>
Lo vide drizzare la schiena e fissarlo con sguardo di sfida, una scintilla quasi ribelle come quella negli occhi dei ragazzini che decidono di rispondere male ai genitori.

Adorabile.

<< Ho detto “ne è a conoscenza chi deve”, e questa persona non è lei.>>
Anche l'altro sopracciglio schizzò in alto, sorpreso dalla piega che stava prendendo quella conversazione e deciso a giocare fino alla fine.
<< Ed è stato soddisfatto? Chi deve.>> chiese avvicinandosi di un passo al poliziotto.
Quasi saltò indietro quando una luce maliziosa illuminò quelle iridi blu, la smorfia storta che era il sorriso del detective si allargò in un ghigno che fece scivolare a Bane un brivido lungo la schiena e sotto i suoi pantaloni. Gli addominali gli diedero una contrazione volontaria e la salivazione aumentò di colpo.

<< Sono addestrato a sparare, Mr Bane, non baglio mai mira e non manco mai un colpo.>>

Sorpreso da quella rivelazione così sfacciata Maguns lo fissò palesemente a bocca aperta.

E da quando gli angeli fanno battute sporche sulla loro capacità di andare a segno?

Ma mentre lui si interrogava su cosa potesse nascondere il detective Lightwood dietro a tutta quella pacata compostezza, Alec si maledisse in tutte le lingue che conosceva – cinque per la precisione e che nessuno facesse battute a riguardo- per essere stato così diretto e per aver detto delle cose così imbarazzanti. Per di più Bane continuava a guardarlo in quel modo strano che lo faceva sentire tanto come un topo braccato da un gatto. O come doveva sentirsi il cheesburger di Jace quando il ragazzo tornava dalle esercitazioni con la SWAT. O in generale come se Bane volesse mangiarlo da un momento all'altro.
Fantastico, non avevano neanche cominciato a parlare sul serio e già quello lo voleva far fuori.
Se solo avesse capito come Bane premeditava di farlo fuori.

Imbarazzato e per nulla a proprio agio in quella situazione Alec alzò la mano destra in cui teneva saldamente stretta la cassetta e la portò al livello del suo volto.
Bane sussultò riemergendo dai suoi pensieri.
<< Oh! E' venuto qui per ringraziarmi del regalo? Le è piaciuto il biglietto Detective? Spero lo abbia conservato, l'ho scritto con tanto amore.>> Gli fece l'occhiolino e quasi si rilassò nel veder la risposta impacciata dell'uomo che si sbrigò a parlare per evitare che lui tirasse di nuovo il discorso verso lidi non proprio professionali.
<< Avrei preferito aver prima questa registrazione, probabilmente sarei già a metà delle mie indagini, ma apprezzo il gesto, si.>>
Maguns scosse la testa, << Lei è riuscito a capire qualcosa che è sfuggita a me?>> domandò curioso. Ma l'agente lo fissò dritto negli occhi e scosse la testa.
<< Non l'ho ancora sentita.>>
L'espressione accigliata di Magnus dovette valer più di molte parole perché il moro s'affrettò a continuare, << Ha forse un posto sicuro in cui poterla ascoltare?>>

Il proprietario del locale rimase ancora un po' a fissarlo con quella stessa espressione prima di realizzare il vero senso di quelle parole e stupirsene sinceramente: era arrivato sino a lì invece di sentire la registrazione al dipartimento perché aveva seriamente tenuto in considerazione le sue supposizioni e temeva che ci potesse essere una talpa nel suo ufficio? Era arrivato sino a lì, da lui, perché pensava che potesse offrirgli un luogo sicuro in cui esaminare le prove?
Si fidava di lui?

Magnus sogghignò pieno di un inaspettato e sorprendente orgoglio.

<< Hai scelto la persona giusta Alexander, il Sommo Stregone di Brookyn è al tuo servizio.>>




 
   
 
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