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Autore: cioccolatino    18/11/2017    4 recensioni

Fra Duncan e Courtney c'è sempre stato un odio molto insidioso, nonostante sia tuttora l'unico vincolo che tiene ancor saldo il loro legame.
Mentre i ricordi dell'infanzia trascorsa da Courtney continueranno a tormentarla incessantemente, riaffioreranno i lugubri e macabri segreti del ragazzo dal cuore di ghiaccio, che sembra nascondere, nel profondo della propria anima, un lato oscuro, perfido e feroce.
Un mostro raccapricciante e intricato che renderá la vita di entrambi un infido e sconcertante inferno.
Genere: Dark, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Courtney, Duncan, Gwen, Scott | Coppie: Duncan/Courtney, Duncan/Gwen
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza | Contesto: Contesto generale
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Capitolo 13 – Sfumature Di Luci E Ombre
 
 
Raccolsi l’ultima margherita profumata nel praticello verde del retro della mia scuola, mentre, all’interno dell’istituto grigio e melanconico, la campanella riecheggiò in ogni angolo dei corridoi intricati come un labirinto, pervadendo ogni aula sovrastata da studenti, arrivando addirittura al mio sensibile timpano, nonostante mi ritrovassi fuori dall’edificio.
Come un automa mi alzai bruscamente e afferrai la cartella di scuola sommersa di libri, carte stropicciate, pastelli qua e là e fiori secchi e svolazzanti. Porsi un ultimo sguardo all’incantevole paesaggio costellato di meravigliosi fiori primaverili, il quale mi ricordava profondamente un luogo di campagna leggiadro e felice, distante miglia e miglia dalla società consumista e degradata in cui risiedevo infelicemente, pervasa da costanti tormenti e afflizioni. Dopo aver trascorso qualche minuto dinanzi tale visione paradisiaca, mi venne in mente la vera ragione per cui  avrei dovuto sbrigarmi e , senza alcun indugio, cominciai a correre veloce come una saetta, con l’unico scopo di raggiungere al più presto il cancello principale d’uscita.
Corsi, corsi e corsi, con una forza completamente disumana e feroce, e contemporaneamente tentai di scandire equilibratamente ogni passo a terra, in modo tale da permettermi di respirare autonomamente.
Non appena scorsi la mia via di fuga a pochi metri, la mia bocca si inarcò in un sorriso pienamente soddisfatto, che però non ci mise molto a ricomporsi nuovamente in un’espressione inconfutabilmente preoccupata e terrorizzata.
 
- “ Hey, zoccoletta. Dove credi di scappare? “
 
Mi bloccai istantaneamente, consapevole del fatto che scappando sotto i suoi occhi non mi avrebbe promesso nulla di buono, men che meno la salvezza.
 
- “ Oh, ma non mi dire. La puttana spagnola stava raccogliendo quegli stupidi fiorellini nel cortile… “
 
Rimasi completamente immobile, mentre tentai volutamente di impedire, a delle lacrime amare di risentimento, farsi strada sulle mie guance accaldate dalla corsa.
 
- “ C-cosa v-vuoi, Duncan? “ – annaspai visibilmente spaventata e tremante come una foglia.
 
- “ Nah, niente di che, sai. Come al solito, come solo io e te sappiamo. “ – proferì il mio incubo peggiore mentre, a passi scaltri e decisi, si avvicinava pericolosamente al mio corpo esile e in fiamme.
 
- “ No, Duncan… Oggi proprio non posso, ho un’importante l-lezione di violino e… E poi ho anche d-disegno… Ti prego, possiamo fare un altro giorno? “ – lo implorai impietrita, con la speranza che per questa volta acconsentisse a tale proposta.
 
Che illusa che ero. Non avrebbe mai e poi mai preso gli ordini di colei che si divertiva tanto a discriminare.
 
Questi, difatti, si lasciò sfuggire una risata intrisa di odio e divertimento puro, cosa che mi ferì profondamente, anche per il fatto di non avermi preso seriamente.
 
- “ Non fare tante storie, piccola. Credi che io abbia tutta la giornata a disposizione? Avanti, muoviti! “–mi rispose afferrando aggressivamente la mia cartella dalle mani e posizionandola verticalmente, rovesciando sull’asfalto gelido e sporco tutto il materiale scolastico, tutti i disegni ben impacchettati, tutti i fiori delicatamente incartati.
Dopodiché, scaraventò lo zaino vuoto in un angolo e cominciò a calpestare tutte le mie cose senza alcun rimorso, con divertita ferocia e violenza.
Senza pensarci due volte, mi parai di fronte a lui spingendolo a terra rabbiosamente e successivamente mi chinai a terra a raccogliere tutti i miei scrigni segreti, custoditi con massima cura e amore. Sfortunatamente non molto era riuscito a salvarsi, mentre il resto era completamente calpestato, strappato, sporco di impronte e terra fangosa, completamente distrutto.
Fu inevitabile che le mie lacrime iniziassero a scivolare tristemente lungo il volto e riversarsi velocemente a terra. Una fitta atroce e malinconica mi pervase istantaneamente e por poco non scoppiai letteralmente in un oceano di pianto isterico e infermabile.
 
- “ C- che cosa hai fatto?! Che accidenti hai fatto! I miei d-disegni… “ – mi bloccai singhiozzando impassibile come se potessi morire d’infarto da un momento all’altro – “ Come hai potuto?! “
 
Non ricevetti alcuna risposta e pertanto continuai a giacere sommersa di disperazione e incolmabile strazio a piagnucolare sui miei tanto venerati capolavori, ora andati tutti in frantumi, per via di quel moccioso insensibile e spietato nei miei confronti.
 
- “ Piantala di frignare, non erano poi un granché. “ – sbiascicò mentre si rialzava da terra strofinandosi i pantaloni sporchi e dirigendosi verso di me, con fare enormemente infuriato.
 
- “ E ora alzati immediatamente. Brutta stronza, come cazzo ti sei permessa di toccarmi? Oh, questa volta non te la farò passare liscia… “
 
Improvvisamente mi afferrò saldamente per un polso, attirandomi inevitabilmente a sé e , dopodiché, estrasse dalla tasca dei jeans un accendino.
Mi scaraventò brutalmente sull’asfalto duro e freddo, il cui solo contatto forte e lacerante mi causò un dolore allucinante alla nuca e alla schiena, coperta solamente da una maglietta in cotone, leggera.
Restai lì immobile, osservandolo con occhi presumibilmente spaventati mentre questi si posizionò sopra di me, bloccandomi nuovamente le braccia a terra. Tale gesto mi provocò una serie di brividi lungo il corpo, poiché ero a dir poco scandalizzata da quello che ,ben presto, sarebbe accaduto.
Il punk accese l’oggetto e lo avvicinò cautamente a una delle mie mani imprigionate dalla sua possente presa, incapaci di liberarsi autonomamente. Altre lacrime uscirono inconsciamente e il mio cervello si impose di non opporsi per evitare di far scaturire altra rabbia in quel ragazzaccio perfido e infinitamente malvagio.
Scrutai, con la vista lievemente offuscata da gocce salate a da dolori incessanti lungo determinate parti del corpo ingrovigliate, la fiamma incandescente avvicinarsi sempre di più al palmo della mia mano, fino al momento fatidico in cui quel barlume giunse definitivamente a contatto con la mia pelle, oramai già in fiamme.
 
- “ No, no, Duncan, per favore, ti supplico, non farlo, ti prego, ti prego! No, no, non puoi farmi questo, no! “ – lo supplicai in preda alla disperazione e all’angoscia più intensa e spregiudicata, finchéil fuoco ardente e bramoso andò a scontrarsi ferocemente contro la mia pelle soffice e sottile, cominciando a bruciarla violentemente come carne da macello.
 
 
 

 
 
 
Mi svegliai improvvisamente, interamente madida di sudore, chiazze umide e gocciolanti lungo gran parte del pigiama ora sbottonato e stropicciato qua e là. Tentai convulsamente di riprendermi dall’incubo appena sognato, o meglio dire, dal ricordo tenebroso e inquietante verificatosi anni fa, quando ancora frequentavo la scuola media, quando ancora avevo solamente undici anni, quando dovevo ancora realizzare alla marea di sofferenza e solitudine che mi sarebbe venuta incontro.
Dopo qualche minuto, trascorso sulla soglia del letto a grattarmi nervosamente la fronte corrugata e pulsante, sentii una porta aprirsi e chiudersi rapidamente con un tonfo sonoro e vibrante. Non appena mi voltai, intravidi Scott in piedi, intento a scrutarmi con occhi interrogativi, presumibilmente preoccupati.
 
- “ Ti ho sentita gridare… Che succede? “
 
- “ Nulla… È stato solo uno stupido sogno… “ – ribadii con sguardo assente e frammentato dai vari ricordi d’infanzia.
 
- “ A me non sembrava solo  uno stupido sogno… Avanti, cosa c’è che non va? “ – spiaccicò con calma disarmante e quasi inquietante, mentre si avvicinò cautamente al letto, sedendosi affianco a me, per poi avvolgere gentilmente un braccio attorno alla mia vita.
 
- “ Davvero, non è niente. È ovvio che c’entri sempre lui, ma non può tormentarmi anche nel mondo dei sogni, giusto? “ – domandai rammaricata e giammai rassegnata a dover portare questo dissidio interiore all’interno del mio cuore, per il resto della mia miserabile vita.
 
- “ Non agitarti. Quello stronzo non riuscirà a rovinare anche la tua, di vita “ – mi intimò non appena la sua presa sui miei fianchi si fece più intensa e affettuosa – “ fidati di me. “
 
E fu proprio lì che persi ogni contatto con la realtà.
 
Non ebbi più la pallida idea di quanto tempo passò, l’unica cosa che mi importò allora fu rimanere abbracciata a Scott e lasciarmi cullare dolcemente come se fosse la prima volta in assoluto.
La cognizione del tempo andò a farsi fottere, e così anche i miei tormenti infernali e laceranti.
 
 

 
 
Fui nuovamente svegliata da un intenso spiraglio di luce, il quale riuscì a sgattaiolare all’interno dei fori delle persiane, portandomi dunque a chiudere, in un lieve istante, gli occhi infastiditi e ancora assonnati.
 
- “ Andiamo, Courtney! Svegliati, dai! Sbrigati, o finiremo nei guai! “
 
Cominciai a combaciare ogni tassello con il mondo reale, abbandonando definitivamente i sogni in cui mi stavo sommergendo meravigliosamente fino a qualche minuto prima.
 
- “ Mmh… Scott? C-che cosa stai dicendo? “ – sussurrai leggermente intontita, tentando inutilmente di liberarmi dalle lenzuola ingrovigliate fra le gambe.
 
Sfortunatamente, nemmeno queste ne vollero sapere di lasciare quel luogo così caldo, soffice ed estremamente confortante. E in effetti, io in primis desideravo trascorrere un altro po’ di tempo sotto le coperte soffici e infinitamente morbide.
 
- “ Courtney! Siamo nella merda! Ho trovato sette chiamate perse di Duncan e un messaggio in cui diceva che si sarebbe presentato a casa mia…  A momenti! “
 
- “ Che cosa?! “ –dissi in un batter di ciglia, alzandomi in piedi più rapida della luce, porgendo inoltre un’occhiata sconvolta e chiaramente tesa.
 
- “ Hai capito bene, tesoro. Sarà qua fra pochissimo, dobbiamo trovare un modo per- “
 
Non fece in tempo a concludere la frase che udimmo una porta aprirsi seduta stante, e una figura oscura e robusta apparire dalla soglia.
 
Il mio battito cardiaco si arrestò involontariamente e il mio sguardo si bloccò terrificato sui suoi occhi verde acqua, i quali mantennero la devastante ondata di occhiate da parte mia, ma anche da quella di Scott.
Sapevo che, prima o poi, questo fatidico avvenimento si sarebbe ben presto manifestato, ma purtroppo non mi aspettavo nulla di simile; non volevo che mi rivedesse di nuovo ridotta in uno stato catatonico, soprattutto in compagnia di un altro ragazzo. Desideravo ardentemente di poterlo rincontrare dinanzi a me, in ginocchio, implorandomi di avere un minimo di pietà nei suoi confronti, concessione che non avrei certamente permesso dopo tutte le varie malefatte subite.In quel preciso istante, seppi esattamente di non doverlo più temere, e soprattutto di non esitare ad affrontarlo direttamente, combattendo fino alla sua miserabile ed insignificante sconfitta. Avevo Scott al mio fianco, e, assieme a lui, tanta rabbia, furia, sofferenza, disperazione, un vortice di emozioni differenti e contrastanti fra loro, ma pronte per abbattere il vero nemico.
 
- “ Tu… “ – sussurrai stringendo avidamente i pugni – “ Maledetto bastardo. “
 
- “ E così era proprio come pensavo, sapevo di non potermi fidare di te. Ma non ti preoccupare, Wallis, ho già pensato a tutto e preferisco essere preveniente in queste situazioni. “
 
- “ Non è mai stata una mia intenzione aiutarti. Ho fatto parte del lavoro sporco per i miei soli fini. Non pensare che ti aiuterò in qualche modo… Bene, ora hai visto in faccia la realtà, sai qual è la verità, proprio come avevi pensato, no? E ora sparisci. “ – ribatté con uno sguardo gelido e nettamente intriso di infidia e oscuro odio, pronto ad usare la forza più feroce e selvaggia se fosse stato necessario.
 
- “ Non me ne vado da nessuna parte senza di lei. “ – rispose l’altro, imitando dunque la stessa occhiata impenetrabile e naturalmente spaventosa a sol sguardo.
 
- “ Tu dici? “ – sputò il rosso avvicinandosi verso il punk, in procinto di esplodere internamente dall’ira furibonda più incandescente e focosa che potesse mai manifestarsi in un singolo essere umano.
 
- “ Oh, sì. Lo dico io”
 
E, detto ciò, scoppiò l’inferno.
 
 
Duncan, oramai privo di qualunque briciolo di pazienza in sé, si parò dinanzi la figura di Scott, naturalmente colto alla sprovvista, sferrandogli un pugno in pieno volto. Non ci volle molto perché questi ricambiasse il gesto afferrandogli saldamente le spalle, conficcando violentemente i polpastrelli nella carne, e lo spingesse ferocemente a terra. Un tonfo afono e rumoroso che riecheggiò attraverso le pareti della camera, vibrando potentemente nei timpani storditi e sconcertati.
 
Scott si sistemò sopra il punk, bloccandolo avidamente per i polsi, mentre il suo viso iniziava ad imporporarsi di un rosso penetrante ed accesso, per via del sangue che cominciò a colare dalla ferita scagliata da Duncan. Successivamente, sferrò un medesimo pugno sulla bocca della cresta verde, facendo sfuggire a questi un lieve gemito contradditorio e naturalmente infastidito dal fitto dolore di cui era succube momentaneamente.
 
- “ Pensavi davvero che ti avrei lasciato tormentare un’altra ragazza per i tuoi capricci? “ – sputò il rosso, interamente pervaso da una rabbia omicida e scrutando prepotentemente il ragazzo sottostante nelle iridi color mare.
 
- “ E tu credi veramente di potermi controllare? Di potermi dire quello che devo o non devo fare? “
 
E io in tutto ciò rimasi del tutto immobile, senza nemmeno proferire alcuna parola. Rimasi immobile quando osservai Duncan rialzarsi in un batter di ciglia, scostandosi malamente Scott dalla vita e scagliandolo rudemente contro la parete opposta. Rimasi immobile quando il delinquente si avventò rapidamente sul rosso, colpendolo ripetutamente in un punto ben preciso della testa, fino a quando non perse completamente i sensi. Rimasi immobile, ancora, quando constatai la situazione scandalosa in cui si trovava, ricoperto pienamente di lividi blu e viola, ferite sanguinanti e lievi cicatrici sul volto in parte sfigurato. Rimasi immobile, realizzando che tutto questo era stato causato nuovamente da un mostro insensibile e chiaramente perfido, selvaggio, con un cuore di ghiaccio, destinato a frantumarsi in mille scaglie gelide da un istante all’altro anziché sciogliersi per amore, amicizia, bene.
 
Rimasi immobile, anche quando si voltò svogliatamente verso di me, per poi percorrere piccoli passi verso la mia direzione.
Deglutii rumorosamente e lacrime cariche di risentimento e paura cominciarono a scorrere copiosamente lungo il viso, in preda al panico e al rammarico più totale.
 
- “ Scott… “ – sussurrai piagnucolando, nella speranza che nel profondo potesse ancora sentirmi e accorrere in mio aiuto per salvarmi.
 
Mi sentivo così dannatamente in colpa per averlo coinvolto in questo inferno diramato e notevolmente intricato.
Se solo avesse obbedito al suo subconscio, invece di concentrarsi interamente su di me; probabilmente mi avrebbe condotto da Duncan e per lui non sarebbero accorse nessuna di quelle cicatrici indelebili e nettamente contrastanti contro la sua pelle pallida e costellata di lentiggini.
 
Come mio solito, era tutta colpa mia, ero sempre io la causa di tutti questi avvenimenti ripugnanti e ovviamente travolgenti.
 
- “ Non credo tornerà molto presto da te… “ – sussurrò impercettibile al mio orecchio, e nel frattempo il suo respiro si scontrò contro la mia guancia accaldata e intinta di un porpora accesso e limpido.
 
A differenze del mio viso, però, il mio corpo si raggelò in breve tempo e il mio cuore iniziò a pulsare sempre più freneticamente, colpito da un improvviso colpo di fulmine intenso e lacerante.
Lievi gocce di sudore inebriarono la fronte corrugata in un’espressione estremamente contorta e non confortevole al sol sguardo, mentre le mie unghie si conficcarono nella carne dei palmi delle mani, cominciando a scavare nervosamente al suo interno insensibilmente.
 
- “ Che cosa vuoi da noi?! Lasciaci in pace, per una fottuta volta! “ – gridai completamente fuori di me, come se improvvisamente una forza oscura avesse preso possesso del mio corpo, infliggendoli una notevole quantità di energia e adrenalina pronte a scagliarsi duramente contro chiunque avesse osato contraddirmi o infliggermi qualche sorta di torto interiore e fisico.
 
- “ Non ti lascerò mai stare, mai. Dopo quello che è successo, non potremmo mai percorrere strade diverse, e io non potrò lasciarti andare tranquillo, devo assicurarmi che tu non faccia la spia e non vada a raccontare a nessuno – e men che meno alla polizia – quello che è successo. “
 
- “ Sono passati mesi da quella volta. E io non voglio più soffrire per colpa di un delinquente squilibrato e mentalmente malato, chiaro? Devi smetterla di rovinare le vite altrui come fossero dei giocattoli da usare a proprio piacimento. “ – ribattei tentando inutilmente di affievolire l’incessante rabbia che man mano si stava facendo strada nel mio subconscio instabile e sovrastato da contrastanti sensazioni, le une aggregate alle altre saldamente – “ E se ti può rasserenare, non l’ho detto a nessuno. Non ho detto mai niente a nessuno di tutto quello che mi hai fatto, nonostante stia iniziando a pentirmene. Probabilmente a quest’ora sarebbe finito tutto e io non avrei più dovuto vedere la tua disgustosa faccia per un secondo di più. “ – sbiascicai convinta di aver ottenuto l’ultima parola.
 
Ma mi sbagliai in tutto e per tutto quando il ragazzo mi sbattette aggressivamente contro il muro, il che mi lasciò sfuggire un sottile mugolio naturalmente contrariato. Tentai affannosamente di respirare, ma mi fu quasi completamente inutile poiché le sue mani si cinsero brutalmente attorno il mio collo e cominciarono a stringere sempre più prepotentemente.
 
- “ Attenta a come parli, ragazzina. Non credere ti poter fare quello che ti pare, sei ancora dipendente da me, per quanto la cosa possa risultarti scomoda. E ricorda anche che posso distruggerti, in un solo istante. “ – constatò prima di allentare la presa e allontanarsi velocemente dal mio corpo letteralmente appiattito contro la parete, sia per la sua forza sovrumana contro di me sia per l’intenso e incolmabile spavento.
 
- “ È proprio qui che ti sbagli. Non ti lascerò più agire sul mio corpo e sulla mia mente come ti pare e piace, perché tu non sei nessuno, soprattutto per dirmi quello che devo fare. È stato così per anni, perché te l’ho lasciato credere, standomene zitta. Ma la verità è che non mi farò più maltrattare così, osa anche solamente toccare me o lui “ – intimai volgendo lo sguardo verso il corpo lacerato e senza vita di Scott, senza alcun’ombra di dubbio pervaso da fitte atroci e dolorose di tormenti e sofferenze – “ E ti posso assicurare che non vedrai più la luce. Avviserò la polizia, e racconterò tutto. Tutto, hai capito? Non avrai scampo! “
 
- “ Tu… Maledetta puttana. “ – sussurrò avidamente prima di voltarsi di colpo e uscire infuriato dalla camera, lasciandomi completamente spiazzata.
 
Certo, non mi aspettavo che reagisse in quel modo. Piuttosto, ero puramente convinta che avrebbe provato ad alzare nuovamente le mani contro di me, oppure afferrare aggressivo qualche mobile d’arredamento, sollevarlo in aria e scagliarlo violentemente contro il pavimento in legno, scatenando l’inferno della sua ira insaziabile e terrorizzante.
 
Ma nulla di ciò accadde.
 
Pertanto, dopo essermi accertata che se ne fosse andato per davvero, mi gettai a terra inerme, di fianco ad uno Scott completamente privo di sensi, e tentai di cingere un suo braccio attorno il mio collo per sollevarlo e distenderlo gentilmente sul letto. Così feci e, dopo essermi accertata che non ci fossero ferite troppo critiche – tali da dover chiamare l’ambulanza – mi diressi in cucina alla ricerca di un kit di pronto soccorso per medicarlo. Il luogo era del tutto sconosciuto ai miei occhi, ma non mi curai minimamente di ciò e aprì ogni singolo cassetto della stanza per trovare le cure necessarie.
Scott aveva compiuto l’impossibile per me, e le conseguenze erano a dir poco impercettibili sulla sua pelle, dolorose, e bruciavano prepotentemente all’interno del mio cuore pulsante di colpevolezza. Un senso di colpa devastante e senza alcun dubbio disarmante, sussistente.
 
Lo avrei aiutato e gli sarei rimasta accanto, a qualsiasi costo…
 
 
 
 

 
 
 
 
Uscii imbestialito dall’abitazione, dirigendomi verso la macchina trasandata, la quale avevo rubato qualche giorno prima in un’officina malandata e sporca dei sobborghi di Toronto.
Mi sentivo piuttostomale e una fitta sensazione di disgusto si stava facendo strada fra le emozioni ripugnanti che pervadevano ogni singolo angolo del mio subconscio.
 
Come cazzo si era permessa quella sudicia puttanella a sfidarmi in quel modo così prepotente e scontroso?
 
Come aveva osato quel figlio di puttana voltarmi le spalle così avidamente?
 
Non ci capivo più nulla. Non riuscivo a comprendere il vero motivo per cui ogni persona si stesse schierando dalla parte dell’ispanica, abbandonandomi all’oscurità più tetra e sconcertante, lasciandomi avvolgere dal male che infliggevo, dal buio più totale che pervadeva incessantemente l’animo delle mie vittime, dei miei giocattoli.
 
Cosa aveva di così speciale?
 
Anche io, per quanto tentassi di ignorarlo, ero continuamente attaccato a lei, e difatti tuttora la stavo cercando, per una ragione indefinita, decisamente sconosciuta e lontana miglia dall’orizzonte.
 
Non riuscivo a dare alcuna risposta a tale comportamento squilibrato e interamente instabile con il quale mi stavo inconsciamente atteggiando.
 
Cos’erano queste sensazioni cariche di odio e pregiudizio così intense? Ero arrabbiato con lei, forse? Con Scott, il falso per eccellenza?
Con me stesso?
 
O forse ero psicologicamente attratto da lei, e non riuscivo a separarmene, in alcun modo. E forse ero infuriato e completamente fuori di me, naturalmente e inconfutabilmente orgoglioso, perché non riuscivo a sopportare il fatto che avesse acquisito forza d’animo e coraggio nel ribellarsi; e che desiderasse, a tutti i costi, separarsi da me per sempre.
E io, evidentemente, non volevo che mi abbandonasse. Non desideravo nulla di ciò. Lo temevo troppo, fino ad esplodere internamente.
 
Ma allora…
Provavo forse qualcosa per lei? Una qualsiasi emozione che andasse oltre l’odio e il risentimento che per tanti anni ci eravamo trascinati lungo le nostre strade, nei confronti di uno nell’altra?
 
 

 
 
 
Ciao a tutti!
Ed ecco qui il capitolo 13! Ultimamente pubblico capitoli sempre più a random, pertanto fatemi sapere se la trama della storia si sta leggermente frantumando.
 
Volevo informarvi, inoltre, che in questo periodo ho un sacco di lavoro e quindi avrò poco tempo per scrivere. Se vedete che non aggiorno potete comunque scrivermi e io vi risponderò con molto piacere; però ovviamente non abbandonerò la storia e continuerò a scriverne il continuato ♡
 
A presto ♡
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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