Anime & Manga > Slam Dunk
Segui la storia  |       
Autore: Angels Island    21/04/2005    0 recensioni
Rukawa e Hanamichi si amano reciprocamente, ma l’uno all’insaputa dell’altro. Riusciranno a svelarsi a vicenda i propri sentimenti, mettendo finalmente da parte orgoglio, insicurezza e vulnerabilità…?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Resto senza parole a fissare la facciata della casa di Rukawa…

Resto senza parole a fissare la facciata della casa di Rukawa…

Fa paura.

Con questo buio pesto fa dannatamente paura.

È completamente immersa nell’oscurità.

Sembra circondata da un’aura maligna più tetra del buio più assoluto.

Forse sono solo io a impressionarmi troppo, però… è incredibilmente inquietante.

La piccola villa è circondata da entrambi i lati da alberi neri e spogli con  rami lunghi e sottili, nodosi e intrecciati.

Il cancello automatico si apre lento, cigolando.

Mi scorre un fremito lungo la schiena…

La ghiaia scricchiola assestandosi sotto i nostri piedi e il silenzio si fonde con il fischiare sinistro del vento.

Questo posto mette davvero i brividi.

-Dì un po’, ma sei una sottospecie di demone, tu?-, chiedo per spezzare il silenzio, tremando.

Per il freddo! Non per la fifa, sia chiaro

Kaede, che mi volta le spalle, si ferma a pochi passi da me, lungo il vialetto.

Quando si volta, un urlo mi si strozza in gola.

Mi stanno fissando delle orbite vuote e inespressive, dalle quali fuoriescono vermi e fango denso.

Laddove è presente, la pelle di Rukawa è squamosa e attraversata da crepe.

Aderisce agli zigomi, alla mascella e alla mandibola, ridotti a ossa di un colore verde sporco.

Si avvicina a me, lento e rapido, la sua voce è un rantolo rauco e sibilato.

-Beh? Che fai, non entri?>.

La stessa domanda che gli avevo fatto io mi mostra un Kaede perplesso che, sulla soglia di casa, mi tiene la porta aperta, completamente fradicio.

- A-arrivo!-.

Kami Sama, che infarto! Mi faccio troppo suggestionare!!!

Varco la soglia di casa e il mio stato d’animo non migliora di molto.

C’è buio pesto pure qui dentro!

E, come se non bastasse, si gela non poco!!!

 

 

 

-No, fammi capire, Kaede, sei un vampiro oppure solo una semplice Kitzune polare che ha tutta l’intenzione di diventare un autentico ‘AISSSSSSBERRRRG’ ??!?-.

Hanamichi mi fissa arrabbiato, incredulo o, forse, impaurito.

Kaede… mi ha chiamato Kaede…

Hanamichi mi ha chiamato KAEDE….

-Hn?-, riesco a chiedergli guardandolo incantato.

Sakuragi sembra non essersene accorto.

Ringrazio mentalmente l’oscurità che cela il mio sguardo ebete che gli rivolgo.

-Maledizione, qui dentro si gela! Ma come diavolo fai a resistere a queste temperature???!!?-.

Nella penombra vedo Hana tastare le pareti da una parte e dall’altra.

-Ma dove  cavol…?-.

-Più a destra.-, gli rispondo.

Quando accende la luce, strizzo gli occhi.

Io di solito la tengo spenta.

Ci vedo ugualmente e in più risparmio.

Così, i soldi che mi mandano i miei li conservo per lo più per gli abbonamenti delle riviste di sport e basket e per il cibo per me, oltre a quello per il mio gatto.

-Ma tu non le tieni accese, le luci, in casa???-, mi chiede fuori di sé Hanamichi.

-Hn, risparmio…sono parsimonioso, io!-, gli rispondo alzando un sopracciglio.

-No, aspetta, sto facendo un po’ di confusione… sei pure un pipistrello, oltre che un vampiro e una volpe-iceberg? E altro che parsimonioso! Diciamo che sei piuttosto TACCAGNO!-, Hana mi continua a guardare come se mi fossi messo a ridere a crepapelle.

È enormemente sconcertato e gesticola come un matto.

Sbuffo.

Quant’è carino quando s’ infervora…!

-Hai almeno qualcosa che somigli a una stufa, a un camino o a qualcosa che scaldi, qui da queste parti, al polo sud?-, mi chiede sorridendo con aria furba.

È ancora più bello…

Mi volto e con un mezzo cenno della testa lo invito a seguirmi.

Apro la fusuma scorrevole in carta di riso rossa in fondo al corridoio ed entro nell’ enorme sala.

Adoro questa stanza! È la più grande di tutte!

Ha le pareti bianche.

Incassato in quella in asse con l’entrata, sta il caminetto.

Spento da almeno tre anni.

Sulla destra ho lasciato una sedia con due cuscini appoggiati ai braccioli.

Accanto c’è il divano letto dalla struttura in legno scuro.

Ebano, per la precisione.

Mio padre me l’ha mandato dopo un viaggio in oriente. 

Il suo regalo migliore, non c’è che dire.

Oltre alla mia prima palla da basket, ovvio!

A sinistra, invece, appoggiato contro la parete, si staglia una scaffale  ad angolo, a due metri di distanza dal caminetto. Nella parte bassa della libreria, ho fatto mettere delle ante bianche in carta di riso, in tinta con il resto della  stanza.

Davanti allo scaffale vi sono altre due sedie, identiche a quella di fronte.

Il pavimento, invece, è in legno chiaro.

A illuminare ulteriormente il salotto ci pensa un lampadario con la L maiuscola, in vetro opaco, bianco, dal design ricercato, moderno.

-Oh, un caminetto! Fantastico!!-, sorride, -Ma la legna…?-.

Indico una piccola cassa panca di fianco al camino.

-Ma che schifo! Ci sono milioni di ragnatele, dentro!!-, vedo Hana che salta all’indietro disgustato.

-Ti fanno PAURA?-, lo stuzzico mantenendo il mio solito sguardo impenetrabile.

Sakuragi mi rivolge uno sguardo truce.

-Sono anni che non lo accendo. Quella legna è lì da allora.- , continuo contemplandolo mentre pone rametti e pezzi di legno più grandi nel camino.

-AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARRRRRGGGHHHHH!!!

CHESCHIFOCHESCHIFOCHESCHIFOCHESSSSSSSSSSSSSCCCCCCHHHHHHIFO!!!!!!!!!-.

No, aspettate, fermate tutto….

Com’è che mi ritrovo Hanamichi IN  BRACCIO?????

Altro che “in braccio”… direi che “avvinghiato a mo’ di polipo o koala che sia” o “appiccicato come una sanguisuga” siano termini molto più adeguati…!

Sembra quasi che abbia una fifa tremenda di…

Ah! …di uno enorme scarafaggio setoloso che sta attraversando in fretta e furia il pavimento diretto verso la piccola cassa panca di legno!

-Che imbecille…- comincio assumendo una faccia da idiota.

Mai come quella di Hanamichi, ovvio…

-Come osi…!- mi sibila di rimando.

-..Grande e grosso come sei…-.

-Guarda che mica sono il Gori ! ti stai rintronando, Rukawa?-

-..Non dirmi che hai paura di uno stupido insetto insignificante…!-, lo provoco.

Accidenti, sto diventando loquace e acido come solo Mitzui sa fare…

-Eh? Ma no, che dici! Volevo solo contemplare il PANORAMA…-.

Che babbeo…-Hai fifa, ammettilo…-.

-Affatto!- ribatte sicuro balzando a terra e avvicinandosi allo scarafaggio -Devo, anzi, ammirare le dimensioni straordinarie di questo meraviglioso esemplare…-, commenta da finto esperto osservando l’insetto con una lente immaginaria.

Volgo lo sguardo verso la finestra.

La pioggia picchietta contro i vetri scendendo in piccoli rivoli.

Devo riprendermi dal contatto avuto con te,Hana…

Il tuo torace, i tuoi fianchi, le tue cosce contro di me, le tue braccia attorno al collo…  mi hanno dato alla testa.  Mi hanno bruciato dentro.

Mi sento quasi ubriaco…

Ubriaco, sì. Ubriaco DI TE, Hanamichi.

Ma tu…

Non ti sei reso conto di  nulla, vero…?

Lo osservo muoversi sicuro dalla cassapanca al focolare, la maglia fradicia incollata ai muscoli della schiena e delle spalle che guizzano ad ogni suo minimo movimento.

Non parliamo del suo fondoschiena, poi. Dire che è scolpito di-vi-na-men-te è poco!!!

-E dei fiammiferi? Un accendino? Li…-

Sakuragi si volta di scatto e mi ritrovo a fissare..beh

-…hai?-.

Merda, se ne è accorto.

Fingo completa indifferenza uscendo con nonchalance dalla sala.

Com’è che fa improvvisamente così caldo…?

Afferro le prime cose che mi capitano tra le mani in cucina, mi dirigo verso il salotto, faccio un profondo respiro ed entro a passi lenti , porgendo apparentemente tranquillissimo l’accendigas e le scatole di Corn-flakes spiegazzate ad Hanamichi.

Lui resta lì un po’ titubante, poi li afferra e si china davanti al camino.

E le nostre dita si sfiorano…

Resto inebetito a fissarlo da dietro, mentre sistema il cartoncino tra la legna e dà fuoco al tutto soffiando un po’ sopra le fiamme.

Non riesco a distogliere lo sguardo dalla sua immagine che si staglia davanti alle fiamme che cominciano a sfavillare, ravvivando di riflessi i capelli bagnati di Hanamichi.

Non so per quanto restiamo così immobili…

Quando mi riprendo il fuoco è ormai allegro e scoppiettante.

A riportarmi alla realtà è stato un rumore sordo.

È il mio stomaco che si fa sentire sempre nei momenti più inopportuni…

-Ma tu non mangi mai?-.

Abbozzo un ventesimo di sorriso alla sua domanda fatta con lo stesso tono di un bambino.

-Non molto.-, rispondo alzando lo sguardo.

E i miei occhi s’incatenano ai tuoi.

-Non hai qualcosa? Comincio a sentire un certo languorino anch’io…-.

E ascolto le tue parole ubriacandomi della tua voce sensuale e ingenua allo stesso tempo.

Sinceramente… non mi fido del tuo “languorino”…

-Non ho nulla di pronto.-, e poi faccio schifo in cucina.

Ti fisso.

E mi perdo nei tuoi occhi…

-Neanche un panino?-, mi chiedi.

Sei meraviglioso…le fiamme mandano bagliori di luce sulla tua pelle che risplende d’arancio.

Scrollo le spalle come risposta.

E la tua bocca socchiusa è ancora più invitante…

E ti guardo e sto male dentro.

La stanza oscilla e tu sembri assorbire l’energia del fuoco e irradiare la stanza di luce

mentre l’oscurità s’infittisce cristallizzandosi nell’aria gelida al di là della finestra.

Vorrei avvicinarmi a te,

ma ho i piedi incollati a terra.

Sento il battito cardiaco aumentare,

il cuore martellare sotto lo sterno e risalire verso la gola…

le gambe mi cedono e il mio corpo è percorso da fremiti.

Ti fisso e avvampo

cercando di resistere alla tentazione di abbracciarti da dietro.

Muovo un passo verso di te, vorrei sfiorarti, sorriderti…

E invece mi blocco.

Perché?  Perché mi succede questo?

Perché non riesco a dirti tutto?

Perché non capisci?

PERCHÉ NON CAPISCI?

Ho davvero così tanta paura di uno stupido rifiuto?

Già…È così..

Ho una paura tremenda, un terrore che mi angoscia,

che mi deprime…

timore di un rifiuto che non sarebbe affatto stupido…

perché sarebbe il tuo…

IL  TUO…

E che potrebbe allontanarti da me… per sempre…

Aiutami, Hana, ti prego… maledizione, perché diavolo sto piangendo?

Ti amo…  e ho paura…

 

 

 

Ripenso a questa sera…

La radio suonava “Dreams” una vecchia canzone di Gabrielle…

Fissavo le fiamme e ad ogni nota vedevo te in situazioni diverse…

Una tua potente schiacciata,

I tuoi capelli mossi dal vento,

i tuoi passi,

tu in bici,

la tua schiena,

tu che mi guardi,

la tua mano che stringe la borsa da basket,

tu che afferri il mio panino,

la tua bocca chiusa

tu che mi inviti a venire da te sotto la pioggia,

i tuoi occhi,

tu che stai sopra di me,

una mano stretta a pugno,

tu ed io in riva al mare,

il tuo viso vicino al mio,

tu che corri,

un tuo accenno ad un sorriso,

tu davanti al sole…e le note cambiavano,

nel dolce suono di “Everything you want” dei Vertical Horizon…che si diffondeva nella stanza vedevo…

tu che sbuffi,

le tue espressioni corrucciate,

tu che palleggi,

il tuo sguardo insonnolito,

tu che mi mostri l’ombrello sfasciato,

i tuoi capelli d’ebano,

tu che ti schianti contro la facciata della scuola,

il tuo respiro,

tu che dormi sul terrazzo,

le tue lacrime,

tu accasciato su di me,

io e te sotto la tettoia di casa mia a fare gli idioti davanti a una vecchietta,

la tua pelle illuminata dalle fiamme del camino…

tu che ti passi le mani sulla maglia inzuppata,

la tua felpa stesa sullo schienale della sedia,

tu che accendi lo stereo,

la tua maglia accanto alla felpa,

tu che prendi un cd,

i tuoi jeans sopra la maglia.

I miei vestiti accanto ai tuoi,

il calore del fuoco che lentamente li asciuga…

tu che ti passi una mano tra i capelli,

il tuo viso arrossato,

tu che lasci la sala,

il tuo frigo vuoto,

tu che afferri un mio tramezzino,

io che mi scaldo davanti al camino,

tu che chiudi gli occhi e li riapri,

io che mangio e intanto ti osservo,

tu che scuoti piano la testa per non so quale motivo,

io che mi sto lentamente rilassando,

tu che mi fissi,

giuro, fra un po’ mi addormento,

tu che mi guardi,

ecco, il primo sbadiglio,

tu che mi fissi,

mi stiracchio, hai gli occhi lucidi,

tu che mi guardi, un sorriso  triste,

io che mi alzo, barcollo e tu che non riesci a reprimere un singhiozzo.

 

Era la tua musica ad essere stregata, Kaede?

O sei tu che hai stregato me?

Lacrime copiose hanno cominciato a inondarti le guance,

alcune morendo nella tua bocca,

altre deviando verso il mento, scivolando lungo il tuo collo

e raccogliendosi nell’incavo della tua gola

per poi riprendere la loro corsa in discesa lasciando una trasparente scia salata al loro passaggio.

Ho mosso un passo, poi un altro…

Ti ricordo indietreggiare di mezzo passo, barcollando, con le lacrime che ti offuscavano la vista.

Ho sorriso e ti ho abbracciato piano, le mani che ti sfioravano i fianchi…

E il tuo pianto è aumentato, dividendosi,

percorrendo la mia schiena e riversandosi sul mio torace.

Perché piangevi, Kae?

Ma soprattutto…

Perché poi mi hai respinto così a malo modo?

Erano davvero nervoso, rabbia, rancore, odio… quelli che leggevo in quei tuoi splendidi occhi che evitavano a tutti i costi i miei?

Per quale motivo? Perché non hai voluto dirmelo? Perché? DANNAZIONE, PERCHÈ?

PERCHÉ?

Perché …?

Sospiro.

Stanco di starmene sdraiato, mi siedo muovendomi piano per non rischiare di svegliarti.

Rimango zitto, in silenzio, ad ascoltare il tuo respiro lento e regolare.

Nella penombra intravedo la tua muscolatura rilassata e riflessi azzurri tra i tuoi capelli d’ebano.

Piego le ginocchia e vi appoggio le braccia incrociate.

Scusami se ti ho inzuppato d’aranciata…

Non volevo…

Ripenso alla tua espressione sbalordita, senza parole…

Alla tua reazione fulminea, mentre afferravi la bottiglia quasi piena, la agitavi e la aprivi puntandomela contro socchiudendo gli occhi con aria di gelida sfida.

Mi punto con le mani e scivolo via dal letto.

Rabbrividisco.

Fa freddo.

Perché..perché ti sei incazzato…

Perché alla fine mi hai picchiato..?!?

Perché eri aggressivo, violento..?

Per quale ragione l’hai fatto con rabbia..?

Per quale motivo mi hai costretto a fare altrettanto..?

Perché quando ti sei fermato ansante… avevi un’espressione traboccante  d’amarezza?

Esco piano dalla camera.

Non sento alcun rumore all’infuori del ronzio del mio sangue che mi scorre dentro.

Perché mi hai costretto a vedere la tua pelle umida dopo la doccia?

Ad inebriarmi del tuo profumo quando sono andato a lavarmi dopo di te?

Perché io cerco di aiutarti e tu non fai altro che complicarmi la vita?!?

Perché mi fai soffrire così, Kae, perché?

Apro piano una fusuma e la chiudo con estrema lentezza alle mie spalle.

Spiegami perché ti sei chiuso in un glaciale silenzio,

perché STAVI in silenzio ed ESIGEVI silenzio.

Perché mi guardavi artico se solo provavo a palare.

Spiegati.

Chiarisciti.

Perché diamine non me ne sono andato prima…

Mi bastava urlare e uscire sbattendo la porta, mandandoti al diavolo e avrei risolto tutti i miei problemi!

No…che dico…

Entro in sala al buio e sbatto una tibia contro il divano.

Sparo mentalmente una decina di DOLCI parole in merito all’accaduto mentre indosso i pantaloni ormai asciutti e la maglia arancio.

Lo stereo è ancora acceso, a bassissimo volume suonaSame Direction”. Un pezzo di non so quale gruppo americano…

Non c’è che dire, Rukawa ha cd di musica provenienti da mezzo mondo!

Nel caminetto scoppiettano le ultime braci ancora ardenti.

Mi accorgo di un gatto dal pelo fulvo scompostamente sdraiato su una sedia a pancia in su visibilmente nel pieno della fase REM…

Prendo il cellulare, incapace di resistere dal fargli una foto.

La metterò insieme a una mia che mi ritrae in una posizione praticamente identica!

Afferro la felpa e la infilo lisciandola poi con le mani.

Mi trattengo dal dare una grattatina al felino, nel caso abbia un carattere simile a quello del padrone e mi volto a fissare i pochi tizzoni nel camino un’ultima volta prima di andarmene.

Salto di mezzo metro per un tuono che scoppia improvviso e il mio sguardo cade su un porta foto appoggiato su una mensola sovrastante il focolare.

Strano, non prima non c’era.

Mi avvicino piano, stordito dal sonno e dal ritmo ipnotico e insistente della pioggia che s’infrange rabbiosa contro i vetri.

Allungo una mano e avverto il tiepido calore del ripiano in legno.

Afferro la foto e la accosto al viso.

Dannazione, non vedo un benemerito fico strasecco!

La inclino verso il caminetto.

Niente.

Solo un’ informe sagoma nero-rossiccia.

Magari, soffiando un po’ sulle braci…

 

 

Mh

Sento solo silenzio.

Eppure…

Qualcosa mi ha svegliato.

Ascolto meglio e, risvegliandomi dal torpore, distinguo la pioggia che scende torrenziale da giorni e il vento sibilare al di là dei vetri.

Manca qualcosa.

Ma cosa…?

Per piovere, piove; il vento soffia esattamente come ore fa…si aggiunge il debole ticchettare della mia radiosveglia e l’ululato lontano di un cane.

I rami della pianta qui fuori graffiano i vetri della finestra.

Come al solito non ho abbassato la tapparella.

E ad un tratto capisco.

Avverto a malapena soltanto il mio flebile respiro.

Ne manca uno.

Manca  il suo.

Allungo rapido ma leggero il braccio nel posto accanto a me.

Morbido.

Tiepido.

Vuoto.

Hanamichi!

Scosto di scatto il lenzuolo …Perché cazzo l’ho picchiato..! Perché l’ho aggredito in quel modo..!

e mi alzo compiendo un unico movimento, fluido e rapido.

Rabbrividisco a contatto con il pavimento.

Perchéccavolo non ho risposto alle sue domande…! Perché non ho trovato come al solito quello strafottutissimo coraggio di merda che mi manca  SEMPRE  quando mi ritrovo solo con lui…!?

Spalanco la fusuma e mi precipito fuori dalla stanza.

Neanche un briciolo di fermezza, di decisione  avevo!

Solo tutta quella cieca rabbia che avrei voluto scaricare su di ME e non su di lui!

Paura, ansia, felicità, agitazione, brividi, amore, risolutezza, rabbia, nervosismo e miriadi di altre sensazioni contraddittorie scorrono dietro il mio sguardo gelido.

Scandaglio le stanze lungo il corridoio alla sfrenata ricerca di Sakuragi senza trovarne la minima traccia.

Se n’è andato davvero…

Vorrei urlare il suo nome, gridarlo con tutta la voce che ho dentro per sentirlo rimbombare tra le pareti di casa in attesa di una quasi simultanea risposta, ma la testa mi martella da impazzire e sento la lingua che s’incolla al palato, la gola seccarsi.

Te ne sei andato sul serio…!

Beh, poco importa! Sono disposto a restare sotto la pioggia per tutta la notte tra le strade di Kanagawa pur di ritrovarti!

Devo chiarire tutto con te, ammettere davanti ai tuoi occhi, ciò che ho voluto negare fino all’ultimo…

Completamente assorto nelle mie considerazioni apro istintivamente la fusuma della sala dopo aver visto di riflesso una fioca luce.

Il caminetto è acceso.

Riconosco le ultime note di “Iris”, un brano dei Goo Goo Dolls provenire dallo stereo.

E lui, inaspettatamente, è lì.

Bellissimo.

Fantastico.

Sempre più splendido ogni volta che appare.

La sua ombra si proietta fino ai miei piedi.

Mi fissa sbalordito, sussultando, e un porta foto gli scivola dalle mani.

E, mentre s’avvicina rapido al pavimento, scorgo tre foto.

Le tre foto a cui tengo di più.

Quella in cui sorrido con mia madre, l’esatta copia di me stesso.

Quella che immortala l’ammucchiata sul Gorilla sotto canestro, io e te su di lui che ci prendiamo normalmente a pugni e Mitzui su di noi che aiuta Miyagi a fare la sua prima “grande” schiacciata tenendoselo sulle spalle.

E quella, scattata di nascosto, che ritrae un indescrivibile Hanamichi accaldato e senza maglietta che sorseggia acqua da un rubinetto, gli occhi chiusi nascosti da ribelli ciocche di capelli di fuoco incollati al viso.

Un’immagine paradisiaca che si sfregia e si graffia, come le altre fotografie, mentre il vetro va in frantumi, infrangendosi al suolo e spargendosi ovunque.

Migliaia di piccoli e taglienti cristalli che riflettono le fiamme nel camino.

Fiamme nascoste da quel ragazzo che fissa le foto, inquadrato dai miei occhi.

Un ragazzo colto di sorpresa, frastornato e confuso, che non sa cosa dire.

E tutta la mia fermezza viene meno,

amore e coraggio mutano nuovamente in odio e rabbia, frustrazione e angoscia.

E mi scaglio nuovamente contro di te, accecato da miriadi di visioni.

Dalle foto che si lacerano a tutte le volte in cui non sono mai riuscito a confessarti ciò che provo.

E, mentre sferro un pugno verso il tuo viso, mentre ti conficco un gomito nel tricipite, mentre ti pianto un calcio nel ginocchio, so che dovrò dirtelo.

Che ti amo e che ti voglio come non ha mai voluto e amato nessuno.

Che voglio te, voglio te, voglio Te e Te soltanto!

Che pretendo il tuo corpo ma che desidero il tuo amore, prima di tutto il resto.

Che voglio viverti sino in fondo e condividere con te il resto della mia insignificante esistenza.

Che tu sei sempre stato il sogno presente in ogni mio pensiero, in ogni mia scelta, in ogni mia riflessione, in ogni mia decisione.

Troverò un modo per dirtelo, uno qualunque.

Ma intanto continuo a picchiarti, convinto di avere di fronte un altro me  stesso su cui sfogare tutto il mio rancore.

Dopo momenti di esitazione ti sento reagire.

I tuoi pugni fanno male.

Colpiscono un punto preciso, ma io sento il dolore propagarsi in tutto il resto del corpo.

E ci ritroviamo a terra, intenti a picchiarci fra milioni di schegge di vetro.

Prima prevalgo io, poi tu, di nuovo io, poi ancora tu…

Ti restituisco ogni colpo con tutta la rabbia che ho dentro, ma tu fai altrettanto, dando vita ad una lotta senza fine.

Mi sanguina un labbro, le braccia sono invase dai crampi e il vetro mi si conficca nella schiena. Non capisco più niente, non vedo più niente, non sento più niente all’infuori di un acuto dolore che sommerge l’intera stanza in cui ci troviamo.

E ora di nuovo prevalgo io, e ti scaglio contro colpi a raffica, contro gli zigomi, contro il mento, nello stomaco, contro le spalle, le braccia, la mandibola…Furioso. Feroce. Violento.

E continuo, continuo, continuo, continuo…

Sentendomi sempre più stanco, sempre più male, sempre più incerto vedendo che non ti ribelli più in alcun modo.

Cerchi solo di fermarmi conficcandomi le dita nei fianchi, provando, invano, a tenermi lontano.

Mai.

Non ci riuscirai mai, Hanamichi.

Non riuscirai mai a tenermi lontano. Te lo impedirò io. Perché lo sono già stato per fin troppo tempo.

Anche se riesco di perderti per sempre, con questo cazzo di mio comportamento da pazzo scriteriato.

E, senza capirne il perché, comincio a fremere, singhiozzi cercano di risalirmi verso la gola e cerco di reprimerli con tutta la forza di volontà che mi è rimasta.

Non riesco più a picchiarti, i miei pugni colpiscono a vuoto, la vista si offusca per via delle lacrime e mi sento ancora peggio.

Debole, stanco, sfinito.

Ma mi è rimasta ancora un’arma.

Mi accascio su di te senza fiato e ti mordo, con tutta la forza che conservo, al muscolo elevatore della scapola. O forse al trapezio. Non so. Non capisco più nulla, sono solo consapevole del fatto che mi ritrovo su di te a morderti con le ultime energie che mi sono rimaste, mentre lacrime salate che non riesco più a trattenere mi bagnano come fiumi le guance e si riversano nell’incavo formato dal tuo collo e la clavicola. 

Addentandoti il mio taglio alla bocca si allarga provocandomi un dolore allucinante.

Ti sento gemere dal male.

I tuoi muscoli sodi,compatti, massicci, forti  guizzano provocanti contro i miei mentre inverti le posizioni e mi schiacci sotto di te con tutto il tuo peso.

Ma non mollo la presa, continuo a mordere la tua spalla chiudendola in una salda morsa che quasi non mi accorgo di allentare.

La schiena mi pulsa, i vetri che mi si conficcano sempre più in profondità.

Sento i tuoi fianchi tra le mie cosce e le mie lacrime sgorgare dagli angoli esterni dei miei occhi, scivolare lente tra i capelli.

Continuo a tremare e in uno scatto nervoso alle braccia mi rendo conto di averle strette attorno alla tua schiena.

Resto senza parole, mi si svuota la mente.

Il respiro mi si blocca in gola e divento consapevole di rischiare seriamente un collasso quando poi mi accorgo della tua mano che mi sorregge la nuca e di un tuo braccio che mi circonda le spalle.

È davvero un abbraccio dolce, il tuo? O è la mia consueta illusione…?

Dallo stereo si propagano le dolci note di “ If you don’t know me by nowuna vecchio singolo dei Simply Red e avverto la tua dolce stretta aumentare.

No, è proprio vero.. mi stai abbracciando sul serio…!

Sto per scoppiare di nuovo a piangere..

Ti prego Hana, non lasciarmi…

ora…

mai…

Mai… Non farlo mai…

Mi rintano sotto di lui lasciandomi scaldare dal suo torrido calore, appoggiando la fronte nell’incavo del suo collo.

Stringo il mio sogno con tutte le mie forze col timore che possa svanire come neve al sole e accetto che gli occhi mi si inondino nuovamente di lacrime.

Lascio che gocce di dolce pianto scivolino dalle mie guance, corrano lungo il collo e sulle tue braccia…

Mentre piango e singhiozzo senza più riuscire a fermarmi..  Sorrido..

Ora sono al sicuro….

 

  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Slam Dunk / Vai alla pagina dell'autore: Angels Island